Apr. 3rd, 2019

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Mai leggere cose a caso, se sei un mago.


- Che diavolo è quella?-
Draco alzò gli occhi sul suo partner che se ne stava sulla porta ad osservare perplesso l’immenso baule che era appoggiato sulla sua scrivania.
Aveva quella faccia da quando gli avevano assegnato lui come compagno di pattuglia.
- E’ un baule. Ne dovresti conoscere l’utilizzo.-
- So cos’è un baule, Malfoy. Chiedo solo che cosa ci fa qui.-
Draco sospirò – E io che ne so? Ce lo hanno mandato.-
Harry Potter continuò ad osservare il baule con attenzione, prima di avvicinarsi alla propria scrivania – Chi ce l’ha mandato?-
Draco fece spallucce – Dice solo “Per i migliori Auror del dipartimento”. Che siamo noi. Abbiamo la targhetta per provarlo.-
- Io ho la targhetta, tu hai solo gli onori di conseguenza.- puntualizzò Harry togliendosi la borsa dalla spalla.
- Sottigliezze, Potter.- fece Draco scacciando con la mano le sue rimostranze – Siamo una squadra, dividiamo tutto, anche le glorie. Soprattutto glorie in cui non ho rischiato di rimetterci il collo. E poi, se vogliamo essere sinceri, ti ho indirizzato io in quella casa, sono state le mie indagini ti hanno portato a risolvere il caso.-
- Mi hai mandato al macello, Malfoy. Se non avevo l’incantesimo di protezione al collo, ora io…-
- Non stavi qui a rompermi, lo so. Rimpiango ogni giorni di averti ricordato di mettere il medaglione con l’incantesimo.-
Harry sospirò gravemente e si sedette alla scrivania per studiare i fascicoli dei casi, mentre Draco se ne stava davanti al baule in contemplazione.
Tutte e due sapevano di essere risultati una squadra infallibile, ragion per cui non chiedevano più il trasferimenti tutti i giorni.
Una volta a settimana era più che abbastanza per mantenere il punto, senza ammettere che riuscivano a sopportare la reciproca presenza.
- Beh, aprilo no?- esclamò Harry dopo qualche occhiata veloce al baule – O ti serve la servitù pure per aprire un baule?-
- Certo che mi serve,- sghignazzò Draco girandolo di poco verso Harry – Forza, aprilo. –
Il ghigno era così parte di Malfoy che Harry non ci faceva nemmeno più tanto caso. Osservò il baule – Sembra prezioso.-
- Intagli in madre perla, laccatura in oro. Eccome se è prezioso.-
- Te ne intendi, noto.-
- Mi sono specializzato in chincaglieria con mangia residua, ne ho approfittato per fare un corso di antiquariato.-
Harry chiuse gli occhi – E perché diavolo hai scelto di fare l’auror?-
- Per la gioia di vederti preso a maledizioni dagli altri, per che altro?-
Harry dovette dissimilare un sorriso inumidendosi le labbra. Del resto Draco lo sapeva che lo trovava divertente, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Era il loro modo di rapportarsi.
- Okay, apriamolo e leviamoci questo baule dalle scatole.-
Si alzò e raggiunse l’enorme recipiente e lanciò un’occhiata veloce a Daco prima di aprirlo.
- Chincaglieria inutile.- decretò studiando i piatti incrinati e arrugginiti, bicchieri opachi e cose che non riusciva a decifrare.
Draco gli si accostò – Non è inutile, è antica.- puntualizzò – Forse vale un sacco.-
Harry fece spallucce e iniziò a prendere cose a caso, afferrò un bastone con una grossa gemma sopra e una specie di cerchietto a forma di serpente dagli occhi verdi che si azzannava la coda. Erano pieni di ruggine e polvere e non sembravano nemmeno un granché.
- Questo ti starebbe un amore.- ridacchiò allungando a Draco il cerchietto a forma di serpente argentato con degli stupendi smeraldi verdi che luccicavano sinistramente. Questi lo prese solo per darglielo in testa.
Con la mano libera iniziò a scavare nel baule per cercare altro.
- Sul bastone ci sono delle incisioni.- proruppe la voce di Harry all’improvviso.
E lesse.
Accadde tutto così in fretta che Draco non riuscì nemmeno a rendersene davvero conto. Il cerchietto argentato aveva preso vita, sciogliendosi dalla sua posizione e scalando il suo braccio del rampollo della famiglia Malfoy, per poi attorniarsi al collo e richiudersi a cerchio sulla gola.
In quello che ad entrambi parve un battiti di ciglia Draco si ritrovò con un collare d’argento antico e chiaramente magico che gli circumnavigava il collo.
- Ma che diavolo?- farfugliò, portandosi le mani al cerchietto e tentando invano di toglierlo – Che diavolo hai combinato, Potter?-
- Io? Non ho fatto niente io!-
Gli occhi grigi di Draco s’infiammarono di fastidio – Ma ti pare il caso di leggere ad alta voce cose prese a caso da un baule misterioso?!- quasi urlò – Trova il modo per togliermi questo coso dal collo, adesso!-
Harry gli lanciò occhiate allarmate e rigirò lo scettro per cercare altre formule, ma non trovò nulla, così provò a ripetere ancora la prima.
Il cerchietto però non si mosse.
- Potter…- sputò Draco tirandolo con le dita – Toglimi questa cosa dal collo o me la paghi. La prossima volta ti mando in un covo di facoceri infoiati senza nessuna protezione!-
Harry sospirò, infastidito – Se ho fatto davvero qualcosa io, cosa ancora da appurare, vedrò di sistemarla. Per il momento ragioniamo. Niente panico.-
Si girò verso il baule, lanciò lo scettro sul tavolo e iniziò a scavare a caso nella chincaglieria.
- Sei tu l’esperto di magia residua!- sbraitò verso Draco – Dimostrami che servi a qualcosa!-
Draco fece un sibilo irritato e spostò Harry con una spallata – Lascia fare agli adulti. – gracchiò mentre iniziava a cercare con cui criterio e cura, ma Harry poté notare le mani che gli stremarono.
- Non c’è nient’altro qui dentro che abbia un briciolo di magia.- annunciò.
Superato il panico iniziale, ora Draco sembrava solo infastidito. Prese il bastone abbandonato sul tavolo e lo studiò.
Ad Harry continuava a sembrare un pezzo di legno qualsiasi, ma gli occhi di Draco dardeggiarono – Romano.- annunciò – Fine impero. La mangia è ancora molto forte.-
Harry tamburellò con le dita sulla sua scrivania, lanciando occhiate al collare che abbelliva il collo di Draco. Con i minuti il serpente dagli occhi verdi sembrava essere tornato totalmente inanimato, una semplice collana, ma perfino lui che non era così esperto di magia residua negli oggetti riusciva a non notare lo scintillio perfino degli occhietti del serpente.
- Che facciamo ora?-
Draco andò alla sua scrivania e prese uno specchietto, iniziò a studiare ciò che lo aveva catturato.
- A prescindere se mi ucciderà o meno, devo ammettere che mi dona.- disse Draco dopo un po’ con un tono un po’ forzato.
Strano a dirsi, sembrava perfino un po’ dispiaciuto di aver sbraitato contro Harry.
- chi conosci che può aiutarci a toglietelo?-
Draco aggrottò le sopracciglia, poi osservò ancora il baule – Non ne ho idea, ma visto che sia baule che oggetti vengono dall’era Romana, direi di dare un’occhiata ai libri di storia.-
- Io indagherò su chi è stato a mandarcelo. Ha tutta l’aria di essere un vero e proprio attentato a noi.-
- Almeno non sono ancora morto. Né mi sento male. Anche se è un serpente dagli occhi verdi non sembra essere avvelenato.-
Harry si trattenne dal replicare qualche risposta arguta del genere “peccato!”, immaginava che scherzare in un momento simile non era il caso.
- Chiamiamo Hermione! Lei sa sempre cosa fare in ogni situazione. Saprà aiutarci.-
Draco alzò un sopracciglio – Tu chiama lei. Io vedo se trovo qualche esperto.-
Di comune accordo si avviarono per seguire le relative piste.
Non si salutarono nemmeno.
**

Quando Harry tornò in ufficio ci trovò Draco intento a fare incantesimi vari alla collana nel vano tentativo di toglierla.
Aderendo perfettamente al collo non solo non c’era verso di sfilarla, ma anche aveva iniziato ad irritare la pelle delicata dell’auror.
Gli occhi argentati su posarono su Harry con un espressione accigliata. Tornò nella sua delicata ed inutile opera senza nemmeno salutarlo.
Se lo meritava del resto, Harry lo ammise, nulla sarebbe accaduto se non avesse letto la formula ad alta voce. Era stato un vero idiota.
Prese il bastone e lo studiò in silenzio.
- Non sono molto ferrato in latino. Cosa significa?-
Draco lo fulminò con lo sguardo, poi sembrò raccogliere le sue forze per fare un profondo sospiro – Significa “In saecula saeculorum”
- Sì, ma cosa significa?-
Draco si accigliò – In sostanza, che non mi leverò mai dal collo questo coso.-
Harry Prese un profondo respiro prima di dire - … se mi scusassi cambierebbe qualcosa?-
La mano di Draco esitò nell’ennesimo movimento della bacchetta, i suoi occhi si puntarono su di Harry – Sarebbe già un bon punto di partenza solo per sentirti ammettere di essere effettivamente un coglione.-
La traduzione simultanea era: Sei un coglione, scusati dicendo di esserlo e forse avrai salva la vita.
Così raccolse le sue energie per dire – Mi dispiace.- ci fu silenzio mentre Draco fingeva di ignorarlo – Davvero. Non volevo legarti al collo un vecchio cimelio impolverato per l’eternità.-
- Se avessi di queste voglie sarebbe davvero uno strano fetish.- replicò Draco – Concentriamoci su come togliermelo, nel frattempo… smettila di scusarti. Mi metti i brividi.-
- Domani troveremo una soluzione.- promise.
Draco lo ignorò.

**

Quel giorno passò lentamente, Draco passò il tempo a mandare gufi a suoi conoscenti, Harry aveva chiamato Hermione a cui era bastata un’occhiata per dire che quel serpente dagli occhi verdi portava guai.
Come se non lo sapessero da loro.
- Novità sulla provenienza del baule?-
Harry sospirò – Pare che la provenga dall’Italia, era stato affidato ad un museo inglese e a noi per controllarlo che non contenesse trucchetti.-
- Possiamo chiedere ai curatori del museo, magari.-
- Già provato.- ammise Harry – Ma sono babbani, oltre a dirmi che un è un gioiello di fidanzamento non hanno saputo dirmi nulla.-
La voce di Draco proruppe come un pigolio - …fidanzamento?-
Hermione scrollò le spalle – Ai tempi romani, quando una ragazza era promessa in sposa, lo sposo la riempiva di gioielli. Non erano strettamente doni, ma più un avvertimento che era prenotata.-
- ehi, ti ho prenotato.- scherzò Harry divertito. Draco lo fulminò con lo sguardo.
- Okay, come posso disdire?- si girò verso Hermione.
Lei fece una smorfia – Rompere un fidanzamento è possibile, è molto disonorevole per la ragazza, ma penso che ai tempi nostri sia meno d’impatto.-
- senza contare che sono un ragazzo.- rimbeccò Draco, piccato.
Hermione fece spallucce.
- Bene, come lo disdico?- insistette Harry – Devo solo dirgli “non ti voglio sposare”.
- bhe, prova. Male non fa.-
Draco gonfiò il petto per mettere il cerchietto in vista. Gli occhi lucenti del serpente dagli occhi verdi brillavano minacciosi quando Harry si avvicinò.
- Ti ripudio.- disse – Non voglio sposarti, nemmeno se fossi una bella gnocca con la quinta.-
Draco tentò di vedere i movimenti del serpente dagli occhi verdi che se ne restò bellamente avvinghiato al suo collo. Harry ebbe perfino la sensazione che si fosse girato indignato.
- Beh, era un tentativo.- mormorò.
Draco sbuffò sonoramente e si avviò alla sua scrivani lasciando gli amici soli a discutere della situazione.
Specchio alla mano continuò a controllare i danni.
- Beh, almeno non ti ha ancora ucciso.- mormorò Hermione.
- Lo farà, se non scopriamo come togliergli quel coso.-
- Però gli dona.- sogghignò – Gli d quel certo non so che…-
Harry lanciò un’occhiata al suo patner – E’ colpa mia. Deve esserci una soluzione. Devo trovarla.-
- E’ una gioiello cerimoniale, non lo sta mica uccidendo, Harry.-
Il viso di Harry restò immobile – E meno male, fa già questo melodramma solo per averlo. –
Hermione restò a fissarlo, abbassò dolcemente la voce affinché Draco, dall’altra parte della stanza non fosse in grado di sentirli - Sei preoccupato per lui, vero?-
Harry si sforzò di non girarsi verso Draco, prese dei fogli e li osservò solo per far qualcosa – Se non la risolvo in fretta, non vorrà più lavorare con me. – disse piano.
Il viso dell’amica restò volutamente immobile ma Harry si sent’ lo stesso accusato dai suoi occhi – Ti piace lavorare con lui eh?-
Harry fissava i fogli, tentando di non mostrare espressioni – Non mi sono mai divertito tanto.- confessò.
Questa volta Hermione ridacchiò e gli strinse brevemente una spalla – Troveremo una soluzione, vedrai.-
Harry annuì, speranzoso.
**
Harry passò la sera al telefono con curatori italiani dei musei romani, alla fine era riuscito a trovarne un mago che sapeva il fatto suo e si erano accordati per una visita conoscitiva del problema.
Nel frattempo, Draco gli teneva il muso, rispondendogli più acidamente del solito tranne quando si rendeva effettivamente conto di avere calcato la mano e allora si limitava a tacere.
Stavano seguendo un caso di un animale scomparso. Peccato che quell’animale fosse un piccolo cucciolo di Drago che poteva causare grossi problemi a Londra.
Quando lo trovarono, Draco se ne innamorò e millantò di non volerlo consegnare, quando dal nulla una giovane apparve tutta felice.
- Ma che draghetto adorabile!- squittì, poi iniziò un siparietto che Harry avrebbe voluto evitare di vedere; la ragazza che ci provava spudoratamente.
Lei fece per sfiorargli la mano ed accadde.
Fu così fulmineo che Harry quasi non si rese conto di ciò che era accaduto finché non vide il draghetto cadere in terra sbuffando del fumo dalla narici e la ragazza prendersi la mano con l’altra dopo un esclamazione di dolore.
Draco si girò verso di Harry con un espressione esterrefatta –Questo coso!- si indicò il collare – l’ha morsa!-
Harry si avvicinò e analizzò il serpente dagli occhi verdi che ora era tornato comodamente al suo posto con aria soddisfatta.
- Sei sicuro?-
La giovane annuì, un po’ intimorita – Mi fa una male cane, ma che diavolo è quella cosa?-
Draco alzò un sopracciglio verso il suo partner come a invitarlo a spiegare e Harry sospirò – Dobbiamo portarla subito al SanMurgo.-
- E perché mai?-
- Che io sappia i serpenti sono velenosi, allo stesso modo, i serpenti magici millenari, che non si levano dal collo possono pure esserlo.-
Draco si accigliò – Effettivamente… Dobbiamo.-
Harry guardò il draghetto che se ne stava acciambellato sui piedi del biondino, la giovane spaventata e Draco, palesemente seccato.
- Tu porta il drago alla padrona e io l’accompagno.-
- Ci sto!- fece subito Draco allegro.
- Non avrai intenzione di rapirlo, vero?-
Draco si posò una mano sul petto come se una simile poca fiducia in lui lo ferisse, ma i suoi occhi brillavano – Lo porterò a casa incolume.- promise.
- Okay, tu porta la ragazza e io il drago.-
- E se il tuo bel regalino la ferisce ancora?-
- Tienigliela lontana, ovvio.-
- guastafeste.-
La giovane, passato lo spavento, sembrò seccata – Ci vado da sola, grazie comunque.- detto questo fece due passi indietro e si smaterializzò.
Draco alzò un sopracciglio verso Harry – Quindi?-
Harry provò a raccogliere l’animale che subito si agitò e si rifugiò dietro l’altro – Finiamo questo lavoro e andiamocene!-
Draco sospirò- Ecco lo sapevo, nemmeno il gelato. Potter, io ti metterò le corna, sappilo.-
**

Quando tornarono nel loro ufficio trovarono un uomo sulla cinquantina, brizzolato ma atletico che li aspettava. Accanto a loro, Hermione reggeva un grosso tomo antico sottobraccio e non sembrava felice.
- Oddio, sto per morire?- domandò Draco con una punta di sincero timore.
- No.- fece Hermione subito – Ma… dobbiamo parlavi.-
Draco fulminò Harry e la presunto tregua che aveva accompagnato il pomeriggio sembrò finire. Avanzò per la stanza, si appoggiò con i fianchi alla sua scrivania e incrociò le braccia.
- Okay. Spara.-
L’uomo si presentò come Domenico Rossi, il curatore degli scavi della capitale Italiana e si apprestò ad esaminare l’antico cimelio.
Lo toccò con delicatezza e cura, tanto che Harry ebbe quasi l’impressione che il vecchio serpente dagli occhi verdillo quasi si rilassò. Quasi.
- Proprio come temevo.- soffiò.
- Cosa?- domandò Draco, pallido in volto.
- Non ne ho mai visto uno così ben conservato, chi lo ha creato deve essere stato un mago davvero potente. –
- sa cos’è?- intervieni Harry – Abbiamo ipotizzato fosse un gioiello di fidanzamento.-
L’uomo si accigliò, Hermione strinse le labbra.
- cosa?- domandò, guardandoli.
L’uomo si girò prima verso Harry e poi ancora verso Draco, i suoi occhi tornarono sul serpente dagli occhi verdi con avidità – Posso vedere l’altro pezzo?-
Harry consegnò al curatore anche lo scettro, lui lo soppesò con attenzione, studiò l’iscrizione. E li guardo. Studiò un altro po’ e li guardò ancora.
- Esattamente com’è andata?- domandò.
I due detective si guardarono – Lo tenevo in mano, poi quel coglione ha letto le parole sullo scettro e mi è saltato al collo.-
- La collana le è stata passata dal signor Potter?-
- Sì.-
- E lei lo ha accettato come dono?-
Draco esitò – L’ho solo preso in mano.-
- Capisco.-
- Perché?-
Il curatore e la giovane donna si guardarono, lei annuì, meditabonda.
- Quel gioiello, assieme al bastone…- esordì Domenica – sono gli oggetti rituale antico ormai caduto in disuso. È…- l’uomo esitò – Un rituale matrimoniale.-
Il silenzio calò tra i presenti, Harry guardò Draco che sbatté sei volte, sei, le palpebre prima di domande - …eh?-
L’uomo sembrò dispiaciuto – Non volendo, avete eseguito tutti i passaggi, l’uomo cede alla donna il gioiello sacro, ella lo accetta, poi l’uomo dice le parole che la lega a lui per l’eternità. Quel gioiello è la versione magica e antica di una fede nuziale.-
Questa volta Draco batté le palpebre quindici volte.
- Okay.- disse all’improvviso – ma è un rituale vecchio mille anni, non avrà ancora valore. Le leggi magiche furono tutte revisionate intorno all’ultimo secolo per sveltire le pratiche.-
- Esatto.- esordì Hermione e nei due si sviluppò una lieve speranza. – Tranne questa. Poiché nessuno la usava più da oltre ottocento anni non fu mai realmente abrogata.-
- s-stai dicendo…- parlò Harry, quasi senza fiato – Che siamo…- non riuscì a dirlo.
- Sposati.- finì Hermione per lui.
Draco tirò le labbra in un sorriso – Caspita, c’ero quasi cascato!- esclamò troppo ad alta voce affinché fosse naturale – Ora ditemi davvero cos’è sta cosa e come me ne libero.- ora la voce aveva una nota di minaccia.
I curatore e la donna si guardarono – Ecco…-
- Ci sarà un modo!- esclamò Harry facendosi avanti – Uno qualsiasi. Non credo che non esistesse una sorta di divorzio a quel tempo, no?-
- Sì, sì!- esclamò Draco, animato – Non serve manco una scusa, siamo due uomini e lui è pure brutto!-
- ehi!-
- Si sono distrutti matrimoni per molto meno!-
Il curatore annuì – e’ vero, nell’antica roma si divorziava con nulla, ad un certo punto non c’era nemmeno più bisogno del permesso dei genitori della sposa, si cambiavano mariti come figurine, ma…-
Draco assottigliò lo sguardo – Ma… cosa? Anzi no, non voglio saperlo…-
Hermione strise il tomo con forza – Ma è proprio per questo che fu creato il rituale, per esser duraturo. Non è solo un semplice contratto di matrimonio è un vero a proprio giuramento magico.-
I presenti restarono in silenzio così a lungo che si sentirono gli scricchiolii di assi due piani più su.
Hermione fece un sorriso solidale – Per quello che siamo riusciti a trovare ancora non abbiamo una soluzione, ma nel frattempo siamo venuti a capo sulla situazione. E’ già qualcosa.-
- Al momento, l’unica soluzione è finché morte non vi separi.- sentenziò il curatore.
Gli occhi di Draco s’illuminarono di gioia - ah, ecco, vedi che c’era la soluzione?- afferrò la bacchetta e la puntò verso Harry che gliela strappò di mano all’istante.
- Scherzavo.- si difese il biondino, senza sembrare troppo sincero.
- Nessuno morirà. E anche se legalmente, per una legge vecchia di mille anni, siamo sposati, non vuol dire che lo siamo sul serio! Il problema resta ancora e solo quello che non riusciamo a toglierti quel coso dal collo! Soprattutto renderlo inoffensivo, dal momento che oggi ha attaccato una povera ragazza.-
- Davvero?- intervenne il curatore – Allora deve avere una sorta di meccanismo anti-tradimento.-
Draco si sentì mancare, dovette sedersi – Non sta dicendo che non potrò più scopare con nessuno!- quasi urlò.
Hermione si inumidì le labbra – beh, con tuo marito…-
- Potter, la bacchetta. Qualcuno di noi deve morire, e non sarò io.-
Harry sospirò – Troveremo una soluzione che non implichi la morte di nessuno, vero?- guardò con supplica Hermione e annuì con decisione.
- Non smetteremo di cercare finché non troveremo qualcosa.-
- Sì grazie.-
Il curatore si fece avanti – Chiamerò qualche mio contatto, vedrete che risolveremo questa cosa.-
- Non dite nulla a nessuno.- disse Harry – Se si sapesse… vedo già i titoli.-
L’uomo si fece scuro in volto, ma qualcosa brillò nei suoi occhi – Non dirò nulla, signor Potter…- esitò – Ma potrebbe farmi un autografo? E’ un grande onore.-
Harry arrossì s firmò sotto gli occhi di un Draco Malfoy a dir poco sotto shock.
Si teneva una mano tra i capelli e una al gioiello quasi lo stess soffocando.
Hermione trascinò via il curatore per lasciare ai neo sposini un po’ di tempo per parlare.
Quando la porta fu chiusa, Harry restò a fissarla per un lungo minuto.
- Draco…-
- E’ “malfoy” per te, Potter.- lo freddò.
- Dal momento che a quanto pare siamo sposati…-
La penna lo colpì sulla spalla.
- Avresti potuta ficcarmela in un occhio!- grachcoò Harry.
- ho puntato all’occhio ma sono così sconvolto che non ho più forza nelle braccia.- la sua voce di solto aveva sempre quel lato giocoso, non importa quante volte lo minacciasse ma non sembrava mai davvero serio.
Questa volta però la voce di Draco era atona, spenta.
- Malfoy…- continuò allora – Mi dispiace, davvero. Non volevo sposarti, è stato un incidente.-
Nel tempo che avevano passato come partner, Draco Malfoy, aveva minacciato di ucciderlo tante di quelle volte che aveva perso il conto, ma quando Draco alzò gli occhi su di lui, c’era una una profonda e disturbante voglia di vederlo incenerito che aiutò Harry Potter a decidere i piani per quel giorno: scappare.
Nella fattispecie tornando a casa e barricandosi dentro o magari prendendo un biglietto aereo per l’Antartide.
- Meglio che vada.-
- ecco.- rincarò Draco.
Con gesti impacciati, Harry appoggiò la bacchetta di Malfoy molto lontano da lui così nessuno scatto fulmineo da parte del biondo poteva farglielo ammazzare all’istante. Si dileguò quasi immediatamente.
**

Arrivò a lavoro con la fronte crucciata e una motivata paura di entrare nel suo ufficio.
Draco era già arrivato e se ne stava rilassato sulla sedia, le gambe su uno sgabello e giocava a far canestro nel caminetto spento con quelli che sembravano documenti. Il sorriso con cui lo accolse lo rese inquieto.
- Ti sembra questa l’ora di arrivare, amore?- domandò Draco con una voce zuccherata e diabolica allo stesso tempo.
Harry fece un piccolo passo indietro come se potesse incenerirlo.
- Ehm… buongiorno?-
- Buongiorno.- ripeté Draco alzandosi con energia. Cercò qualcosa sulla sua scrivania, afferrò un foglio e glielo allungò.
- Ecco a te.- il suo sorriso raggiungeva entrambi i lati del viso.
Il brivido gli attraversò tutta la schiena.
- C-cosè’?-
- La lista di cose da fare.-
Harry la prese come se potesse morderlo, poi legge alcuni punti.
- “Chiamarmi ogni mattino Sua Altezza”? “Bere latte acido”?-
Draco incrociò le braccia – E’ ancora una work in progress, sto cercando altre cose. La aggiornerò.-
- Cosa diavolo è questa?-
- La lista di cose da fare.- ripeté, ma dal momento che l’espressione del suo interlocutore non cambiava, Draco fece un breve sospiro e spiegò – Ho pensato a vari modi di ucciderti stanotte e dopo un po’ è diventato noioso. Quindi ho pensato a una lista di cose da farti fare per restare in vita. Molto più crudele.-
Ridacchiò e si sedette sulla sedia per rialzare i piedi sullo sgabello – Ora,- riprese – puoi iniziare la numero 5.-
Harry abbassò gli occhi e lesse al volo: 5) Svolgere il lavoro al posto mio.
Le dita di Harry ebbero uno spasmo, stringendo lievemente il foglio.
La sua voce uscì a stento quando si ritrovò a ribattere – Non ti sembra di esagerare?-
Gli occhi metallici si spostarono su di lui con curiosità – prego?-
Harry strinse le labbra – E’ vero, ci troviamo in questa situazione per colpa mia. Lo ammetto. – riprese – Ma non è che quel collare ti stia uccidendo e certo essere sposato con me non è tutta questa tragedia. Non dobbiamo vivere insieme, non è che dobbiamo scopare! Non ti cambierà la vita se una vecchia legge di mille anni afferma che siamo sposati, Malfoy. Non è che lo siamo per davvero! Troveremo una soluzione e divorzieremo, nulla è indissolubile, quindi non vedo perché devo essere demonizzato e marchiato come stronzo solo perché ho letto le incisioni su un vecchio bastone sovrappensiero.-
Draco chiuse lentamente le palpebre e le riaprì altrettanto lentamente. Si alzò con la stessa, calcolata lentezza, e nonostante fossero alti uguali ad Harry parve che crescesse di statura improvvisamente solo perché iniziava a sentirsi un moscerino che sarebbe presto stato schiacciato.
- Per me,- esordì con una voce insolitamente calcolata – il matrimonio è molto importante.- gli occhi dardeggiavano – Per la mia famiglia, per il mio cognome e per la mia eredità il matrimonio è un affare di stato. Abbiamo deciso governi e regnanti con matrimoni. Ho un eredità da difendere, mantenere e tramandare, quindi capirai che il fatto che all’improvviso io sia legalmente sposato con qualcuno, chiunque sia, talaltro contro la mia volontà, non mi riempia di gioia. Per quanto riguarda le colpe…- Draco strinse gli occhi – E’ assolutamente colpa tua, se non leggessi ad alta voce come un bambino ogni singola cosa non ci ritroveremmo in questa situazione. Non avrei un irritante collare, non dovrei considerare metà del mio patrimonio tuo dal momento che non abbiamo firmato nulla che attesti il contrario e, soprattutto, non dovrei tenermelo nei pantaloni con persone con cui voglio effettivamente scopare per paura di questo coso posa ammazzarle. –
Harry riuscì a vedere la mano gigante di Malfoy schiacciarlo. Inghiottì a vuoto, alzò il foglio e soffio – Ho un limite di tempo?-
Gli occhi di Draco quasi lo incenerirono – Hai tempo una settimana. Seguiranno altre liste.-
Harry annuì e si recò alla sua scrivania, dove si barricò nella falsa speranza che potesse proteggerlo.
Quel mattino Draco non fece assolutamente nulla se non giocare a pallacanestro con il caminetto.

**


Harry approfittò di un caso di stare un po’ lontano e vedere Ron che rise delle sue disavventure per oltre un’ora mentre pranzava. Harry aveva lo stomaco chiuso ma riuscì ad apprezzare una compagnia che non lo voleva uccidere.
- Firmateli ora i documenti.- propose – Sul patrimonio dico.-
- Ora ho una mano paralizzata e nessuna voglia di tornare in ufficio.- sbuffò Harry – Anzi non credo che ci tornerò per i prossimi… venti anni. Potrei passare a licenziarmi.-
Ron alzò gli occhi al cielo – Come sei melodrammatico. Ha detto che non ti ucciderà.-
- A patto che io mi faccia torturare fino al giorno del divorzio.-
- Ben benvenuto nel bellissimo idillio del matrimonio!-
Harry affondò il viso tra le mani – Vorrei solo che tutto tornasse alla normalità: io e lui a litigarci un caso, a prenderci in giro…- perfino alle sue orecchie parve che la sua voce fosse diventata lagnosa, strinse le labbra e rialzò la testa – Insomma, voglio togliergli quel coso dal collo e farla finita.-
Ron all’improvviso non aveva più tanta voglia di ridere, i suoi occhi si erano incupiti – Si risolverà.- provo a consolarlo – Hermione ci sta lavorando e lei ci riesce sempre.-
- Vero.-
- Magari era pure una soluzione semplice e ci riderete su fra qualche anno.-
- “ehi Malfoy ti ricordi quella volta che siamo stati sposati?”- mimò Harry
Ron sorrise – Guarda il lato positivo.-
- ce n’è davvero uno?-
- Finché non firmi quelle carte, puoi dire in giro di essere schifosamente ricco.-
Harry alzò gli occhi al cielo e si ritrovò a sorridere.
Per un attimo regnò il silenzio tra loro.
- E se…- soffiò Harry quasi temendo quel pensiero – E se chiedesse il trasferimento?-
- Non lo chiedete una volta a settimana tipo?- rimbeccò Ron – Ve lo rifiuteranno come sempre.-
Harry guardò lontano alla gente che passava davanti la finestra, quando tornò sull’amico aveva l’aria di chi voleva togliersi un peso – Sono io a rifiutarlo.- ammise – Ho smesso di fare domanda la prima settimana, ma Il capo mi ha detto che lo lascerà con me fino a quanto sarò io a volerlo. – confessò – Ma se questa volta chiedesse il trasferimento immagino che sia il momento che glielo conceda.-
Cercò negli occhi di Ron la confusione, ma trovò invece una nuova dolcezza:
- Non fasciarti la testa prima di essertela rotta, Harry. Magari non chiederà il trasferimento. Non prima del divorzio e sicuramente per allora gli sarà passata e tornerete ad essere una brava squadra.-
Harry osservò l’amico – Da quando sei così… -
- saggio?-
- gentile con Malfoy?-
Ron scollò le spalle – E’ mio cognato, no?-
Harry si ritrovò a ridere per la prima volta della situazione.

**

Harry fu chiamato per un caso il mattino dopo e vi si recò senza passare prima dall’ufficio.
Non vedeva il suo maritino da un intero giorno e, nonostante l’aria tesa, doveva ammettere che si era sentito come se gli mancasse qualcosa.
Quando era iniziato? Da quando Draco Malfoy era diventato il suo compagno di avventura ideale?
Tutto era iniziato quando Ron aveva deciso di lasciare gli auror per un lavoro più tranquillo, Harry l’aveva presa sul personale, aveva pensato che gli serviva solo un po’ di tempo, così aveva iniziato a sabotare ogni suo possibile partner solo perché non sarebbero durati tanto. Ron sarebbe tornato e sarebbero stati di nuovo una squadra.
Tutto era cambiato il giorno in cui Draco Malfoy era entrato con l’aria crucciata e offesa dalla porta e aveva annunciato che era stato assegnato a lui.
Era entrato con già il modulo di trasferimento alla mano e in cerca di un calamaio per firmare.
Poi… era successo. Gradualmente, all’inizio, un intuizione lì, un consiglio ben accetto là, una battuta, un risposta e all’improvviso Harry aveva alzato gli occhi e aveva visto dall’altra parte della stanza il partner.
Non Malfoy, non un assistete provvisorio, ma il suo partner.
Finalmente aveva trovato un po’ di stabilità, le sue giornate erano interessanti e divertenti e invece doveva apparire quel dannato baule.
Arrivo alla casa e fece le prime indagini. Perlustrando la casa, salì al piano di sopra e trovò tracce si magia, notò un pezzo di stoffa strappato intrappolato tre le ante della finestra al piano di sopra e tracce di un trascinamento.
Immaginò che qualcuno fosse scappato con una scopa.
Prelevò il pezzo di stoffa e si girò pronto a scendere quando trovò appoggiato allo stipite della porta la persona che cercava di evitare da due giorni.
Restò un attimo a fissarlo quasi convinto di star solo immaginando il suo sopracciglio alzato e la sua espressione infastidita.
Ma era davvero lui.
Inghiottì a vuoto - Ehilà, hanno chiamato anche te?-
- L’ultima volta che ho controllato eravamo una squadra.- soffiò, Draco di rimando.
- Pensavo di dover fare il lavoro da solo.- replicò – La tua lista era molto specifica a riguardo.-
- Sono arrivate nuove scartoffie ma dal momento che non sei passato in ufficio non puoi saperlo.-
- Sei venuto per dirmi che devo tornare a lavorare?-
- Se la montagna non va da Maometto…-
Harry quasi rise – Sarebbe il contrario, sai?-
Draco tirò le labbra in un sorriso divertito – Scusa ma tra noi sono io il profeta che ha dato il via ad una religione, e tu la montagna senza cervello.-
Harry alzò gli occhi al cielo – L’ultima volta che ho controllato il Malfoyismo non è ancora stato ufficializzato.-
Draco fece spallucce e si alzò dallo stipite – Questione di giorni ormai.-
- Sei molto sicuro di te, come profeta.-
- Puoi inciderlo nella pietra che è la tua testa dura, signor Montagna.-
Harry notò che l’aria tra loro era leggermente migliorata, ma i suoi occhi scivolarono sul collarino argentato che se ne stava adagiato sul collo dell’altro come se gli appartenesse. Draco capì subito dove erano approdati i suoi pensieri.
- La tua ingombrante fede è ancora lì, sì.- soffiò – Ma lasciamo perdere l’evidente mancanza che hai nelle mutande dato dal fatto che hai dovuto incastrarmi con una fede mastodontica e pensiamo al caso.-
Una battuta e una concessione.
Forse la situazione non era più tanto grave, forse dopo un primo momento di panico Draco lo stava perdonando…
Per la mezzora dopo dimenticarono la loro situazione concentrandosi solo sul caso. Harry fece vedere la sua scoperta a Draco che concordò sulla fuga, trovarono la bacchetta e videro l’ultimo incantesimo fatto, poi perlustrarono un ultima volta la casa.
- Rapina?- propose Harry.-
- Nah, regolazione di conti.-
- Non lasciarti ingannare dal fatto che non mancava nulla di valore. Forse cercavano qualcosa di specifico.-
Draco meditò su mentre camminava lungo il marciapiede – Dobbiamo vedere se troviamo segnalazioni di voli nella zona.-
- Mi adopero subito.-
In poco tempo finirono le analisi preliminari e tornarono in ufficio dove Harry trovò un'altra lista delle cose da fare, guardò Draco che gli rispose con un sorriso innocente.
- Avevi detto che avevo una settimana per finire la prima!- gracchiò.
- L’ho detto? Ne sei sicuro?-
-Certissimo.-
- Beh ho anche detto che ne sarebbero seguite altre. Mi hai lasciato un giorno da solo ad annoiarmi, ho trovato molto divertente trovare altre cose da farti fare.-
Harry sbuffò vistosamente e si diresse alla sua scrivania, prese il foglio e lo lesse al volo. Era lungo due facciate ed erano una cosa più disgustosa dell’altra.
- “Correre nudo per tutto il ministero?”-
- Faresti la felicità di molte persone.- confermò Draco sedendosi alla sua scrivania e iniziando a raccogliere i fascicoli.
- “Baciami i piedi”?-
Draco scrollò le spalle – Alla terza pagina non sapevo più cosa scrivere. Ma se vuoi iniziare da quella non ho problemi.-
Harry si ritrovò a sorridere e trovò il coraggio di chiederlo – Quindi… non mi vuoi più uccidere?-
Le dita di Draco esitarono sul fascicolo del caso Gold – Non ho mai detto una cazzate del genere. – replicò – Tu morirai, devo solo trovare il modo di farlo accadere senza che qualcosa possa risalire a me. In carcere non è l’ideale anche se dubito che una giuria senziente mi condannerebbe sapendo cosa hai combinato. – gli lanciò un’occhiata – Ma sei sempre Harry Potter, loro potrebbero vederla diversamente da me. Non vale la pena rischiare finché non avrò un piano a prova di bomba.-
- Rassicurante.- ridacchiò Harry, stranamente sollevato. Draco lo ignorò.
Tornarono a lavoro, in silenzio, Harry ogni tanto non poteva fare a meno di alzare gli occhi sull’altro che stava chiaramente sforzandosi di non fare lo stesso.
Ogni tanto però lo vedeva perdere lo sguardo al vuoto, altre volte lo vedeva accarezzarsi la collana sovrappensiero.
Gli donava, fu costretto ad ammettere, quel gioiello sembrava essere perfetto per il collo di Draco.
Non che qualsiasi cosa appesa al collo non sarebbe stata perfetta… Draco aveva davvero un bel collo.
I suoi occhi scivolarono in su accarezzando la figura di Draco, si concentrò sulla mascella, il mento appuntito, le labbra…
Lì lo sguardo si fermò. Harry non fu più capace di distoglierlo.
Non finché Draco non avvertì l’attenzione dell’altro su di lui – Che c’è?-
Harry inghiottì a vuoto rendendosi conto che qualcosa non andava in lui.
- Niente.- mentì.
- Stai ancora tentando di pensare? Ti prego rinunciaci, non voglio vederti esplodere la testa anche se sarebbero la soluzione ad ogni mio problema.-
Harry chiuse gi occhi per qualche attimo come a volersi togliere la forma perfetta della labbra di Draco dai ricordi.
- Le chiedo umilmente perdono, altezza.- disse tentando di esprimete tutte l’ironia del mondo, cosa difficile con la bocca secca.
Draco sembrò intuire che qualcosa non andava, ma preferì non soffermarsi.
Tornò su i fascicoli e tutto piombò nuovamente nel silenzio.

**
- Mi sento strano.- ammise Harry alla sua amica – nei confronti di Malfoy, intendo.-
I suoi occhi si fecero attenti - Strano tipo?-
Harry sentì l’istinto di autoconservazione farsi sentire, meditò di dire che non era nulla e scappare a gambe levate ma si costrinse a restare lì – Non lo so,- iniziò farfugliando – Ma ieri ho passato il tempo a fissarlo. –
Hermione si addolcì – E’ una situazione atipica sono sicura che sia solo suggestione.-
Harry strinse le labbra – qualcosa è diverso.- insistette – E’ come se… - cercò le parole, si fece più vicino come se dovesse sussurrarle un segreto – E’ come se non volessi perderlo.-
- Harry lo sanno pure i muri che sotto sotto tieni a lui.- le replicò lei.
Harry sent’ le gote pungere – Non so ancora come spiegarmi.- mormorò.
Ancora, aveva detto, perché aveva la sensazione che questa cosa stava crescendo dentro di lui tanto che presto si sarebbe guadagnata un nome.
Harry aveva paura di darle un nome, ma riusciva a vedere il concetto materializzarsi davanti a lui.
- Herm…- soffiò – Ci sono progressi?-
La giovane donna si appoggiò allo schienale della serie, i suoi occhi lo studiarono per un lungo minuti come se ponderasse bene cosa dire. Poi rinunciò.
- Nessuno.- ammise – Purtroppo, essendo un rituale molto antico c’è poco o nulla di scritto. Stiamo controllando le collezioni di privati per vedere se troviamo testi non presenti nei registri pubblici. Ho buona speranze su un certo ** ***, ma è un babbano che non crede nella magia quindi sarà difficile spiegargli che è qualcosa di abbastanza urgente.-
- grazie Herm per tutto quello che fai.-
La ragazza fece un cordiale sorriso – Ora va da tuo marito, se ci sono novità ti avviso.-
Harry strinse le labbra – Non chiamarlo così.- grugnì.
Lei rise e Harry si alzò dalla sedia, attraversò il ministero con la parola “marito” che gli aleggiava nel cervello.
Aprì la porta del loro ufficio e se la ripeté quando lo vide in piedi, appoggiando con il bacino alla sua scrivania, una nuova lista in mano e il sorriso divertito sul viso.
Marito, pensò. E non lo trovò affatto strano.
Restò a fissarlo imbambolato per qualche secondo prima che Draco alzasse un sopracciglio prima di dire – Sì, sono ancora qui. Tu sei ancora vivo, quindi è evidente che la giornata sarà una grande delusione per entrambi.-
Sbuffò e Harry si ritrovò a sorridere.
Adorava il suo sarcasmo, era… loro.
- Ti pare questo il modo di accogliere tuo marito?- gli rinfacciò Harry chiudendo la porta e togliendosi il cappotto – Questo matrimonio non sta funzionando. Dovresti darmi un bacio e dirmi “ben arrivato”.-
Draco restò interdetto, le sue pupille si dilatarono di poco dalla sorpresa, poi si sciolse in un sorriso nuovo. Provocatorio, di sfida.
- E dove l’hai letto? Sulle riviste matrimoniali anni venti?- replicò – Posso ribattere che dovresti allora mantenermi e non farmi mancare nulla. Tipo mi stai facendo mancare il mio divertimento di vederti vomitare lumache vive. Numero trentadue della lista.- sogghignò – Ma c’è del lavoro arretrato, prego, esegui.-
Harry scrollò le spalle e si sedette alla sua scrivania. Prese la pila di fascicoli e iniziò a lavorarci.
Per conto suo Malfoy trasfigurò una sedia in una comoda poltrona reclinabile e si sedette sopra. Poi evocò una bibita e si mise a sonnecchiare.
Per un po’ nella testa non si sentirono altro che la penna d’oca che scriveva sulla pergamena e il ticchettio dell’orologio.
Poi, dopo circa un’ora di silenzio, Malfoy proruppe con –Mi manca il sesso.-
Che fece partire la punta della penna d’ora per tutto il resto del foglio tracciando una linea diagonale.
Harry alzò gli occhi spalancati -… eh?-
- Il sesso, Potter. Se devo spiegarti cos’è, sei davvero irrecuperabile.- Draco aveva socchiuso gli occhi e aveva un espressione seccata – Hai idea di quanto sesso facevo prima di …questo coso?- fece una smorfia irritata – Ti rispondo subito: tanto. E mi manca.-
- Non esagerare, sono solo un paio di giorni.-
- Tre.-
- Puoi stare tre giorni senza scopare.-
Draco tirò le labbra all’ingiù – Voglio togliermi questo coso e andare a rimorchiare.-
- Lo so.-
Tornò il silenzio, Harry fece un incantesimo al foglio facevo svanire l’errore fatto prima, poi riprese a lavorare.
Draco mise il broncio, incrociò le braccia e appoggiò di nuovo la testa sulla sedia.
- ehi.- attirò ancora l’attenzione. Harry sbuffò sonoramente prima di alzare gli occhi su di lui. Draco si mise su un fianco annoiato – ti rendi conto che siamo sposati?- tirò le labbra in un sorriso – tipo per davvero? Se ci pensi è ridicolo.-
Harry alzò un sopracciglio – quindi ora siamo arrivati alla fase del ridiamoci su?-
- Siamo sposati.- insistette Draco – io e te. Capisci? Io e te!-
- … “scusa”?- tentò Harry suo malgrado divertito.
- Ma tu non sapevi il serpente dagli occhi verdise? Non puoi solo dirgli che deve togliersi dal mio collo?-
- Quell’abilità è andata via dopo che ho salvato il mondo.-
- Sei inutile come il sette di coppe quando stai giocando a Dama.- si lagnò.
- … “mi dispiace”?-
- smettila di scusarti, mi dai sui nervi.- lo liquidò Draco con la mano – Quindi sono sposato con te e, se non mi toglierai questo coso dal collo morirò, eunuco.-
- Potremmo fare sesso.- propose Harry, divertito.
Draco lo fulminò con lo sguardo poi tornò a fissare il vuoto, meditabondo – Non abbiamo ancora provato che il veleno sia mortale… potrei scopare prima che questo coso uccida qualcuno. Del resto c’è gente strana al mondo, troverò qualcuno a cui piace essere morso da un serpente dagli occhi verdi.- meditò ad alta voce, poi fece un verso di esasperazione – Pure la cintura di castità, che diamine. Non mi faccio mancare niente.-
Harry si bloccò con gli occhi spalancati – Ci sono!- si alzò di slancio – So come togliertelo!-
- Per quanto siamo maghi, Potter. Tagliare la testa porta ancora alla morte.-
Harry ridacchiò – sono serio! – lo indicò – Quel coso, per proteggere la tua virtù, si stacca dal collo e azzanna chi ci privo con te, no?-
Draco si fece serio in volto, interessato – Sì.-
- Se bloccassimo nell’esatto istante in cui si stacca dal collo potremmo straccartelo di dosso!-
Draco scattò in piedi con gli occhi brillanti – Ma allora non sei stupido come sembri!- i suoi occhi brillarono d’aspettativa – Chiama la Granger, io vado a cercare qualcuno che ci provi con me! Ci metterò cinque minuti al massimo!-
Harry alzò gli occhi al cielo, poi scrollò le spalle – Forza. Prima te lo leviamo e meglio è.-

**

Hermione non sembrava molto convinta dell’idea, ma accettò comunque di provarci. Trovare un incantesimo che permetteva di bloccare un momento fu piuttosto semplice, il difficile sarebbe stato coordinare il momento in cui il tempo si sarebbe riavviato per far avvenire lo strappo.
Harry si era proposto di essere lui a farlo, ma Hermione aveva scosso la testa – Questo incantesimo vi lega, non so quando sia saggio che proprio tu tenti di spezzarlo.-
Harry mise il broncio, ma gli toccò acconsentire. Fu Ron a proporsi di buon grado.
- Poi andiamo a festeggiare il ritorno al tuo stato di single!- sogghignò Ron facendogli l’occhiolino.
Draco nel frattempo tornò con una ragazza dai capelli lunghi e setosi. Era carina e chiaramente i suoi occhi brillavano di una certa aspettativa.
- Le ho spiegato tutto.- annunciò – Ha detto che ci aiuta. In cambio, io devo solo uscire con lei, dopo.- le fece l’occhiolino.
Lei ridacchiò.
- Procediamo.-
Mentre si stavano tutti preparando, Harry se ne stava seduto alla sedia della sua scrivania in silenzio. L’idea era stata sua ma in qualche modo, il fatto che si fosse avverata così in fretta, gli provocava un insolito senso di fastidio.
Quindi, se funzionava, la storia sarebbe finita. Lui e Malfoy sarebbero stati liberi di tornare alle loro vite, alla loro solita dinamica, non avrebbero più litigato per davvero, ma sarebbero tornati ai soliti battibecchi.
Però, mentre fissava Draco parlare del più e del meno con la ragazza in attesa che quel serpente dagli occhi verdi reagisse, Harry sentiva un latente fastidio. Non riusciva ad afferrarlo, ma scorreva sotto la sua pelle.
Poi accadde. La ragazza provò a baciarlo. Draco chiude perfino gli occhi, in attesa e il serpente dagli occhi verdi scattò, rabbioso, verso di lei.
Il tempo fu fermato in un breve istante.
Per qualche attimo Harry vide la scena di Draco immobile, sospeso nel tempo, il collo teso e la coda del serpente dagli occhi verdi ancora appoggiata alle sue spalle mentre la testa protendeva verso di lei, le fauci aperte, gli occhi minacciosi.
Hermione annuì, e Ron afferrò il corpo della serpe.
Sollievo e timore avvolsero Harry. Poi Ron iniziò a tirare.
E Harry lo sentì.
La scena iniziò ad annebbiarsi, Harry strinse gli occhi per riuscire a mettere a fuoco. Ron tirò ancora e Harry si sentì mancare il fiato.
Qualcosa non andava.
Provò ad alzarsi, ma le gambe gli tremavano, provò a parlare, ma tutti erano concentrai su quello che stavano facendo.
Ron tirò e Harry avvertì lo strappo, sentì la propria pelle squarciarsi sullo stomaco e l’urlo gli attraversò il petto.
Vide il sangue, ma era il dolore fu l’unica cosa che riuscì a sentire, prima di crollare a terra.
Il panico invase l’aria come una tempesta, sentì la voce di Hermione urlare, Ron toccarlo. Ma il mondo iniziava a diventare distante, sempre di più.
Ma faceva troppo male. Troppo.

**

Si risvegliò la sera, al San Mungo.
Attorno a lui c’erano Ron, Hermione e metà della famiglia Weasley con il viso preoccupatissimo.
Harry si sentiva ancora scombussolato, ma poteva decisamente tirare un sospiro di sollievo – Cos’è successo?-
Hermione era pallida in volto - … deve esserci un meccanismo di difesa.-
- … Un altro?-
- Oh, Harry.- gli occhi le si riempirono di lacrime – C’era sangue… dappertutto.-
Ron era ancora più pallido, in silenzio in un angolo.
- … Sto bene, dai.- provò a rassicurare tutti – Malfoy?-
I coniugi si lanciarono un’occhiata d’intesa – E’ stato qui, per un po’.-
- Finché non ha saputo che ti saresti ripreso.- rincarò Hermione.
- Poi è andato via.-
Beh, non erano strettamente amici, eppure la sua mancanza colpì Harry allo stomaco. Era appena stato squarciato in due nel tentativo di liberare lui, si aspettava come minimo che avesse la decenza di salutarlo una volta sveglio.
Hermione dovette interpretare i suoi pensieri – Era esausto anche lui, Harry.-
Ron fece una smorfia, ma non sembrò del tutto derisoria. Come se in parte concordasse.
Un infermiera venne a cacciarli tutti millantando un meritato riposo e Harry si ritrovò solo nella stanza, con la pancia rattoppata e la sensazione che la situazione si fosse solo complicata.
Eppure, c’era una altra sensazione, più insidiosa, più difficile da gestire…
Voleva vedere Malfoy.

**

Harry si presentò al portone del Manor con un espressione decisa e la rabbia ribollirli nelle vene.
Draco non si era presentato a lavoro e, dopo tre giorni, Harry sfiorava la crisi di nervi.
Era arrabbiato perché non aveva funzionato? Era disperato perché aveva accarezzato la speranza di esser libero, e invece era ancora sposato con lui?
Aveva provato a scrivergli per convincerlo a tornare a lavoro, ma Malfoy aveva fatto orecchie da mercante.
Ed ora era lì al manor. Doveva fare qualcosa.
Non ci stava a lavorare lì… senza di lui.
Non ci stava a passare le giornate ovunque, senza di lui.
Ma scacciò questo pensiero.
Si prodigò, invece, a bussare, ma la porta si aprì magicamente da sola.
- E’ permesso?- urlò Harry al castello vuoto – C’è nessuno?-
Avanzò per l’enorme atrio e i suoi passi echeggiarono sinistramente. Chiamò Draco, ma lui non rispose. La sensazione che ci fosse qualcosa che non andasse si insinuò dentro di lui, gelida come un salto in un lago ghiacciato.
Poi vide la luce provenire da uno dei salotti ed era così in ansia che si dimenticò di bussare. Aprì la porta e si precipitò dentro.
Draco era in piedi davanti al caminetto, fissava le fiamme in silenzio. C’era qualcosa di decantante nel suo modo di restarsene lì, fermo. Si mosse leggermente per portarsi un bicchiere alle labbra. Lo finì in un sorso e lo appoggiò, le sue dita sembravano disarticolate sul vetro prima di lasciarlo.
- …Malfoy?-
Si accorse di lui a rilento, come se non avesse i riflessi pronti com’era solito. Draco sbatté lentamente le palpebre e poi spostò lo sguardo su di lui.
- Sei ubriaco…?- soffiò Harry, confuso – Sei rimasto a casa per ubriacarti?-
Draco tirò le labbra in un sorriso colpevole - … non potevo venirci così, ti pare?- biascicò.
- Non dovresti starci proprio così!- quasi gli urlò Harry, indignato.
Draco lo scacciò con una mano e prese di nuovo il bicchiere che si era riempito.
Provò a portarselo alle labbra ma l’altro glielo strappò di mano.
- Basta.-
- Rompiscatole.- provò a riprenderselo, ma i suoi riflessi erano lenti – ridammelo.-
- No, ora tu berrai solo caffè.- appoggiò il bicchiere quando Draco provò a fare un passo verso di lui rischiando di cadere, lo sorresse all’istante.
- Che motivo c’era di ridurti così?-
Draco alzò gli occhi e la sua espressione si fece distante. Poi aggrottò le sopracciglia - Come sei entrato?-
- La porta era aperta.-
Un barlume di lucidità si fece strada in lui – Ah... questa è anche casa tua, ora.-
Oh.
Gli occhi di Harry saettarono sul collare, ancora lì, ancora simbolo di un legame che non avevano voluto e che non riuscivano a sradicare.
Harry ricacciò indietro la sensazione di sollievo nel vedere ancora quel serpente dagli occhi verdi stretto al suo collo.
- Perché non sei venuto a lavoro?-
Draco chiuse gli occhi e sembrò sul punto di addormentarsi. Scacciò Harry e cercò ancora il bicchiere. Harry gli prese le mani e glielo chiuse tra loro, portandosele al petto.
- Draco.- soffiò, cercando di sembrare autoritario ma dolce allo stesso tempo – perché non sei venuto a lavoro?-
Draco puntò i suoi occhi in quelli di Harry e sembrò sul punto di mettersi a piangere - … c’era sangue.- mormorò.
Harry aggrottò le sopracciglia – Non ti ha mai fatto senso.-
- … su di te.- continuò Draco e i suoi occhi divennero cupi. All’improvviso Draco non sembrava solo un ragazzo ubriaco che saltava il lavoro, ma pareva fragile e tremolante.
- … Draco.- soffiò piano Hrry sentendo una stretta al petto.
- … ho bisogno di bere.-
- no.-
- sei un rompiscatole.-
- Sì, l’hai già detto.-
Draco rilassò le dita, non opponendo più resistenza, Harry gli lasciò le mani. Ma non lo lasciò andare, aveva la sensazione che se avesse smesso di reggerlo in piedi Draco sarebbe crollato a pezzi. E non solo perché era ubriaco marcio.
- Sto bene.- gli disse piano – Sto bene, davvero.-
Draco si toccò il collare e lo accarezzò con le dita, i suoi occhi poco lucidi brillavano alle lingue di fuoco, cambiando intensità da ogni battito di ciglia.
- Stai bene.- ripeté.
E lo abbracciò.
Harry per un secondo non seppe cosa fare. Non erano mai stati così intimi da arrivare a toccarsi con così tante intensità. Merlino, si poteva contare sulla punta delle dita perfino attimi in cui si erano effettivamente toccati.
Ma ora Draco aveva le braccia attorno al suo collo, il viso sulla spalla, il petto sul suo.
Sentiva il respiro dietro l’orecchio.
Puzzava di alcool, ma era solo una piccola cosa, rispetto a una serie di tante piccole emozioni che stava provando.
Quando lo abbracciò, lo fece con la certezza di starlo facendo perché voleva, e non perché ubriaco in un momento di debolezza.
Quando si godette il corpo di Draco sul suo, si sentì un traditore a indulgere in quel calore come se fosse un dono e non un momento rubato.
Restarono avvinghiati per un po’, finché non sentì Draco stanco di stare in piedi. Lo aiutò a sedersi, poi gli prese il viso con una mano per farlo stare in piedi.
- Quanto hai bevuto?-
Draco socchiuse gli occhi come se non lo mettesse più a fuoco – il necessario.-
- Ho capito, ti porto a riposare.-
Chiamò un elfo domestico, e si fece aiutare a trovare la stanza del biondino, lo buttò sul letto e gli tolse le scarpe, poi lo coprì.
Mentre lo vedeva prendere sonno si ritrovò a osservarlo, assorto.
Non si era mai sentito così. E no, non era colpa di quel gioiello.
Quei sentimenti non li sentiva estranei, erano sempre stati lì, ogni tanto avevano provato ad uscire, quando Draco faceva una battuta particolarmente arguta, o quando semplicemente andavano d’accordo, o quando buttava il foglio che poteva separarli.
Erano sempre stati lì… e Harry aveva sotto fatto finta di non vederli.
Ma ora, qualcosa era cambiato.
Harry sfiorò con cura il serpente dagli occhi verdi. Era la prima volta che lo faceva da quando l’aveva passato a Draco, prima che tutto accadesse.
Sentì come un formicolio alle dita, come se fosse ancora ferito dal tentativo di strapparlo da lì, come se fosse offeso.
Harry provò perfino l’impulso di scusarsi. E di ringraziarlo.
Non importa per quanto tempo sarebbe durato ancora l’incantesimo, ma Harry voleva godersi ogni istante in cui Draco sarebbe stato suo.
Perché era suo marito… ed era innamorato di lui.


**
- Tu che diavolo ci fai qui?- domandò, confuso.
Harry gli sorrise, divertito – A quanto pare questa è anche casa mia.-
- Cosa…?- si guardò attorno come se dovesse ricontrollare che la casa avesse su ogni mattone il suo nome. Poi realizzò.
- … non ti autorizza a invadermi casa.- sbottò con la testa dolorante – Posso sempre sbatterti fuori a calci.-
Harry girò una delle pagine del libro che aveva appena finito di leggere – Dal momento che Maometto non va dalla montagna…- soffiò, facendogli il verso - La montagna non si muove di qui finché non ti fai una doccia e mangi qualcosa.-
Draco fece una smorfia poco convinta – Non sono sicuro di poter effettivamente mangiare qualcosa senza vomitarla all’istante.- arrancò verso una scrivania e aprì un cassetto, dentro trovò una piccola ampolla.
Harry chiuse il libro – Che diavolo è quella?-
- Serve per smaltire i postumi in fretta.- disse, prima di aprire e berla.
Ci fu un attimo d’attesa in cui Draco rilassò lentamente i muscoli del viso e dell’addome, poi prese un profondo respiro – Meglio.-
- Non dovresti proprio ridurti così.- replicò Harry, ma non riuscì a metterci la rabbia che avrebbe voluto. Non capitava tutti i giorni che Draco Malfoy fosse così sconvolto dal vederlo spalmato sul pavimento, insanguinato, da doversi bere metà cantina.
Draco fece una smorfia e scivolò in un'altra stanza, subito seguito dal suo ospite.
La stanza nuova era leggermente più grande, ma più spartana. Tolto il legno in mogano, le rifiniture dorate, il velluto e tutto lo sfarzo, questa stanza era più moderna, molto simile ad un soggiorno di una normalissima casa di periferia.
- Prendo due giorni di vacanza e mi invadi casa.- mormorò Draco sedendosi pesantemente alla sedia per poi schioccare le dita. All’improvviso il tavolo fu imbandito della colazione più suntuosa che Harry avesse mai visto.
Era apparecchiato anche per lui, notò - Lo so che senza di me sei un fallito, ma merito un po’ di riposo.- continuò prendendo del caffè e portandoselo alle labbra. Bevve lentamente un sorso.
Harry restò un attimo in piedi sulla soglia, poi avanzò lentamente per la stanza fino a sederci alla sedia accanto.
Ora che aveva realizzato i suoi sentimenti e che l’aveva stretto tra le braccia, qualcosa era cambiato; era cambiato il suo modo di volersi rapportare a Draco.
Non sarebbe stato così idiota da dichiararsi, né così idiota da far finta di nulla.
In entrambi i casi, gli sembrava la cosa sbagliata da fare.
- Un giorno? Certo. Due? Va bene. Ma tre? Tre nei tuoi standard è un anno sabatico. L’ultima volta che ti sei assentato per tre giorni è stato…- meditò su – Beh, non è mai accaduto.-
- Perché io ci tengo al lavoro, anche se mi tocca lavorare con te.- grugnì.
- E allora torna.-
Draco alzò gli occhi lentamente e lo squadrò da capo a piedi. Le dita erano così pressate sulla tazza che i polpastrelli erano bianchi.
- … ti sei ripreso in fretta, vedo.- mormorò, per poi aggiungere con acidità – Speravo ti prendessi qualche altro giorno tu, così potevo definirmi in vacanza. Non sei utile nemmeno quando voglio prendermi una paura. Sul serio, servi a qualcosa?-
Harry alzò gli occhi al cielo – Dopo aver sconfitto Voldemort e salvato il mondo? Solo a rovinarti la vita, credo.-
Le palpebre di Draco ebbero ancora un brivido, ancora non riusciva a sentir pronunciare quel nome – Mi fa piacere che ci sia almeno una cosa in cui ti impegni con tutto te stesso. – replicò prima di bere un nuovo sorso – Se ti impegnassi così tanto nel lavoro, potrei effettivamente prendermi una pausa, lo sai?-
Harry sorrise, i suoi occhi accarezzarono la figura ancora un po’ scossa di Draco, i capelli erano ancora spettinati, gli occhi leggermente rossi…
Era carino, così.
- Fai colazione, poi fila a farti una doccia e vestirti. Dobbiamo lavorare.-
Draco afferrò un pasticcino e lo morse sovrappensiero – Ti odio.- mormorò.
- Come ogni brava moglie. Fila a vestirti.-
Straordinariamente, non obbiettò. Finì il pasticcino, si leccò le dita e si alzò per andare a vestirsi.


**

Draco tornò a lavoro ma era evidente che non voleva restare in ufficio.
Era strano pensare che Draco fosse così tanto sconvolto dall’accaduto. Non era da lui. Non certo da colui che aveva fatto una lista piuttosto dettagliata sui vari modi di ucciderlo.
L’unica spiegazione che Harry aveva trovato era la più semplice: Draco teneva a lui, tutto sommato.
Aveva sempre saputo, sin da i primi tempi, che una sorta di rispetto e stima albergasse nel loro rapporto, che poi per lui fosse sfociato in un interesse romantico e, in fine, in un amore non corrisposto, era stata una cosa inaspettata.
Draco non provava certo quello che provava lui, e lo accettava, tuttavia… non poteva non sentire una punta di emozione ogni volta che vedeva Draco esitare sulla parte della stanza doveva l’aveva visto sanguinante. Non riusciva a non provare una sorta di felicità nel ricordarlo tremante tra le sue braccia, sollevato che stesse bene.
Non riusciva a cancellare dalla sua mente il ricordo del corpo stretto addosso al suo. Quest’ultima cosa, era veramente difficile da scacciare.
Parlando di lavoro la tensione si allentò facilmente, parlarono con tre diversi sospettati, ma nessuno sembrò nascondere qualcosa.
Così si avviarono per tornare indietro – Almeno hanno identificato le vittime?-
Harry gli diede le direttive.
- Non ce la fai proprio a risolvere un caso da solo, eh?- sogghignò Draco – Tre giorni e vieni a strisciare alla mia porta perché risolva i casi per te. Quando ti sono stato assegnato hai vinto alla lotteria.-
Non aveva idea di quanto avesse ragione.
Draco si mise a pensare leggendo i fogli, le sue dita si alzarono fino al ciondolo che accarezzo sovrappensiero.
Harry distolse lo sguardo, imbarazzato. La sua ingombrante fede, era ancora lì, era ancora bellissima sul collo pallido e, cosa più importante, lo rendeva suo. Cercò di scacciare pensieri poco professionali dalla mente, ma vedere quelle dita scivolare sul metallo con delicatezza lo aveva fatto sobbalzare.
Harry strinse le labbra e gli trotterellò dietro – Oh, maestà, mi presti consiglio!- scimmiottò – Come posso io risolvere il caso?-
Lui fece una smorfia divertita.
- Il locandiere.- annunciò – Lui è quello che governa il mercato nero, se c’è stato un regolamento di conti, sicuro lui saprà qualcosa.-
- Ti aiuto!- si impose Harry.
- con quella faccia riconoscibile?Non grazie.-
Harry sospirò gravemente – Non ti lascerò andare senza di me.-
I due si fronteggiarono per un lungo instante poi Draco sospirò – Almeno usa la polisucco.-

**
- che diavolo avete combinato?!-
I due detective si guardarono senza capire, così Hermione aprì il giornale davanti a loro. Indelebile ed eterno, sulla prima pagina svettava la scritta: Harry Potter si è sposato!
Sotto, aggiungeva: il fortunato è il suo partner a lavoro e nella vita Draco Lucius Malfoy!
Harry sentì letteralmente il cuore fermarsi per un attimo, ebbe paura nel girarsi verso Draco che fissava la pagina di giornale come se potesse mordere.
Hermione lo rigirò verso di lei e lesse ad alta voce:
- “Pare che i due si siano legati per sbaglio secondo un antico rituale inscindibile, a prova di ciò, l’ex rampollo della decaduta famiglia Malfoy porta un ciondolo magico al collo.”-
- Come hanno fatto a saperlo?!-
- Non è solo questo, Harry.- replicò Hermiome stressata – C’è scritto tutto! C’è ogni dettaglio, perfino il tentativo che ti ha portato in ospedale!-
Harry lanciò un’occhiata veloce a Draco che non fece nemmeno una smorfia.
Invece che maledirlo, cruciarlo, o anticipare la parte che riguardava la morte in “finché morte non ci separi”, Draco rilassò la schiena sulla poltrona e fece spallucce.
Hermione indicò Draco come a chiedere a Harry che diavolo gli fosse preso e Harry scosse la testa.
- Malfoy…-
- Dovremmo dare una festa.- soffiò all’improvviso lui.
- come?-
- Una festa. Hai presente quelle cose dove di solito ti invitano e non vai mai? Ah, vero non ci vai. –
- Malfoy, perché vuoi dare una festa? – intervenne Hermione che sapeva bene che ogni ulteriore domanda di Harry avrebbe ricevuto una provocazione in risposta.
Malfoy, si mise su un fianco, disteso con una arrogante sirenetta, un nuovo sorriso che non prometteva nulla di buono spalmato sulle guance.
- Perché siamo sposati, no? Quale altro motivo abbiamo per festeggiare?-
- Dovremmo continuare a cercare un modo per…-
- Anche se ci fosse, non scomparirà dall’aggi al domani.- replicò Draco fissandosi le unghie meditando se sistemarle prima della festa – Sentite, ormai lo sanno tutti quindi non serve più aspettare di rompersi la testa prima di fasciarcela. Fasciamocela in un bel gessato Armani e divertiamoci. –
Harry guardò Hermione, confusa quanto lui, ma non poterono obbiettare.

**
Draco pretese che Harry arrivasse prima che gli ospiti anche solo concepissero che dovevano prepararsi.
Aiutarlo, o meglio, preparare lui la festa era uno dei nuovi computi della lista.
Si era presentato in jeans e maglietta e lo sguardo raggelante del marito lo aveva fatto sentire sorridere di cuore. Per minuti interi, lo redarguì di doversi vestire bene per l’occasione, che fortunatamente aveva abiti della sua taglia che poteva indossare per non fare brutta figura.
Sospettava che li aveva comprati apposta.
Harry si limitò a chiedere per favore, e gli elfi domestici, forti di sapere che lui era un nuova padrone, completarono il lavoro per lui mentre la dolce mogliettina era a prepararsi. Dopo diverse ore, Draco entrò in sala vestito di bianco, bello come il sole e con il collare in bella mostra. Aveva un’aria regale ma mascolina, i capelli erano solo leggermente tirati all’indietro, così che aveva un’aria gessata ma non troppo.
Era bello, straordinariamente bello, così tanto che Harry arrivò a chiedersi come aveva fatto a lavorarci per anni senza accorgersene. O a morirgli dietro, semplicemente.
Sentì le guancia arrossire, chiedendosi dov’era finito il suo autocontrollo e si alzò dal divano.
Draco fece una piccola piroetta – Bianco! Più matrimoniale di così…-
Harry alzò gli occhi al cielo – Ci stai prendendo gusto ad essere sposato con me, eh?-
- Un gusto amaro. – precisò.
- A me piacciono i gusti amari.- mormorò, divertito e un po’ accattivante.
Si aspettò una replica di Draco, ma questi si limitò a guardare l’ora.
- Fra poco arriveranno gli ospiti. Sai già cosa devi dire?-
- Che ti amo e che voglio avere tanti piccoli Malfoyni con te?-
Voleva essere una battuta ma dirlo ad alta voce gli avere una palpitazione al cuore.
Draco alzò un sopracciglio, poi si avvicinò, poggiò le mani sulle sue spalle e disse, seducentemente – Che a stare sopra sono io.-
Certo. Quando voleva. Cioè, forse.
Harry, colto della sua cotta adolescenziale, non aveva pensato nel dettaglio a cosa sarebbe potuta andare. Finora si era spinto a pensare solo di vedere il suo viso rosso, ansante, sudato e la sua voce incrinarsi implorando di più.
Insomma, pura fantasia.
In verità, non aveva pensato nel dettaglio a come sarebbe evoluta una possibile relazione, non osava sperare di ottenere molto di più di quell’abbraccio rubato dai fumi dell’alcool.
Harry fece un sorriso divertito e poggiò le mani sui fianchi – Lo dirò, se ti fa piacere, ma sappiamo tutti e due chi è la moglie qui.-
Draco assottiglio lo sguardo, minaccioso, poi si staccò da lui con fare offeso.
- Non servi proprio a niente.- mormorò – Finisci di prepararti che fra poco arriva la gente.-
Svanì com’era venuto, come una eterea e affascinante presenza.

La gente arrivò in fretta, fin troppo. Incuriositi dalla situazione e da come la stavano affrontando, i due sposini erano al centro dell’attenzione.
Harry lanciava frecciatine, Draco gliele rispediva con gli interessi. Tutto ordinaria amministrazione.
Draco era passato da inconsapevole vittima meditante vendetta a venditore eccelso della storia, la decantava in modo sempre più fantasiosi e eccentrici, e ogni volta aggiungeva dettagli in più. Dettagli che non c’era mai stati, ma che davano quel tocco Malfoyesco alla sceneggiata.
Harry sorrideva, in disparte, consapevole di non possedere nemmeno metà della verve di cui era capace il proprio partener. Si limitava ad annuir, confermando tutto con aria solenne, commentando i quanto in quanto solo per avvalorare ancora più la storia inventata.
- bacio!- gridò qualcuno, tra la folla di invitati. Negli occhi di Draco brillò un insana voglia di sfida, guardò Harry e piegò le labbra in un sorriso mordace.
- Allora, amore?- mormorò prendendolo sotto braccio – Vuoi baciare lo sposo?-
Ah, poteva?
Harry si prese qualche attimo per alzare gli occhi al cielo con fare palese, come se queste dimostrazioni d’affetto così plateali fossero un puro fastidio, poi però afferrò i fianchi di Draco e si beò della confusione nel suo sguardo che precedette il contatto.
Non si poteva definire un vero bacio, non fu che un tocco fugace di labbra, un accenno appena di movimento prima che il boato di applausi li distrasse da quel momento. Seguirono risate, sarcastiche congratulazioni, acclamazioni, proposte per baci nuovi, ma nulla delle mille distrazioni di quella sera riuscì a far dimenticare ad Harry la sensazione provata quando le loro labbra si erano toccate.

La festa sembrò eterna, ma quando finì, Harry era un po’ brillo e un po’ pensieroso.
Era rimasto ad aiutare a sistemare casa. Cosa del tutto inutile visto che ci avrebbero pensato gli elfi domestici ma aveva voglia di litigare un po’ con Draco.
Litigare, perché era praticamente l’unica cosa che sapevano fare insieme.
- Sei senza speranza.- gli rinfacciò Draco infatti quando apparve con due bicchieri in una mano e una bottiglia di pregiato vino nell’altra, prima di entrare nel suo studio e lasciare la porta aperta dietro in un chiaro invito.
Harry lo seguì come un cagnolino seguiva il suo padrone, sperava solo che Draco non fosse in grado di notare la sua immaginaria coda scodinzolare.
Era la prima volta dopo quella famosa notte che entrava in quella stanza. Lì l’aveva stretto a sé, rendendosi conto di quanto fosse perdutamente cotto dell’altro.
Le sue labbra, pensò mentre Draco le arricciava pensieroso mentre versava il vino.
No. Non doveva pensarci.
- Si sono divertiti tutti, è stata una bella festa.-
- E’ stata una bella festa perché l’ho organizzata io.- rimbeccò l’altro prendendo i bicchieri per poi portarglielo. C’era qualcosa di particolarmente lento nei suoi movimenti, il modo con cui tese il bicchiere a Harry sembrò stranamente sinuoso.
- Arriverà mai un giorno in cui non rigirerai una conversazione per dire quanto sei fantastico?-
- No, mai.- sorrise Draco.
- Me la sono cavata come spalla allora?-
Draco accentuò il sorriso – Abbastanza, potevi fare meglio.-
- E arriverà mai il giorno in cui mi farai un complimento?- rimbeccò allora Harry sorseggiando il suo vino.
- Quando te lo meriterai.-
- Ho sconfitto…-
- un mago oscuro e bla bla bla, lo so. E’ stato anni fa, nulla di nuovo?-
- Non credevo che ci fosse una prescrizione per gli atti eroici.- replicò Harry suo malgrado divertito – Sopporto te, dovrebbero farmi una statua solo per questo.-
Draco alzò un sopracciglio e già stava per ribattere che semmai era il contrario, poi però ci ripensò. Un’onda di insolita dolcezza passò nei suoi occhi prima che girasse il viso verso il camino acceso.
- Sono proprio un rompicoglioni quando mi ci metto, eh?-
- lo stai ammettendo?- fece l’altro sinceramente sorpreso.
- Mi ci impegno tanto, sarebbe un peccato non ammettere quando eccello in qualcosa.-
Harry alzò gli occhi al cielo e si avvicinò al fuoco. Sapeva che era ora che andasse via, cercò il coraggio di dirlo.
Fissarono le fiamme, sorteggiando il vino in silenzio per un po’.
- Mi dispiace.- proruppe Draco all’improvviso. Harry si girò verso di lui, confuso.
- Non credevo che potesse avere conseguenze su di te.- aggiunge – Se l’avessi saputo non avrei mai tentato.-
Si guardarono e Harry vide reale rimorso nei suoi occhi. Se sentì in colpa… e apprezzato.
- Non è stata colpa tua, sono l’unico da incolpare. –
- Sei un coglione, è vero.- la sincerità con cui lo disse fece quasi sorridere l’altro – Però non sei male, tutto sommato. Hai solo bisogno di me al tuo fianco.-
- Siamo sposati, più al mio fianco di così.-
Draco tirò le labbra in un sorriso – Mi sto abituando all’idea: farti disperare per il resto della vita. Non sembra così male vista così.-
- Hai già deciso il giorno in cui mi ucciderai per liberarti?-
Draco fece una piccola smorfia che voleva essere un ghigno, ma invece fu un impacciato sorriso, lo fece toccandosi il collare con naturalezza. Lo accarezzava come se lo coccolasse e Harry meditò che fosse una cosa che faceva spesso.
- Ti do quattro mesi. Confido che la tua solita fortuna risolva anche questo.- decretò – E con fortuna intendo la Granger.-
Harry rise, poi prese un sorso di vino.
Era bello, era bello che non lo avesse cacciato a pedate da casa finita la festa, era bello che fossero lì a bere ed era ancora più bello che stessero parlando.
Draco finì di bere il bicchiere di vino e se ne versò un altro gocciò, poi lo offrì anche a Harry il cui bicchiere era quasi vuoto.
- No, meglio che vada.- disse. E Draco gli versò altro vino.
Impotente, Harry osservò il liquido rosso scivolare nel suo bicchiere, ogni millimetro di quel liquore era un minuto in più da passare con il suo partner.
- Sto bene, lo sai?- mormorò – Sto bene, Draco. Non serve che tu mi protegga.-
- Sono il tuo partner, il mio dovere è proteggerti. Soprattutto se hai dimenticato come sempre l’amuleto protettivo. Continui a scordarlo, ogni volta devo essere io a mettertelo al collo. Giuro che gli farò lo stesso incantesimo che costringe la sua fede nuziale al mio collo a quel maledetto amuleto, non è davvero possibile che tu sia così idiota.-
Dio, era adorabile quando si preoccupava per lui.
- Ero ad una festa non mi serviva mica.-
- E se qualcuno avesse avuto motivo di tentare di assassinarti?-
- Ma dai.-
- Non si può mai sapere.- rimbeccò Draco – perfino io ho pensato a centotrenta modi di farlo nell’ultimo mese. Se ci fosse qualcuno intelligente anche solo un decimo di quanto lo sono io, potresti essere già morto a quest’ora.-
Dicendo così, si avvicinò alla scrivania e prese da un cassetto un ciondolo. Quando tornò da Harry glielo appese al collo e restò a guardarlo qualche attimo.
- Ecco. Protetto.-
Da così vicino gli occhi di Draco erano magnetici, quando si puntarono nei suoi ad Harry venne in mente il lieve tocco di quelle labbra, un tocco leggero e inconsistente che gli aveva solo fatto venir voglia di avere di più.
Desiderò baciarlo, lo desiderò come non aveva mai desiderato qualcosa in vita sua, con una ferocia istantanea a devastante.
Capì che non era possibile esistere ancora in un mondo in cui non avrebbe baciato quelle labbra fino a consumarle, e così si arrese.
Gli prese il viso con le mani e lo tenne fermo prima di chinarsi su di lui.
Poi aspettò, aspetto lo spintone, aspettò il rifiuto, aspettò la maledizione, la aspettò come si aspetta un uragano, mentre serrava la presa e tentava di approfondire il bacio.
Draco non lo fermò ma per quanto tentasse di convincerlo nel bacio le sue labbra restarono stoicamente schiuse.
Si allontanò da lui e lo guardò con aria colpevole. Draco gli restituì un espressione pensosa.
- Credevo di essere io con la cintura di castità.- ponderò il padrone di casa.
Harry sentì le gote pungere dall’imbarazzo, ma non riusciva a togliere le mani dal suo viso, né a separarsi - … è il vino.-
- Certo, ho assaporato.- confermò Draco – Per fortuna ti ho fatto bere del vino decente.-
- E’ davvero tutto qui ciò che hai da dire?- ribatté Harry piccato.
L’aveva appena baciato e sembrava che gli avesse dato uno scalpellato.
Si sentì ferito, prima ancora che sollevato.
Draco si sfiorò il serpente dagli occhi verdi e le sue sopracciglia si aggrottarono – Ora non rompi eh?- domandò, al piccolo animale argentato – Bastardo.-
- Sono tuo marito, è ovvio che con me non faccia storie.-
Draco alzò gli occhi su di Harry e soppesò la situazione, come una concessione. Poi scrollò le spalle e fece l’ultima cosa che Harry si sarebbe aspettato: avvolse il collo con le braccia e piegò la testa di lato prima di dire semplicemente – Stavolta fallo meglio.-
Per un istante Harry non seppe cosa fare, gli guardò le labbra, poi guardò lui come un cucciolo che aveva il permesso per la prima volta di entrare in casa, ma non c’era nessuna chance che non accettasse quell’invito.
Al secondo bacio, terzo pensò Harry distrattamente, Draco rispose, lo fece piano, prendendosi il suo tempo, costringendo Harry al suo ritmo, al suoi desideri.
Harry accettò, avrebbe accettato tutto a quel punto.
Tutto precipitò piuttosto in fretta, Harry si ritrovò seduto sul divano, il serpeverde a cavalcioni sulle sue ginocchia le lingue sempre più consapevoli dell’esistenza dell’altra.
Stavano pomiciando come ragazzini.
Harry aveva fatto scivolare la mani lungo la schiena del compagno per poi risalire lungo tutto il tragitto. Le mani sfiorarono il collo, poi il ciondolo…
Draco si staccò dal bacio con uno strattone. Strinse le labbra così forte che si sbiancarono.
- Non farlo.- gracchiò dopo due respiri profondi.
- Ti ho fatto male?-
- No.- replicò contrito – Solo… non farlo.-
I suoi occhi erano diventati più lucidi, il respiro corto, le guancie avevano un colorito nuovo che non gli aveva mai visto.
In una situazione del genere, Harry avrebbe promesso tutto all’altro, per un bacio gli avrebbe venduto la sua casa, per qualcosa di più la sua stessa anima… ma le regole e le imposizioni non erano mai state il suo forte. Con il pollice, accarezzò la cresta del serpente dagli occhi verdi e riuscì a vedere l’attimo in cui le pupille di Draco si dilatarono prima che un gemito gli sfuggisse dalla gola.
Vide l’estasi sul viso, per un breve istante e lo trovò bellissimo. Draco, però, si riprese in fretta, assottigliò gli occhi, con rabbia.
- Avevo detto che…- ma non finì mai la frase, perché Harry trovò qualcos’altro da baciare.
Posò le labbra sul cerchietto argentato e si deliziò del modo in cui Draco inarcò la schiena, quando passò la lingua in un guizzo sulla lacca, il serpeverde si aggrappò alle sue spalle con così tanta forza da sbiancarsi le dita.
Afferrò con le dita i capelli di Harry per tirarlo via e rimproverarlo con lo sguardo più disperato che gli avesse mai visto.
Due attimi dopo Harry si ritrovò scaraventato di schiena contro il divano, gli occhi di Draco dardeggianti, sembravano volerlo sbranare.
- Me la pagherai.- mormorò prima di aggredire le sue labbra.
Quello non fu un bacio, era un divorarsi continuo, famelico, senza respiro.
Harry riuscì appena a sentire le dita di Draco armeggiare con la cintura prima di sentire la mano insinuarsi e afferrargli il sesso duro.
Fino a due ore prima non avrebbe mai immagino che sarebbe finito a fare queste cose con lui, ma ora che stava succedendo Harry era avvolto da un senso di incredula possibilità.
Poteva averlo, doveva averlo.
Mentre la mano di Draco scivolava con fretta sull’erezione di Harry, questi cercò di trovare la strada verso la sua meta, lo fece tornando a lambire il gioiello e sbottonando il pantalone dell’altro. Ma quell’idiota del tuo partner usava ancora i dannati bottoni e dopo averne sbottonati due decise che avrebbe indottrinato l’uso della zip al cocciuto compagno perché quel pantalone doveva svanire.
Riuscì perfino a concentrarsi, tra il baciare, il succhiare e desiderare di spogliare quell’uomo. Forse, quest’ultimo desiderio aiutò.
Il pantalone svanì all’istante e Draco sembrò più sollevato che sorpreso.
Prese una mano dell’altro e la spinse contro di sé, in una imperativa richiesta. Una richiesta che Harry aveva tutte le intenzioni di soddisfare.
Si toccarono l’un l’altro mentre le labbra divoravano ciò che resta di quei baci.
Poi all’improvviso Draco si fermò e per un secondo il tempo sembrò fermarsi con lui. Appoggiò la fronte sulla sua prese un respiro, poi strinse le dita attorno al polso dell’altro fermando il delicato lavoro che stava eseguendo sul sesso del biondino.
Harry temette che fosse finita, che fosse rinsavito, ma Draco aveva gli occhi chiusi, il respiro ansante di chi era sull’orlo dell’orgasmo.
Lo vide muoversi a rallentatore, o almeno così parve a lui. Lo vide fare perno sulle ginocchia e alzarsi mentre spingeva la mano di Harry più in basso… molto più in basso.
Quando senti le dita spingergli i polpastrelli nell’anello di carne, Harry trattenne il respiro.
Stava… davero accadendo? Lui, poteva davvero…?
Draco socchiuse gli occhi e la risposta era in quelle iridi lucide.
Poteva. Doveva.
Il primo dito entrò facilmente, lo infilò fino alla nocca e avvertì il corpo di Draco vibrare su di lui. Per il secondo dovette forzare un poco, ma quando si sentì dentro l’anello sentì il proprio sesso bramare quell’antro come si bramava la pioggia dopo anni di siccità.
Le mosse, le aprì, tentò in ogni modo di abituarlo mentre Draco pazientava, sospirando e gemendo, come se non sapesse se godere o sgridarlo.
Draco gli afferrò i capelli, glieli tirò a rimprovero e Harry capì che era al limite.
L’impazienza lo fece ammattire, gli aprì le natiche e si spinse in lui. Scivolò via, e a Draco sfuggì uno sbuffo derisorio.
Dio, se era adorabilmente stronzo anche quando stava per essere scopato.
Harry gli afferrò i fianchi e se lo strattonò addosso, lo strinse vicino tanto da sentire sulla sulle petto il battito forsennato del suo cuore, poi tornò a premere l’erezione contro l’anello di carne.
Quando si sentì entrare, Harry capì che tutte le sue disgrazie, tutte le sue fortune e le sue disavventure erano stati passi per portarlo esattamente a quell’esatto istante.
Fu grato per ogni sua buona stella.
Draco gli si stringeva attorno, nervoso da quella intrusione, ma lo sentiva sforzarsi di rilassarsi. L’unica cosa che gli venne in mente di fare fu tornare a lambire quel gioiello magico. Il gemito di piacere che sentì aleggiare nell’aria lo portò quasi all’orgasmo.
Tentarono di andarci piano, davvero, ci provarono. Ma fu inutile. Un paio di spinte dopo i due bacini avevano iniziato una danza forsennata allo stremo, una corsa verso il piacere sempre più intenso che culminò con un urlo soffocato il primo nel petto del padrone di casa il seconda nei suoi capelli.
Si mossero ancora, racimolando ogni grammo di piacere che ancora riuscivano a provare, finché anche l’ultimo guizzo di passione non scemò.
Ci fu calma, silenzio e respiri. Uscire da lui fu come uscire da una calda coperta in pieno inverno.
Draco se ne stava abbarbicato a lui, apparentemente incurante della situazione in cui erano, il viso nell’incavo del collo del suo partner mentre in respiro diventava più lento. Dopo un tempo imprecisato, si discostò per darsi lo slancio e lanciarsi sul divano, steso.
- Non male, Potter.- mormorò con un mezzo sorriso – Questa volta devo ammetterlo.-
Harry si ritrovò ad arrossire - Wow, credo che sia la prima volta che mi fai un complimento.-
- Prima o poi doveva capitare.- mormorò Draco buttando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.
C’era qualcosa di stranamente intimo nel suo modo di restarsene lì, nudo dalla cintola in giù, come se nulla fosse.
Harry avrebbe voluto fargli un mare di domande, ma non osava farle. Si limitò tuttavia a rassettarsi i pantaloni, fingendo di non essere a disagio.
Avevano appena fatto sesso. Sul serio.
- Levami le scarpe.- sentì la voce di Draco arrivargli all’improvviso. Harry lo guardò con fare perplesso causando nell’altro un alzata d’occhi.
- Mi hai fatto sparire i pantaloni ma non le scarpe. Sono scomodo, levamele.-
Gli tese le gambe tendendole come una delle più eleganti ballerine e attese – E comunque dovrai ricomprarmeli. Erano di marca.-
Harry non obbiettò e iniziò a slacciargli le scarpe, poi gli sfilò la calzatura. Eseguì anche all’altra.
Gli venne naturale iniziare a massaggiarglieli.
Draco puntò gli occhi su di lui e Harry si giustificò con – Numero 42 della lista.-
Sembrò soddisfare il biondino che si mise più comodo sul divano e si godette il massaggio.
Restarono in silenzio. Harry sentiva che avrebbe dovuto avere un milioni di pensieri per la testa, mille paure, ma invece l’unica cosa che riusciva a pensare era che Draco fosse bellissimo, e che avrebbe tanto voluto continuare da dove avevano smesso.
Magari continuare tutta la notte, perché no.
Draco piegò la testa e con le dita si tolse una ciocca dal capelli, fu un gesto semplice, eppure in quel momento parve la cosa più sensuale che avesse mai fatto.
- Andiamo in camera mia?- domandò.
Harry chiuse le labbra per non sembrava un pesce lesso, non ci pensò nemmeno un attimo prima di annuire.
Draco conduceva i giochi e lui era lì per giocare.
Come briciole lasciate sulla strada Harry seguiva quel percorso, affamato.
Mentre salivano le scale si sentì pronto ad affrontare la strega, il forno e il disastro imminente, tutto per poter assaggiare ancora quella deliziosa casetta fatta di dolci.

**
Hermione arrivò come una furia nell’ufficio spalancando la porta – Ho trovato la soluzione!- quasi urlò.
I due auror la guardarono, confusi poi Draco scattò in piedi – Merlino ti benedica!- esclamò – Dimmi tutto!-
Prima che Harry potesse aggiungere altro, Hermione iniziò a snocciolare com’era arrivata alla soluzione, come si era già procurata il necessario e che erano pronti a procedere.
All’improvviso, Harry si sentì disarmato.
No, pensò disperatamente guardando Draco, non voleva. E invece dovette rispondere – Oh, bene.-
Si sforzò supplicare il gioiello abbarbicato al collo di Draco di tenere duro, ma sapeva quanto fosse sbagliato a più livelli.
Un’ora prima era seduto ad una scrivania cercando di non farsi venire un erezione e ora si stavano dirigendo verso un luogo consacrato per l’occasione con antichi riti.
La sala era stata ricreata come un antico santuario romano, il mago italiano si era messo una tunica che si reggeva a stento addosso per quanto fosse antica e Harry sentì le mano dell’amica trascinarlo lungo il corridoio.
Qualcosa nella mente di Harry si spense, una continua cantilena che implorava che no, non voleva succedesse, Draco era suo, era solo suo, doveva restare solo suo, era un insistente mormorio nella testa.
Draco, invece, sembrava trepidante.
In piedi davanti a quel prete che aveva unito le loro mani con un nastro rosso l’Auror guardò il compagno con un espressione ebete.
Lesse l’incantesimo con voce spenta, assistette impotente alla cerimonia, odiò l’entusiasmo con cui Draco pronunciò l’incantesimo.
Il sacerdote lasciò che la cera della candela cadesse sul nastro, poi tagliò il nastro.
Quando tutto fu silenzio e attesa Harry capì che la cerimonia era finita e che ora dovevano solo aspettare.
Ma nulla accadde.
Osservò Draco afferrarsi il collare e provare a strattonarlo un poco con fare nervoso.
- Che succede? Perché non si leva?-
Hermione sfogliò le pagine del libro con fare preoccupato – Non ha senso.- continuò a ripetere per oltre dieci pagine.
Poi li guardo, altalenando lo sguardo tra i due – M-mi dipiace io…-
- Non è colpa tua, Herm.- rispose subito Harry.
- Sei sicura che si sia svolta bene? Forse dovremmo provare a rifarla.-
Lei aggrottò le sopracciglia, pensierosa. Il mago italiano si tolse la tunica – La cerimonia si è svolta bene.- disse – L’unico criterio che avrebbe potuto mettere a rischio la scissione era che il matrimonio fosse stato consumato, ma dal momento che non è il caso davvero non so cosa sia andato storto.-
Consumato.
Quella parola vibrò nell’aria come una condanna. Harry si girò verso Draco che aveva schiuso le labbra e sembrava voler trovare disperatamente qualcosa da dire senza riuscirci.
- Mi dispiace, Harry.- mormorò Hermione verso il migliore amico – Non so davvero più cosa fare.-
Harry si sentì improvvisamente in colpa per aver desiderato che quella unione fosse inscindibile, lanciò un’occhiata a Draco che se ne stava in piedi, gli occhi assenti, le spalle rigide. Senza dire una parola si girò e andò via.
Harry temporeggiò, lasciandolo un attimo solo. Era colpa sua se quell’unione ora risultava ancora più solida di prima se solo non l’avesse baciato, Draco non avrebbe mai deciso di farlo con lui e ora non sarebbero stati inevitabilmente sposati senza appello.
Harry tornò in ufficiò un’ora dopo, Draco era seduto sulla poltrona, gli dava le spalle. Harry stava per chiedergli scusa quando arrivò un post it al volo che gli si schiantò sulla faccia.
Lo lesse mentre si massaggiava il naso.
Un caso urgente, un nuovo cadavere era stato scoperto. O quello che ne restava.
- C’è un caso.- mormorò.
- Fottiti.- gli rispose Draco girando una pagina del romanzo che fingeva di leggere.
Harry desiderò insistere, ma lasciò perdere. Si mise il cappotto e uscì.

**

Quando la chiamata era arrivata, Hermione Granger era a pranzo fuori.
Era insolito che Ron la chiamasse su cellulare dal momento che non aveva ancora capito come funzionavano, così, quando aveva letto il nome sul display sentì un senso di timore farsi strada nel suo stomaco.
Rispose con un espressione accigliata - Ron?-
- Herm. Devi correre in ospedale.-
Bastò questo per far saltare in piedi la ragazza, buttò soldi sul tavolo e corse via.
Sobbalzò quanto sentì i passi pesanti della corsa e si girò verso il nuovo arrivato.
Draco Malfoy aveva il viso paonazzo e il sudore che gli imperlava la fronte quando si apprestò a lei.
- Cosa diavolo è successo?!- tentò di urlare, ma senza fiato gli risultò impossibile.
Herm inghiottì a vuoto – Non lo sappiamo.- confessò - … legalmente non possono dirci nulla.-
Draco strinse i pugni, nervoso - …come?-
- Tu puoi.- intervenne Ron – Sei suo marito, a te possono dirlo.-
Lo videro esitare, sfiorarsi il collare come a promemoria. L’esitazione durò solo quell’istante, poi si diresse verso un medico e lo placcò con energia.
- Ditemi subito come sta.- soffiò che voce talmente grave che a Hermione si sentì raggelare.
Che Draco Malfoy e Harry Potter sotto sotto andavano d’accordo nonostante i battibecchi l’aveva sempre saputo, ma ultimamente qualcosa era cambiato. Harry era riuscito ad ammettere di adorare il compagno, mentre era bastato vedere gli occhi di Malfoy dopo quel primo tentativo di libertà per far crollare la sua maschera.
Si volevano bene, anche se Hermione non era sicura di capire precisamente in che modo. Né era il momento di chiederselo.
Allungò le orecchie per sentire, perché Draco non sembrava del tutto lucido per ascoltare i dettagli: pare che fosse arrivato troppo presto sulla scena del delitto, che ci fosse ancora uno dei furfanti e che lo avesse colpito mentre era di spalle.
Harry non aveva avuto modo di ribattere alcunché e se non ci fosse stato una chiamata anonima probabilmente sarebbe morto lì, da solo.
Le sue condizioni erano critiche e non si esprimevano su possibili riprese. Ma la loro espressione diceva già tutto.
Hermione sentì le forza abbandonarle, ma riuscì a stare in piedi.
Draco Malfoy no.
Lo vide crollare su una sedia, tenuto insieme solo da carne e ossa. Era a pezzi come cristallo frantumato. Gli improvvisamente spenti.
Ron era pallido in un angolo, le braccia conserte gli occhi scuri. Dopo un po’ avanzò verso il biondino, furibondo.
- Tu dov’eri?- inveì – Perché non sei andato con lui?-
Draco lo sentì appena, sconvolto com’era.
Hermione cercò di frapporsi tra loro – Ron, calmati. E’ ancora vivo.-
Draco soffiò – E’ colpa mia.- fu flebile, ma si riuscì a sentire perfino col caos dell’ospedale.
Ron strinse i denti e si arrese all’idea doveva solo aspettare.
Hermione dovete ingoiare la propria disperazione per pensare a quella del merito del suo migliore amico.
Si sedette al suo fianco e sussurrò – Si riprenderà, lo sai. Lui è fatto così.-
Draco fissava il pavimento – E’ colpa mia.- insistette.
- Avevi le tue ragioni per non andare con lui.-
Draco strinse i pugni – Io non…- guardò Ron sul fondo del corridoio – avrei dovuto ricordargli l’amuleto. Lo faccio sempre. Perché non l’ho fatto?- la sua voce sfumò - … lo dimentica sempre, io… glielo ricordo sempre.- farfugliò ancora – perché… perché non l’ho fatto.-
Hermione doveva aggrapparsi alla sua logica per non crollare a pezzi, ma vedere Draco Malfoy così le aprì gli occhi.
Gli prese la mano, gliela strinse forte - Finché quel gioiello resta appeso al tuo collo, lui è vivo.-
Draco alzò finalmente gli occhi su di lei e vide la speranza rilucere nella profondità della disperazione. Si toccò il gioiello e vide i suoi muscoli rilassarsi leggermente.
- E’ ancora vivo.- disse.
- Lo è.-
Strinse le dita attorno al cerchietto e le tenne lì, non importava quanto fosse diventate bianche dallo sforzo.
Draco stringeva quel cerchietto come se farlo potesse tenere in vita Harry.
Quando si spezzò… lo fece anche il suo cuore.

**


Il dottore uscì dalla sala con aria grave, nessuno lo assalì per sapere come stava Harry Potter, perché Draco teneva tra le mani la sua ingombrante fede nuziale e la fissava con un espressione assente.
Hermione non era assolutamente in grado di alzarsi, Ron non era in grado di camminare.
Il dottore si avvicinò a Draco e prese un profondo respiro.
- Starà bene.- disse.
E fu come sentire un suono nelle profondità del mare.
Hermione fu la prima a svegliarsi dal dolore - … come?-
- L’abbiamo perso, per un minuto, ma le pozioni di rigenerazioni lo hanno riportato indietro. Ci vorrà tempo prima che finiscano il lavoro e torni come nuovo, ma posso affermare almeno che sia fuori pericolo.-
Hermione strinse le dita di Draco con forza, lui non sembrava nemmeno aver sentito.
- Starà bene, Draco.- gli disse, con dolcezza, anche se tutto ciò che voleva era saltare in piedi e abbracciare il medico – E’ salvo.-
Draco sbatté le palpebre e la guardò senza davvero guardarla - …come?- disse piano.
Hermione annuì – E’ vivo.-
Lo vide aggrottare le sopracciglia, più confuso che mai, poi alzare il gioiello che aveva stretto tra le mani per tutto il tempo al collo. Tentò di rinfilarselo, non riusciva a capire perché non ritornasse dov’era.
Sembrò davvero non capire perché fosse ancora tra le sue mani.
Hermione lo fermò dolcemente – Andrà tutto bene.- sussurrò. Lo fece anche verso di sé.
Ron ignorò tutto e tutti, e si precipitò verso la stanza di Harry Potter.

**

Risvegliarsi fu doloroso. Harry sentì il bisogno di urlare all’istante, ma riuscì a resistere all’impulso. Grugnì però.
Era in ospedale? Cos’era successo? Quali erano le sue condizioni?
Draco, pensò disperatamente, dov’era Draco?
Si ritrovò con due teste di persone che conosceva bene su di lui. Ron era livido in volto e Hermione… beh, l’aveva vista per anni così preoccupata e sperava di non doverla più rivedere così.
Lei lanciò un’occhiata dietro di sé - … è sveglio.-
Quando vide il biondino spuntare ai piedi del letto con le braccia conserte e il viso lugubre Harry si sentì immediatamente meglio: lui stava bene.
- Cosa… è successo?- riuscì a dire, tra un sospiro e l’altro.
- Sei stato vittima di incompetenza.- decretò Ron lanciando un’occhiata obliqua e Draco che restò in silenzio, accusando il colpo. Hermione scosse la testa.
- Sei stato aggredito. Ma te la caverai.-
Harry annuì e se ne pentì. Sentiva i tessuti del suo braccio rigenerarsi, sembrava di sentire le molecole legarsi una per una.
- Tu stai bene?- fece verso Draco.
Lo vide irrigidirsi e annuire poco convinto.
Ron stava per dire qualcosa, ma Hermione gli afferrò un braccio con forza.
Harry sentiva ancora gli occhi stanchi, così li chiuse.
Sentì mormorii sommessi e il suo nome ripetuto più volte. Doveva essersi addormentato perché la seconda volta che aprì gli occhi il dolore era molto di meno ed era notte ed era solo.
Aveva una sete terribile, così cercò di muoversi.
Vide spuntare qualcuno e, con sua grande sorpresa non fu un infermiera.
- Ti serve qualcosa?- domandò Draco. Sembrava molto stanco.
- … aqua.- mormorò lui.
Lo vide sparire un attimo per tornare con un bicchiere e una cannuccia. Bere fu come sentire il proprio cervello ritornare alla vita.
Si sentiva improvvisamente più lucido e vigile, riuscì a guardarsi attorno – Dove sono Ron e Hermione?-
- … li hanno mandati via. L’ora delle visite è finito.-
- E tu?-
- Io sono tuo marito.-
Quella frase piombò su di lui, lapidaria. Harry avrebbe voluto non sentirsi felice di sentirla, ma era così bella, così perfetta.
- Riposa.- lo sentì sussurrare nel buio della notte – Se ti serve qualcosa, sono qui.-
Harry fece un mezzo sorriso – Sta tranquillo, sto già molto meglio. Puoi andare.-
- Certo.- replicò con una nota ironica, come se Harry avesse fatto una battuta.
- Sto bene.- insistette Harry – Domani ci vediamo in ufficio.-
La smorfia ironica si congelò sul viso, gradualmente i suoi occhi divennero freddi e rabbiosi – Riposa.- ripeté e qualcosa nel suo tono di voce fece sentire Harry come se avesse puntato addosso una bacchetta magica con un Avada Kadavra pronto all’uso.
Serrò le labbra e annuì, poi tentò di mettersi comodo come a dire “vedi? Sto per riposare!”
Credeva che non avrebbe chiuso occhio, invece non appena serrò le palpebre fu improvvisamente giorno.
Si mise seduto ancora prima di ricordarsi di essere stato ferito, per fortuna nella notte e grazie a pozioni rigenerante, il suo corpo si era ristabilito perfettamente.
Una volta seduto, puntò i suoi occhi sul suo maritino addormentato su una sedia e non poté fare a meno di notare le marcate occhiaie e i vestiti stropicciati.
Non l’aveva mai visto così. Quello… non era il suo Draco.
Era colpa sua? Era stato Harry a ridurlo così?
Anche se Harry non fece alcun rumore, gli occhi dell’altro si aprirono. Per una frazione di secondo, vide il panico attraversarli, come se il fatto che si fosse addormentato poteva aver causato la terza guerra mondiale, poi però vide Harry, lo vide seduto e qualcosa di nuovo passò nei suoi occhi; sembrò sul punto di mettersi a piangere.
Ma, forse, fu solo una sua impressione.
- Ehi.- mormorò il salvatore con un sorriso tirato – Hai un aspetto orribile.-
Draco si alzò in piedi, stiracchiandosi le gambe – Non sono certo io quello morto ieri.-
- …morto?-
La mano di Draco esitò prima di sbottonarsi il colletto insolitamente attillato. Quando vide il collo libero dalla sua particolare decorazione fu come se Harry ricevesse un pugno in faccia.
- … quando?-
- Ieri quando hai avuto la brillante idea di farti ammazzare. Ora che sei sveglio e sano e salvo, preparati perché ti ammazzo io.-
Qualcosa suggerì al moretto che c’era del vero in quelle parole.
- … ti chiedo scusa?- provò.
- L’amuleto, perché non l’hai messo?- la voce di Draco era spenta, gli occhi duri - Quante volte te l’ho detto? Perché non mi ascolti mai?-
Harry piegò metà labbro, scrollò le sue spalle nuove di zecca e prive di cicatrici – Perché mi piace sentirmelo dire.- mormorò – Perché significa che un poco a me ci tieni.-
Voleva essere una piccola battuta, avrebbe dovuto metterci più ironia, ma non riuscì a nascondere la verità dietro quella frase. Si odiò un poco per questo.
Draco incrociò le braccia, poi si portò una mano al collo per toccarselo pensieroso, fu un gesto talmente automatico che quando se ne accorse smise in modo evidente.
- Se lo ammetto ad alta voce, la smetti di dimenticarlo?- disse dopo un po’.
- Ammettere cosa?- echeggiò Harry.
- Che il tuo brutto muso tutto sommato non mi dispiace.- replicò Draco – Se lo ammetto, la pianti di cercare di farti ammazzare?-
In Malfoyese era la cosa più simile ad una dichiarazione d’amore che potesse mai avere.
- Beh, almeno non sei più sposato con me, non sei contento?- ironizzò, per sdrammatizzare.
Non lo vide arrivare. Non se lo aspettava.
Il pugno gli arrivò così diretto e violento che Harry per un attimo non ricordò il proprio nome. Si portò una mano al viso dolente e fissò confuso il proprio partner che si massaggiava le nocche.
- Cosa…?-
Potevano anche incazzarsi, litigare, ma mai erano arrivati alle mani così. Guardava Draco, senza capire.
Le sue occhiaie si erano accentuate di nuovo, il pallore del suo viso era più marcato. Si passò una mano sul collo, stavolta le unghie fecero segni rossi sulla clavicola come se volessero staccare la pelle. Smise quando si accorse di starlo facendo, ma i segni restarono visibili.
Ebbe l’impulso di tenergli le mani solo per impedirgli di straccarsi la pelle.
- Mi dispiace.- disse Harry con il cuore che doleva.
- Non mi basta.-
- Cosa posso fare per farmi perdonare?-
- Sposarmi.-
Quella frase fu detta con così tanta naturalezza che Harry stava già per rispondere di sì, poi le labbra si bloccarono nel formulare la parola.
Disse invece -…come?-
L’altro si portò nuovamente le mani al collo, stavolta si limitò a massaggiarlo – Rifaremo tutto daccapo.- disse – Lo scettro, il cerchietto, la tua stupida voglia di leggere le cose ad alta voce. –
- Perché dovresti volerlo?- domandò di rimando Harry, incapace di afferrare gli eventi.
Draco strinse le labbra, quasi ringhiò. Le sue dita erano rigide sul collo.
Per un secondo, sembrò di nuovo sul punto di dargli un pugno…
Poi qualcosa cambiò.
Le spalle si arresero alla gravità, il viso si arrese a qualsiasi cosa stesse macchinando il suo cervello. Quando parlò, Harry sentì il proprio cuore fare male.
- Perché finché quello stupido cerchietto è al mio collo… tu sei vivo.-
Harry perse un battito, e non seppe cosa dire. Così Draco continuò con voce più flebile – Perché… Perché da quando si è staccato non respiro, non riesco a dormire, non riesco a pensare. Devo saperti al sicuro, devo…- abbassò la mano, ora i segni sul collo erano meno evidenti ma Harry poté notarne altri, più vecchi, forse della notte prima. Draco doveva essersi graffiato tutta la notte in cerca di quel gioiello – Devo saperti al sicuro. –
Era… adorabile. Ed era doloroso.
Harry odiò vederlo così. Era colpa sua, lui l’aveva ridotto così.
L’unica colpa di Draco era tenere a lui, dopotutto. Anche se non nella maniera che Harry avrebbe voluto.
Draco tornò a tormentarsi il collo e Harry gli strappò delicatamente via la mano e la prese nelle sue.
- Quello che dici non ha senso.- mormorò – Ora sei stanco e stressato e straparli. Riposa. Domani sarai rinsavito.-
Draco sembrò sul punto di dargli un altro pugno – Non hai sentito la parte del “non chiudo occhio”?- replicò – Vado solo un attimo a prendere lo scettro in ufficio, cerca di non morire nel frattempo.- non lo disse per scherzo, nei suoi occhi c’era l’ovvia determinazione di chi stava già macchinando se prendere la metropolvere o smaterializzarsi direttamente.
Doveva cambiare tecnica. Doveva… dissuaderlo.
Decise di farlo nella maniera peggiore: essere sincero.
Strinse le due dita e si beò per un attimo del loro calore. Si chiese se dopo averlo detto ad alta voce Draco lo avrebbe mollato lì scappando via lontano.
- Non posso sposarti.-
- Perché no?-
- Perché ti amo.-
Ci fu silenzio. Harry sostenne con forza il suo sguardo. Una luce si accese, nella profondità. Fu come se l’opaco della stanchezza si diradò. La lucidità si fece strada.
Con quella lucidità, una nuova, ovvia, determinazione.
- Allora dovresti volermi sposare.- replicò come se fosse la cosa più logica da dire.
Harry fu tentato da quella logica innegabile, ma era più sconvolto che si fosse appena dichiarato e Draco avrebbe semplicemente ribattuto che allora erano a posto così.
- Non è così che funziona un matrimonio. Ci si dovrebbe sposare per amore.-
Draco chiuse gli occhi solo un secondo. Prese un profondo respiro – Hai…- la sua voce si incrinò- Hai la più pallida idea di cosa io abbia provato quando quel ciondolo si è staccato?- sembrava respirare a fatica dalla rabbia. – Prova a pensare se fossi stato io, se quel coso al collo significasse che io sto bene e si staccasse, all’improvviso. Prova anche solo a pensare cosa sia significato per me.-
- Non puoi paragonarci, è diverso. Io ti amo.-
L’aveva detto di nuovo e come se nulla fosse. Sentì le gote andare a fuoco.
Draco nemmeno stavolta sembrò farci caso, invece strinse le palpebre e sibilò – Se vuoi un altro pugno basta dirlo. Davvero. Ora che stai bene non mi faccio problemi.-
Harry non capiva, guardava l’altro come se vedesse un alieno a tre teste, così Draco alzò gli occhi al cielo e poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si chinò a baciarlo.
Fu un bacio leggero, veloce e Draco si staccò da lui con le gote rosse e leggero imbarazzo - … mi metterai quel coso al collo e non obietterai più con cazzate.- decretò – Se è vero che mi ami, lo farai.-
Harry boccheggiò come un imbecille, si fece mille domande ma una si piantò nel cervello finché non si fece strada tra tutte - … anche tu mi…?-
Non riuscì a dirlo. Non voleva un altro pugno, stava bene sì, ma non così bene.
Draco alzò un sopracciglio – L’ho detto che non mi dispiace il tuo brutto muso.-
- Non l’hai detto.-
- Ah, vuoi le parole esatte.-
- Ci puoi giurare.-
Draco sospirò gravemente come se si apprestasse a spiegare ad un cerebroleso il teorema di Pitagora.
- Può darsi che io…- strinse le labbra e le sue gote divennero rosa che, nel suo incarnato, era un rosso acceso, porpora – senta verso di te un particolare affetto che va oltre il fatto di volerti ammazzare ogni tanto. Tipo, ti vorrei ammazzare ogni secondo.-
- Spero che tra lì ammazzare e il resto ci sia del tempo per il sesso.- mormorò Harry che non sapeva se essere felice o spaventato.
- Dovrò pur sfogare la mia voglia di ammazzarti ogni secondo, con qualcos’altro.- mormorò.
Harry quasi rise, mentre lasciava le sue mani, per abbracciargli i fianchi e affondare il viso nel petto. Draco riusciva ad avere un buon odore anche quando aveva passato la notte in bianco a vegliarlo. Non era giusto.
- Se ti sposo, sarà per sempre. Te ne rendi conto?-
Draco poggiò le mano sulle sue spalle e se lo staccò di dosso per poterlo vedere in viso. Stavolta non c’erano più battute, incrociò i suoi occhi e rispose – Non avrei accettato meno di un “per sempre”.-
Draco si chinò ancora a baciarlo e stavolta il bacio che seguì non fu veloce, né leggero.
Quando si separarono, Draco prese un profondo respiro con gli occhi ancora chiusi. Li riaprì dopo un po’, piano, come se dovesse calcolare ogni suo movimento.
Harry tentò di sistemargli i capelli, non gli piaceva vederlo così stanco e sfatto. Non era da lui.
- Sei stanco, andiamo a casa a riposare?-
Draco annuì, improvvisamente sembrava che tutta la stanchezza del mondo fosse crollata sulle sue spalle. Si aggrappò a Harry e sembrò volersi addormentare così.
Probabilmente dopo una bella dormita, l’idea di sposarlo di nuovo sarebbe stata un aberrazione assurda per il biondino. Ora era sconvolto, era stanco, era stato disperato…
Aveva senso che se ne sarebbe pentito nell’istante in cui sarebbe stato meglio.
Ma per quel momento, in quell’istante, Harry accarezzò l’idea di loro due sposarti e stavolta perché lo volevano davvero. La coccolò, come un sogno nel cassetto.

**

Draco era riuscito a prendere sonno solo con l’orecchio sul suo petto che ascoltava il suo cuore battere.
Steso con il suo del respiro di Draco Malfoy che si faceva sempre più lento, Harry riuscì a riafferrare quel pochi neuroni che gli erano rimasti per mettere in fila qualche pensiero.
Era certo che una volta passato lo spavento il bel biondino ci avrebbe pensato tre volte prima di proporgli nuovamente quell’arrangiata unione, ma Harry si crogiolò al pensiero di essere sposati per propria volontà.
Osò di più, osò sognare un futuro, magari un figlio, osò sognare le cose che i mariti sognano di solito con la persona che amano accanto.
Ma si permise di farlo solo per un’ora, mentre Draco dormiva.
Si alzò senza svegliarlo e si mise la giacca: aveva del lavoro da fare prima di affrontare la realtà.

**

Quando tornò a Manor, lo fece in punta di piedi. Non servì.
Draco era sveglio, in piedi nel suo studio e, quando incrociò i suoi occhi, Harry capì di essere nei guai.
Harry fece un mezzo sorriso – Ero a lavoro. Sai quella cosa che dovremmo fare io e te… i cattivi non si mettono in gabbia da soli.-
Draco strinse le labbra così forte da sbiancarsele – Avresti dovuto svegliarmi.-
- Eri stanco.-
Draco si portò una mano alla testa come se gli fosse scoppiato un mal di testa incredibile – Evidentemente non ti è chiaro che sono sull’orlo di una crisi di nervi.- soffiò - Cerca almeno di capire le basi Potter, le basi: se il tuo fidanzato rischia di impazzire abbi almeno la decenza di dirgli dove vai senza svanire nel nulla.-
Fidanzato…
Harry s’umettò le labbra – Scusa. Segnato.-
- Bene.- sembrò che avesse fermato un contratto verbale – Cosa era così urgente da causarmi immotivato ulteriore stress?-
- Ho messo in gabbia il Locandiere.-
Lo disse come se avesse comprato il latte, ma Draco strabuzzò gli occhi – COSA?!-
Harry scrollò le spalle – il ragazzo che mi ha colpito, è anche lo stesso che ha poi chiamato soccorso. Mi ha salvato la vita, salvo avermela messa in pericolo come prima cosa.-
- … il ragazzo che ti ha… - la sua voce sfumò, poi i suoi occhi si riempirono di una nuova determinazione – Come si chiama?-
- Non te lo dico.-
- Se vuoi fare sesso nel prossimo anno, ti conviene dirmelo.-
- Non lo ucciderai.-
- Non intendo ucciderlo mica. Sarebbe uno spreco.-
- Non lo torturerai nemmeno.-
- Nemmeno un po’? Sei una vera rottura Potter.-
Mise davvero il broncio. Era il colmo.
Era strano sapere e vederlo sull’orlo di una vera crisi di nervi e riuscire a scherzare.
Almeno sperò stesse scherzando.
- Il ragazzo è uno dei suoi, avrà l’immunità e una nuova identità in cambio della sua testimonianza.-
- nessuno testimonia contro di lui, Potter.-
- Sì, se sei uno mio fan sconvolto che mi ha quasi ammazzato.- annuì e gonfiò il petto come se fosse una cosa di cui vantarsi.
Draco non sapeva se prenderlo a pugni, prenderlo a pugni, o prenderlo a pugni.
Così Harry decise saggiamente di sviare la sua attenzione – Come ti senti?-
- Incazzato nero.-
- E…-
- Pronto.-
Quella nuova parola lasciò sorpreso Harry. Prima che potesse chiedergli per cosa fosse pronto, Draco si avvicinò ad un baule a cui finora Harry non aveva dato attenzione.
Ora però, lo riconobbe all’istante.
- … cosa?-
Quando vide il cerchietto qualcosa nel suo cuore perse un battito.
- Draco non credo che…-
- Ora e per il resto della tua vita non avrai mai voce in capitolo nella nostra relazione.- replicò.
- Ottimo modo per iniziarne una, suppongo, ma…-
Draco sospirò gravemente e si avvicinò a lui per piazzargli lo scettro e il cerchietto in mano, poi tese la sua per ricevere il prezioso amuleto indietro come da copione.
Harry però strinse le dita attorno al metallo con forza – Draco… ragiona.-
- Dammi quel dannato coso.-
- No. Non è quello che vuoi.-
- Che ne sai tu di cosa voglio?- lo accusò.
Harry sentì il cuore fare male. Non consegnò il prezioso cimelio, ma lo appoggiò su un mobile. Poi prese la mano tesa di Draco nella sua.
- Il matrimonio per te è sempre stato qualcosa di importante: tramandare il tuo cognome, creare potere, cose simili. Me l’hai detto tu. Non sarei una brava persona se ti lasciassi fare questo sbaglio solo perché sei sconvolto.-
Gli occhi di Draco lo studiarono con attenzione, poi li chiuse per un secondo come se dovesse raccogliere le energie – Tu mi ami, giusto?- domandò.
Harry arrossì, preso in contropiede – non c’entra.-
- Mi ami sì o no?- insistette Draco sostenendo il suo sguardo.
Harry annuì piano – E perché ti amo che non posso rovinarti la vita solo perché voglio stare con te. – esitò – non serve arrivare a tanto, per sapermi al sicuro. Ho un piano.-
- … un piano?-
Harry si frugò nelle tasche, prese un cerchietto piccolo, simile al collare e glielo mostrò – L’ho fatto incantare, ha solo l’incantesimo di protezione che ti permetterà di sapere se sto bene. Quella parte dell’incantesimo è un optional molto comune. Se lo indosserai, saprai che sto bene e non dovrai sposarmi per forza.-
Tese le mani pronto a infilarglielo ma Draco restò immobile a guardare quell’oggetto come se lo odiasse.
- Se non ti piace, possiamo trovare altro, basta che sia qualcosa che…-
- Forse non hai capito.- lo interruppe Draco stavolta la preoccupazione e l’ansia avevano fatto strada ad un nuovo sentimento, qualcosa di più cupo e profondo – Io so quello che voglio Harry e non è un braccialetto insignificante, molto utile e molto pratico, ma senza alcun significato. Quello che voglio è non sentirmi più, nemmeno un istante, una persona che è costretta a vivere senza di te. –
Le sue parole finirono nel silenzio di quella enorme casa. Il cuore di Harry iniziò a battere così forte che sentì che se fosse rimasto immobile sarebbe potuto esplodere.
Appoggiò il braccialetto e si avvicinò a lui per prenderlo tra le braccia. Restò a guardare il viso pallido solo un attimp prima di premette le labbra sulle sue in un bacio più impacciato che romantico, ma per qualche strana ragione fu perfetto così.
Draco si aggrappò ai suoi fianchi e schiuse le labbra per rispondere piano.
Quando si staccarono, l’aria tra loro era cambiata.
- Vuoi…- Harry esordì, la sua voce faticò ad uscire – Vuoi sposarmi? Sposiamoci. Ma non con un cimelio antico che ti impedirebbe di cambiare idea quando sarai rinsavito, che ti impedirebbe di tradirmi se non ti bastassi più, che ti costringerebbe a stare con me che tu lo voglia o no.-
- Mi stai dicendo che vuoi che divorzi da te e ti tradisca prima ancora di sposarci?- scherzò Draco.
- Idiota, sai cosa intendo.- replicò Harry – Stai letteralmente decidendo di dedicare la tua vita a me, con cui fino a una settimana fa non andavi nemmeno tanto d’accordo. Te lo ricordi, vero?-
- Siamo sempre andati d’accordo.- replicò Draco, sinceramente confuso.
- Litigavamo ogni giorno.-
- Se pensavi che quelli fossero litigi aspetta di contraddirmi quando sarò di nuovo tuo marito. Temerai per la tua vita.-
Harry alzò gli occhi al cielo – La pianti di scherzare? Sto cercando di fare la cosa giusta qui…-
Draco sospirò gravemente, poi sistemò il colletto di Harry solo per fare qualcosa mentre cercava di trovare le parole, o il coraggio di dirle.
- Lo capisco, non credere che non lo capisca. – mormorò – So cosa può sembrare ai tuoi occhi, so che credevi ti odiassi come so che eri tu a boicottare i miei pallidi tentativi di cambiare compagno.-
Harry schiuse le labbra, sorpreso – Lo sapevi?-
- Non sono stupido, Potter. Certo che lo sapevo.- si rabbuiò – E se ti fossi dimenticato di avvisare il capo di evitare di accettarli, avevo comunque il piano b.-
- …ovvero?-
- Non li firmavo. Non erano validi.- sogghignò – Eri così convinto che l’avessi compilato che nemmeno te ne accorgevi.-
Harry arrossì, mentre cercava di ricordare qualcosa, inutilmente – Tu…- mormorò timoroso di chiederlo – Provavi già qualcosa per me?-
- Non lo so.- rispose Draco pensieroso – Credo. Non ti so rispondere.- insistette, i suoi occhi divennero distanti, alla ricerca di ricordi specifici – So che quando mi hanno assegnato a te non ero convinto avrebbe funzionato. Non avrei scommesso su di noi mezzo Galeone, e invece ogni giorno era divertente e tu eri così stupido.-
- Grazie.- borbottò Harry, fintamente offeso.
- Stupido in senso buono.- replicò Draco.
- Esiste un “senso buono”?-
L’altro alzò gli occhi al cielo, poi alzò le mani e glieli passò tra i capelli un po’ a carezzarli e a pettinarli – Esiste. L’hai creato tu.- sorrise – Ci sono state cose di cui non mi rendevo conto: non mancavo mai un giorno, se capitava di non venire mi preoccupavo che tu fossi così stupido da finire nei guai o qualcosa di simile. Non me ne rendevo conto, ma per una ragione o per un'altra tu eri sempre nella mia testa. –
Harry sentì di nuovo le gote arrossarsi. Non disse nulla, per una volta nella vita Draco si stava aprendo. Annuì, piano.
Gli occhi di Draco tornarono distanti, come se si concentrasse a mettere insieme i tasselli di un puzzle troppo grande e troppo complicato – Quando ci siamo sposati è stato tutto un caos. Ammetto di essere stato leggermente isterico a riguardo…-
- Leggermente?-
- Tu non lo saresti stato?-
-Touché.-
Harry sorrise e gli accarezzò la guancia con la mano, pensieroso – Mi dispiace di averti coinvolto in questa follia.-
L’altro scosse la testa – Se non l’avessi fatto staremmo ancora lì a fingere di chiedere il trasferimento senza dirci nulla.- replicò Draco – Ciò non toglie che tu sia coglione, ma su questo ormai mi sono rassegnato.-
- Ti amo anche io.- replicò Harry divertito.
Desiderò baciarlo ancora, era la prima volta che erano così intimi, così sinceri.
Gli piaceva.
Draco prese un profondo respiro, prima di continuare – Ho odiato quel cerchietto tutto il tempo, non te lo nasconderò, era qualcosa che non avevo chiesto, che non volevo. Non lo volevo perché non l’avevo scelto, ma non perché mi legava a te. Non credo di averlo mai odiato per questo. Poi dopo il primo tentativo, io…- la sua voce tremò. Quella notte aveva pianto, tra le sue braccia, Harry non avrebbe mai potuto dimenticare quel momento. Desiderò baciarlo ancora, non sentire il resto, non era importante se il risultato era che si amavano.
- All’improvviso aveva un nuovo significato per me.- riprese – Era diventato parte di me. Era mio… era nostro.- lanciò una lunga occhiata a Harry come se cercasse di leggergli la mente – In quel momento ancora non ero sicuro di cosa provavo, sapevo che qualcosa provavo, era come sentire l’aria sulla pelle, sapevo che era lì anche se non riuscivo a vederlo, e dopo quel momento era solo come se si fosse chiusa attorno a me e sentissi addosso la pressione di dover capire cosa fosse. Era lì. Anche se ancora non riuscivo a vederlo… era semplicemente lì.-
Fece una pausa, cercando di mettere in ordine i pensieri – La sera della festa…-
Harry perse un battito, ricordi confusi di una notte di passione si fecero strada nella sua testa. Erano stati a letto insieme, quella notte. Anche se poi gli eventi successivi avevano accantonato quell’evento, era stata una notte strana e unica – Tutti sapevano che eri mio marito e all’improvviso non era più una follia, non era più una cosa di cui doversene preoccupare: era semplicemente così. E poi mi hai baciato davanti a tutti e ho semplicemente pensato che ce ne avevi messo di tempo, che fosse ora, che ti amavo da così tanto tempo che era proprio ora che ti dessi una mossa. – esitò – Solo che non aveva senso che lo pensassi, non eravamo una coppia e non eravamo innamorati, quindi perché erano le prime cose che mi avevano attraversato il cervello? Non aveva senso. Nulla aveva senso. Soprattutto non aveva senso che, dal momento che avevi smesso di baciarmi, ti ho desiderato per tutto il tempo.- passò ancora una volta le mani tra i capelli incasinati. Stavolta non li sistemò, ma giocò con le onde indisciplinate – Sorridevo a tutti, ma tutto ciò che volevo era stare solo con te. Volevo prenderti in giro, poi versarti del vino e volevo sedurti, Dio se volevo sedurti. Stavo anche pensando a come. Poi, invece, mi hai baciato tu e per una volta me l’hai reso facile.-
Harry boccheggiò – Tu volevi che…-
Draco strinse le labbra – Se non avessi voluto, credi davvero che te l’avrei permesso?-
- Giusto.- soffiò Harry, imbarazzato – Immagino di essermi fermato solo all’idea di aver avuto un ennesimo colpo di fortuna.-
- A quel punto, mi era chiaro cosa provavo per te. Aveva un nome, aveva una consistenza. – mormorò.
- Io non voglio un semplice bracciale per sapere che stai bene, non voglio un matrimonio normale. Non mi importa se quel ciondolo è lì, invece che al mio collo, io non voglio tornare ad essere tuo marito.- lo guardò negli occhi – Non ho mai smesso di essere tuo marito, voglio solo rimettermi la fede.-
Dio… all’improvviso era così ovvio che quel gioiello dovesse tornare al suo collo.
Sapeva che era una cosa assurda, che non aveva senso, che dovevano rendersi conto che c’erano mille e più modi di affrontare la situazione.
Ma il collo di Draco non era giusto, e lo sapevano tutti e due. Mancava qualcosa.
- A una condizione.- disse Harry con un espressione decisa.
- Cos’altro ti serve?- esclamò Draco facendo un profondo respiro – Ti amo, te l’ho detto, cos’altro vuoi?-
- Dobbiamo trovarne un altro.- sentenziò Harry – Ne voglio uno anche io. Non è giusto che sia solo tu a subirti le conseguenze di questa situazione. Se facciamo questa cosa, dobbiamo farla in due e sarà per sempre.-
Draco tirò le labbra in un sorriso prima di scoppiare a ridere. Poi lo baciò, improvvisamente felice come un bambino il giorno di natale.
- E sia.- soffiò sulle sue labbra – Te l’avevo detto: non avrei accettato nulla meno di un “per sempre.”-
E sì, lo aveva proprio detto.

**

Fecero pulire e sistemare il gioiello di Draco, e ne crearono un nuovo per Harry.
La cerimonia fu veloce e indolore: quando il serpente dagli occhi verdi tornò al collo del serpeverde ad Harry parve di vedere quell’animale solo apparentemente inanimato, brillare di felicità.
Draco se lo sistemò meglio sulle clavicole e sembrò tirare un sospiro di sollievo.
Harry pensava che avere un collare al collo per tutta la vita avrebbe comportato una qualche scomodità, invece non lo sentiva neppure se non ci faceva troppo caso, era leggero e sembrava adattarsi perfettamente ai suoi movimenti.
Entro la fine della giornata gli sembrò perfino di averlo sempre avuto.
Se ne ricordava quando Draco lo accarezzava, disteso tra le coperte. Lo ricordava quando vedere il gemello argentato, e si chiese se per il proprio marito vederlo lì fosse così emozionante come saperlo indosso a lui.
Tra tutte le volte che erano stati incastrati, questa sembrava la più giusta.
Annunciarono il loro matrimonio agli amici come si annuncia di aver ordinato una pizza.
La vita continuò come sempre, smettere di litigare non era contemplato.
Harry aveva smesso di dimenticare l’amuleto protettivo, ma Draco continuava a ricordarglielo ogni giorno, come se ne valesse la loro vita.
Era il suo modo per dirgli che lo ama.
Harry guardò il baule in un angolo della stanza e si accarezzò il gioiello meditabondo – Ancora non abbiamo capito chi ce l’ha mandato.- realizzò una mattina.
- Chiunque sia, dobbiamo mandargli una bottiglia di vino.- replicò Draco mentre si sistemava meglio tra le coperte – O una maledizione. Devo ancora decidere.-
Si baciarono al volo e spensero la luce. Al buio riusciva a vedere il rilucere degli occhi del serpente dagli occhi verdi e sorrise.
- Grazie.- disse e lo fece in serpentese.
Nel buio non poté esserne sicuro, ma ebbe la sensazione che il serpente dagli occhi verdi sorridesse.


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La rivincita
 



Da quanto tempo esisto?
Guardo le mie mani senza nemmeno un segno del tempo e non faccio che chiedermelo ancora e ancora...
Ho visto l’era dei romani venerarmi, l’era dei tempi bui temermi e ho visto l’era dell’illuminismo rifiutarmi.
Perché esisto?
Sono parte del mondo da quando ne ho coscienza, l’ho vissuto come un osservatore silenzioso per millenni e non sono ancora riuscito a darmi risposta. Passeggio per le strade trasportato del vento. Trasmetto sussurri che nessuno vuole udire.
Guardo il cielo quasi cercando di trovare la risposta nelle nuvole che proseguono il loro cammino. E mi sento pesante, quasi pesassi centinaia di chili.
Da quando non carezzo una nuvola? Da quando non vedo gli uomini come formiche sul terriccio e il fango?
Le mie ali da quando sono imprigionate nella morsa della morte che mi costringe ad essa. L’aria qui è così rarefatta da soffocarmi.
Mi perdo nel ricordo del vento che mi sfiora le dita, dell’aria satura attorno a me, ma pura come non mai. Ricordo la sensazione di libertà che mi albergava nel cuore...
E poi sono arrivati gli uomini.
Non ho mai capito perché Dio gli abbia creati, non gli bastavamo noi? Doveva per forza creare uno stuolo di essere che neanche lo veneravano come eravamo in grado solo  noi di fare?
Perché a loro ha dato la libertà mentre noi siamo costretti a questa esistenza eterna e senza senso?
Conosco l’utilità della morte... la ambisco...per me.
Porto ciò che vorrei infliggere a me stesso potendo ed è la mia condanna.
Il mio peccato che mi macchia ancora oggi. Dannato in eterno per un singolo sbaglio.
Sposto il mio guardo oltre i piedi e scorgo gli uomini, suoi esseri prediletti, scapicollarsi per le strada in cerca del senso della vita e mi sale un amaro sorriso sulle labbra.
Esiste sul serio?
Come per beffarsi del mio animo inquieto sono capace di sentire tutto ciò che un anima prova quando la sottraggo al suo corpo. E raramente è qualcosa di piacevole.
Perché mi hai creato così, mio signore?
Perché mi ha dato un cuore per capire gli uomini senza darmi la loro stessa libertà? Perché hai creato in me sofferenza, dolore, malinconia e rimpianto?
Sono triste.
Non so bene quando ho capito l’esatta concezione di “tristezza” e “dolore”, quando ho scoperto che il mio era un malessere radicato nell’animo ed infido, il malessere aveva fatto già radici nei secoli e ancora prima che me ne rendessi conto mi sono riscoperto semplicemente così; triste.
Che parte ho io nel mondo?
Sorrido, con rancore mal celato e mi alzo in piedi posando le gambe sull’ammasso di cemento che chiamano palazzo e scruto l’orizzonte.
E’ ora di andare, la morte non attende.
Ho un anima da catturare.

Non sono più in grado di volare, ma saltare da un grattacielo alto cinquanta piani per me è una bazzecola. Tocco terra con la leggerezza di  una piuma, del tutto inosservato come un ombra nelle tenebre e vado dove il mio istinto giuda.
Seguo l’animo del morente come se mi invocasse, anche fosse in capo al mondo, ho il dovere e il bisogno di raggiungere quella voce implorante.
E’ un istinto primordiale, che scaturisce forse dalla natura che mi ha fatto così come sono e che mi rende impossibile soccombere ad essa.
Sono l’angelo più sfortunato della schiera celeste.
Io vivo tra gli uomini, posso vederli, sentirli, perfino amarli...ma non posso né essere visto, né sentito, e soprattutto amato. Quello che era il paradiso non è che un ricordo lontano, come un’infanzia umana. Etereo e inconsistente. Sento l’eco dell’anime chiamarmi ad essa. E’ un desiderio sussurrato con dolore.

L’anziana donna fissa il soffitto, sorretta da una signora più giovane, chiaramente la figlia. Il letto in cui è costretta emana un fetore di feci e sudore misto a medicine e disinfettante. Il respiratore sul viso, la soffoca anziché aiutarla e le parole incoraggianti della fanciulla sua prole non fanno altro che creare un dolore più intenso.
-Ce la farai, mamma.-parole dolci, ma colme di paura e consapevolezza rifiutata.
Voglio morire, è l’unico pensiero dell’anziana esausta.
-Non abbatterti.-continua la figlia.
Li sento trapassarmi l’animo i ricordi della donna sovvenire. I sorrisi concessi, gli amori, le sofferenze, il sostengo della famiglia, i litigi...i suoi figli. Vengo pervaso dall’amore materno della signora e avverto una nausea latente. Non posso lasciarmi impietosire da queste cose; qualsiasi cosa un essere umano abbia fatto o meno, nulla può arrestare la mia corsa.
Tutti devono morire, e io sarò lì ad accoglierli nelle tenebre. E’ il mio destino.
-Ora andrà sempre meglio.-continua la figlia. Le sue parole sono così gentili e taglienti da lasciare quasi senza fiato.
Il sospiro pensante della signora morente è null’altro che un rantolo di dolore. Gli occhi sono socchiusi, osservano il mondo che li circonda con distanza, quasi sapessero. Mi avvicino piano, cercando di scacciare tutti i pensieri che mi connettono alla donna. Non posso, in un momento come questo, esitare. Ho visto molte vite, ho scrutato con loro le esistenze passate, gli errori commessi e le scelte prese. Ho vagliato le buone azioni e le malvagie, ho deciso con loro cosa era giusto e cosa sbagliato.
Poso la mano sulla fronte della signora e le accarezzo delicatamente il capo. Gli occhi stanchi si spostano veloci da una parte all’altra come ad aver intuito la mia presenza.
E’ fragile. L’essere umano è una creatura così debole che fa compassione.
-Scusa.-le sussurro piano all’orecchio con dolcezza, poi mi sposto e le do un bacio sulla fronte.
La sua anima mi penetra dentro, ramificando nel mio grembo. I suoi occhi diventano i miei, miei le sue mani, il cuore, l’anima...
Tutto mio.
La morte ha iniziato il suo lungo processo di devastazione su questo povero corpo martoriato. Lo consumerò, piano, tutto.

Cenere alla cenere...

A lungo andare i volti, le storie, le vite della gente...tutto viene cancellato dalla morte. E la morte viene sommersa dal loro dolore.
Non si vive di eternità.
I miei passi lenti riempiono l’aria di ticchettii sinistri. Non è che ci abbia mai fatto davvero caso.
Ho sempre visto gente voltarsi per scrutare la strada buia in preda all’ansia, quasi come se riuscissero effettivamente a sentire il mio tetro passo. Ma probabilmente la loro era solo una sensazione, un inquietudine che li prende dall’interno quasi come una morsa.
Loro non mi possono vedere, ma possono percepirmi. Il più delle volte è solo mera illusione, una semplice sensazione.
Forse passo di lì, per caso. Forse sono lì per loro.
Ma non possono evitarmi. Non in eterno.
Io ho l’eternità e ho la loro flebile vita dalla mia parte. E’ il mio dovere, il mio fato. E’ la mia maledizione.
Non ricordo di aver scelto di essere l’angelo della morte, non l’ho mai chiesto, né voluto.
Un po’ come non viene mai chiesto ad un essere umano se vuole nascere io mi sono ritrovato al mondo con il solo scopo di separare gli essere umani tutto ciò che li contraddistingue da una pietra o da un pezzo di plastica; l’anima.
Ma a che scopo tutto ciò? Non esiste un paradiso, né un inferno per loro...
Il mondo inizia e finisce tra i respiri infranti.
Li prendo con me, ma non esiste alcuna altra destinazione. Non più.
E così le sento, tutte, vorticarmi dentro, rodermi dall’interno, logorarmi con sentimenti, emozioni che non ero destinato ad avere e che a lungo andare stanno distruggendomi dall’interno.
Ogni anima mi strappa un pezzo di freddezza e distacco in più...
Ricordo com’è stato prendere la mia prima anima.... era piccola... e calda.
Era circondata da tutto l’affetto della gente che la piangeva.
Ho notato questo nei millenni di eternità che ho vissuto, più una persona ha qualcuno vicino più la sua anima è calda e lascia quasi un retrogusto amaro nelle mie mani gelide.
E’ bello....ed è triste.
Nell’immaginario comune io sono il nemico più spaventoso, ma nemmeno io non saprei effettivamente come definirmi. Non conosco nulla di me, oltre ciò che faccio. Quello che sono.
Sono triste…
Sono triste.
Cammino per le strade con le anime dentro di me in pena, le loro lacrime bagnano le mie ali ferite, le loro sofferenze bramano l’assoluzione divina.
Ci sarà mai una salvezza?
Sorrido di me, come solo un angelo può fare, con l’ironia tipica di chi davvero conosce il mondo, e poi prendo un profondo respiro.
Guardo il mondo dalla cime più alta costruita dall’uomo e lo studio in tutte le sue sfumature.
Da qui, mi sembra quasi di poterlo tenere tutto nella mia mano, e forse sono l’unico che può davvero dire di poterlo effettivamente fare.
Chiudo il palmo desistendo da ogni mio pensiero visionario e chiudo gli occhi, poi salto...
Ho un'altra anima da imprigionare in me.
Cenere alla cenere.



**


Cassiel.
Vengo percosso da un brivido all’udire per la prima volta dopo decenni il mio nome. Cassiel, l’angelo della morte, l’angelo che segna sconfitta e rinascita. Mi fa quasi piacere sentirlo pronunciare, ma conosco questa voce fin troppo bene per non capire che non è buono che lui mi faccia visita.
-Quanto tempo.-insiste.
-Cento anni, su per giù.-ribatto voltandomi appena per scorgerlo brevemente e lasciargli uno sterile saluto di circostanza. – A cosa devo la tua visita?-
Non mi interessa sul serio, preferirei incontrare Dio in pensiona piuttosto che lui.
-Passavo di qui.-posso quasi immaginare la piega obliqua del suo sorriso, sottile e malevola. Tutto in lui grida maledizione, dal capelli corvini e gli occhi color ombra, occhi in cui si narra ci si possa perdere per quanto siano pregni di malvagità. Ironia della sorte è annegato nell’oscurità più tetra colui che era l’angelo più lucente dell’universo.
-Ogni tua visita non è mai per caso. – ribatto piano, facendo attenzione a non mostrare fastidio, non più del dovuto.
Una bassa risata riempire la distanza che c’è tra noi. – Touché -
-Cosa voi?-arrivo al dunque, con un sospiro secco.
In un istante me lo ritrovo accanto, malauguratamente nella sfera ottica. Si sporge di poco.
-E’ brutto sai, conversare con qualcuno senza essere guardato dritto in faccia.-
Mi sposto di poco, giusto per accontentarlo.
-Molto meglio.-sorride compiaciuto.
-Cosa vuoi?-domando ancora, seccato.
Lui mi ...infastidisce.
A differenza di me lui è parte integrante del mondo, ne è legato, ogni cosa che appartiene ad esso è parte di lui come il vento che gioca con i suoi capelli corvini con diletto e il sole che fa rilucere l’oscurità.
Mi infastidisce, oltre ogni modo.
-Non ti senti solo?-chiede all’improvviso con un vesto noncurante della mano sedendosi accanto a me sui mattoni rossicci del palazzo – Se non ci fossi io a venirti a fare compagnia ogni tanto staresti in una valle di lacrime, ammettilo.-
Senza che me ne rendo conto mi trovo ad alzare un sopracciglio, nervoso e scettico. Avere a che fare con lui mi scatena qualcosa che non è affatto consono al mio essere, sentimenti contrastanti; rabbia, rancore, perfino odio. Tutto di lui mi fa innervosire, preferirei di gran lunga stare solo.
 – E con ciò?-metto a tacere le voce che dentro di me urlano il mio disagio.
-“E con ciò”!?-ribatte con l’aria di chi ha appena sentito un eresia. – Amico io sono l’unico che ti considera!-
-E allora?-
-Che noia.-replica in uno sbuffo – E io che penso sempre “povero Cassiel che vada in giro ad ammazzare la gente..”-
-Io non ammazzo nessuno.-mi ritrovo a ribattere, ferito.
-Sì, hai ragione.-mi fa con un sorriso nuovo sul viso – Tu fermi solo i loro cuori, catturi le loro anime e le fagociti..-
Resto in silenzio, studiando la figura del mio interlocutore chiedendomi quando se ne andrà questa volta. Le sue visite non durano che pochi attimi, qualche minuto. Anche se il tempo ormai per me è un’illusione lontana.
-E’ il mio compito.-rispondo con voce ferma, avvertendo improvvisamente dentro di me una morsa nuova, come se non riuscissi a credere da me alle parole che professo. O come se non volessi crederci.
-Ma certo, sì.-mi faccio distrasse dalla voce calda e sottile di Lucifero a quanto pare straordinariamente divertito dalla mia ammissione – Oh, andiamo!-sbotta –Ascolta, ti ricordi? Prima che il grand’uomo mi cacciasse dal paradiso ero un pezzo grosso lassù, ero il migliore.-
-Non vedo cosa centri con me.-
-Gelosia, mio caro. Se lui ci amasse tutti allo stesso modo ora tu non staresti qui a piangerti addosso.-
-Lou.-esordisco piano, calmo –So cosa vuoi fare e non ci riuscirai.-
-Non sto cercando di fare proprio niente!-ribatte con la faccia più innocente che riesce a fare, veramente molto convincente se devo essere sincero. De resto c’è un motivo del perché è considerato il maestro dell’inganno.
-Sto cercando di offrirti la mia amicizia.-replica poi –Noi due siamo i grandi esiliati del paradiso, infondo. Dovremmo darci una mano l’un con l’altro!-
-Ma certo, perché non ci ho pensato prima?-rimando con un ironia insolita. –Infondo che sarò mai fraternizzare con l’essere più gretto e meschino di tutti i tempi.-
Mi alzo, voglio allontanarmi da lui. Devo.
Lo avverto afferrarmi con una strana forza, mi volto verso di lui immediatamente, guardingo e seccato.
Mi aspetto arroganza e divertimento, ma nei suoi profondi occhi scuri non c’è null’altro che un fastidio che va ben oltre il mio rifiuto.
-Cosa cazzo ho fatto di male io?-replica. – Guardali.-fa un cenno con la testa verso le persone che corrono per le vie della città inghiottite da cemento e tempo – A loro è permesso avere un autonomia, il libero arbitrio, avere sentimenti, perfino sentirsi Dio. E vengono sempre perdonati. Io volevo solo poter pensare con la mia testa...essere come loro!-i nostri occhi smarriti l’un l’altro si velano di una consapevolezza a lungo celata. – Essere liberi-dice ancora.
Quando mi hanno detto che in quegli occhi potevi perderti avevo classificato la cosa come una schiocca leggenda, ma mai come ora sento quanto possa essere reale. Mi sento fagocitato da quello sguardo così...sincero.
No, devo allontanarmi da lui, ora.
-Devo andare.-insisto ritirando la mano quasi come se quel tocco scottasse.
-Vai a catturare un'altra anima?-domanda piano con un sorrido leggero come soddisfatto della reazione ottenuta – Non ne hai già tante in te? Non ti senti...impazzire?-
-Che ne vuoi sapere tu?-ribatto ancora più nervoso di prima.-Cos’altro dovrei fare, eh? E’ il mio compito!-
-Già.-dice piano riprendendo il suo sorriso – compiti, mansioni....tutti suoi servi. – si gira verso il mondo – Se fossimo umani io sarei considerato un rivoltoso, perfino un eroe. Combattere contro la dittatura, sconfiggere il tiranno... cose così.-sbuffa una risata trattenuta. – Fa come preferisci, continua a seguire le regole. Ma un giorno non ce la farai più e spero tanto che ti ricorderai di avere un amico quaggiù.-
-Non accadrà.-affermo sentendo nuovamente quella sensazione di menzogna.
-Parlo per esperienza.-mi guarda – Sei davvero felice di eseguire gli ordini? Soffrire ogni giorno di più, sentire il dolore e la sofferenza del mondo vorticarti dentro, penetrarti sotto la pelle, diventare parte di te?-
Lo guardo, incapace di fare altro.
-Quando vuoi che tutto questo finisca. Vieni da me.-
Scompare. Scompare in mille frammenti corvini che si sgretolano davanti ai miei occhi ed io non posso fare a meno di sentirmi confuso.
I sentimenti che mi vorticano dentro urlano tutti, insieme, disorientandomi, come se cercassero uno sfogo e io li ascolto come animali chiassosi in attesa di un terremoto. Resto in silenzio ad ascoltarli quasi come se il dolore alle orecchie fosse piacevole, come se fosse importante capirli.
E le anime urlano come una nenia lenta nel fondo della mia essenza un invoco di libertà che io non posso concedere, né ottenere.
Siamo tutti bloccati in questo limbo, non esiste né il paradiso né l’inferno per nessuno di noi.
Esiste questo... nient’altro.
Sono triste...
Essere libero, sentirsi libero. Cosa vuol dire?
Ma non posso pensarci ora perché devo andare. Il dovere mi sta chiamando con la sua voce stridula facendo latrare dentro di me i sentimenti come se fosse il terremoto infine giunto.
Mille campanellini stridenti nelle orecchie, che rischiano di farmi impazzire ogni giorno di più.
Prendo un profondo respiro, cerco di calmarmi. Sono agitato e devo stare quieto, non posso trasmettere agitazione all’anima che prenderò, non è ammissibile. La spaventerei.
So che il mio è un nobile compito, ma dentro di me non posso fare a meno di chiedermi..
A senso tutto ciò?

E’ qui. Alzo gli occhi e vedo il posto in cui risiede la mia prossima anima. Un cancello da l’accesso ad un lungo vialone pieno di alberi tinti dell’autunno. Le foglie in terra dovrebbero avere la consistenza adatta per scrocchiare sotto il peso dei passi rendendo il cammino caratteristico della stagione, quasi rilassante. Darai tutto me stesso perché il mio piede schiacciasse quelle foglie, perché le senta frantumarsi sotto la suola di scarpe. Tanto ho famigliarità nel infliggere dolore a ciò che muore.
Arrivo con passo lento fino al palazzo in colonne bianche in fondo al vialone, ma non entro. Non è lì la mia anima. Mi volto sulla destra e aggiro l’entrata, passo attraverso un altro cancello più piccolo ed eccomi arrivato.
E’ in giardino, guarda il vuoto di fronte a sé probabilmente consapevole che la fine sta giungendo. Una donna gli parla, completamente disattenta a ciò che sta per avvenire.
Mi sorprendo per un attimo a esitare. Ho capito con un solo sguardo che quell’uomo è morto da molto tempo prima che io giungessi qui, ma mi fa strano scorgere speranza nella donna al suo fianco.
Non si risveglierà, né dall’incoscienza, né alla vita. Ne sono consapevole, ogni fibra di me lo sussurra.
Prendo un profondo respiro sopprimendo le urla delle genti che mi implorano di essere liberate e avanzo verso la mia prossima vittima.
Devo fermare il suo cuore e fagocitare la sua anima. Ucciderlo.
Un altro passo e sono lì, pochi attimi di vita ancora.
Quando sono finalmente davanti a lui e non c’è nulla da rassicurare in un uomo perduto. Allungo le mani e poso delicatamente le dita sul volto stanco, mi scorgo e gli do un leggero bacio sulla fronte.
L’anima entra in me, pezzi di essa, frantumi.
E il dolore, quasi il sollievo di aver finalmente finito di vedere il mondo senza viverlo mi riempie il cuore, distruggendo ogni mia rimostranza.
Soffro soffocato dall’emozione e mi discosto dal corpo ormai esanime con uno scatto.
Padre...
Perché devo soffrire così? Cos’ho fatto per meritarmi questo?
**

Mentre la ragazza piange il padre io resto a guardare. Non lo faccio di mia spontanea volontà, semplicemente è ciò che l’anima vuole. Rivedere la figlia, percepirla un’ultima volta.
Allungo il braccio verso di lei mentre gocce salate le bagnano le guancia, intanto che urla agli infermieri di soccorrere l’anziano. Ma la ritiro consapevole che quello non è più il mio posto, né il suo. Restare attaccati alla vite non è mai un bene, ho visto diverse anime smarrirsi rifiutando il mio tocco. Svanire nel tempo o permanere nel dolore.
Forse è quasi meglio che restare seppellite dentro di me, soffocate dalla mia presenza in un eterno uccidere.
Sospiro socchiudendo lo sguardo e faccio un passo indietro. Mi allontano come sono venuto, come un ombra silenziosa. Sento il richiamo di altre anime, un intero mondo che mi attende. Fortuna lavoro su più livelli, sotto varie trasformazioni. Sono la morte, sono ovunque.
Qualcosa però mi ferma. Sento il mio braccio tirare e mi ritrovo voltato.
Non vedo altro che luce davanti a me per un lungo istante prima di accorgermi che non è luce quella che scorgo. Sono stato abbagliato dal sole, ma ciò che mi ha afferrato è qualcos’altro. E’ un umana. Sbatto le palpebre, confuso.
-Chi sei?-domando senza rendermene conto alla ragazza che mi ha fermato. Ella mi guarda. Si, mi guarda per davvero.
-Gabrielle.-risponde solo.
Io esito, perplesso.
-Riesci a vedermi?-e a toccarmi, vorrei aggiungere avvertendo la pressione forte delle sue dita sul mio braccio. Quasi mi cullo in quel contatto assolutamente inaspettato.
-Sì.-fa, guardandomi dritto negli occhi – Cos’hai fatto a quell’uomo?-
Non capisco. Cosa sta succedendo?
Resto a guardarla inebetito.
-Ti ho fatto una domanda.-ribatte, decisa.
Inghiotto a vuoto prima di prendere atto che è assolutamente vero; mi vede, mi tocca…
Per essere il mio primo contatto dopo millenni ha un aria piuttosto arrogante.
Con uno strattone ritiro il braccio e ne riprendo possesso.
-Non comprenderesti.-professo – Come riesci a vedermi?-
Perdo qualche attimo a guardare l’umana. Non ha nulla di particolarmente riconoscibile tra mille altri, i suoi occhi sono di un anonimo color nocciola, i capelli credo siano mossi, di un caldo castano, e abbastanza lunghi da oltrepassare la linea della vita. Il corpo è asciutto e scarno primo di curve significative. Non che io ci faccia caso.
Lei non ha alcuna espressione sul viso se non un cipiglio determinato – Non lo so, ma hai ucciso quell’uomo.-afferma. Sento una fitta profonda scorrermi nel ventre.
Resto in silenzio mentre piego la testa. – Come puoi affermarlo?-
-Lo hai toccato ed è morto.-
-Si può uccidere con un tocco?-piego, per la prima volta dopo secoli devo farne atto, le labbra in un sorriso tirato – Credo che tu abbia troppa fantasia, Gabrielle.-ho quasi un fremito mentre sussurro il nome della giovane. Da quando non parlo con un essere umano? Non credo di averne memoria.
Lei scuote la testa, cocciuta – Tu gli hai fatto qualcosa.-esita – Sei un demone?-
-Ho l’aspetto di un demone?-ribatto, offeso. Dovrei essere di una bellezza celestiale. Anche se i miei criteri di bellezza sono andati perduti ere fa.
Lei alza un sopracciglio valutandomi. Piega la testa da un lato e dall’altro poi esclama con una serietà assoluta che – I demoni hanno varie forme per ingannare e fare del male.-
Mi sovviene un genuino sorriso al pensieri che io conosco il male puro ed ha solo una forma, la peggiore; Quella innocua.
-Questa dove l’hai sentita? Posso assicurarti che..-
Gabrielle sospira gravemente – Non importa cosa sei. Non mi interessa. Tu hai ucciso quell’uomo.-
Sento la rabbia sopraggiungere, fastidiosa – Non essere ridicola.-quasi ringhio tra i denti – Io non uccido.-affermo sapendo di mentire.
Gabrielle piega la testa – Ehy Calmati – fa, saccente -Come ti chiami? Cosa sei? -
Faccio un passo indietro, sconcertato. Parla con ciò che reputa un assassino ed è tanto tranquilla? Ma che razza di persona è? E come mai riesce a vedermi?
Esito. Mi fermo a fissare quella nuova figura, non posso fare a meno di restare sorpreso da tutto, dal modo in cui mi scruta, al modo in cui muove appena la mano in un gesto nervoso.
Sto per dirle il mio nome, quando una voce richiama la sua attenzione.
-Signorina Gabrielle con chi parla?-
Lo sguardo della ragazza da attento diventa improvvisamente assente. Si gira verso la voce con un’espressione nuova.
-Con nessuno.-dice, piano – Parlavo da sola.-
La donna, un’infermiera, si avvicina tranquilla – Ha preso le sue medicine?-le domanda affabile.  Mi guardo attorno per la prima volta da quando sono arrivato e mi accorgo che ci son solo esseri umani feriti. Corpo ed anima. Capisco solo ora che quello è un ospedale. Di solito non faccio mai caso a dove e quando le persone mi richiamano.
Gabrielle sorride all’infermiera prima di annuire.
-Sta calando il sole, meglio che ritorniamo nella stanza.-le fa l’infermiera avvicinandosi.
-Ma io..-
-Sa che il dottore si arrabbia.-la avverte l’altra con un sorriso tranquillo – Su entri.-
La trascina letteralmente via, mentre lei mi lancia un’occhiata ricolma di panico. Ma non tende la mano verso di me, non cerca aiuto, semplicemente si limita a guardarmi mentre viene allontanata.
Resto per diversi attimi fermo a scorgere la sua figura che si rimpiccolisce ogni passo di più fino a svenire oltre le porte dell’ospedale.
Ed improvvisamente mi accorgo di mille campanelli. Mille voci che mi urlano nella testa.
La morte mi chiama con la sua voce gracchiante e dolce allo stesso tempo.
Sospiro strappandomi a quel luogo definitivamente.
E’ stato strano, ma certo non ricapiterà.
Anche se non capisco…com’è possibile?

Cerco di ricordare quanto tempo è passato dall’ultima volta che qualcuno mi ha guardato direttamente negli occhi. A parte lucifero, ovviamente.
E’ stato…troppo tempo. Eppure altre volte è successo.
Ricordo che quando ancora la gente credeva, c’erano persone che potevano vederci. Troppo spesso la gente ha creduto di farlo,  erroneamente.
Noi angeli, o perlomeno, quelli che non sono votati come me alla morte, sono abbastanza liberi, qualche volta hanno il compito di proteggere delle persone speciali, persone destinate a migliore il mondo. O a cambiarlo.
Contrariamente a quel che si creda ce ne sono più di quanto si pensi. Non è la persona che diventa più ricca o che ha più successo o che inventa qualcosa che cambierà la storia. Le cose protette sono dettagli di una trama molto più grande e intricata, di un disegno troppo a lungo sognato per avere senso ormai. Il padre è l’unico che sa come andrà a finire, l’unico che comprende ciò che a noi è ignoto, che non capiamo. E’ la fiducia in questo che ci permette di andare avanti.
Ma troppo spesso non udiamo la sua voce, troppo spesso vaghiamo senza meta, senza indicazioni e sbagliamo. Troppo spesso gli esseri umani si lasciano sopraffare dai sentimenti.
Vorrei…liberarmene.
Vorrei strapparmeli dall’anima aggrappandomi ad essa con le unghia, sradicare il dolore delle anime che costringo in me, tacerle. Eliminarle.
Ogni giorno che passa vengo sempre più colto dal dubbio, dal pensiero costante che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in quello che faccio. Che Lucifero abbia ragione.
Ma la fede che ho è troppo profonda per svanire completamente.
Guardo il cielo chiedendomi che ne sarà di me, se impazzirò e, quando accadrà, se sarà o meno la fine di tutto. Di questo passo accadrà prima del dovuto, forse qualche decennio. Sono al limite.
Le voci sono sempre lì, sempre. Urlano, sussurrano avide di voler tornare alla vita, ai propri cari. Invocano il paradiso tanto promesso, perfino l’inferno. Meglio che il limbo a cui sono costretto io stesso.
Ed io non possiedo le risposte che cercano e non ho modo di accontentarle se non altro per farle tacere. Quanto ancora potrò durare?
-Ti vedo pensieroso.-
Due visite nella stessa settimana? Resto a guardare l’orizzonte sospettoso.
-Inizio seriamente a pensare che tu stia escogitando qualcosa.-gli dico – Qualcosa che va oltre il cercare di portarmi dalla tua parte.-
Lou si siede accanto a me e resta in silenzio per un po’ – L’hai incontrata?-mi domanda piano. Sussulto.
-Come? Di costa stai parlando?-
Lo sento sorridere sebbene non riesca a vederlo. Non voglia vederlo.
-E’ un regalo.-sussurra con voce melliflua allungando una mano verso di me. Avverto un brivido quando mi sfiora la spalla – Lui non voleva che la incontrassi.-
-Chi è la ragazza?-mi giro verso di lui, fronteggiandolo.
-Te l’ho detto; un regalo.-mi perdo nel suo sguardo sottile e il sorriso accattivante. Ho sbagliato, era una delle prime cose che si impara; mai favorire il male, nemmeno per un secondo.
Devo imporre a me stesso di distogliere lo sguardo per evitare che mi affascini. Nelle mie condizioni sono troppo vulnerabile.
-Che significa che lui non voleva farmela incontrare?-
La risata cristallina dell’angelo caduta mi trilla nelle orecchie, soppiantando per un momento le voci della mia nuova anima frammentata.
-E’ tua, Cassiel.-dice ancora con quella sua voce troppo melodiosa, ingannevole – lo è sempre stata. E’ nata per te. Lui l’ha creata per te.-
Alzo un sopracciglio, prima di sorridere risentito – Non posso credere a ciò che dici.-gli dico pacato – Non ho mai udito nulla di più irreale.-
-Eppure..lei ti vede. Parla con te. Sai che solo chi è destinato è capace di farlo.-
-Diversi essere viventi sono riusciti a vederci nella storia.-
-Forse..-ribatte – Ma ciò non ha mai compreso il pacchetto completo. Per loro siamo sempre state luce pura, mai abbiamo avuto fattezze simili alle loro. Ma abbiamo avuto una voce.-
-Per alcuni sì.-
-I predestinati a noi.-ribatte nuovamente attirando la mia attenzione con un semplice gesto rotatorio della mano. Si guardale unghia con falsa attenzione – Padron. A voi.-
Stringo le labbra con disappunto – Vattene.-scandisco piano.
Nuovamente ride e la sua risata risuona ancora cristallina – Ti è tanto difficile credere di poter essere stato perdonato?-sibila soave – Eppure hai più che dimostrato la tua fede.-
-Non sono stato perdonato.-ringhio piano – Lui non può perdonarmi.-
-Lui può, Cassiel. Solo che non vuole. E’ diverso.-
Mi alzo avvertendo una nuova sensazione sopraffarmi; fastidio, irritazione. O speranza?
-Vattene. Non so per quale ragione lei possa vedermi o parlami ma non è destinata a me! –
Commetto l’errore di rispecchiarmi nuovamente nei suoi occhi. Le ciocche corvine gli contornano il viso come un aureola, alcune gli coprono gli occhi.
Lo sguardo è divertito e altezzoso. Mi innervosisce maggiormente.
-A caval donato non si guarda in bocca, Cassiel.-si alza con un unico movimento elegante – Approfitta dell’occasione. Tu che puoi.-
Per un attimo vedo il suo sguardo lontano, quasi vorrei attirare la sua attenzione -Vuoi forse dire che se lui ti perdonasse ti piegheresti?-ribatto quindi. Lui allarga di poco il suo sorriso.
-Solo chi è pentito può essere perdonato.-dice quasi in un sospiro. Scompare nuovamente, come sabbia che vola via con il vento. Ed io riprendo a sentirmi solo. Restiamo io e il dubbio. Il dubbio, che mi scava dentro, che inizia a pizzicarmi con fastidio; che abbia detto la verità? No, non può. E’ Lou, per l’amor del cielo!
Cerco di calmare le voci che mi vortico dentro, urlo per sovrastarle.
Una persona destinata a me…
Una seconda possibilità. Padre mio, posso sperarci davvero?



**

Il tempo non ha mai avuto per me un grande significato eppure da quel giorno non posso far a meno di scandirlo. Non certo con ore o minuti come gli esseri umani, ma con le albe e le notti così come ho visto fare agli antichi. Si fa certo meno confusione.
Sono passati 30 giorni da quando l’ho incontrata per la prima volta e sono roso dal pensiero che ella possa o meno essere la predestinata a me.
Eppure…Cosa sono i predestinati? Persone che possono perdonarci. Ecco cosa sono.
Perché ci sono colpe così profonde, che vanno oltre ogni immaginazione, che non possono e spesso, non devono, essere perdonate.
Eppure, che possa essere giunta l’ora per me di espiare la colpa? E’ davvero possibile ciò?
Che io sia stato destinato ad inglobare in me tante anime da riuscire a provare dei sentimenti e finalmente poter incontrare la persona a me predestinata?
Cerco di ricordarmi l’immagine della giovane, ma non ne ho grande memoria se non la sensazione di luce che ho avuto osservando il riflesso del sole, quasi come un’aureola che le contornava il capo. Non ho in mente alcun particolare del suo volto o del suo corpo. E’ un umana, per me loro sono tutti troppo simili.
Ricordo il suo nome però, ed è qualcosa di molto raro; Gabrielle.
Come posso capire o meno se ella è il mio lascia passare per la libertà?
Il fatto stesso che il maligno mi abbia detto ciò dovrebbe rappresentare di per sé smentita, eppure…
Che sia la verità?
Guardo il cielo alla ricerca di una risposta qualsiasi. Mi stringo nelle spalle, quasi potessi sentire il freddo.
Ora è inverno nel mondo, presto giungerà la neve.
Ho sempre trovato estremamente affascinante le ambientazioni che il padre ha creato. La neve che deve essere un miscuglio perfetto di acqua e gelo, che per crearsi non deve fare troppo freddo né troppo caldo. La neve è un miracolo.
Eppure non sempre viene visto come dovrebbe; la gente è troppo presa da se stessa, dai suoi impegni, dal suo tempo scandito da minuti, secondi, lancette che con un troppo fastidioso tic Tac governando la vita.
Ad ogni modo non ha senso star qui a pensare, sento il dovere chiamarmi. Mi alzo in piedi e cerco di avvertire dove sarà la nuova vittima.
Salto dal palazzo e sparisco nelle strade, cercando di ricordare il volto di quell’umana. Inutilmente.


Fa freddo. Lo so, anche se non lo avverto sulla mia pelle. Tengo la mano al vuoto cercando di ricordare la sensazione di gelo. Una volta la provai anche io, troppo tempo fa perché la rammenti ancora.
Di quando ero umano ho veramente pochi ricordi, solo gli ultimi istanti mi hanno tormentato per millenni prima di affievolirsi un po’.
Eppure, da quando si è affacciata in me la speranza, attimi della mia breve vita mi passano davanti come in un film. Ho avuto dei genitori. Ho mietuto le loro anime. E’ stata l’unica volta che ho pianto.
Non credo più di ricordare come si faccia.
Gabrielle potrebbe…ricordami come si piange? Con questo pensiero mi ritrovo davanti l’ospedale prima, nel giardino dove l’ho incontrata poi. Sarà ancora qui? Ho fatto passare troppo tempo? La frenesia dell’umanità me l’ha già portata via?
Mentre passeggio la cerco con lo sguardo, cercando di scorgerla tra i pazienti, quasi sperando di ricordarmi di lei.
Dove potrà mai essere?
Raggiungo la panchina dove l’uomo che ho portato via giaceva poco prima di morire e mi siedo. Mi fermo un secondo ad assaporare il retrogusto di amaro sulla lingua per via dell’anima fresca. E’ ancora doloroso per lui essere qui.
Chiudo gli occhi cercando di calmare le voci, ma ciò che riesco a sentire mi sorprende. E’ una voce ma non viene da dietro di me, ha qualcosa di famigliare e vengo quasi sospinto come ad un richiamo.
Mi concentro su di essa, mentre mi alzo e faccio per seguirla ma mi basta raggiungere un albero per scorgerne la provenienza.
Quasi mi sorprendo di riconoscerla all’istante, di essermi fissato il suo volto nonostante tutto e di trovarlo familiare. C’è una bambina con lei, ha un vestitino color rosso e un sorriso divertito. Gabrielle canta, con i capelli raccolti, facendo facce buffe, sorridendo ed illuminandosi come se fosse il sole.
Se avessi fiato probabilmente ora l’avrei trattenuto.
Attrazione, mi suggerisce qualcosa nel petto, forse qualcuno. Mi sento “attratto” da lei. Non in senso fisico del termine come quell’attrazione che gli umani quasi venerano come un falso Dio, ma come una musa, od come noi ispiriamo gli umani. Forse è la speranza che ripongo in lei in qualche modo a renderla così ai miei occhi…
Bella. Ecco la parola.
Resto a guardarla in silenzio, senza avere la forza od il coraggio di chiamarla, quasi sperando di non essere visto da lei. Sapere di poterla guardare da lontano quasi mi tranquillizza, mi da modo di pensare bene a cosa dirle, cosa fare. Eppure non faccio nulla del genere. Per la prima volta dopo tanto tempo tutto è silenzio nella mia testa, come se le anime stessero scendendo a patti con una sensazione che nemmeno loro sanno decifrare o darle nome. Una sensazione mia.
Adorazione.
Paura.
Alza gli occhi e per un attimo vengo attraversato dal terrore che non possa vedermi, forse dal desiderio che possa essere così. Eppure il sorriso che le si dipinge sul viso mi rende inquieto. Dice qualcosa alla bambina che annuisce e corre via, poi si alza in piedi per raggiungermi.
-Sei tornato.-mi dice.
Sembra diversa dall’ultima volta, più serena. Meno arrogante.
Resto per un attimo in silenzio come a capacitarmi una volta per tutte che sta parlando davvero con me – Non sembri sorpresa.-affermo.
Lei alza le spalle lasciando che il suo sguardo vaghi altrove per un secondo – E’ morto qualcuno?-mi domanda.
M’irrigidisco – Credi ancora che io sia un assassino?-le domando.
Lei mi guarda e non riesco a decifrare la sue espressione. Mi guarda e basta…come se sapesse.
-Sai chi sono?-le domando dunque, temendo la sua risposta.
-Forse.-sorride e inizia a girarmi attorno come un avvoltoio – Ma non ne sono sicura.-
Piego di lato il capo, soppesandola – Cosa credi che sia, dunque?-
Lei finisce il suo giro e si toglie una ciocca ribelle dal viso. Vista sotto una nuova luce i suoi occhi hanno un qualcosa di dorato. Sorrido stranito al pensiero che si avvicina molto all’idea che gli esseri umani hanno degli angeli.
-La morte.-non c’è teatralità nella voce, né paura, né rabbia. Sono sorpreso. – Probabilmente non hai nemmeno un nome.-continua pensierosa.
-Ho un nome.-ribatto immediatamente.
-Sarebbe?-
Esito, se non fosse stato per Lucifero probabilmente l’avrei dimenticato tempo fa – Cassiel.-pronuncio quasi sottovoce come se fosse peccato.
Lei sbatte le palpebre e per un lungo attimo resta silenziosa – Cassiel.-ripeté poi.
-Sì.-
-La morte ha un nome.-dice sorpresa.
-Diverse cose hanno un nome.-
-Lo so.-annuisce lei – Ma sono comunque sorpresa.-sorride, come se il pensiero che io abbia un nome la divertisse – Bhè sono anche sorpresa che tu abbia una figura…umana?-
Faccio un passo indietro, silenzioso – Un modo come un altro per mostrarmi.-
-Quindi è solo una maschera?-replica – Potresti mostrati come un cane o un sasso?-
Alzo un sopracciglio – Perché dovrei mostrarmi come un cane od un sasso?-
-Chiedevo solo se potevi farlo.-alza le spalle con noncuranza.
Stringo le labbra, scollando le spalle in un gesto incomprensibile anche per me. Improvvisamente sento la famigliare sensazione di dover andare, la morte mi sta chiamando. Le anime mormorano inquiete. – Devo andare.-
-Perché?-
-La gente continua a morire.-sibilo – Ed io sto perdendo tempo qui, con te.-
La ragazza sembra rabbuiarsi improvvisamente, come se le avessi appena colpita.
-Quindi non sei qui per me.-afferma con voce sottile – Non sei qui per portami via.-
-Perché dovrei?-ribatto ingenuo – Non è certo la tua ora.-
-E quando lo sarà?!-scatta, isterica. Resto stranito dal suo cambio d’umore repentino – Quanto ancora devo aspettare?-
Sono sorpreso. La guardo confuso e faccio un altro passo indietro.
-Non sono io che decido.-provo a dire – E’ il fato.-
-Lo conosci? Puoi parlarci?-fa con una nuovo tono nella voce.
-No, io…-
Nuovamente sembra che l’abbia ferita. – E’ molto che aspetto.-dice quasi sottovoce – Quando potrò morire?-
La guardo confuso. Lei…vuole la morte? Non comprendo. Intanto si fa sempre più pressante in me il richiamo, devo prendere l’anima di qualcuno, l’intero mio corpo lo sente e la agogna e la ripudia allo stesso tempo.
E’ una sensazione nuova, come se facesse male.
Mi prendo il grembo improvvisamente, è come se lo stomaco mi si contorcesse e rigettasse il desiderio di morte della ragazza. Come se le anime in me rifiutassero l’idea della ragazza, come se non lo comprendessero.
Che visione ha ella della morte? Pensa che sia solo pace e serenità, che la porterà via da una vita che andrebbe semplicemente vissuta per poter cambiare?
-Ti senti bene?-
No, che non mi sento bene.
-Ti senti bene?-sento nuovamente la sua voce. Alzo gli occhi e la trafiggo con un sentimento nuovo; odio, Suggerisce una delle anime.
Lei vuole morire.
-Sta zitta.-quasi ringhio.
-Cassiel!-cerca di avvicinarsi a me, le afferro con forza il polso stritolandolo. Avverto da lei un lamento acuto e per un attimo guardo il punto di unione e noto per la prima volta le cicatrici. Sottili e nette le contornano il polso, diverse linee, alcune più recenti di altre.
Capisco; ha tentato il suicidio.
Lo stomaco si contorce nuovamente, le voci scoppiano in un boato e mi fanno scoppiare la testa. Mi allontano da lei come se scottasse.
-Donna!-esclamo rabbioso – Tu non sai nemmeno ciò che chiedi!-
L’anima nuova mi chiama, le vecchie urlano. Lasciatemi in pace!
Mi allontano velocemente, prima di scomparire nel nulla. Lontano da lei tuttavia la rabbia non si affievolisce, la sento ancora vorticare in me.
Mi viene perfino da vomitare, come se potessi!
Non capisco. Come può lei desiderare questo?!
Tossisco  e li sento davvero, i conati di vomito sconquassarmi le viscere. Quasi a sentirmi nuovamente umano. Tossisco e inghiotto a vuoto per respirare.
-Come può?-soffio dando voce ai miei pensieri – Come può!-
Do un pungo forte al muro e sento la pressione e poi improvvisamente…il dolore. Guardo la mano, attonito. Cosa mi sta succedendo?! Com’è possibile che io senta dolore, che senta la nausea, e il disprezzo.
Stringo le dita quasi beandomi di quelle nuove fitte che mi trapassano il palmo fino al gomito. E’ vero dolore.
Nulla di tutto ciò è normale, perfino le voci tacciono in assenso con me.
Guardo il cielo e scorgo le nuvole grigie riempire il cielo. Sento l’odore della neve. Lo percepisco, lo riconosco.
E’ come se mi sentissi…umano.
Spalanco le palpebre comprendendo quanto le anime mi abbiano cambiato, quando ci sia in me di nuovo, di sbagliato. Guardo il cielo e quasi attendo, in attesa dei primi fiocchi.
Li ho sempre guardati posarsi lievi come cascate bianche sul mondo, depositarsi, farsi in strati friabili. Ho tentato tante volte di calpestarli, di sentire lo stridente suono sotto le suole, di sentirle.
Ho tentato tante volte, sapendo l’inutilità della cosa, di sfiorarle, di avvertire il gelo che tutti sembravano provare.
Ho desiderato toccarla. Ho desiderato essere un umano così tante volte che mi sorprendo ad accettare il dolore, quasi a desiderarlo.
Quando i primi fiocchi scendono dal cielo mi ritrovo a tendere la mano sofferente sperando che il dolore sia garanzia di poterla sentire. Quando i polpastrelli entrano in contatto con uno dei fiocchi avverto la sensazione di docile e poi di bagnato. Si è sciolta al contatto.
Ritiro la mano quasi terrorizzato dalla felicità che sento sopraffarmi. Dopodiché la mia vista si appanna.
Singhiozzo senza rendermene conto e, per la prima volta dopo tanto, troppo tempo, ricordo che significa piangere.
Com’è possibile che un singolo incontro, possa cambiarmi tanto?
Cosa sta succedendo al mio corpo? Attorno a me?
Tacciò queste domande per un lungo attimo mentre i fiocchi cadono silenziosi sulla città.
Probabilmente domani all’alba avrò paura di ciò che questi cambiamenti possono comportare.
In questo momento però ho freddo. E non sono stato mai così felice.


**


Non avevo mai visto una chiesa dall’interno, ma provo un senso di soggezione ad entrarvi. Il silenzio, i passi che rimbombano tra le parenti, le decorazioni, l’odore pungente d’incenso. Con un’agitazione sempre maggiore proseguo il mio percorso, sfiorando le panche di legno lucido con le dita della mano sana. L’altra ha smesso ormai di far male, ma riesco ancora a sentire il tatto e non posso far a meno di sentirmi avido di ogni solcatura che possano avvertire.
Sospiro ritrovandomi di fronte all’immagine del cristo crocifisso.
-Hanno una bella visione di te, Gesù.-mi viene da sorridere pensando a quei tre giorni passati in sua compagnia, forse l’unica “vacanza” che mi è stata concessa. Non che la sua compagnia sia stata edificante, era taciturno ed un po’ schivo, forse era per la presenza della morte stessa o per il ricordo di ciò che gli uomini gli avevano fatto. Deve essere stato comunque duro per lui udire il suo nome gridato a gran voce come condanna a morte.
E’ orribile quando si nasce per espiare le colpe di qualcuno. Almeno io devo espiare solo le mie…
E mi è sempre sembrato impossibile.
Quanti di noi saremo ancora sacrificati per loro?
-Hey hey, scusate.-rido, sentendo cori di dissenso dalle voci. Devo scendere a patti con tutti loro per poter andare avanti, temo.
Mi chiedo vagamente se sia giusto essere lì, il silenzio del posto è quasi assordante e il fatto che non ci sia anime viva mi rilassa e spaventa allo stesso tempo. Sorrido di me, mentre mi siedo ad una delle prime panche e chiudo gli occhi.
Con una lingua sconosciuta all’orecchio umano, inizio a pregare.
-Tu credi davvero che qualcuno verrà a parlarti?-sento improvvisamente il silenzio interrotto. M’irrigidisco infastidito.
-Almeno qui non dovresti rompere.-ringhio al demonio – Questo è un posto sacro.-
-Sì certo.-ridacchia – E io sono un angelo.-resta un attimo zitto – Bhè, perlomeno lo ero.-
-E’ stata una tua scelta, disertare.-
-Oh non sprechiamoci in dettagli.-si alza e sento il rumore dei suoi passi. Avverto il suo corpo improvvisamente accanto a me – Questo posto è sacro quanto un bordello e nessuno verrà a parlare con te.-
Gli lancio un occhiata veloce – Se è vero che mi è stato dato il perdono allora perché non dovrebbero?-
Sento la sua risata vibrarmi dentro, seducente come il male – Cass, Cass…-sospira – Sei veramente uno spasso. Dovresti proprio incontrare un po’ dei miei amici. Sono sicuro che ti troveresti proprio bene.-
-Grazie, ma no.-ribatto – E ora lasciami solo oppure..-
-Oppure cosa? Nessuno verrà, lo sai.-sogghigna – Nostro padre non è qui. Non in un ambiente creato per gli uomini dagli uomini, per assoggettarli, per usare la sua parole contro loro stessi. Questo posto non è che un business, un teatrino, la paura dell’ignoto reso in un ambiente buio e melodrammatico che non fa altro che distorcere ancora e ancora la sua parola; Paura, anziché amore.-
-Stai forse difendendo la sua parola?-mi viene da ribattere sorpreso. Lui sorride ed io tengo conto dal senso di fascino che trasmette. Non risponde, si alza con un movimento troppo simile ad una danza.
-Forse mi sbagliavo.-dice all’improvviso, guardando davanti a sé – Ma credo che non dipenda certo dal luogo. Ad ogni modo abbiamo compagnia e qui non sono gradito.-
Sbatto le palpebre qualche attimo prima di girarmi verso il punto da lui fissato. Lo avverto scomparire mentre mi perdo nella bellezza della nuova presenza; capelli biondi come la luce del sole, occhi di un verde smeraldo, labbra rosee e abito bianco colei che la mia mente riconosce come Ariel mi guarda soppesandomi.
-Sorella.-sento persino la mia voce, esitare.
-Cassiel.-non vi è alcuna felicità nella sua – Cosa ti spinge a domandare?-
Mi mordo un labbro, beandomi perfino di avvertirlo.
-Grazie di essere venuta, io..-
-Tu non stai eseguendo il tuo dovere.-mi blocca, prima di poter parlare – Qualsiasi sia la ragione non ti è permesso fare appello a lui, il tuo stesso chiedere è un abominio.-
I miei occhi la scrutano, feriti – Mi sento diverso. Il mio corpo..lo sento. Sento dolore, sento freddo, sento caldo…non è normale. Qualcosa in me è cambiato.-
I capelli di Ariel scivolano sul viso, mentre piega in lato la testa – Come prego?-
Mi pongo in avanti, speranzoso – C’è qualcosa che non va in me.-continuo – Riesco a sentire …tutto. Il mondo. Come se fossi…umano!-
-Questo è impossibile.-la sua espressione è inorridita. Congelo la mia, deluso.
-Lo so.-continuo – Chiudo solo di capire cosa mi sta succedendo.-
Ariel fa un passo, cauto, verso di me. – Fratello…-esordisce, esitando – Ciò che affermi è…-cerca le parole che io stesso non sono stato capace di trovare -…incredibile.-
-Ariel, sorella!-la imploro – Ti prego, cerca di scoprire più che puoi di questa condizione..potrebbe essere che lui mi abbia per..-
-Improbabile.-sibila  -Altamente improbabile.-
Sento le anime urlare, indispettite, cerco di metterle a tacere, ma Ariel spalanca gli occhi, come se riuscisse a sentirle.
-Cosa c’è dentro di te?-chiede apprensiva.
Assottiglio lo sguardo – Cosa pensi possa esserci? Pura morte.-
In un battito di ciglia è accanto a me, mi sfiora delicatamente con le dita il petto – Queste…voci. Questa volontà di libertà…-blatera agitata – Perché non le liberi? Come osi tenere prigioniere così tante anime?-
-Non è certo a causa mia.-replicò, confuso.
-Non lo è?!-scatta, agitata – Come puoi dire una cosa simile se sono dentro di te ed implorano pietà?! – le sue dita arpionano la mia veste – Liberale! Immediatamente!-
Faccio un passo indietro, spaventato – Non sono certo io a tenerle legate a me! Non avrebbero dimora altrimenti!-
Vedo i suoi occhi aprirsi sotto una domanda implicata, schiude anche le labbra attonita e confusa.
-Non…-esordisce piano, poi si allontana da me come se scottassi. – Qualcosa non quadra.-
-Te lo sto dicendo da quando sei qui.-
-No, Cassiel, non capisci!-scatta – E’ scritto che le anime debbano tornare alla vita, che debbano rinascere! Ma ciò non sta avvenendo!-
-Non è mai stato così.-ribatto confuso – Non hanno mai avuto una destinazione. Sono sempre state dentro di me.-
-Da…sempre?-
-Da quando la morte esiste.-
Si porta le mani al viso, inorridita. Nei suoi occhi mille incognite senza risposta. Io stesso non comprendo cosa stia accadendo.
-Devo tornare.-esclama – Devo capire… Ti..ti farò sapere se scopro qualcosa.-
-Cosa c’è che non va in me?!-domando disperato afferrandole un braccio. Lo ritrae con ribrezzo. – Cosa c’è di tanto sbagliato in me?-sospiro stanco.
Ariel mi guarda con i suoi grandi occhi verdi e per la prima volta mi dimostra una compassione che non le avevo mai visto sul volto.
-Non lo so, Fratello. Ma lo scoprirò.-
-Me lo prometti?-sento un vago senso di dolcezza avvolgermi all’idea di parlare per la prima volta dopo millenni ad un mio pari. O meglio, a qualcuno superiore a me. Un angelo puro.
-Ci proverò.-mi risponde facendo un passo indietro – Nel frattempo mantieni la calma…cerca…di non fare sciocchezza.-
Scompare senza nemmeno un saluto, la luce la avvolge e scompare a me.
Resto fermo, con le braccia ciondolanti e con un senso di abbandono che mi avvolge. Perlomeno stavolta non sono solo in questa battaglia, Ariel scoprirà cosa mi sta accadendo e finalmente tutto avrà un senso.
Mi porto le mani al grembo, in una muta domanda. Dunque ho sempre sbagliato? Le anime che giacciono dentro di me avrebbero dovuto tornare alla vita? Com’è possibile che non sia stato così?
Lascio che i miei occhi scivolino sulla croce dove è raffigurato il cristo salvatore.
-Cosa devo fare?-
So che non riceverò risposta. Non fa niente. Abbassò gli occhi sul marmo levigato per poi uscire dalla chiesa. Una volta fuori la neve depositata in terra riempie le strada e le macchine hanno difficoltà a camminare. Scuoto la testa seccato dall’ossessione umana di non fermarsi mai e poi mi smaterializzo. Quando riappaio sono sul tetto dell’ospedale. Quello in cui è Gabrielle.
Lei è l’unica cosa che è cambiata nella mia vita, è la cosa che ha cambiato me. Ed è a causa sua se io ho preso a sentirmi diverso. So che non riceverò risposta, ma ciò non toglie che io non possa cercarla da me.
Svanisco per riapparire negli archivi del palazzo. Non c’è nessuno e anche se ci fosse qualcuno non avrebbe affatto modo di vedermi. Cerco la sua scheda.
Mi crogiolo qualche attimo nel sentire le mie dita sfiorare per davvero la carta, la sento dove ruvida, dove liscia..e per la prima volta questi due aggettivi hanno un senso per me. In un certo senso vorrei andare per le strade, ignorare di essere la morte, e avvertire tutto, per davvero. Sfiorare ogni cosa, provare ogni sensazione. Perfino il dolore.
E se il fatto che Gabrielle mi veda non sia una causa ma la conseguenza di ciò che mi sta succedendo? Se la patina che mi cela agli occhi di tutti si stia assottigliando e chi, come lei, è tanto vicina all’idea stessa della morte, possa di conseguenza vedermi. Mi fermo per un fatale istante e iniziò a sentire un senso di agitazione sopraffarmi.
Se fosse così, lei non sarebbe la mia predestinata, ed io non sarei qui per essere perdonato.
Le anime che sono in me, mi suggeriscono, come abitanti chiassosi, i nomi delle mie emozioni; questa è la paura.
Questo significa quindi avere paura?
Finalmente trovo il suo fascicolo e per un lungo istante lo accarezzo con un polpastrello. Se fosse così, mi dico, a questo punto non ci sarebbe assolutamente nulla di strano in questo fascicolo. Gabrielle sarebbe soltanto un umana come tante con innumerevoli problemi.
Lo apro e scorgo la sua foto, le sue analisi cliniche. Nulla di particolare se non fosse…
Accarezzò con il pollice la solcatura del foglio dove è scritto il suo nome. Non c’è un cognome, non c’è alcun accenno alla famiglia. E’ come se fosse venuta dal nulla. Forse un’orfana.
Leggo ancora, sfogliando le pagine. Una cosa mi sorprende. Controllo più volte il fascicolo come se temessi di non averlo visto. Poi lo chiudo, aggrottando le sopracciglia.
Non c’è una data di nascita. Ci potrebbero essere mille ragioni sul perché non è scritto in questo fascicolo, mille. E io al momento non riesco a trovarne nemmeno uno.
Ripongo la scheda nell’archivio e resto per un attimo fermo a pensare a cosa fare. L’unica cosa che mi viene in mente è vederla.


**

Non riesco a trovare il coraggio di svegliarla. Resto ore davanti al suo letto.
Gabrielle dorme, beata, tranquilla. Il suo viso è pallido, i suoi capelli arruffati, e faccio di tutto per evitare di vedere le cicatrici, ma non riesco a evitare di guardarle. Con la massima attenzione le prendo la mano e le scopro il polso con dolcezza, le marco con occhi e polpastrelli chiedendomi cosa possa aver spinto ella a un simile gesto. Più volte.
-Cosa ti è accaduto Gabrielle?-sussurro sovrappensiero.
Spesso parlare era l’unica cosa che mi permetteva di sentirmi meno solo. Mi ricordava di avere questa facoltà, di avere una voce, per quando inutile e bassa fosse.
Quando salgo lungo il suo braccio, le accarezzo una spalla con gli occhi ed infine torno nuovamente al viso sobbalzo rispecchiandomi nei suoi occhi aperti. Serro le labbra, improvvisamente agitato.
-Temevo che non saresti più tornato...-sussurra tirando via il braccio da me e usandolo per mettersi seduta. – Volevo scusarmi.-si stropiccia gli occhi stanchi con le dita, sospira pesantemente, ed io mi concentro su quel suono. Su ogni suono a dire il vero. Perfino lo schiocco delle sue labbra che si schiudono.
-Prego allora.-replico.
Lei alzò gli occhi e mi guarda nuovamente – Scusa.-dice, poco convincentemente.
-Puoi fare di meglio.-
-Mi dispiace.-ribatte ancora – Mi dispiace che tu te la sia presa. Ma non mi scuso di ciò che penso.-
-Perché desideri la morte?-le domando quindi senza più esitazioni – Tu…non hai idea di cosa vai incontro. Sei giovane. Qualsiasi sia il tuo problema puoi sicuramente cambiare la tua vita. Puoi vivere poi…-
-Ho vissuto abbastanza.-mi ferma dura – Sono stanca, davvero. Non ce la faccio più.-
-Quanti anni potrai mai avere!-stringo con forza le lenzuola del suo letto, cercando di tacere la mia rabbia – Quando venti? Venticinque?-sospiro – Gabrielle anche tu ne avessi quaranta non dovresti desiderare di smettere di vivere. Non ha senso. Lasciatelo dire da me.-
Lei ha abbassato gli occhi e si tormenta con un pollice il palmo della mano.
-Non puoi capire. Io non so spiegarlo.-
-Spiegare cosa?-
Gabrielle si morde un labbro – Il mondo è cambiato. Cambia velocemente e ad una velocità che non riesco a seguire. Mi sento ferma in un posto senza possibilità di andare avanti, immobile. Stanca.-
Non posso fare a meno di guardarla senza capire.
-Non so quanti anni ho.-riprende alzando gli occhi – ho visto la gente invecchiare e morire ed io invece…restavo così. Sempre. Sono tanti, troppi anni ed io né invecchio né muoio. Sono stanca Cassiel. Ti prego. Portami via con te.-
Le anime sussurrano al mio orecchio parole sconnesse, incapaci di capire. Come me.
-Stai dicendo che sei immortale?-sento la mia voce esitare.
-Tutte le volte…-alza la mano e mi mostra il polso – Tutte le volte che ci ho provato…è stato inutile. Il mio sangue non sgorgava. Mai. E la ferita si rimarginava immediatamente.-
E’ impossibile. Lo so, eppure lei ne è convinta, lo capisco dallo sguardo. Ho imparato a riconoscere più espressioni nel tempo.
Dunque è semplicemente pazza.
-Gabrielle.-esordisco piano – Ci sono cose a questo mondo che tu non puoi nemmeno immaginare. Questa tua idea è assolutamente folle, è impossibile.-
Vengo colto di sorpresa quando la ragazza discosta le coperte con un gesto secco della mano.
-Impossibile?-domanda con scherno – Va bene, te lo dimostrerò.-
-Cosa?-
Si alza e si allontana, la seguo immediatamente. Entra in bagno, ma quando tento di seguirla mi ritrovo la porta sbattuta in faccia. Non che le porte per me siano un problema, ma resto per un attimo interdetto. Giusto l’attimo che le serve per fare la peggiore delle sciocchezze. Di nuovo.
-Gabrielle! – quasi urlo aprendo la porta con un gesto avventato, quasi sradicandola. E’ solo un istante di esitazione mentre vedo lei con una lama stretta nella mano e il polso teso verso di me. Faccio per avvicinarmi, soccorrerla, quando le parole della giovane diventano realtà sotto i miei stanchi occhi.
Non c’è sangue in quella ferita.
Il mio intero corpo si paralizza e la pelle inizia a tendersi in minuscoli reticelle che tessono una tela. In pochi istanti la ferita e chiusa ed è rimasta solo una cicatrice leggerissima. Se le altre sono marcate è solo per via dell’insistenza dell’intento.
-Cassiel ricordo quando si andava ancora con i carri trainati dai cavalli, il mio tempo è passato tanto tanto tempo fa. Devo morire. E’ la mia ora. Portami via.-
Le sue parole sono lontane, quasi non le sento.
-Tutto ciò non ha senso.-ribatto, ma non mi riferisco a lei. Non solo.
E’… tutto.
Io che avrei dovuto consegnare la anime, farle andare oltre, ma che mi è stato impedito e ora lei. Una giovane che non può morire.
-Non hai una storia?-gli domando pensieroso – Genitori, una famiglia…-
-Ho un passato.-risponde raccogliendosi in grembo il braccio – Ma sono sopravvissuta anche a quello.-
Come può essere? Le leggi create dal padre sono state tutte sgretolare, le vedo disintegrarsi davanti ai miei occhi.
Allungo una mano tremante verso Gabrielle e la sfioro il viso, saggiandone il tocco e la consistenza. E’ calda, è viva. E non può morire.
-Ma tu chi sei?-soffiò sottovoce non riuscendo a trovare una risposta. Né lei riesce a darmela. Continua a guardarmi dritto negli occhi senza dire niente. Probabilmente nemmeno io voglio una risposta.
Mi ritraggo facendo un lungo passo indietro. Stringo le dita ancora intorpidite dal suo calore, cerco di intercettare tracce della sua vita pizzicarmi.
-Cassiel, ti prego!-mi implora, ma sembra più frustrata che disperata.
-Va bene.-dico d’un tratto, quasi non me rendessi conto io stesso – Va bene.-ripeto – Ti ucciderò.-
Il sollievo che vedo dipinto improvvisamente nel suo volto i disturba.
-Ma non ora.-
-E quando?-ribatte subito.
La guardo attentamente, per un attimo mi soffermo nella strana ondulazione dei suoi capelli che le cadono lungo il collo. Mi riscopro a voler toccare le ciocche a volerne sentire la sensazione sotto le dita. Inghiotto a vuoto cercando di distogliere lo sguardo.
-Appena scoprirò che cosa sei.-affermo.
I suoi occhi nocciola si perdono nei miei e annuisce come se mi comprendesse.
-Grazie.-soffia.
Annuisco silenziosamente prima di fare un ulteriore passo indietro. Vorrei poterle dire qualcosa, restare a parlare con lei, ma so che non posso farlo, che mi è proibito. Essere venuto ed aver avuto questa chiacchierata è stato rischioso.
-Mi farò sentire.-dico ancora, nell’assurdo tentativo di darle una speranza di un mio ritorno. O forse di darla a me.
Poi svanisco.
Quando riappaio le urla delle anime quasi mi tramortiscono.
-Calmatevi!-provo ad imporre avvertendo la nausea avanzare – State zitte!-
Cado sulle ginocchia e avverto un conato di vomito, poi un altro e, al terzo, sento le mie viscere sconquassarsi.
Con terrore sento la mia gola riempirsi di qualcosa, anche se non capisco cosa poiché io non mangio da millenni.
Chiudo gli occhi e la laringe inizia a bruciarmi come se ciò che risalisse fossero carboni ardenti. Cerco di tossire, di liberarmi il corpo, ma sto soffocando.
Soffocare senza essere vivo è davvero il colmo.
Quasi riesco a sentire la cosa infuocata scivolarmi sulla lingua e graffiarmi le corde vocali. La rigetto. Rigetto quella cosa, qualsiasi cosa sia. Più volte.
Gorgoglii confusi mi risalgono dal ventre mentre il mio corpo trema.
Cosa mi sta succedendo?
Per  la prima volta ho paura per me.
Cado al suolo, stremato, quando ancora gli spasmi non sono cessati. Provo a tossire e stavolta riesco, e mi improvvisamente mi sembra di stare un po’ meglio. Inizio a respirare, respirare per davvero.
Cosa è appena accaduto?
Sbatto le palpebre cercando di fare mente locale e mi guardo attorno. Vengo scosso da un lungo brivido quando mi accorgo di essere circondato da luci. Tante luci, intense con le fiamme, fluttuano intorno a me, galleggiano.
Le guardo una ad una cercando di capire.
-Sono anime.-sento una voce provenire da chissà dove e mi volto con il terrore negli occhi verso la fonte. – Sei troppo debole per trattenerle ancora.-
Lou ha le mani nelle tasche e mi guarda con un ghigno leggero sul viso e uno sguardo pieno di trionfo – Devo ammetterlo, sei resistito secoli in più di quello che mi aspettavo.-
-Ma cosa…?-tento di dire, ma la mia gola è in fiamme. Sento un ennesimo conato di vomito che cerco di reprimere – Cosa mi hai fatto?-
-A te nulla.-sorride, divertito – Tu sei il cupo mietitore.-ridacchia – Poi uccidere anche me e lo farai, non appena ne riceverai l’ordine. Ma non puoi farlo se ti metto fuori combattimento.-
Non capisco. Resto a guardarlo con aria confusa.
-Che c’è? Non capisci?-piega la testa di lato – Eppure è semplice; anche tu hai un limite. Lo hai raggiunto. Le anime ti hanno quasi fatto diventare umano per quante ne avevi. Era una cosa che non avevo previsto.-
E’ in un batter d’occhio che si avvicina a me. Mi alza con un solo braccio e io mi sento carta straccia nelle sue mani. Il mio corpo è debole, trema…
E’ umano.
Spalancò gli occhi e mi rispecchio nei suoi – Cosa hai combinato?!-sbraito fregandomene della gola in fiamme – Cosa mi hai fatto?!-
I suoi occhi neri mi inghiottono completamente. Sorride, con fascino. Il fascino del male.
-Non puoi biasimarmi per aver fatto ciò che so fare meglio; creare disordine.-ridacchia lasciandomi cadere malamente. Le mie gambe non mi reggono – E dimostrare ancora una volta che qui Lui non ha potere. L’ho ingannato per secoli, ho toccato te, Caino, il suo bambino più odiato. Ti ha abbandonato e ti ha sbattuto a fare il lavoro per cui eri il candidato perfetto; il primo assassino, primo tra tutti. Ed il più letale.-sorridendo mostra i denti, una cornice perfetta per uno sguardo diabolico – Eri cotto al punto giusto quando l’hai incontrata. Devo ammetterlo, hai quasi fatto saltare il mio piano, se avessi capito che uccidendola avresti sciolto il sigillo, allora…-
-Uccidendola?-provo a dire, inghiottendo poi una considerevole parte d’aria per il dolore che si è solo attenuato, ma non svanito.
Lui piega la testa di lato – Ho racchiuso in lei la Vita. Quella che spettava alla tue anime, per rinascere. Lei ha vite e vite da scontare, e solo tu potresti ucciderla. – ride, sguaiatamente – E pensare che lei ti ha anche implorato ….uccidimi-recita con farla voce in falsetto “uccidimi!”. Avresti dovuto!-si china su di me – Ora le anime sarebbero tornare a vivere anziché smarristi nel tempo.-
-Smarrirsi …-alzò gli occhi al cielo a quelle fiammelle fluttuanti che galleggiano senza senso attorno a me. Sono smarrite, spaventate.
Ritorno a guardare lui, completamente incapace di capire cosa fare in una situazione del genere. Avevano decisamente dimenticato di darmi il libretto di istruzioni della morte.
-Ed ora…-riprende – Io ho anime senza più umanità pronte all’inferno. Pronte a tornare a casa.-ne sfiora una, come se fosse una sua creazione – Indovina dov’è finita tutta la loro umanità Cassiel?-
Ho giusto il tempo di sentire la domanda, chiaramente retorica, prima che una fitta dolorosa mi trapassi il braccio ed io urli dal dolore.
Dolore. Umanità.
-Sei diventato umano.-sorride facendo passi lenti verso di me – Hai inghiottito in te così tanti brandelli di vita da aver cucito un intero abito. Congratulazioni.-mi manda un bacio con le labbra arricciate e mi pare quasi di vedere un occhiolino abbinato, prima che la mia vista si annebbi e avverta brividi avvolgermi completamente. Mi sento sollevato da qualcosa di invisibile e poco dopo avverto le sue dita avvolgermi il collo, la sua voce vicina al mio orecchio, suadente come il peccato – Non appena morirai, il mondo entrerà nel caos ed un nuovo Dio saprà mettere ordine. Indovina chi?-
-Non puoi!-riesco a dire – Lui non te lo permetterà mai!-
-Di far cosa? –
-Chi uccide Caino morirà 7 volte!-ribatto ricordando fin troppo bene la voce del Creature quando le urlò in preda all’ira. Cerco di liberarmi dalla presa, ma sono senza energia e non riesco. Lui è un angelo, decaduto, ma pur sempre un angelo. Io ora…sono un semplice essere umano.
-Per questo non ho attaccato direttamente te, no?-replica alzando le spalle – Innocente, fino a prova contraria.-
Mi lascia libero e io cado al suolo, per fortuna stavolta riesco a tenermi in piedi. Faccio appello a tutte le mie forze per farlo.
-Ora tu vivrai.-mi guarda e io sostengo il suo sguardo – Vivrai la vita che hai rubato. Perché lo hai fatto; tutto questo per tornare in vita. Sarai accusato dal grande Boss e sarai punito.-
-Hai pensato proprio a tutto, vero?-sento la rabbia, scorrermi nelle vene, come sangue.
L’espressione di Lucifero si allenta e diviene di puro innocenza.
-Tu non ne hai nemmeno idea.-
-E tutto quel tempo a cercare di portarmi dalla tua parte?-
-Pura facciata. Era per controllare in che condizioni fossi.-
-E lei, che era predestinata a me?!-
-Hai creduto davvero a quella sciocchezza?-una risata strozzata – Accidenti, quando sei imbecille.-
Stringo i pugni, ripensando alla flebile speranza che mi aveva incatenato alla ragazza.
-E lei? E’ uno dei tuoi scagnozzi?-
-Ovvio.-sorride – Tutto finto.-
Tutto…finto?
Mentiva?
-Ma se io l’avessi uccisa…-
-Oh, sapevo che non l’avresti mai fatto. Rispetti troppo la vita.-alza le spalle – Ed ora basta, stai sprecando minuti preziosi. Goditi l’esistenza che ti ho donato. Pensaci; in fondo è come se ti avessi fatto rinascere; puoi chiamarmi anche Papà se preferisci.-
-Sparisci!-ringhio, sentendo tremare le mie ossa.
-O puoi inchinarti a me.-continua.
-Va via!-
Con uno sforzo faccio un balzo e mi scaravento su di lui che svanisce in mille tessere nere. Caso faccia al suolo, stremato. Sapevo che non sarei riuscito a colpirlo, ma volevo solo che la smettesse.
Tutto questo mi pare una follia.
Morirò. Sono umano.
Alzò gli occhi e mi guardo una mano, la ferita si è riaperta.
-Se solo…-
Se solo cosa? Se solo avessi avuto un libretto di istruzioni sulla morte? Se solo avessi assecondato il desiderio dell’umana? Umana…
Se solo lui non mi avesse abbandonato, ora sarei libero.



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Il cuore le martellava nel petto mentre cercava un appiglio qualsiasi per protestare. No al matrimonio, no al trasferimento, no alla nuova famiglia. Sua madre non le aveva chiesto nulla, non un accenno a sentire il suo parere, come se le sue decisioni non influissero anche su di lei. E, ancora prima che se ne rendesse conto, si era ritrovata ad un tavolo con la famiglia del suo nuovo patrigno al completo a dover fingere sorrisi di circostanza.

Con sua madre, Elisabeth, che sorrideva come se avesse appena vinto la lotteria, George, il suo futuro patrigno, che beveva un sorso di vino rosso come se fosse ambrosia. E i suoi figli, due gemelli assolutamente identici di viso, ma di atteggiamenti e vestiario differente.

Quella cena fu soffocante, l’idea che sarebbe andata a vivere con quelle persone fu soffocante, il fatto che sua madre non le aveva chiesto nemmeno un parere fu soffocante. Ma perse completamente il respiro quando si ritrovò da un giorno all’altro in una stanza grande il triplo di quella che aveva con le pareti verdi e un letto a una piazza e mezzo.

Almeno la stanza era carina, ma non era la sua stanza, non aveva i poster degli anime alle pareti, non c’era la bacheca con i disegni di quanto era bambina né il buco che aveva fatto giocando alla lotta quando aveva cinque anni. Non c’erano ricordi in quella casa, non c’era il ricordo sbiadito di suo padre.

Era tutto così sbagliato che non sapeva nemmeno dove cominciare a fare la lista delle cose che non andavano.

Sua madre era felice, va bene, ma lei? Perché non poteva restare con la nonna? Perché non poteva semplicemente restare nella casa di famiglia? Aveva diciassette anni, ed era perfettamente autosufficiente, poteva vivere da sola.

Un bussare alla porta la distrasse. Disse – avanti.- cercando di non piangere.

George entrò con un sorriso affabile – Hanna, allora, ti piace la stanza?-

- E’…- cercò la parla adatta – Spaziosa.-

- Ovviamente puoi arredarla come vuoi più ti aggrada.- aggrada, che parole sofisticate, tutto in George era così..sofisticato – In fondo al corridoi c’è la stanza dei miei ragazzi, se hai bisogno di qualcosa chiedi a loro, saranno felici di darti una mano.-

Conosceva Nicolas e Lawrence Grays almeno di vista, avevano frequentato per anni la stessa scuola e non si erano mai rivolti la parola. Di punto in bianco si erano poi ritrovati ad essere una famiglia.

Alla cena solo Nicolas aveva provato ad attaccare bottone, mentre l’altro si era limitato a giocare seccato con la forchetta.

Ed ora erano alla fine del corridoio, nella stessa casa.

Cercò le parole per dire No, ma non vennero che insulti e imprecazioni.

Sorrise a George disse, invece – Andrà tutto bene.-

 

- So che non sei entusiasta di qesta cosa, Hanna.- esorìd la madre seduta sul suo letto con aria truce – Ma sono felice, puoi essere felice per me?-

Hanna sospriò togliendo un vestito dalla sua valigia e appendendolo nell’armadio.

- Suppongo di dovermi solo abituare.-

- Hai perso la cas dove sei cresciuta, ma guarda cosa hai guadagnato: una famiglia! Esattamente come hai sempre desiderato.-

Hanna strinse le labbra – Abbiamo guadagnato anche una piscina, un entrata al country clab, una macchina di lusso e tanti chincaglierie di cui non avevamo bisogno. Mi serviva un padre, non un ereditiere.-

La madre si alzò, irata – Stammi a sentire, non dire più una cosa simile, amo George!-

Lei si trattenne dal ribattere che ne aveva solo i soldi. Sorrise appena e soffiò – lo so, tranquilla.- sapendo di mentire. Ora non era più un suo problema avere a hce fare con una madre isterica e volubile, ora era un problema di George. Bhè forse quella sistemazione non era così male.

 

 

Bla bla bla

**

 

Hanna sospirò brevemente arrendendosi a dover tornare a casa per prendere il cellulare. Era a rischio il suo stesso lavoro. L’autobus ci mise venti minuti a passare e quando finalmente scese nella strada della viletta Gay il suo buon’umore le faceva ciao ciao con la mano ad una distanza di sicurezza. Era esausta e non era nemmeno finita la prima settimana.

Entrò in casa, usando le sue nuovi chiavi di zecca, e attraversò la cucina. Sapeva che i gemelli erano in casa, ma sperava di entrare ed uscire senza che loro se ne accorgessero, salì in camera cercando di fare meno rumore possibile, quindi prese il cellulare e tornò giù con passi felpati.

Soddisfatta di sé si diresse verso la porta quando il rumore dell’acqua della piscina la fece sobbalzare, qualcuno era in piscina?. Aggrottò le sopracciglia prima di avvicinarsi alla finestra. Probabilmente era un procone o un animale qualsiasi. Si chiese distrattamente quale ente pubblico avrebbe dovuto chiamare se la sua supposizione fosse stata esatta.

Ma non era un animale.

Le chiome corvine dei suoi fratellastri svettevano in un angolo della piscina, luno teneva stretto l’altro al bordo. Non capì subito ciò che stava guardando, non riusciva a decifrare le posizioni, né le espressioni. Riconobbe Nicolas dal corpo statuario che sembrava rendere lowrence piccolo schiacciato al bordo come lo teneva, ma il modo scomporto con cui Lwas era aggrappato al pavimento la confondeva. C’era qualcosa di strano, non stavano lottando, l’altro non sembrava oppirre resistenza, ma c’erano movimenti d’acqua e…gemiti.

Sentì il cuore fermarsi un secondo quando capì cosa stava guardando. Quando capì perché Lawrence sembrasse tanto coinvolto e prenchè Nicolas si aggrappasse al bordo per spingersi sul fratello.

No. Non sul fratello. Nel fratello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lynn mi insegue con occhi da cerbiatto lungo tutto il corridoio, e io le sorrido di circostanza cercando di aprire, non senza diversi tentativi, ilmio amadietto. Mi riempi di parole sulle attività extra scolastiche, dice che potrei fare la cheerleader o, se ho un attima memoria, potrei etrare nella squadra di compitazione. A mala pena so come si scrive, figuriamoci scandirla.

- Mi piace disegnare.- buttò lì per zittirla. Lei spalanca gli occhi e mi guarda con ancora più entusiasmo.

- C’è il club del fumetto!- esulta – potresti etrare in quello. Io ne faccio parte, devo dire che è molto divertente!-

La guarda di sott’ecchi – Che fumetti ti piacciono?-

Lei arrossisce e si schiarire la voce – Quelli giapponesi.-

- Shoujo-girl?-

I suoi occhi si illuminano pericolosamente quando capire che so di cosa sto parlando, il suo sorriso si allarga e mi tende la mano – Benvenuta nel club dei fumetto. Mi serviva proprio una persona che parlasse la mia lingua. Sono circondata da Dylan dog e Rat-man. Avevo bisogno di una mano per sopportarli, giuro!-

Sorriso, dopo tutto forse non è così male.

E’ in quel momento che entrano loro.

Ho come la sensazione che il tempo entra in una fase di sospensione quando i gemelli varcano la sogna della scuola. La gente li guarda, con un attenzione quasi maniacale, qualcuno li saluta con aria pimpante, altri con un cenno. Nick e Mike ricambiano a stento, percorrendo il corridoio circondati da un’aura mistica. Alzò un sopracciglio quando mi passano accanto senza nemmeno guardarmi, poi torno su Lynn che segue ha fatto scivolare il suo sguardo in basso.

- Bel culo.- la prendo in giro con un sorriso.

Lui scatta sull’attenti, arrossendo furiosamente poi sorrise imbarazzata – Bhè…non puoi dire che non sia così.-

- Già.-

- Se vuoi un coniglio sta lontana da loro.- mormora tornando seria.

- non ho alcuna intenzione di avvicinarli. Chiunque loro siano.- ribatto. Tornando a tentare di aprire in vano il mio armadietto. Lynn arriva in mio soccorso e gli da un colpo di lato facendolo scattare.

- Grazie.- mormorò sorridendole.

Lei alza le spalle e in quel momento la campanella suona – Che lezione hai ora?-

Guardo il foglio che mi hanno dato – Letteratura inglese.-

- Ti accopagno!-

Inizia a camminare e io chiudo l’armadietto e la seguo, mentre giriamo l’angolo lei ribatte ancora – Sul serio sai. So che sei nuovo e non conosci le dinamiche delle persone qui, ma se ci tieni alla vita sta lontana dai gemelli Gray.-

- Addirittura?- ribatto. Se le confessassi che vivo con loro mi ritroverebbero impiccata all’asta della bandiera insomma?

Entriamo in classe e mi indica un banco davanti a lei – Hai presente nel film quando entra il ragazzo più bello della scuola, ricco e famoso e c’è tutto il vento ed il rallenty?-

- A-ah.-

- Sdoppialo e rendi le due persone gemelli. Eccoli. Quel tipo di persone esistono e hanno realmente delle fan così pazze che boicotterebbero le rivali in amore in ogni modo. Anche facendogli seriamente del male.-

- Che gente!- ribatto fintamente indignata – Quindi loro sono i Rallenty-boy della scuola.

- Esatto.-

Sorrido e le faccio cenno di avvicinarmi – Lo sai mantenere un segreto?- faccio sottovoce, lei aggrotta le sopracciglia ed annuisce.

- Non mi interessa nulla di loro due.- ridacchiò e mi allontano lei mi guarda per un secondo senza capire. Del resto non può, sono solo io a vivere questa stranissima situazione.

La lezione inizia e io guardo le persone che mi circondano. La bella del gruppo, la brutta, lo scemo, tutto mi sembra esattamente come nella vecchia scuola. Abbasso gli occhi sulla pagina immacolata e prendo qualche appunto qua e là, poi la mia mente vaga.

Da lì al disegnare passa il tempo di un tratto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Ascolta- mi fa con voce dura, afferrandomi il braccio – Non dirlo a nessuno.-

- E’ una minaccia?- faccio alzando un sopracciglio.

I suoi occhi brillano di rabbia, forse di paura – Solo un consiglio.-

Si morde un labbro in un gesto nervoso e la mia mente mi rimanda l’immagine delle sue labbra schiuse in un gemito di piacere. Il mio corpo fece attraversato da un brivido intenso, traditore. Abbasso gli occhi tentando di simulare un sospiro esasperato. Non posso sentirmi così per una cosa del genere.

- Non mi interessa se ti fai scopare da tuo fratello.- dico, con tutta l’autorità che riesco a racimolare – Puoi fare quello che ti pare. Non sono affari miei.-

La mano che mi stringe il braccio si irrigidisce per stringersi di più, solo per minaccia, poi la presa si affievolisce e mi lascia. Sento ancora il dolore al braccio quando l’espressione di Michael si fa distante.

- Solo….non dire niente a  nessuno.- non aggiunge altro e si allontana con passo strascicato. Mi passaggio il braccio arricciando il naso per il dolore e sbuffò.

Perché mi dovevo trovare in questo casino?

 

Il giorno dopo il sorriso di Nicolas risplende come sempre. Se il suo buon umore derivi dal fatto che fa sesso tutte le notti non so, so solo che è snervante e divertente allo stesso tempo. Non so se Michael gli abbia detto che conosco il loro piccolo segreto, dal modo con cui mi poggia una mano sui capelli e li scuote ne dubito.

E’ stranamente divertito dall’idea di avermi come sorellina, forse perché può per la prima volta sperimentare veramente cosa sia un legame fraterno sebbene non abbiamo nemmeno una goccia di sangue in comune.

Sorrido in risposta alla sua smorfia, un sorriso che si spegne quando Mike entra nella stanza con passo strascicato e pallido in volto.

- Ti senti bene?- gli fa subito il gemello, avvicinandosi – E’ da ieri che..- poi tace, comse se si fosse ricordato in quel mometno che io sia lì.

Lui mi guarda negli occhi e la mia prima impressione si cristallizza nella convinzione che sia il terrore che io dica qualcosa a farlo essere così pallido, ma non so come rassicurarlo, né so se voglio. Distolgo lo sguado e afferro lo zaino. Non sono affari miei. Non sono affari miei.

Il silenzio è talmente denso, lungo la via, che vorrei mettermi a parlare del più e del meno, ma ogni cosa che riesco a pensare e a stupide domande che non posso porre: com’è iniziata? Perché?Da quando va avanti?

Sono sempre più sorpresa dalla mia incapacità nel non esserne disgustata, dalla curiosità che mi consuma come una vecchia comare con l’ultimo pettegolezzo. Voglio sapere, scoprì tra la curva di main street e ** steet. Vorrei sapere tutto, ogni dettaglio, anche il più scabroso. E’ una cosa così insolita e disturbante da renderla attraente ai miei occhi sopra ogni cosa.

Ho due fratellastri che fanno sesso, cosa ci piò essere di più sconvolgente i ciò?

Nick parcheggia e scendiamo dalla macchina. Mike, si allontana senza nemmeno salutare come fa sempre. Mi chiedo cosa li spinge a gingere così tante freddezza in pubblico, non è certo dtto che se si salutassero la gente perserebbe ad una relazione incestuosa. Salutò Nick con la mano e parto all’inseguimento di Mike. Lo raggiungo e mi adeguo al suo passo.

- Sai…- mormoro piano – Non ho nessuna intenzione di dire niente. Sul serio.-

Mike alzò gli occhi neri e mi guarda come un espressione indecifrabile. Stringe le labbra e distoglie lo sguardo.

- E perché dovrei fidarmi di te?- fa, scettico – Non ti conosco, e quello che ia scoperto so che è…- esita – sconvolgente.-

Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe stringendomi la cartella sulla schiena.

- Vi amate?- domando senza riuscire a resistere – vi amate o è solo..ecco..bhè…- arrossisco completamente. Lui si ferma e si gira verso di me in un espressione confusa.

- Come?- fa, come se non fosse già palese la sua faccia. Sento le mie guance pungere.

- Ho chiesto se vi amate.- mormro più a bassa vce possibile – O se ecco….vi divertite solo.-

Il suo viso ci mette tre secondi ad infiammarsi dall’imbarazzo. Mi afferra malamente per una braccio, cosa che sembra piacergli, e mi tira in un anglo più appartato.

- Stammi bene a sentire.- ansima rabbioso – qualsiasi intenzione tu abbia piantala. -

Lo guardo con un espressione paziente, sposto il peso da una parte e l’altra – Voglio solo capire.- confesso a disagio.

- Capire perché siamo mostruosi?- ribatte con l’espressione di chi se lo ripete tutti i giorni allo specchio.

- E’ così che ti vedi?- chiedo quindi sempre più curiosa – Se pensi che sia sbagliato allota perché..-

- Smettila.- mi ferma con rabbia – Smettila di interessarti, smettila di fingere di stare dalla mia parte, smettila di parlane.- si fa avanti con un espressione minacciosa – Tieni solo la bocca chiusa. Chiusa, intersi?-

La mia curiosità fa mancia indietro e sospiro profondamente per calmare il nervosismo – Come vuoi.- mormoro, poi, senza aggiungere nulla, mi avvio per andare in aula.

Lui resta indietro di qualche passo poi mi raggiunge. Essere in classe insieme non aiuta affatto questa situazione.

 

**

 

- Secondo me è perché non te lo sei chiesto nemmeno tu.- esordisco sedendomi accanto a lui come se fosse la cosa più naturale del mondo – Non ti piacciono le mie domande perché ti mettono a disagio perché non sai rispondere.-

Lui mi fulmina con lo sguardo abbassando il panino – E come deduci questa cosa?-

Piego metà labbro e guardo verso Nick che ci saluta. Ricambio brevemente il saluto con la mano e torno su Mike – Non gliel’hai detto. Perché non gliel’hai detto?-

-Perché non ti fai i cazzi tuoi?- ribatte lui addentando il panino contro voglia. I suoi occhi neri luccicano al sole tiepido del giorno. Lo guardo rapita dall’aspetto così pallido e stressato e tento di essere più gentile.

- Sono la prima persona che lo viene a sapere?- domando ancora.

Inghiotte un boccone e chiude gli occhi, come se la pazienza fosse venuta meno - Hanna…- esordisce.

- Lo sai che finché non mi rispondi continuerò a farti domande, vorrei rassicurarti che tutto ciò che dirai resterà tra noi, e che non ho alcuna intenzione di dire niente a nessuno, ma tu continueresti a temerlo. Quindi mi tocca arrivare all’asso nella manica.-

- Sarebbe?- borbottò lui meditando di prendere un altro boccone del panino.

- Minaccia. Se non ti sbottoni lo dico a tutti.-

Lui assottiglia lo sguardo – Tanto nessuno ti crederebbe.-

- Bhè allora posso inventarmi chissà cos’altro. Hai una reputazione abbastanza alienata, potrei inventarmi ogni cosa più assurda su di te.-

Per un attimo temo che mi si rivolti contro, ma dopo un lungo minuto di silenzio Mike addenta nuovamente il panino e mi ignora.

- Sono in buona fede, giuro.- insisto.

Lui inghiotte il panino e sospira – Non avrei mai immaginato che sarebbe stato così.- mormora indispettito – Ho sempre avuto paura che lo venissero a sapere, ma non mi aspettavo…bhe..curiosità. chiunque ci avrebbe denunciati. Sai che è illegale?-

- lo è?- mormorò sorpresa – Non è illegare solo fare figli? Tanto non credo voi possiate, quindi..-

- Divertente.- sbotta acidamente, ma mi pare di vedere uno strano luccichio nei suoi occi.

- Glielo dirai?- indico Mike – Che io vi ho visto?-

Il suo sguardo vaga sulla folla prima di posarsi sul fratello, l’espressione arcigna si addolcisce per un attimo così misero che penso di averlo sognato. Torna su di me, con aria rassegnata.

- Possiamo parlane a casa?- mormora – Non mi sento a mio agio a parlarne qui.-

Sorrido trionfante e apro la mia borsa cacciando il mio panino – Va bene.- faccio – Sai che Melany ha una cotta per te?-

 

*

 

Sono la prima ad arrivare alla macchina. Nick è in piedi ad aspettarci e mi saluta con un gran sorriso.

- Michael?- chiede guardandosi attorno.

- E’ andato un attimo in bagno. Arriva subito.-

Lui annuisce e incrocia le braccia – insomma voi due..- fa, vagamente.

- Cosa?-

- Non l’ho mai visto parlare tanto con qualcuno.- fa con dolcezza – E’ una cosa bella.-

Piego la testa di lato con attenzione – Perlopiù parliamo di scuola- mento – Non ha molti amici vero?-

- Non proprio.- i suoi occhi si fanno per un attimo distanti – E’ sempre stato un ragazzo problematico.-

- Non è così male.- mormoro.

- No, non lo è.- ammette tornando a guardarmi con un espressione dolce – Io so quanto è speciale. Mi fa piacere che qualcun altro se ne stia accorgendo. E’ bello vederlo socializzare.-

Non so cosa pensare, annuisco incapace di fare altro. Salgo in macchina e insieme aspettiamo Mike. Inizia a piovere e il ticchettio della pioggia riempie il silenzio che si è improvvisamente creato.

- Sai..- esordisce Nick tamburellando sul volante – dovresti evitare di provare qualcosa per lui. Te lo dico da amico.-

Lo guardo attraverso lo specchietto retrovisore. La mia curiosità viene stuzzicata.

- In che senso?-

Mi guarda e nei suoi occhi la dolcezza che fin’ora mi ha dimostrato è solo una maschera – Sta con qualcuno.- dice senza preamboli – E’ una cosa che sappiamo in pochi, pare che sia anche una cosa seria.-

C’è qualcosa nella sua voce che mi lascia perplessa. La riconosco con piacevole sorpresa; gelosia.

Sorrido, scoprendo al risposta alla mia domanda principale. Lo ami?

- Non ho quel tipo di intenzioni.- lo rassicuro non riuscendo a smettere di sorridere – Tranquillo.-

- Sono tranquillo.- sbotta piccato, per poi tentare di dissimulare l’espressione in qualcosa di diverso dalla gelosia. Mike entra in quel momento in macchina zuppo come un pulcino e si toglie il cappuccio.

- Andiamo a casa o mi raffredderò!- gracchia tentando di asciugarsi gli occhi con la manica della felpa.

Nick gli sorride e mette in moto e qualcosa dentro di me non può fare a meno di sorridere.
 

 

 

**

 

- Da quando?-

Lui mi guarda di sottecchi e sbuffa – Praticamente da quando ci viene duro. – mormora – Sai… sperimentavamo.-

Ridacchio, alzando un sopracciglio – E quando avete capito che non era esattamente una cosa da fare?-

Mike gira pigramente la pagine della rivista prima di rispondere.

- Abbiamo sempre saputo che non era il caso.- fa tentando il più possibile di non tralasciare espressioni – Ma questo non ci ha mai fermato.-

- E quando hai capito di amarlo nel senso romantico del termine?-

Il modo in cui si irrigidisce mi fa sorridere, i suoi occhi svincolano senza sosta per la stanza prima di posarsi su di me.

- Avevo…- esita – Avevo quindici anni.- si morde un labbro – Il giorno in cui per la prima volta noi – si schiarì la voce -  a-andammo fino in fondo.-

Annuisco, assorta, le sue guance sono velati di un rosso purpureo – Non lasci fare una cosa del genere a qualcuno se non lo ami.- ammette.

Il sorriso che non riesco a smettere di avere deve metterlo a disagio perché lui arrossisce ancora di più e si infiamma – Bhè perché devo parlare solo io? E tu invece? Sei ancora vergine, vero?-

La mia espressione non cambia di una virgola mentre alzò le spalle – Io non sono interessante.-

- Non te la caverai così- ribatte poggiando la rivista e mettendosi comodo sul divano come uno psichiatra farebbe con una sua cliente. Io alzò gli occhi al cielo.

- Sì, lo sono.- ammetto con semplicità.

- Aspetti l’uomo giusto?-

- Nulla del genere.- borbotto – Semplicemente non mi interessa.-

- Il sesso?- ribatte.

- Le relazioni in generale. Non mi interessano.-

- Perché?- c’è genuina curiosità sulla sua faccia, e io mi faccio piccola nella poltrona. Vorrei verla io la rivista ora.

- Perché non lo so, ma l’idea di dover dipendere da qualcun altro…mi fa venire il volta stomaco. Le mie amiche diventano così…stupide quando si innamorano.-

Lui sorrise, divertito – E’ solo che non hai trovato l’uomo giusto. E’ diverso quando sei con l’uomo che ami.-

- Vorrei che la gente smettesse di dirlo.- ribatto, aspra – Ci ho provato e non mi è piaciuto. Mi piace stare da sola, sentirmi libera e felice…-

Aggrottà le sopracciglai – Evidentemente non era il ragazzo giusto.-

Sbuffò sonoramente – Basta parlare di me, sono noiosa.- gli prendo la rivista e quela allungo – Ora raccontami tutto!-

Lui guarda la rivista e poi me – tu non sei normale.- ribatte afferrandola – Chiunque sarebbe scappato.-

- Sono cresciuta a pane e anime. Credimi, trovo più che normali cose assurde.-

- Ma questa è la realtà, non è un cartone animato.-

- Ti prego.- mormorò – Non farti bacchettare da me a chiamarli “cartoni animati” potrei ucciderti nel sonno.-

Lui non resiste e scoppia a ridere. In quel momento la chiave gira nella toppa e poco attimi dopo Nick entra e ci sorprende a ridere insieme. Incrocio il suo sguardo giusto in tempo per notare lampi di gelosia. M’inumidisco le labbra e sbatto una mano sulla gamba per chiudere la questione. Per il momento almeno.

- Vado in camera mia. – esordisco. Mike, che nel frattempo si era girato a salutare suo fratello, si gira verso di me sorpreso.

- Come? Non ceni con noi?-

- Non ho fame e ho da fare molti compiti. Ciao Nick.-

Scavalco il tavolinetto del soggiorno e mi avvio per le scale, quando Nick si frappone.

- Cena con noi, dai.- fa, e non sono sicura se voglia davvero che stia con loro o no.

- Ho anche molti compiti da fare.-

Lui corruga la fronte e aspetto che si tolga, invece mi mette un braccio sulle spalle e mi tira letteralmente in cucina.

- Si segga qui principessa.- esordisce spingendomi sulla sedia  - Stasera cucinare le famose omelette alla Nick.-

Mike entra in cucina con le mani in tasca – Ci sono modi meno dolorosi per uccidersi.- fa, divertito.

- Oh piantala che sono ottime.-

Il sorriso che spunta sulle labbra di Mike è talmente genuino che resto per un attimo a guardarlo rapita, poi guardo Nick che si gira a guardarlo con un luccichio diverso negli occhi.

Mi accorgo che l’atmosfera  è diversa. Loro sono diversi sia tra loro che con me. Fin’ora era sempre stato Nick ad essere alla mano, mentre Mike era taciturno e silenzioso e mi voleva praticamente morta, invece ora sono seduta qui e li guardo scherzare tra loro.

E’ strano. E’ come..fare parte della famiglia in un certo senso. Anche se Nick non ha idea del fatto che io conosca il loro segreto.

- Hai qualche allergia?- mi domanda Nick strappandomi ai miei pensieri, io scuoto la testa e Mike ribatte per me – sono alle relazioni d’amore.-

- Come?-

- Sai che mi ha detto prima?-

-Hey!- ribatto alzandomi in piedi – Si chiamano confidenze per un motivo!-

Scoppia a ridere e mi butta anche lui un braccio attorno alle spalle. Guardò Nick nel panico che si limita ad alzare un sopracciglio.

Non riesco a non lasciarmi trascinare in quella strana, magica, atmosfera.

Forse non è poi così male, avere due fratelli maggiori.

 

**

 

Alzò gli occhi dalle mie unghia e guardo Mike che mi fissa in attesa.

- Cosa vuoi?- faccio tornando alle unghia. Il pennello trema sull’alluce.

- Voglio sapere che ne pensi.- dice, diretto. Alzò un sopracciglio e lascio che il pennello passi il più delicatamente possibile sull’alluce.

- che ne penso di cosa?-

- lo sai.-

- Dovrei pensarne qualcosa?-

Stringe le labbra, non lo vedo, ma lo so – Chiunque lo farebbe.-

- Ho sempre avuto il pregio di chiamarmi Hanna e non chiunque. Ci pensi a qualcuno con un nome del genre?-

- Hanna!-

- Sì esatto è quello il mio nome.- ribatto intigendo il pennello nella boccetta di smalto, tolgo l’eccesso con il bordo, poi mi avvicino al prossimo dito.

- Posssibile chet u non ne sia…- eista – scandalizzata? Che non abbia davvero intenzione di dirlo a nessuno?-

Predo un respiro. Lo prendo perché mi sto innervosendo e se mi innervosismo non riesco a fare un buon lavoro con le unghia. Se non soddisfo la sua curiosità di certo non ci riuscirò. Finisco l’unghia e rimetto il pennello al posto nella boccetta. La appoggio sul tavolino e drizzo la schiena.

- Ascolta..- annuncio cercando di mettere in ordine le parole nella mia testa ed essere il più chiara possibile – Non mi interessa assolutamente nulla di tutto questo, non sono affari miei e non ne voglio sapere nulla.- un pensiero si insinua nella mia mente e, come al solito, il frltro della mia mente non riesce a tacerlo – Se sei così preoccupato di cosa pensa la gente chiediti prima cosa pensi tu. Se a me non da nessun problema e tu insisti tanto forse è perché vuoi setnirti dire che sbagli, che sei un mostro. E se vuoi sentirtlo dire è perché sei tu stesso prima a pensarlo. Correggimi se sbaglio.-

I suoi occhi neri si spalacano ad una verità che non si sarebbe aspettato, schiuse le labbra per poi rerrarle – N-non è così.- ribatte con voce flebile –Io  non penso che…-

Qualcuno mi fermi – Non mi avresti stressata in questo mdo allora.- ribatto alzando un dito appena laccato verso di lui – Volevi la versione crudele, perché la pensi, ma non hai il coraggio di ammetterla a te stesso, Va bene, ti accontenterò “siete due mostri, non avrete mai una vita, siete malati” va bene così?- sorrise amaramente – E ora puoi anche andare.-

Lui abbassa gli occhi, pallido in volto, non si muove.

Qualcosa si smuove dentro di me, come un moto di solidarietà. Ho esagerato, esagero sempre nel dire le cose alle persone.

Cerco di pensare ad un modo di rimediare. Di solito mi riesce bene - Senti, dimmi una cosa.- esordisco – lui ti costringe?  Ti senti oppresso? –

- No, certo che no.- ribatte con fare sincero – Non lo farebbe mai.-

- E ti piace quando lo fare?-

Rieco quasi a vedre le sue guance arrossire anche se abbassa il viso – Sì.- pigola piano.

- E lo ami?-

Il rossore si accentua e i suoi occhi diventano lucidi. Non riesco a scacciare dalla mia mente l’idea che sia maledettamente carino.

- Sì.- ammette piano – Potrei anche avere una ragazza…o un ragazzo un giorno, ma non amerò mai nessuno come amo lui.-

- Quanto sei sicuro che lui ti ami?- ribatto allora. I suoi occhi diventano duri di colpo come se lo avessi ferito ancora.

- Non ne abbiamo mai parlato.- ammette tormentandosi la mano a disagio – non…non abbiamo mai parlato di nulla. Di noi. Di cosa proviamo d’avvero e lui…- esita – lui esce con tutte quelle ragazze e…- si toglie nervosamente la fragia dal viso – Temo che sappia cosa provo e che stia con me solo perché mi vuole bene, senza amarmi.- mormora quasi sottovoce.

Sobalziamo entrambi quando Nick entra dalla porta scuro in volto. Guarda prima Mike poi me.

- E’ questo quello che pensi?!- ringhia. Ha sentito tutto, e lo sa anche Mike che mi guarda nel panico.

- Non è…- tenta di ribattere, ma Nick lo blocca con una mano.

- Pensi che esca con quelle ragazze perché mi piace?!- quasi urla – Ma ti ha dato di volta il cervello?-

- Ma…- tenta di ribattere lui, ma Nick lo fulmina con lo sguardo e poi fulmina me. Ho quasi paura mentre si inica il dito addosso come se potesse ordinare ad una saetta di incenerirmi.

- e tu..! Tu! Sputi sentenze senza sapere nulla, nulla di quello che proviamo!  Che vuoi? Chi sei? Chi cazzo ti ha mai interpellato?-

Indicò Mike anche se era una domanda retorica – Io non volevo..-

- Zitta!- ringhia, poi tante di calmarsi. Guarda verso Mike con un cipiglio preoccupato.

- Mike, ascolta…- fa cercando di misurare le parole – Esco con loro perché sono terrorizzato all’idea che ciscopriano – guarda verso di me, e mi sento fulminata anche senza lampo – E ci separino.-

Mike mi guarda e poi guarda lui – Mi ami?- pigola.

Lui alza gli occhi al cielo come se fosse la domanda più idiota del mondo – Non vivrei nel terrore ogni giorno se non fosse così.-

Mike si alza in piedi e due secondi dopo i miei fratellastri hanno el albbra incollate tra loro. Cerco di distogliere l sguardo, ma mi ritrovo stranamente calamitata da qualla vista. Quando si staccano abbasso gli occhi sulla boccetta di smalto, lo prendo e mi alzo. Ormai le unghia dovrebbeo essere asciugate.

- Vado in camera mia.- mormoro piano, sperando che siano così presi dal guardarsi negli occhi da non notarmi – ci ehm..c vediamo domani.-

Sento Mike esclamare qualcosa, ma lo ignoro, salgo le scale e mi rintano in camera mia.

Probabilmetne stanotte la passeranno a giocare al dottore, dovrò finire di farmi le unghia sapendo che alla fine del corridoio si sta consumando un amore tormentato.

 

**

 

Quella mattina mi alz presto ed esco di cassa prima di loro sia per evitarli, sia perché ho un incontro con il club. Fa così freddo che le mie guence e il mio naso si congelano all’osante in cui io esco. Arrivare a scuola è come sopravvivere ad una tormenta di neve.

Il club di fumetti è al terzo piano, il piano che nessuno visita mai dove ci sono aule buole. Si dice che giri anche un fantasma ma sono dicerie, anche se mi ha fatto una brutta impressione sia dalla prima volta che ci ho messo piede.

Nell’aula i riscaldamente sono già accesi, quindi mi permetto di toglermi il capplitto lasciando imi però addosso al sciarpa.  Metto sul banco tuto l’occorrente e inizio a disegnare anche se i guanti me lo rendono quasi impossibile.

Non passa molto prima che qualcuno entri in stanza, quando alzò gli occhi per vedere chi è il mio cuuore da un salto fino alla gola giusto per torturarmi. Nick è sulla porta, nulla dello sguadrdo furente della sera prima, ma una luce decisamente nuova negli occhi.

Setno lo stomaco contrarsi rendendomi conto quando il fatto ce cel’abbia con me mi dia fastidio. On solo perhcè non centro nulla, ma anche perché lui era l’unico che mi sorrideva in quella casa e che era gentile. Abbasso gli occhi sulla tavola per nascondergli la mia tristezza.

- che ci fa qui?-

- sei uscita presto oggi.-

- Avevamo un incontro per il club. Stiamo organizzando di fare un fumetto da vendere e così..-taccio perché lui si è seduto vicno a me.

- Mi dispiace.- sussurra piano.

Sento il peso sul petto alleggerirsi un poco, prima di girarmi.

- Come?-

- Hai sentito.-

Sorrido appena – E di cosa ti scusi?-

Lui si gratta la testa distrattamente – forse ho esagerato a prendermala con te. Abbiamo parlato, forse per la prima volta nella nostra vita e abbiamo chiarito un po’ di cose.-

Puoi dirlo forte – A-ah. E quindi?-

- Quindi mi dispiace.-

Sorrido poggiando il pennino e fregandomi le mani tra loro per riscaldarle – questa è la situazione.- esordisco chiara – Non ho intenzione di dirlo a nessuno, non ho intenzione di rovinarvi la vita, né di cambiarvela. Dobbiamo solo trovare un accordo.-

- Che tipo di accordo?-

- Niente sesso in piscina. Mi piacerebbe tuffarmi senza il pensiero che sia piena di schifezze varie.-

Lui alza un sopracciglio e non può fare a meno di sorridere – Ci possiamo provare.-

- Né in cucina. O in salotto. Insomma in posti dove potrei scoprirvi.-

- Fai prima a dirci dove possiamo farlo.-

- Nel vostro letto, nel vostro bagno e nel garage..se avere il coraggio. E’ sudicio.-

Stavolta ride e non posso fare a meno di senrirmi meglio – A parte questo..dateci pure dentro come conigli.-

Lui fa scemare la risata e mi guarda con occhi divertiti e dolci – Come fai ad essere così?-  ribatte.

- Così come?-

- nessuo l’avrebbe accettato. Nessuno. –

M’inumidisco le labbra – Ho pensato di ricattarvi per avere l’ultima fetta di dolce, ma è finita prima che potessi farlo. Sarà per la prossima torta.-

Non ride, ma accentua il suo sorriso – C’è qualcosa di speciae in te.- ammette, poi si alza e mi scompiglia i capelli.

- Vuoi un passaggio per tornare a casa?-

Io guardo il disegno – I rallenty boy che danno un passaggio a la ragazza nuova? Era questo il tuo piano per uccidermi fin dall’inizio vero?-

Lui ridacchia e la sua mano scivolava lungo la mia guacia in un gesto trppo intimo perché mi senta a mio agio.

- Ci vediamo alla macchina.-

Va via com’è arrivato, quasi fosse lui il fantasma del terzo piano.

 

***

 

 

 

 

Suonano alla porta e io mi guardo un ultima volta allo specchio. Accettare di uscire con Adam è stato qualcosa avvenuto di impulso, qualcosa di assolutamente sbagliato. Se provasse ad avvicinarsi per baciarmi probabilmente svilupperei del polmoni di Drago e lo infuocherei. Se solo i miei fratellastri non mi avessero rotto le scatole con questa storia che dovrei aprirmi alle relazioni non avrei mai accettato.

Appena esco dalla mia stanza mike appare dietro la porta con un ombra. Il suo viso scuro mi trafigge.

- Sei sicura?- mi fa.

- Esco per un uscita, mica vado a uccidere qualcuno!- sbotto schivandolo. Lui mi insegue.

- Stai bene vestitia così.- fa.

- Grazie.-

- Però non dovresti uscire con lui.- continua. Mi fermo e mi giro la mia protesta cessata dietro un cipiglio perplesso.

- Decidetevi. Devo uscire con qualcuno o no.-

Lui stringe le labbra con disappunto – Se fosse per noi…- lascia la frase a metà perché dalle scale appare Nick.

- Principessa, c’è il ranocchio alla porta.-

Alzò gli occhi al cielo – Se non sapessi la verità direi che siete gelosi marci.- sbottò – Sul serio, ci manca poco che mi pedinate.-

- ah non possiamo?- sbotta Nick sfoggiando un sorriso mordace, seppur con sfumature serie, come se lo ponderasse. Sospirò e li guardo.

- Sentite, mi divertiro, voi…- li indico a turno – pomiciate, scopare, fte quel che cavolo vi pare. Godetevi una serata libera da me! Non dovreste essere così stressati.-

Prima che potessero ribattere alcunché mi avvio alla porta. Adam è sulla porta, un singolo fiore in mano e in sorriso gentile sul viso. Vestito di jeans e camicia simil elegante cozza un po’ con il mio vestito estivo e più casual, ma nell’insieme non dovrebbe sembrare acqua e olio. Gli sorrido e afferrò il fuore.

- Andiamo via, prima che ti facciano il terzo grado!-

Lui annuisce e mi scorta fino alla macchina. I gemelli si mettono sulla porta e mi salutano in modo poco amichevole.Ricambio il saluto e inidico a Adam di partire.

Una volta soli Adam tenta di attaccare bottone chiedendomi cose a caso come “hai fatto i compiti?” oppure “Dove ti piacerebbe cenare?” “Ti piace la pizza?”, dopo aver risposto a monosillabi mi sfozo di imbastire più che posso una conversazione.

- Certo che i tuoi fratelli sono molto protettivi.- ribatte ad un certo punto una volta parcheggiato al drav in – Ho quasi paura a trovarmeli davanti pronti a farmi la festa.- sorrise, per nulla intimorito quando dice. Io ricambio la smorfia – Sei la sorellina più piccola, infondo, anche io lo sarei con la mia.-

Ridacchiò a disagio – Già se conti che ci conosciamo da poco tempo e che sono miei fratellastri la cosa si complica.-

- Di padre o di madre?-

M’inumidisco le labbra – Non te l’hanno detto? Eppure è stata la notizia del mese. Mia madre ha sposato loro padre. Siamo una famiglia allargata.-

Adam aggrotta la fronte – Quindi non avete legami di sangue.-

- già. Ma abbiamo un bel rapporto, a volte mi snto quasi la loro sorellina.-

Lui alza un sopracciglio – Bhè non credo che per loro tu sia una sorellina – ribatte serio – anzi credo che provino qualcosa per te.-

Scoppio a ridere talmente forte che nell’altra macchina smettono di baciarsi per guardarci male.le lacrime si fermano vicino al naso mentre cerco di tornare seria.

- Non…- ridacchio – Credmimi ..no. Non è così.-

- a me è sembrato..- mi guarda male perché non riesco ad essere seria – Cioè sarebbe stato strano perfino se fossi davvero loro sorella.-

Adam nn ha idea di quanto sia strano tutto. La cosa mi fa ridere ancora di più. Mezz’ora dopo riesco a riprendere a respirare e guardo Adam.

- No. Ti assicuro che non provano nulla per me.- e mi pare veramente un idiozia perfino doverlo specificare – Tutt’alpiù perché hanno già qualcuno e l’amano veramente tanto.-

Lui alza un sopracciglio – non sapevo avessero la ragazza.-

Non ridere, non ridere, non ridere. Mi ripeto come una nenia, annuisco e inizio finalmente a guardare il film. Lui tenta di prendermi la mano e quando ho l’impulso di toglierla via, mi impongo di non farlo.

Dovrà pur esserci qualcosa nello stare con qualcuno che non capisco.

Quando le nostre dita si intrecciano sento quel contatto come un peso. Guardo il film per evitare ulteriori contatti e penso ai miei fratellastri soli a casa a giocare al dottore in svariate posizioni. Mi giro solo un seconvo verso Adam per commetanre una scena del gfilm quando lui mi bacia. Non è un bacio irriento, è docile quasi come se testasse le mia labbra per vedere se scottano. Trattengo ilrespiro qualceh attimo, avvertendo un vuoto allo stomaco Chiudo gli occhi e tento di ricambiare qeul contatto e quando prendo la mano e il bacio si approfondisce un po’ sento un moto di orgoglio. Non è un bacio come quelli che si scambiano loro, sensuali e lenti, ma….

Oddio.

Immagini indistinte di loro che si baciano mi affollano la mente e, traditrice anche il ricordo di quell’unica volta che li ho visti fare altro. Trattengo il respiro quando mi rendo conto di aver fatto volare troppo la mia fantasia. Mi stacco dal bacio avvertendo le guance calde e gli occhi lucidi. Il mio corpo è in prefa al calore.

Adam sorride, pensando erroneamente di vedermi coinvolta per lui. Riprende a baciarmi, ma qualcosa è diverso ora. Rispondo come posso, desiderando solo essere altrove, essere nascosta i n un buco dimenticato setendomi sporca solo al pensiero di sentirmi accaldata all’idea del miei fratellastri insieme.

Quando Adam poggia la mano sulla mia coscia tutto in me scatta e mi allontano da lui in un attimo. Credo di guardarlo con occhi da cerbiatto spaventato perché alza le mani in segno di resa.

- Forse ho esagerato.- concede – Scusa.-

Io provò a dire qualcosa, ma non mi esce che un balbettio indistinto, serrò le labbra solo per non rendermi ulteriormente ridicola.

Due colpi fanno sobbalzare entrambi. Mi giro con il cuore in gola, segretamente ringraziando chiunque ci abbia interrotti. Adam impreca sottovoce non appena vede Nick con le braccia conserte davatni al finestrino. Dalla mia parte invece c’è Mike appoggiato di fianco con nonchalance.

- Tempo scaduto.- fa Nick non appena Adam abbassa il finestrino – E’ successa un emergenza e la principessa deve tornare a casa.-

- Cosa è successo?-

- Affari di famiglia.- mi fa fulminandomi con lo sguardo – Scenti, ti portiamo a casa.-

- Non può aspettare un po’? La porto a casa presto.- fa Adam non troppo convinto. Mike apre il portello dalla mia parte e mi intima di scendere. Sembra arrabbiato e io saluto brevemente Adam con il cuore che mi matella nel petto. Cosa può essere successo?

I tacchi alti sull’erba sono un po’ malfermi, per questo mi devo aggrappare a Mike per arrivare fino alla macchina. Una vlta sull’asfalto mi giro verso i miei fratellastri con un cipiglio nervoso.

- E’ successo davvero qualcosa?- domando, indispettita.

Nick alza le spalle e mi apre la porta – Sì, è successo.-

- E cosa?- ribatto salendo. Mike entra dietro.

- Abbiamo parlato.-

- Solo?- ribatto acidamente.

Nick alza gli occhi al cielo. Sale in macchina e chiude la portiera sbattendola. Restiamo un attimo in silenzio.

- Allora?- sbottò – Cosa è sucesso di tanto grave? Mamma sta bene?-

- Si.-

- George?-

- Pure.-

- stanno ancora insieme?-

Entrambi mi fulminano con lo sguardo.

- Ci mancherebbe.- mormora Nick. Io prendo un profondo respiro.

- E quindi?- riprendo – Qual è la grande emergenza?-

Senza dire nulla Nick mette in moto e partiamo. Metto la cintura mentre il drav in si allontana dalla mia visutale.

Il silenzio è quasi opprimente mentre il ricordo di aver avuto una certa emozione a ricordarlo insieme mi torna, traditore.

- Sembrate gelosi.- tento di scherzare – Sapete che Adam è convinto che proviate qualcosa per me?-

Nick s’irrigidisce tanto che al semaforo non si ferma, ma inchioda. La strada è deserta, quindi nessuno suon quando scatta il verde e Nick non parte.

Guardo adam nello specchietto retrovisore e mi giro confusa.

- Si può sapere che vi prende?-

Nick mette la freccia accosta. Spegne la macchina.

- Siamo gelosi.- annuncia, serio.

Aggrotto le sopracciglia e mi giro verso Mike che si limita a guardarmi.

Non capisco. Mi gratto distrattamente un braccio.

- Credevo che voi voleste vedermi con qualcuno.- ribatto – Cioè..che provassi ad aprirmi e cose così.-

Nick si gira e mi guarda con un espressione comprensiva, come se non avessi capito niente.

- Sei sveglia per tutto ciò che non riguarda te vero?-

- Non è che non sono…- ribatto piccata –Per altre persone razionalizzerei il vostro comportamento, ma voi…voi siete troppo strani.-

Mike quasi scoppia a ridere – Si bhe non è una novità.-

- Sentite parlate chiaro. Odio queste cose.-

Nick e Mike si guardano per un secondo quasi a convincersi, tre secondi dopo mi si avvicina.

Lo fa così velocemente che non ho il tempo di ribattere, non riesco nemmeno a sentire le sue labbra premere sulle mie, ciò che sento è solo il movimento. Il colore umido di quelle labbra che si muovono sulle mie mi fa cadere come a mille metri di altezza e il cuore sembra voglia scoppiarmi nel petto. Mi discosto velocemente solo perché sono disorientata da ciò che provo. Nick mi guarda come se l’avessi appena ferito e non posso fare a meno di sentire completamente il tilt.

Nick mi ha appena baciata.

Schiudo le labbra senza poter dire nulla, senza poter nemmeno pensare. Troppe domande si affollano nella mia testa: non si amano più? Che centro io? Cosa significa? Perché l’ha fatto?!

Tutta cadute nel silenzio. Nick sembra soddisfatto del mio tacere perché mette in moto e riparte.

Lungo il viaggio non so cosa dire, non so nemmeno cosa pensare, né a razionalizzare tutto come mio solito.

Scendo dalla macchina con passo mal fermo, ma riesco a entrare senza problemi. Prima che la porta sia chiusa, Mike mi si para davanti come ad impedirmi di scappare.

- Che vi prende?- non posso fare a meno di ribattere – Vi comportate in modo strano.-

Mike mi sorrise e mi accarezza una guancia e io sono troppo confusa per protestare. So che sta per baciarmi, lo so, ma non riesco a smettere di perdermi in quegli occhi color carbone.

Quando le labbra si uniscono trattengo il respiro.

Sento le mani di Nick suoi miei fianchi e un bacio docile sul collo.

Tutto il mio corpo reagisce traditore, lo sento tentare di tenersi con ogni molecola a cercare più contatto, a cercare una soddisfazione ad una smania che non conoscevo prima di quel momento.

Mike muove le labbra con più energia e mi ritrovo a rispondere quasi senza rendermene conto, da qualche parte lontana nel mio cervello continuo a sentire un campanello di allarme, ma è troppo lontano e troppo silenzioso. Prima ancora che me ne renda effettivamente conto le mia braccia sono aggrappate e lui e il bacio diventa un umido e sensuale. Sento le mani di nick scivolarmi lungo il corpo, sule grembo e poi a salire. È quando mi sfiorano i seni. Mi stacco da Mike, boccheggiando, imbarazzata. Aprì gli occhi e mi rendo conto di ciò che sta accadendo, di cosa sto facendo e di cosa stanno facendo loro. Eppure non voglio fermarli, tutto dentro di me non vuole che si fermino.

La mano di nicolas mi arpiona di capelli, mi costringe a girarmi e mi ritrovo nuovamente affogata tra le sue labbra, scossa e boccheggiante. Sento nuovamente il mio seno sfiorato, il collo baciato, il corpo completamente a fuoco.

Ho paura. Voglio scappare.

Mi piace. Voglio restare.

E’ confuso.

E’ coinvolgente.

Squilla il telefono in quel momento e sobbalziamo tutti e tre come se quel trillo fosse un terremoto. Ritorn alla realtà, alla vergogna e alla consapevolezza.

Cielo, cosa avrei fatto se avessimo continuato? Come diavolo sono finita in questa situazione?

Mike mi sorride prima di andare via per rispondere, Nik fa scivolarle braccia in modo da stringermi. Stringermi, come se fossi la sua ragazza.

Ecc o cosa sta succedendo, ecco il loro comportamento.

Sono…la loro ragazza?

- e’ tardi meglio che vada di sopra e..-

- Vuoi dormire con noi?- da Nick al mio orecchio con voce bassa e rauca.

- No!- scattò disarmata, mi sciolgo dall’abbraccio e mi allontano – Ehm... no, grazie… domani devo..devo svegliarmi persto quini…-

Scappo via senza che possa ribattere nulla. Mi chiuso a chiave in stanza come se il mondo fuori potesse essere un pericolo per la mia incolumità. Almeno la stanza alla fine del corridoio.

Affondo la testa nel cuscino incapace di concepire cosa è successo, con le guance in fiamme e il corpo completamente teso.

 

 

**

E’ notte e il mio cuore non riesce a smettere di battere. Sono troppo confusa, troppo in ansia.

Mi sono ritrovata coinvolta in qualcosa che va oltre la mia comprensione e mi sono ritrovata in mezzo a due persone che non hanno limiti.

Esco dalla mia stanza per bere un bicchiere d’acqua. Mentre lascio che il liquido freddo scivoli lungo la mia gola i miei pensieri continuano a sfiorare le sensazioni che prima mi hanno soggiogata.

Se quel cellulare non avesse squillato, mi sarei ritrovata al centro di un uragano?

E’ davvero quello che voglio?
La notte passa senza che chiudo oddio, nel mio cuore i battiti forsennati ancora persistono. Quando li vedo entrare in cucina però si ferma, il che è ancora peggio.

Con una tranquillità assolita mi salutano, poi mi aiutano a preparare la colazione. Restò nel centro, mentre ci coordiniamo a sistemare le cose in tavola.

Si baciano, leggermente, come una coppia sposata, e non faccio in tempo a sorridere che mi ritrovo baciata. Come se fossi loro.

- Smettetela.- sussurrò, un po’ esasperata.

Loro fanno finta di non sentirmi mentre si mettono seduti, mi riempiono il bicchiere, mi sorrisono.

- Dormito bene?- domandò Nick, mentre scorre la home di face book.

Come se avesse potuto mai farlo.

- Non ho chiuso oggi.-

- Hai pensato a noi?- cnguettò Adam, con uno sguardo malizioso. Il suo sorriso ha un che di diabolico mentre si allarga.

Prendo un profondo respiro e bevo un sorso di latte caldo prima di dire – Questa storia deve finire.-

Due paia di occhi si spontano su di me, mi inchiodano.

- Tu ci vuoi?-

La risposta mi viene spontaneamente. Impanico, repsiro.

- Sì… ma non così. Dovete andarci più piano con me.-

Annuiscono come se lo sarebbero aspettato.

E così, davanti alla colazione. Ci mettemmo insieme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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