parole: 8000.
La vergine scarlatta
Questa sarebbe stata una bella gatta da pelare.
Mentre i suoi occhi studiavano minuziosamente ogni centimetro del quadro il cervello iniziò a vagliare diverse tecniche da utilizzare per ripristinarlo al suo antico splendore. La lacca si era chiaramente ingiallita, nulla di particolarmente drammatico, ma la vera sfida sarebbe stata ricreare gli occhi. Gli occhi erano sempre la cosa più difficile.
Apollo annuiva mentre il curatore della galleria d’arte spiegava in che modo era stato esposto, che luce lo aveva colpito, le informazioni sull’anno e sull’autore di cui disponevano. Ogni informazione era vitale per quantificare l’ammontare del lavoro che avrebbe dovuto svolgere, di quali ingredienti sarebbero stati i solventi e quali tecniche.
In circostanze normali, un lavoro del genere non sarebbe stato molto diverso da una pulitura, riempire qualche ammanco e rimetterlo in sesto ma quel danno…
Tre tagli, chiaramente intenzionali, attraversavano la tela e, come se questo non fosse già abbastanza, parte era stata strappata con cattiveria.
“ Cosa ne pensa Signor Apollo? » domandò il curatore con una nota d’ansia che gli addensava la voce.
“ Mi chiami Smith » gli disse subito “ Preferisco che si usi il mio cognome. »
Il curatore annuì e ripeté la domanda tornando a guardare il quadro e Apollo prese un profondo respiro, già immaginandosi chino su quella tela per settimane all’avvenire, poi annuì lentamente.
I tagli poteva rimetterli insieme, ma la parte strappata sarebbe stata una bella gatta da pelare.
“ Vi costerà molto. » ammise “ Ma dovrei riuscire a recuperarla. »
Quando tornò a guardare il curatore lo vide quasi in lacrime per la felicità mentre annuiva con entusiasmo “ La ringrazio molto. »
“ Inizierò da domani, ho affittato uno studio non lontano da qui, le darò l’indirizzo. »
“ Non so davvero come ringraziarla. » replicò il curatore “ Mai ci saremmo aspettati che avvenisse un danno simile sotto la nostra supervisione. Se non riusciamo a restaurarlo, sarà un disastro. »
Apollo scrollò le spalle “ Andrà tutto bene. » promise.
“ Hai promesso? » quasi urlò Agata con i grandi occhi verdi sbarrati dalla sorpresa “ Sai che non si deve mai promettere. »
“ Non siamo dottori, Agata. E’ scienza. » scrollò le spalle lui prendendo la tazzina di tea alle erbe davanti a lui “ Dovevi vederlo, era quasi in lacrime. »
Agata alzò gli occhi al cielo e i suoi occhiali si spostarono un poco sul naso, cosa che la costrinse a fare una smorfia per rimetterli a posto.
“ In ogni caso, vorrei che per una volta venissi a Parigi per vedermi non solo per lavoro. » lagnò con un sospiro.
Apollo annuì solennemente. Lui e Agata si erano conosciuti a Roma, all’Accademia delle belle Arti, ma poi le loro strade si erano dovute separare per seguire la propria vocazione.
In Italia, patria dell’essenza stessa dell’Arte, non c’era futuro per un artista e Agata aveva dovuto girare il mondo per approdare in fine a Parigi dove la sensibilità e il talento venivano ancora apprezzati. Mentre per lui le cose erano andate diversamente. Lui era un restauratore itinerante, andava dove c’era bisogno di lui. Ma quell’essere sempre in viaggio e sempre chino su una tela, minava le sue energie per restare in contatto con la gente.
“ Mi dispiace Agata, farò di meglio. »
Lo prometteva sempre. Per fortuna, Agata conosceva esattamente l’entità del suo lavoro e comprendeva. Non che certe volte non le pesasse, ma era la vita che si era scelto.
Strinse le labbra colore cremisi e si sistemò gli occhiali un’ultima volta prima di dire “ Ti farai perdonare questa sera. »
“ Perché? Che facciamo? »
Lei sorrise, i suoi occhi verdi brillarono di una malizia deliziosa “ Andiamo a una festa. »
Con il “farsi perdonare” Agata intendeva che doveva vantarsi di conoscerlo davanti a tutti e non poteva fare altro che mostrarsi al meglio e perfino una piroetta non ci sarebbe stata male.
Apollo credeva che Agata lo sopravvalutasse enormemente, ma di certo se esaltare la loro amicizia la faceva felice, non vedeva perché sminuire i suoi sforzi. Lui si vantava di conoscere lei continuamente.
La festa era in una vecchia casa con i pavimenti consumati e brutti tappeti. Sospettava che i tappeti fossero necessari per evitare cadute rovinose, ma di certo rovinavano l’estetica. I soffitti alti con decorazioni arzigogolate rispecchiavano l’architettura Parigina del diciassettesimo secolo, anche se erano chiaramente più recenti e mal mantenute. Le pareti erano completamente coperte da quadri a cui sarebbe servito il suo aiuto poiché posti su divani di fumatori incalliti e senza un appropriata areazione.
Purtroppo, era diventata una sua deformazione personale notare quanto venissero maltrattati.
“ Vieni, ti presento tutti. »
Agata lo trascinò da gruppetto a gruppetto presentandolo e ed ogni volta la sua presentazione era la stessa:
“ Vi presento Apollo Smith, il famoso Apollo Smith. »
Che di solito veniva seguito da stretta di mani e poi la frase che più aveva sentito nella sua vita.
“ Ma ti chiami davvero Apollo? »
Lui osservò la ragazza bassina con i capelli raccolti e gli occhiali quasi più grande della sua faccia e le fece un sorriso un po’ tirato.
“ Sfortunatamente. » rispose “ I miei genitori erano patiti dell’Arte Greca ed era anche il Dio dell’Arte e della Medicina. Credo che volessero che diventassi un dottore, ma sfortunatamente per loro ho scelto entrambe le specialità e ora sono un medico dei quadri. »
Tutti risero e Agata appoggiò una mano sulla sua spalla in segno di orgoglio, per poi dire ancora.
“ È anche un artista, sapete? All’accademia lo invidiavo da morire! »
Apollo accusò il colpo, mentre scrollava le spalle “ Ho solo tecnica. »
“ Solo tecnica? » Agata alzò gli occhi al cielo “ Il suo quadro “La Venere Scarlatta” era diventato leggenda all’accademia, la gente lo fermava per strada per complimentarsi! »
E con questo, Apollo aveva finito la sua pazienza. Fece un mezzo sorriso di circostanza e si allontanò con la scusa di prendere qualcosa da bere.
Era così abituato a passare ore e ore chino su una tela in silenzio da non essere molto abituato alle feste, soprattutto se queste lo mettevano al centro dell’attenzione.
Finché Agata si vantava del suo lavoro andava bene, ma quando spostava l’attenzione sulla sua fallita carriera di “artista” il suo istinto era solo quello di glissare la conversazione. Non importa quante volte gli avesse detto di smettere di parlarne, Agata insisteva che era un vero peccato che non lavorasse più a nulla di originale.
Cercando un poco di pace dal chiacchiericcio e il tintinnino del bicchieri, Apollo cercò rifugio in stanze adiacenti, meno frequentate e più silenziose.
Entrò in un salottino dove ogni mobilia era in velluto rosso .
Ma ciò che attirò di più la sua attenzione fu un quadro sopra ad un enorme caminetto, messo lì, senza una teca e senza alcuna cura, ma che lo colpì per la bellezza del tratto e delel pennellate.
Si avvicinò, incuriosito. Era una sua deformazione professionale, voler vedere sempre lo stile dei quadri, analizzarlo, analizzare com’erano trattati, stimare quanto erano danneggiati e il lavoro che ci sarebbe dovuto stare dietro.
Quel quadro andava decisamente curato: la patina di pittura che un tempo lo rendeva lucido era diventata ormai gialla e con la cenere del camino e il resto, non poteva fare altro di pensare a quanto cotone ci sarebbe andato per pulirlo tutto.
Alcuni punti del quadro erano stati chiaramente sistemati, tanto era grossolano il ritocco. Riusciva a vedere perfino il rilievo della patch chiaramente messa dietro al quadro per compensare un taglio.
Le sue mani fremevano all’idea di metterci le man sopra.
Solo dopo averlo analizzato minuziosamento, finalmente si curò di vedere il quadro completo.
Aveva chiaramente uno stile di Monè. Forse della sua epoca. Le pennellate erano precise sul volto, ma grossolane in molti altri punti, dando alla donna ritratta un quasi sfumato aspetto, come se fosse eterea e inafferrabile.
L’unica cosa che sembrava renderla reale era un bellissimo abito scarlatto che spiccava sulla pelle diafana e i suoi occhi erano azzurri che, abbinati a dei capelli quasi bianchi, le davano l’dea di un angelo peccaminoso.
Il suo sguardo non era annoiato, ma bensì quasi confuso, come se non capisse perché fosse ritratta. Era un espressione così atipica nei dipindi dell’epoca, che sembrava quasi una foto. Un momento improvviso immortalato in una tela che tuttavia dava l’idea di essere stata conclusa in giorni.
Chiunque lo avesse creato, era un grande artista. Doveva cercarlo.
Si avvicinò al quadro, per studiare meglio il lavoro, cercare una firma, ma dovevano essere cperte dalla cornice o, forse, sul retro.
L’impossibilità di capire chi ne fosse l’artista lo irritò, ma era un fastidio con cui aveva sempre avuto a che fare.
Se ne sarebbe fatta una ragione prima o poi. Di sicuro non prima di aver cercato in lungo e largo la soluzione a quell’enigma.
Sicuro era che quel quadro fosse spettacolare e che la donna ritratta era di una bellezza incredibile.
Sentì a stento un rumore di sedia trascinata sulla sua destra, ma era così concentrato che lor ealizz solo quando avvertì i passi.
Si girò e per un attimo gli parve che quella donna avesse preso vita davanti a lui, solo con vestiti maschili e con un corpo decisamente più androgino.
“ Posso aiutarti? » domandò il ragazzo che gli si era avvicinato con una voce annoiata.
“ Chi ha dipinto uquesto quadro? »
Il ragazzo alzò gli occhi e lo studiò. Sicuramente non era un intenditore d’arte perché lo vide dal suo sguardo che non poteva carpire nemmeno una minima parte di quanto fosse magico quel dipinto.
“ Mia madre. » rispose.
“ Come? »
“ Mi madre. » confermò “ Jacklin Dellerout »
Per un attimo gli sembrò di non aver capito il nome, poi collegò.
Jacklin era una artista contemponaea, molto affezionata alla scuola di monet, incredbile. Classica ma i suoi quadri avevano quel tocco di moderno, come mettere pose e espressioni non consone ai ritratti.
“ è un autoritratto. » continuò il ragazzo.
Certo, era ovvio. Era decisamente molto simile a sua madre.
Quel ragazzo, se possibile, era più bello della donna ritratta nel quadro.
Lo studiò come se fosse un’opera. La sua pelle era così perfetta che poteva sentire sulla pelle la superficie liscia e i suoi occhi erano così azzurri che ne studiò le cromature.
bello, di una bellezza unica.
Se non fosse stato una persona interessata solo all’arte, si sarebbe potuto invaghire di lui in un attimo.
Di sicuro Agata saebbe stata innamorata di lui in un istante.
« è decisamente un artista talentuosa. Mi piacerebbe conoscerla. »
Il ragazzo alzò gli occhi verso il quadro e restò in dilenzio per qualche minuto « Troppo tardi, è morta cinque anni fa. »
« Oh. »
« Se vuoi ho altre opere da farti vedere. »
Uno sprzzo di elettricità lo attraversò « sì per favore. »
Semrò confuso se assecondarlo o meno, quasi come se fosse seccato che molti lo avevano già provato a convincere a fargli vedere i quadri per poi cercare altro. Soppesò la cosa, guardadnolo dall’alto del suo metro e ottanza per poi stringere le labbra.
« Seguimi. »
Qualsiasi fosse l’esame a cui era stato sottoposto del giro di quel minuto e mezzo doveva averlo superato perché iniziarono a camminare per un lungo corridioio e solo allora Apollo si rese conto di quanto enorme fosse quella villa.
Solo per passare all’ala successiva, sembrava che dovevano oltrepassare due isolati.
Lo portò ad una porta modesta, o almeo modesta in corrispondenza di tutte le porte passate. Questa era di legno, intarsiato con pochi ghirigori e aveva una scritta sbiandita sopra che poteva essere sia Jacklin studio o anche Jack tugurio per quel che riusciva a leggere.
Il ragazzo accese la luce e intere pareti di quadri erano accatastate in un modo totalmente confusionario e che non rendeva onore al lavoro che c’era dietro quei quadri.
Una parte di lui morì solo al pensiero di come dovevano essere ridotti, ma l’altra parte, quella incuriosita, si fece strada nella stanza.
Alzò qualche telo, e riscoprì quell che potevano essere definiti solo capolavori.
C’erano camerieri e cameriere che ridevano, tra un lavoro domestico e l’altro, mentre il loro padrone li ignorava. C’erano donne con bambini annoiati, c’erano lavoratori con in mano stracci come se fossero soldi.
Erano scene di vita normale, ma ogni signolo momento era unico e speciale e di vitale importanza per le persone ritratte.
« Quello sul caminetto di là è intitolata La vergine scarlatta. Mia madre l’ha dipinto prima della sua notte di nozze, non era più vergine ovviamente, era già icninta di me, per questo il rosso, ma di certo voleva ancora mostrarci candida e pura. »
« Non credo. » si ritrovò a replicare apollo quasi senza rendersene conto.
« Come? »
Si morse un labbro, indeciso se parlare o meno, alla fine decise di continuare « Quello che traspare a me è che volesse mostrarsi pura, nonostante la concezione della verginità. » ci rifletté. Il rosso del vestito era un chiaro indizio del sangue, ma le sfumature e l’aria eterea dava l’idea di voler rappresentare l’essenza effimera della verginità.
« A me trasmette l’idea che sia una persona candida e pura, nonostante tutto. Che non un atto naturale come il sesso, potrebbe mai cambiarne la natura. »
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, impensierito « E’ un modo di metterla a cui non avevo mai pensato. » poi esitò. « In ogni caso, non lo sapremo mai. »
« Perché li tenete qui nascosti? »
Il ragazzo fece spallucce « Credo sia già tanto che non li buttiamo. La mia matrigna vuole disfarsene da appena ne ha saputo l’esistenza. »
Si morse un labbro, come se si fosse esposto troppo.
« E’ un eresia. » replicò apollo « Adrebbero invece esposti. »
Il giovane ragazzo, chiaramente il padrone di casa di quella villa, sembrò intristito da quella frase. Ma chiuse gli occhi per un secondo e la noia era già tornata nel suo sguardo.
« Bhe, hai visto i quadri. Ora andiamo. »
« Posso prendermene cura. » replicò « Sono un restauratore! Posso aiutarti a farli tornare al loro splendore. »
Negli occhi azzurri del ragazzo passò un lampo di rabbia « Quindi volevi vederli solo per un tornaconto personale. Certo ovvio. »
« come? »
Lo spintonò senza troppa convinzione, solo per convincerlo ad uscire dalla stanza « Non ti darò dei soldi per sistemarli. Sparisci. »
Apollo non insistette, ma prese dalla tasca un biglietto da visita prima di passarglielo.
« Lo farò gratis! »
« Certo, come no. »
« sono serio. »
« anche io. Sparisci. »
Lo spintonò via con più convinzione tanto che Apollo sentì quasi male.
Deciso così di battere in ritirata.
« Se non sarò io, almeno falli valutare perché stanno morendo così. »
Quella frase fermò il rampollo della famiglia « come? »
« il quadro sopra al camino, è rovinato. »
« E’ stato restaurato nemmeno cinque anni fa. »
« E lo ha RESTAURATO un cane. Non la chiamerei nemmeno restaurazione! Lo hanno ancora solo rovinato. »
« E tu saresti un esperto vero? »
« Toccalo. Se dove è stato messa la pach sentirai il rilievo allora è stato fatto male. Vedi te. »
Il ragazzo sembrava un po’ incazzato, così decise che doveva battere in ritirata.
La festa stava ancora andando avanti e Agata era ubriaca, un ragazzo stava cercando di rimorchiarla. Con un sospiro la raggiunse e dovette quasi arrivare alle mani per riportarla a casa.
Una volta a casa, l’immagine di quella donna non lo lasciava andare, ma ancora di più del figlio.
Il profilo del suo viso, i caelli fini, il corpo asciutto… la sua mente ricreò le linee del suo corpo, ognu avvallamento, ogni curva.
Non aveva mai preso la matita per creae qualcosa di suo ormai da anni, ma quella notte si mise seduto e sentì il bisogno do disegnare.
Prese foglio e penna solo per mettere a tacere questa sua voglia, consapevole che appena si sarebbe messo a lavoro, i cattivi risultati lo avrebbero dissuato. Quasi ci sperava.
Ma non appena posò la matita sul foglio, la sua mente gli restituì l’immagine del corpo perfetto del ragazzo sconosciuto.
I fallimenti, non lo dissuasero e, d’un tratto, si ritrovò che era l’alba e aveva finito lo sketch book unicamente per ritratti del ragazzo.
Agata lo trovò chino sulla tela come se fosse gollum col suo tesoro.
L’amica sembrò un attimo perpmessa per poi fare uno squittio felice e saltellare fino da lui.
« hai disegnato!! » esclamò contenta « Evviva! »
La sua espressione divenne molto più interessata quando vide il soggetto.
« oh, ma hai disegnato lui! »
« Tu sai come si chiama? »
« Ma certo, è della famiglia Villanel. Arturh Villanelle. E’ ricco e figo da fare schifo e la festa a cui siamo andati l’ha organizzata lui. Fa sempre feste da paura! »
« Artur… » ripeté apollo meditabondo « Credo di volerlo ritrarre. »
**
La musica attraversava a stento le pareti, arrivando attutita e a stento riconoscibile.
Queste erano le sue feste: loro di là e lui in una stanza privata, o sul letto, o nell’idromassaggio.
Questa volta, era in una vasca con le zampe di lione e fissava il soffitto.
La noia, era parte integrande della sua vita, la sentiva soffocargli sulla pelle come una crema poco traspirante. La respirava nell’aria, pesante e densa.
Si sentiva sempre così: ovattato nella sua stessa intera esistenza.
Come quella musica, a stento avvertita, così era la sua vita.
Almeno finché non si affacciava il pensiero di quel ragazzo incontrato.
Non che avesse fatto chissà quale impressione su di lui, certo baciava bene e il sesso non era stato malaccio, eppure per qualche ragione continuava a venirgli in mente quello sguardo intenso mentre osservava la Venere Scarlatta alla parete come se potesse leggere la sua storie interse nella tela, come se le pennellate fossero parole.
La passione che intravedeva da qelle pupille attente e meticolose, lo avevano stregato.
Avrebbe dato ogni cosa, ogni suo avere per avere una tale passione.
Non importava nemmen che fosse produttivo….sarebbe bastato qualcosa.
Eppure ci aveva provato. Aveva provato ogni cosa: cucina, arte, sport, perfino ricamo. Aveva saltato da hobbie a hobbie ma nulla gli aveva mai dato alcun brvido.
Perfino il suo analista si era arreso. Dopo tre anni di analisi era sbroccato e aveva detto che decretato che lui era troppo ricco per farsi dei problemi.
Era arrivato alla conclusione che essere infelici fosse parte dell'essere umano. Pur non avendo nessun tipo di problema, la gente tendeva a crearli, a estremizzarli, quasi come se la sofferenza fosse l'unica cosa vera ed importante nella vita.
La gente ambiva ad essere infelice. Era letteralmente ciò per cui respirava.
Certo, avrebbe potuto prendere e andar in un paese povero e fare una stima di ciò che era davvero importante nella vita, ma volontariato e affini non lo attraevano nemmeno più di tanto. Organizzava anche raccolte fondi per pura e totale noia.
Smosse l'acqua ormai quasi fredda, lasciando che la schiuma scoppiettasse. Osservò le bolle svanire prima di assestarsi e pensò nuovamente al ragazzo che osservava quel quadro come se fosse l'unica cosa che esistesse al mondo.
Era così immerso nei suoi pensieri che non si accorse del cigolare della porta e dei passi.
“Pensi di restare lì ancora per molto? “domandò una voca gentile.
alzò gli occhi e per un attimo pensò di avere un allucinazione. Ritrovò i suoi occhi, anche se questa volta erano fissi su di lui, quasi fosse lui La Vergine SCarlatta.
“ ... tu? » boccheggiò, confuso “ Che ci fai qui? »
il ragazzo alzò un sopracciglio con aria interrogativa “ Ti cercavo »
Arturh lo osservò coem se avesse improvvisamente due teste e schiuse le labbra senza dire nulla.
Il ragazzo continuò “ Posso entrare? »
Artur restò in silenzio, senza cpire il filo della situazione, osservò senza dire nulla il ragazzo togliersi le scarpe la maglia, prima di scivilare ancora vestito nella vasca.
“ cosa stai facendo?! » domandò ancora più confuso.
Il ragazzo incrocoò i suoi occhi e sorrise, enigmatico, prima di sedersi, vstito in vasca. La camicia bianca, orma zuppa, aderì perfettamente al suo corpo, riscoprendo un corpo asciutto. Ebbe un perfetto visuale dei suoi capezzoli rosa ma ciò che attivava la sua attenzione erano le sue mani. Si era appoggiato con la schiena alla vasca e le dita avevano inziiato a creare cerchi nell'acqua.
Le sue mani erano bellissime, delicate e affusolate. le unghia corte e curate sembravano essere in grado di toccare con delicatezza ogni cosa.
Quelle dita sfioravano la passione ogni volta che curava un quadro?
“ Che fai qui da solo? » domandò il ragazzo con un espressione confusa.
“ Stavo da solo, appunto. »
“ Ma lì c'è una festa. una festa organizzata da te. »
“ Se volessi andare ad una festa, sarei di lì. »
“ Che senso ha? »
“ Perché tu sei qui? »
il cuore iniziò a battergli forse il cuore. quella situazione era stranamente interessante, ebbe appena una specie di vibrazione interna.
Prese un profondo respiro, mentre tentava di capire di leggere la situazione.
Il raagzzo ipiegò la testa di lato, a contemplametno della situazione, i suoi occhi lo stavano studiando come se fosse lui stesso un opera d'arte.
“ Vorrei ritrarti. “disse “Posso pagarti. »
“ non mi servono soldi. »
“ Ti dovrò un favore, allora. »
“Perché dovresti volermi ritrarre? »
era una conversazione strana da fare mentre erano immersi in una vasca, spratutto mentre uno dei due era ancora vestito.
Gli artisti erano davvero strani, ed era per questo che erano anche interessanti.
Lui era intrigato in quel momento.
Nemmeno si conosceveno ancora, eppure quel ragazzo aveva deciso di buttarti nella vasca con lui.
“Perché non faccio che pensare a te. “replicò, ma senza sembrare interessato, come se fosse una cosa che gli dava perfino fastidio.
“ Oh. »
“ Ma non è come pensi. “si affrettò a dire, con un sopracciglio alzato “Solo artisticamente parlando. »
“ Sì? »
“ Sì. »
“ Quindi saresti interessato a ritrarmi perché mi trovi... artisticamente interessante. »
“ esatto. »
“ E sei venuto a una mia festa e ti sei buttato in una vasca solo per cheidermi di farti da modello. » ragionò ad alta voce “ solo per questo? »
“ Lo so. è strano. Ma è così. »
“ Perché dovre accettare? »
“ Perché così ti dovrò fare un favore? »
“ Non so se lo sai, ma a me non serve assolutamente nulla. ho letteralemento tutto. »
“ Ti posso dare una cosa che vuoi. » disse allora “ Ti posso regalare qualcosa per cui vivere. »
Questo era divertente. Un ragazzo credeva davvero di risolvere tutta la sua esistenza in due minuti in croce?
“ Dovrei volere un ritratto di me? »
“ Tu vuoi capirti. » sogghniò “ Tu non sai chi sei ma io posso vederlo. Puttosto chiaraemnte. »
Quella frase gli causò un fastidio alla bocca
La musica attraversava a stento le pareti, arrivando attutita e a stento riconoscibile.
Queste erano le sue feste: loro di là e lui in una stanza privata, o sul letto, o nell’idromassaggio.
Questa volta, era in una vasca con le zampe di lione e fissava il soffitto.
La noia, era parte integrande della sua vita, la sentiva soffocargli sulla pelle come una crema poco traspirante. La respirava nell’aria, pesante e densa.
Si sentiva sempre così: ovattato nella sua stessa intera esistenza.
Come quella musica, a stento avvertita, così era la sua vita.
Almeno finché non si affacciava il pensiero di quel ragazzo incontrato.
Non che avesse fatto chissà quale impressione su di lui, certo baciava bene e il sesso non era stato malaccio, eppure per qualche ragione continuava a venirgli in mente quello sguardo intenso mentre osservava la Venere Scarlatta alla parete come se potesse leggere la sua storie interse nella tela, come se le pennellate fossero parole.
La passione che intravedeva da qelle pupille attente e meticolose, lo avevano stregato.
Avrebbe dato ogni cosa, ogni suo avere per avere una tale passione.
Non importava nemmen che fosse produttivo….sarebbe bastato qualcosa.
Eppure ci aveva provato. Aveva provato ogni cosa: cucina, arte, sport, perfino ricamo. Aveva saltato da hobbie a hobbie ma nulla gli aveva mai dato alcun brvido.
Perfino il suo analista si era arreso. Dopo tre anni di analisi era sbroccato e aveva detto che decretato che lui era troppo ricco per farsi dei problemi.
Era arrivato alla conclusione che essere infelici fosse parte dell'essere umano. Pur non avendo nessun tipo di problema, la gente tendeva a crearli, a estremizzarli, quasi come se la sofferenza fosse l'unica cosa vera ed importante nella vita.
La gente ambiva ad essere infelice. Era letteralmente ciò per cui respirava.
Certo, avrebbe potuto prendere e andar in un paese povero e fare una stima di ciò che era davvero importante nella vita, ma volontariato e affini non lo attraevano nemmeno più di tanto. Organizzava anche raccolte fondi per pura e totale noia.
Smosse l'acqua ormai quasi fredda, lasciando che la schiuma scoppiettasse. Osservò le bolle svanire prima di assestarsi e pensò nuovamente al ragazzo che osservava quel quadro come se fosse l'unica cosa che esistesse al mondo.
Era così immerso nei suoi pensieri che non si accorse del cigolare della porta e dei passi.
“Pensi di restare lì ancora per molto? “domandò una voca gentile.
alzò gli occhi e per un attimo pensò di avere un allucinazione. Ritrovò i suoi occhi, anche se questa volta erano fissi su di lui, quasi fosse lui La Vergine SCarlatta.
“ ... tu? » boccheggiò, confuso “ Che ci fai qui? »
il ragazzo alzò un sopracciglio con aria interrogativa “ Ti cercavo »
Arturh lo osservò coem se avesse improvvisamente due teste e schiuse le labbra senza dire nulla.
Il ragazzo continuò “ Posso entrare? »
Artur restò in silenzio, senza cpire il filo della situazione, osservò senza dire nulla il ragazzo togliersi le scarpe la maglia, prima di scivilare ancora vestito nella vasca.
“ cosa stai facendo?! » domandò ancora più confuso.
Il ragazzo incrocoò i suoi occhi e sorrise, enigmatico, prima di sedersi, vstito in vasca. La camicia bianca, orma zuppa, aderì perfettamente al suo corpo, riscoprendo un corpo asciutto. Ebbe un perfetto visuale dei suoi capezzoli rosa ma ciò che attivava la sua attenzione erano le sue mani. Si era appoggiato con la schiena alla vasca e le dita avevano inziiato a creare cerchi nell'acqua.
Le sue mani erano bellissime, delicate e affusolate. le unghia corte e curate sembravano essere in grado di toccare con delicatezza ogni cosa.
Quelle dita sfioravano la passione ogni volta che curava un quadro?
“ Che fai qui da solo? » domandò il ragazzo con un espressione confusa.
“ Stavo da solo, appunto. »
“ Ma lì c'è una festa. una festa organizzata da te. »
“ Se volessi andare ad una festa, sarei di lì. »
“ Che senso ha? »
“ Perché tu sei qui? »
il cuore iniziò a battergli forse il cuore. quella situazione era stranamente interessante, ebbe appena una specie di vibrazione interna.
Prese un profondo respiro, mentre tentava di capire di leggere la situazione.
Il raagzzo ipiegò la testa di lato, a contemplametno della situazione, i suoi occhi lo stavano studiando come se fosse lui stesso un opera d'arte.
“ Vorrei ritrarti. » disse “ Posso pagarti. »
“ non mi servono soldi. »
“ Ti dovrò un favore, allora. »
“ Perché dovresti volermi ritrarre? »
era una conversazione strana da fare mentre erano immersi in una vasca, spratutto mentre uno dei due era ancora vestito.
Gli artisti erano davvero strani, ed era per questo che erano anche interessanti.
Lui era intrigato in quel momento.
Nemmeno si conosceveno ancora, eppure quel ragazzo aveva deciso di buttarti nella vasca con lui.
“ Perché non faccio che pensare a te. » replicò, ma senza sembrare interessato, come se fosse una cosa che gli dava perfino fastidio.
“ Oh. »
“ Ma non è come pensi. » si affrettò a dire, con un sopracciglio alzato “ Solo artisticamente parlando. »
“ Sì? »
“ Sì. »
“ Quindi saresti interessato a ritrarmi perché mi trovi... artisticamente interessante. »
“ esatto. »
“ E sei venuto a una mia festa e ti sei buttato in una vasca solo per cheidermi di farti da modello. » ragionò ad alta voce “ solo per questo? »
“ Lo so. è strano. Ma è così. »
“ Perché dovre accettare? »
“ Perché così ti dovrò fare un favore? »
“ Non so se lo sai, ma a me non serve assolutamente nulla. ho letteralemente tutto. »
“ Ti posso dare una cosa che vuoi. » disse allora “ Ti posso regalare qualcosa per cui vivere. »
Questo era divertente. Un ragazzo credeva davvero di risolvere tutta la sua esistenza in due minuti in croce?
“ Dovrei volere un ritratto di me? »
“ Tu vuoi capirti. » sogghniò “ Tu non sai chi sei ma io posso vederlo. Puttosto chiaraemnte. »
Quella frase gli causò un fastidio alla bocca dello stomaco “ Pensi di conoscermi? »
“ Non del tutto. » replicò il raagzzo con un sorrisetto “ Per questo voglio ritrarti. Sei itneressante e io ti voglio scoprire. »
“ Sno letteralmente mezzo nudo davanti a te. »
“ sì e mi piace quello che vedo. per questo voglio ritrarlo. »
“ e tu perché pensi che sia una cosa più metafisica? »
“ Perché è ovvio. guardi le cose senza interesse, bevi come se non avesse sapore, scopi come se dell'orgasmo non te ne fregasse nulla. »
“ che ne sai di come scopo? »
“ Ti sei fatto mezza festa di lì, La gente parla. »
“ alla gente piace parlare male dele persone ricche. »
“ vero. » sogghignò “ Ma so per certo che non sei mal dotato là sotto, ma non te ne frega nulla di divertirti. »
“ non faccio altro che divertirmi. »
“ Ed è per questo che ha smesso di essere divertente, non credi? »
“ Cosa vuo da me? » insistette ancora.
“ Te l'ho già detto. ritrarti. Devo ripetermi? »
“ E in cambio mi darai non so... uno scopo? Un motivo di vivere? »
“ Ti darò una passione. »
“ E quale sarebbe? »
Il ragazzo tese la mano e quelle dita proemttendi sembrarono volerlo quasi afferrare “Io sono Apollo, piacere. »
“ Apollo? Che razza di nome è? »
“ Un nome molto dignitoso. di un dio. »
“ I tuoi genitori ti devono oridare tanto. »
“ Sono appassionati di arte greca. Volevano che diventassi un medico, invece sono diventato un medico di quadri. »
Artur si mosse, a disagio nell'acqua “ E se accettassi? »
“ Ti ritrarrei. »
“ e se non mi piacesse ciò che crei? »
“ Scegli tu. Puoi anche picchiarmi. »
Artur si mise più comodo, poi annu' meditabondo “ Se vuoi avermi, devi concederti. “decretò “Hai detto che perfino l'orgasmo non mi da piacere quindi, ecco, se riesci a farmi venire bene, sarò il tuo modello. »
Non era davvero interessato a farci sesso. Era interessato a lui, ma non in senso biblico. Tuttavia ora che aveva epsresso l'idea dovette ammettere di iniziare a trovare intrigante l'idea.
Apollo distese le gambe e poggiò i piedi sull'interno coscia dell'altro.
Fece scivolare il destro in su in cerca di qualcosa di più interessante. Ma quando stava per arrivare alla meta, si fermò.
“ Potrei masturbarti senza problemi. Ho piegarmi a novanta e farmi fottere, ma non ci sarebbe alcun divertimento. »
Si alzò e uscì dalla vasca “ Invece… potrei semplicemente dirti che ti aspetto in studio domani. E solo quanto vorrai davvero fottermi, potrei fartelo fare. »
Sotto gli occhi attenti di Arturh, Apollo scivolò via. Ed era strano che riuscisse ad essere figo perfino con i vestiti zuppi e gocciolanti mentre andava via.
**
Si presentò in studio come promesso e Apollo lo fece perfino attendere!
Uscì dopo un po’, con i capelli chiusi dietro un corino alto, con della pittura tra le ciocche e un camice.
Gli lanciò un’occhiata veloce prima di dirgli di seguirlo.
“ Mi vuoi nudo? » domandò divertito.
“ Ti voglio a tuo agio. »
“ Nudo allora. »
Iniziò a spogliarsi senza dire altro e si buttò sul piccolo stage steso su un lato e in posa. Apollo lo ignorò del tutto mentre lui cercava un modo decene per starsene.
“ Hai finito? » domandò una volta che inziava ad essere imbarazzante rigirarsi sul palco.
“ Sì. »
“ Ora puoi per favore metterti seduto normale? »
“ Sei così noioso nei tuoi quadri? »
“ Non è la posa che voglio immortalae, voglio che tu sia naturale. »
“ Non so davvero come essere al naturale. »
“ Prova a pensare a quanto eri piccolo, a mentre vedevi la televisione, il programma più bello che tu abbia mai visto. Come ti sentivi. »
“ Vuoi che mi sieda davanti alla tv a vedere Silor moon? »
“ Ti piacev sailro moon? Non Ken il guerriero o Capital Tsubasa? »
Artush scollò le spalle “ Sairlo moon era più figa. E fantasticare mentre faceva altro con quel bastone era molto divertente »
“ Sei un sacco perertito per essere uno a cui non interessa il sesso. »
“ Non ho mai detto che non mi interessa. Solo che non lo trovo sopravvalutato. »
Apollo sogghirnò “ forse sei asessuale e non lo sai? Non ci sarebbe nulla di male. »
“ Non è il mio caso. Garatnisco. »
“ Allora masturbati. »
Qeulla frase lo colpì alla sprvvista.
“ C-come? »
“ Se per te il sesso è importante e non un tabù, e la cosa più bella a cui riesci a pensare a come si sgrillettava Usaghi allora, perché no? »
“ Non fa una piega. »
Artur ra già nudo, ed era sempre più intrigato dalla situazione. Si mise davanti a lui, el gambe divaricate e si iniziò ad accarezzare.
Lo fece lentamente, studiando ogni movimento del corpo dell’altro. Voleva vedere come reagica ad ogni carezza, ad ogni gemito.
E, si ritrovò inaspettatamente intrigato dalla sua reazione.
Non era nè intrigato nè imbarazzato, ma i suoi occhi studiavano il suo corpo con attenzione.
Si sentì come la vergine scarlatta, un'opera d'arte in bella vista, e sentì che quello sguardo poteva vedere di lui ogni cosa, ogni dettaglio, ogni difetto.
Soprattutto i difetti.
Eppure, non ne fu preoccupato.
Per la prima volta nella sua vita, sembrava che qualcuno riuscisse davvero a vederlo, e il suo corpo reagì con una eccitazione che non aveva mai provato.
Si sentì vulnerabile, si sentì agitato e con il cuore a mille e avvertì l’emozione scivolare lungo la pelle.
Si ritrovò duro come non mai mentre sosteneva il suo sguardo della persona praticamente sconosciuta che si era parato davanti.
Apollo aabbassò lo sguardo solo un attimo, per sistemare pennelli e colori e iniziò a scrivee sulla tela qualcosa.
I suoi occhi continuano a altalenare tra lui e la tela per un lungo tempo e nel frattempo artur era sempre più incuriosito dalla situazione.
Solo che dopo un po’ iniziò ad annoiarsi e smise. L’erezione ci mise un po’ ad andarsene ma se ne andò tranquillamente.
Ore e ore passarono noiose, Artuno sentiva il culo che iniziava a fare male.
Dopo un po’ Apollo mise giù il pennello e decretò “ Per oggi basta. »
Per oggi. Ci sarebbero stati più giorni?!
Si alzò e si sgranché le gambe per poi avventurarsi fino alla tela ma apollo si parò innanzi per evitare che vedesse.
“ Scusa?! »
“ Non puoi vedere finché non sarà finito. »
“ Ma voglio vedere come sta venendo! »
“ Non puoi. »
“ eddai. »
“ Nope. »
Offeso, artur si vestì al volo con gesti secchi e si girò verso apollo.
“ Sei uno stronzo. »
“ Sempre stato! »
“ Hai fame? Ti offro la cena. »
Si aspettava un rifiuto, invece apollo annuì meditabondo “ Cinese? »
“ Va bene »
**
Andarono ad un ristorante cino giapponese e ordinarono il mondo. Nonostante non avesse fatto un cazzo di niente arturo si sentiva del tutto esausto. Apollo, iniziò a parlare dell’arte giapponese, di come gran parte fossero stampa e che quindi erano una delle stampe più antiche del mondo.
era interessante sentirlo parlare, era bello vederlo appassionato.
Sembrava che avesse esattamente ciò che a lui mancava e lo trovò attraente sopra ogni cosa.
“ Senti, ti va di scopare? »
Apollo si zittì, le labbra socchiuse, e per la prima volta riuscì a veder un rossore delle sue guance.
Annuì, lentamente.
Pagarono la cena e Artuno decise di segurilo ovunque fosse. Tornarono allo studio e lì si fermarono l’uno davanti all’altro e si guardarono, in attesa.
Apollo si avvicinò e appoggiò una mano sul petto dell’altro.
Gli guardò le mani, con attenzione iniziò a sbottonargli i bottoni della camicia. I suoi occhi continuavano a sostenere il suo sguardo.
Il pensiero ai capezzoli che aveva ntravisto nella vasca lo fece scaldare, e allo sguardo che c’era prima mentre lo scrutava, lo fece sentire emozionato.
Apollo riusciva a farlo sentire fragile come nessuno. E lo conosceva nemmeno da due giorni.
Forse era tutto nella sua testa però. Forse voleva disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi che aveva trovato qesta persona interessante senza un vero motivo e…
Delle dita toccarono la sua guancia riportandolo alla realtà e a quella situazione. Rivide gli occhi di apollo e lo trovò bellissimo, e poi trovò bellissimo il tocco delle sue labbra.
Gli afferrò i fianchi e lo strinse a sé, con poù forza di quanto avrebbe voluto tanto che il pittore gemette nelle sue labbra con una piccola smorgia.
“ Piano. » sururrò.
“ Mai. »
Lo strattonò, solo per buttarlo sul divanetto in cui era stato seduto per ore e lo guardò dall’altro come se fosse un gioiello prezioso.
Apollo Van stuart, il suo strano stalker che curava i libri e sapeva dipingere.
Cercò ancora le sue labbra, lo fece con ferocia.
Le mosse come se voless divorarlo e apollo tentò disperatamente di resrpiare al suo assalto. Una mano scovolò lungo il petto mentre si faceva strada alla ricerca di quei capezzoli che aveva visto quel giorno nella vasca e sentì i polpastrelli fremere nel sentire i bottoncini di carne.
Un respiro proruppe dalle sue labbra schiude e sentì il cuore battere sotto la gabbia toracica.
Un nuovo bacio si consumò con sempre più ardente passione.
Una mano scivolò lungo il suo ventre e iniziò a cercare a tentoni il suo sesso. Non era tipo da preliminari. Avevo afferrarlo, renderlo duro e fotterlo.
Non si aspettava di trovarlo già duro ma quando si ritrovò la durezza direttamente nella sua mano, oltre la sorpresa si ritrovò piacevolmente divertito. Forse gli era piaciuto tutto sommato ritrarlo!
Iniziò ad accarezzarlo, adorando il sussultò di eccitazione che ebbe il suo petto. E si godette le palpebre temare mentre il piacere avanzava.
Stava quasi per venire, quado apollo lo fermò.
Si guardarono indecisi su cosa fare ma di certo non voelvnao già venire. Artur si levò da sopra di lui e apollo ne approfittò per togliersi i pantaloni. Finalmente nudo dalla cintola in giù, alzò una gamba e si offri a lui.
Artur osservò il suo corpo e realizzò che opera d’arte fosse. Lo raggiunse e gli aprì le ginocchia il più che poeva per guardarlo meglio.
Il suo sesso era di una bellezza immane, era lungo e affusolato eduro.
Non gli era mai piaciuto un cazzo duro più di così.
Sent’ la gocca inziiare a salivare di più, e un desiderio che non aveva da mlto tempo. Affondò il viso tra le sue coscie e lo prese tra le labbra.
Ciò che seguì fu un succhiare, leccare e torturare la pelle tesa fino a farlo scoppiare.
E scoppiò, sulla sua pelle e il calore di quel seme lo fece sentire come se fosse stato apepna battezzato.
Il sesso era bello. Questo era sicuro.
Fino a quel momento non aveva mai capito davvero il messaggio della venere scarlatta: loro non erano mano impuri solo perché amavano il piacere, e apollo di certo non era sbagliato solo per lasciarsi andare.
Dio, era così bello con l’espressione post orgasmo, che desiderò sapere disegnare solo per immortalarla.
Ebbe l’impulso di prendere il cellulare solo per poterlo fare.
Apollo doveva aver seguir la scia dei suoi pensieri perché strise le palpebre a moì di minaccia
« non ci provare nemmeno »
« ma…»
« ho detto no. »
« che seccatura. »
Apollo allora decise di tagliare la testa al toro e di girarsi per poi appoggiare la testa alla spalliera. Si passò una mano sull’ano, a mettergli il manifeste di quello che voleva davvero.
Artuno si ritrovò a guardare anche l’ano con smania. Non c’era nulla in quel ragazzo che non gli causasse smania.
Affondò le dita nell’ano e ne sentì l’intero caldo e stretto e ambì ad entrarsi subito. Ma lo preparò con cura mentre tutto il cuo corpo voleva solo che continuasse da dove erano interrotti.
Fu apollo con un gemito a incitarlo a farlo
E lii lo fece.
Affondò in lui in diverse spinte, una più scivolante dell’altra e si ritrovò immerso in quel ragazzo che aveva incontrato ad una festa e che aveva sedotto in un'altra.
Il suo artista preferita, il dottore dei quadri, ora era alla sua più completa mercé, era lì per essere completamente suo, per essere la sua puttana.
Iniziò a pingere, iniziò a fotterlo, lo fece con movimenti duri quasi sconnessi e disperati.
Dopo quella che parve un eternità lo sent fremere e venire ma non gli bastava. Voleva venire anche lui. Così quando apollo croòllò sul divano, lui si spinse addosso a lui e dentro di lui. Gli parve di arrivare in posto dove non era ancora arrivato, ma da quella posizioen, benché scomoda, gli parve di avere controllo e potere. Con il suo peso, stava imponendo il suo cazzo fino a profondità mai considerate.
Apollo tremò, con un gemito che espldeva dalla sua bocca e strinse le dita sulla staoffa fino a sbiancarle.
Lo sentì contrarsi, lo sentì anzimare e capì solo dopo che gli aveva cuasato uno degli orgasmi più intensi che avesse mai visto.
Se prima lo aveva considerato bello, vederlo sfatto, arrossato, esausto e disperato di averlo dentro, era una visione ancora più bella.
Nessun quadro o, ancora più dozzinalmente, una foto poteva immortalare quel momento. L’unico artista in grado di farlo, con tutta probabilità, era apollo stesso.
Avrebbe comunque provato per tutta la vita a ricreare quell’immagine.
Concentrò ogni respiro in assaporarlo, assaporare il sapore, il suono dei suoi ansiti e gemiti e l’odore di sudore e sperma.
Era perfetto. Semplicemente perfetto.
Riprese a a muoversi, desideraso di venire anche lui finalmente e usò quell’ano stretto con gioia finché l’orgasmo non lo raggiunse.
Mentre veniva capì che tutto sommato un paio di giorni immobile a far nulal se poi poteva fotterselo nn sarebbe stato così male.
Ma prima di cambiare idea, decise comunque di uscire da lui e venergli addosso.
Di marchiarlo, di renderlo suo così come apollo aveva marchiato lui.
Erano così pure, insieme, erano così spontanei.
Erano bellissimi.
**
Quando finalmente riuscì a vedere il proprio quadro, artur ne restò esterrefatto. Per la prima volta riuscì a vedere quanto somigliasse a sua madre e ne fu fiero.
Quel quadro era bellissimo, e non perché lui ne fosse il soggetto ma perché apollo era un genio e lui lo sapeva semplicemente perché era figlio d’arte.
Apollo aveva ricreato esattamente il momento in cui la sua tristezza aveva attraversato i suoi occhi.
Contrarialemtne a quanto era, lo aveva ritratto vestito, con solo un felbile lembo che lasciava trasparire una vulnerabilità.
Una cravatta sfatta. Ai suoi piedi c’erano pezzi di puzzle sparsi.
Era esattamente come si sentiva lui tutti i giorni: un puzzle a pezzi, che non riuscivano ad incastrarsi e lo sforzo di farlo, di tentare di ricreare quell’immgine di sé, il semplice tentare lo aveva reso esausto.
Apollo era riuscito a ricreare esattamete ciò che ra.
Se ne era innamorato in quel momento. Appena aveva visto il quadro, quel piacere, quel adorare quel ragazz si era tramutato in amore.
Perché l’aveva visto ed era pieno di una così tanto passione e talento che non poteva evitare di esserne pazzo.
Decise che lo avrebbe sposato.
Lo decise lì, su due piedi, mentre il suo cuore batteva all’impazzata.
**
Lo cercò tra le vie di Parigi come se non ci fosse un domani. Sapeva che si sarebbe dovuto incontrare in un bar con Pier, ma non aveva idea di quale bar.
Così corse quasi, mentre saltellava da un bar e l’altro alla ricerca del suo unico vero amore.
Ma non c’era traccia di apollo da nessuna parte. Ma Agata spuntò dal nulla e lo colpì con un sorriso.
« artur! »
« Sto cercando Apollo! »
« Apollo è andato via. »
« Come?! »
« E’ partito ieri per L’ Italia. Mi dispiace. »
Il cuore gli si spezzò nel petto. Ma poi si ricordò di essere ricco sfondato. Prese il cellulare e inizò a digirare il numero della sua carta di credito su skyscanner per il volo dell’italia. Agata alzò un sopracciglio.
« Sai vero che l’itlaia non è certo così piccina? Dovresti sapere che ci sono all’incirca un miliardo di città e tu nn hai idea di in quale sia lui. »
« Firenze? »
« nope. »
« Venezia? »
« Nope.
« Roma? »
« Nope. »
« Potrei acneh elencarle tutte, trovo la lista in un attimo quindi evita di farmi perdere tempo e dimmi dov’è. »
« A sperlonga. »
« E dove cazz è?
« E che ne so? «
Cercò la città disperatamente e ne studiò gli itinerati. Era una città di mare e aveva senso essenso lui col nome di un dio greco che avitasse vicino al mare.
Decise che l’avrebbe raggiunto e si avviò verso l’aereoporto.
**
Sperlonga era una cittadina tranquilla e carina, la gente lo accols con un sorriso e qualche braccialetto regalato, salvo poi pretendere soldi.
Una volta lì si accorse di non avere la più pallida idea di dove fosse così si ritrovò a chiamare Agata e chiederle disperatamente di aitarlo.
Lei gli disse l’indirizzo.
« Ma non ti sembra di aver esagerato? E se lo spaventi? »
« Lo amo. Tenterò il tutto per tutto. »
Convinto delle sue convinzioni, lo trovò in riva al mare, con uno skatch book tra le mai a disegnare. Stava guardando le onde come se potesse vederne il mistero che quelle acqua potessero nascondere.
Lo raggiunse, cercando di non correre sulla spiaggia e gli tolse il sole dalla faccia.
Alzò gli occhi e lo guardò come se vedesse un fantasma, poi scattò in piedi.
« che diavolo ci fai qui?! »
« Ti cercavo! »
« cosa?! »
« Ti sono venuto a cercare. »
Lo guardò in cagnesco, poi serrò le labbra in un sorriso di circostanza.
« Per nulla inquietante, no no. » replicò « Tornatene a parigi. Non tiv voglio qui! »
« Ma sono venuto appositamente per te! »
« e quindi? »
« Ti amo. »
« Abbiamo scopato solo una volta. E non è nemmeno stato un granché »
« menti. »
Mentiva. Lo sapevano tutti e due. Era stato magico.
« Comuqnue tu non mi ami. «
« Certo che ti amo. Tu sei riuscito a vedermi dove nemmeno geste pagata per analizzarmi sono riusciri. »
« Quindi tu mi ami solo per come ti vedo? Wow, dice molto su di te e le tue priorotà! »
« Non è … così. » tentò « Cioè la fai sembrare una cosa sbagliata. »
« perché lo è. » replicò lui « A parte che io ti vedo, cosa puoi dire di me. Cosa ti piace di me? »
« Qeulla domanda lo colse alla sprovvita.»
« tutto? «
« Tutto. «
« E non va bene. Non sai tutto di me quindi nn puoi amare tutto di me. «
« Perché vuoi rovinare il mio enorme gesto romatico? »
« Perché non è rimantico manco per il cazzo. Vettene e lasciami solo!! »
Dopo un’ora di discussione Artur tornò in albego arreso.
**
Due giorni dopo Apollo era seduto sulla spiaggia a disegnare le onde. Erano belle, ma quello che le avrebbe rese ancora più bello sarebbe stato aggiungerci atrtud dentro.
Nonostante i red flag, andò da lui e passarono diverse notti a litigare e fare l’amore.
Da un lato era tutto troppo assurdo e dall’altro non riusciva a smettere di pensare a lui.
« Devi tornare in terapia. » gli fece promettere « Sei completaente pazzo e non posso stare con uno che è completamente pazzo. «
« Pensavo ti piacessero glia rtisti non sono i più pazzi di tutti? »
« Sono… i più creativi. »
« Pazzi. » concorsò « Gli scrittori hanno amici immaginari nella testa e i disegnatoi hanno corpo nella mente tutto il tempo. «
*
Seduti davanti al quadro che ora recava solo piccolo soldi che attraversavano la tela, così minimi che nessuno ci stava facnedo davvero caso, i due ragazzi erano seduti, l’uno accanto all’altro e osservavano il dipinto.
La madama sembrava osservarli con indulgenza, ma era quasi sicuro di vedere ancora del rancore nelle iridi del dipinto. Non era sicuro nemmeno fosse solo la sua impressione o un sottile segret che il vero autore aveva voluto imprimergli.
Forse era soggettivo.
Magari a volte il blu era semplicemente il blu.
Si girà verso Arthur e lo osservò. Accarezzò il suo profilo con la mente, scolpendo ogni sporgenza con cura e emozione.
Era bello come nessuno, perfino con quel piccolo taglio sul sopracciglio.
Arty scutava la dama del dipinto con occhi lontani, forse in ricordi che gli suscitava.
Gli poggiò la mano sulla sua, volendo riportarlo da lui.
« E’ davvero bello. » ammise « Non ne sono mai riuscito a vedere davvero la bellezza che ci vedevi tu. Per me era solo odio, rancore e dolore. »
Apollo strinse un po’ le dita e Artì aprì la mano per intrecciarle alle sue.
«E’ davvero bello. » ripeté.
Ed era così.
Era davvero bello quel momento, quel preciso istante.
Loro due, insieme, a lasciare andare il passato, per affrontare il futuro insieme.