Stanza con vista
Apr. 2nd, 2019 09:41 pmStanza con vista
Harry si stiracchiò bene accompagnando il gesto con uno bello sbadiglio.
- Stanco?- domandò un suo collega appena uscito dalla doccia.
Il golden boy iniziò a sbottonarsi la camicia – Il problema di avere due lavori. Ora prendo un bel caffè e mi riprendo.-
- Forza, stenditi, il resto lascialo a loro.-
Harry tirò le labbra in un sorrido divertito e annuì, poi fece scivolare via la sua camicia.
Era ormai un mese che aveva trovato quel nuovo, inusuale, lavoro. Almeno lo spacciava per tale; non capitava tutti i giorni di essere pagati per una cosa che avrebbe fatto volentieri anche gratis.
Una volta completamente nudo, entrò nella sua camera e osservò il lettino che attraversava la parete salutandolo come un vecchio amico.
In che modo mi metto? Pensò vagamente mentre attraversava la stanza.
Beh, era così stanco che se si stendeva sulla schiena, probabilmente di sarebbe addormentato in un attimo. Così salì sul lettino e si immerse fino alla vita nel buco della parete. Poi si girò su sé stesso e si appoggiò sui gomiti.
Un ultimo aggiustamento, ed era pronto.
Dall’altra parte di quel muro, le sue gambe divaricate reggevano il bacino esposto e il suo corpo piegato a novanta.
Harry fece scivolare una mano lungo il corpo, e si concesse qualche carezza per diventare duro: era importante che lo fosse per i suoi clienti, a loro piaceva l’idea di fottersi un ragazzo eccitato, che quello che facevano non era mero pagare per del sesso, ma una perversione condivisa.
Sentì la porta cigolare, il nuovo cliente era arrivato.
Sperò che fosse uno bravo.
**
- Sei stato prenotato.- lo infirmò il suo capo un pomeriggio con un espressione divertita – Per tutto il giorno.-
- In che senso “tutto il giorno”?- replicò mettendo giù la borsa – Quale dei miei clienti fissi?-
- No, è la prima volta che viene qui.- replicò il capo – Ma è pieno di soldi e vuole divertirsi, chi siamo noi per impedirglielo?-
Harry sentì la morsa del sospetto agguantargli la bocca dello stomaco - …e ha chiesto di me specificatamente?-
Che il suo segreto fosse stato scoperto? Solo il pensiero…
- No, no.- si affrettò a replicare il capo – Ma ho pensato che rispetto a gli altri che sono qui più per necessità che altro, tu fossi più propenso ad un ingaggio così… duraturo. Se ho fatto male posso chiedere a Steve o Jimmy.-
Duraturo…
Messa da parte la paura di esser scoperto si fece strada in lui l’idea di passare davvero ore e ore con qualcuno dentro di sé. Sentì il proprio sesso tirare solo al pensiero.
- No, vado io.- sorrise – Speriamo solo sia bravo.-
Il capo quindi gli indicò la stanza che aveva adibito. Harry si infilò nel buco nel muro e si mise disteso sulla schiena, conscio che se doveva essere fottuto per ore meglio farlo mentre era comodo.
- Alza le gambe.- disse il suo capo. Harry fece un lavoro di addominali e le alzò così che il capo potesse legargli le caviglie in alto così.
Così, era perfettamente appeso al muro.
- Stai comodo?- domandò il capo – Se vuoi cambiare posizione…-
- Sì, lo so. Tranquillo.-
Disteso, completamente nudo, con una parte del corpo da una parte della parete e l’altra in una stanza differente, Harry iniziò a pensare alle scelte della sua vita. Peccato che il sesso fosse così bello. Era quello il vero problema.
Ovvio c’erano clienti che erano impediti, altri molto timidi che potevano farlo solo con anonimi corpi che spuntavano da pareti, altri ancora erano solo particolarmente perversi. Una volta gli era capitato un addio al celibato, tutti tranne il festeggiato lo avevano usato. Era stato lui il vero festeggiato a quella festa.
Era venuto a patto con i suoi istinti ormai da tempo, e quel lavoro glieli aveva solo intensificati.
In tutta sincerità, non era sicuro che sarebbe riuscito a avere un ragazzo nemmeno volendo. Dubitava di essere in grado di accontentarsi di un solo uomo. Sarebbe dovuto essere un dio del sesso, e insaziabile, come lui.
Il cliente sarebbe entrato da un momento all’altro quindi pensò fosse il caso di iniziare a toccarsi così da farsi trovare eretto, ma prima ancora di poterlo fare sentì la porta aprirsi.
Poco male, pensò, non era necessario essere già duri, era solo un piccolo regalino che si impegnava a consegnare ai clienti.
Non potendo vedere oltre il muro, aveva imparato a usare tutti gli altri sensi. Cercò di concentrarsi sui rumori, sentì suoni di stoffa, ma non di quelle che copriva la pelle. Sembrava star solo togliendosi il cappotto, poi lo sent appggiare qualcosa per terra, infine lo sentì fermarsi.
Per oltre trenta secondi alcun rumore provenne dall’altra parte del muro, poi sentì un lieve, piccolo tocco, sulla caviglia.
Gli piacevano i piedi? Una volta un cliente lo aveva scopato mentre gli leccava le dita. Era stato stranamente erotico.
Tuttavia il polpastrello incriminato, iniziò a scendere lungo il polpaccio, poi la coscia, come se testasse i muscoli tesi.
Arrivato all’interno della coscia, la avvolse con le dita e Harry riuscì ad avere una chiara prospettiva su quanto fosse grande la sua mano. Non era molto grande, ma era decisamente forte e sicura di sé.
Il pollice si poggiò con delicatezza sulla base del suo sesso, come se testasse la congiunzione tra esso e i testicoli. Lentamente spinse il pollice lungo la lunghezza ma non abbastanza da fare una qualche pressione, come se testasse il piccolo membro rilassato.
Di solito, complice il poco tempo e l’essere già duro, a quell’ora si sarebbe ritrovato perlomeno scopato da dita, ma dal momento che aveva prenotato per tutta la giornata, era anche ovvio che chiunque fosse oltre il muro voleva godersi in giro.
Sentì delle labbra premersi gentilmente tra il polpaccio e la tibia, poi un guizzo di lingue che attirò ogni suo senso. Fu strano che fosse solo quel docile e caldo tocco e attirarli, nonostante il pollice continuasse ad applicare una piccola pressione sul suo sesso.
E, mentre i sensi di Harry erano concentrati su quel nuovo calore, il pollice tornò a applicare una dosata pressione lungo la lunghezza del sesso.
Un brivido vibrò sotto la sua pelle, non importante come un orgasmo, ma quanto bastava per fargli trattenere il respiro. Fu strano, sentirsi così.
Ancora le labbra, un po’ più giù, nuovamente tutta la sua attenzione fu concentrata su di loro. Un altro bacio, più giù ancora, poi un altro più in sempre più in basso. L’aspettativa iniziò a farsi strada in lui, la sua immaginazione creò la voglia di essere succhiato, aspettò, con ansia, ma tutto ciò che ottenne fu che il suo cliente si allontanasse da lui.
Un senso nuovo di fastidio si affacciò nella sua testa. Prese un profondo respiro cercando di calcolare le sue reazioni.
Quando il cliente riprese a toccarlo, le sue mani dalle dita lunghe e calde gli afferrarono le cosce e gliele strinsero con la giusta pressione per farlo sentire dominato ma non minacciato. Quando sentì il respiro, sui suoi testicoli, bastò quello: sentì l’aspettativa diventare eccitazione e finalmente sentì il sesso indurirsi.
Forse era un vergine, pensò mentre aspettava, qualcuno che era sempre stato attratto dagli uomini ma che non aveva mai visto un’erezione diversa dalla propria. Il solo pensiero, lo rese un po’ più intenerito nei suoi confronti. Attese, paziente, ogni minima mossa. Quando le labbra lo toccarono, si aspettava di sentirle sulla sua nascente erezione, ma invece si posarono sull’inguine. Era come se cercasse di torturargli ogni cosa che circondava la meta, ma senza puntare all’obbiettivo. Le dita scivolarono sulle sue manitche e con il pollice le tirò. Non era per vedere meglio, come facevano molti, perché il suo viso era affondato sulla sua pancia, ma per torturarlo. Sentì il suo ano contrarsi, con un insolita aspettativa.
Un gemito proruppe dalla sua gola, leggero, e frustrante. Si ritrovò completamente duro, senza essere stato quasi nemmeno toccato.
Pensò finalmente che accettare quel lavoro era stato un errore: quella persone non aveva alcuna intenzione di passare quelle ore a fargli vedere il paradiso, ma a torturarlo.
Era così frustrato, i suoi sensi erano così distratti dalla lingua calda per giocava con l’ombelico, che non si rese conto del pollice tornare prepotentenemente sui testicoli con una deliziosa pressione.
Si ritrovò a inarcare la schiena, senza rendersene nemmeno conto. Si ritrovò a smaniare, volendo di più. Si addentò un labbro, fustrato dal fatto che il clinente si ritrovò a tirare le labbra sulla sua pelle, riuscì a figurarsi il sorriso, come un impronta digitare.
Stava giocando. Non era un verginello alla prima scopata, era ovvio.
Decise di calmarsi, non era un novellino nemmeno lui. Se voleva giocare,g lielo avrebbe lasciato fare, del resto era lì esattamente per quello.
Quando la punta della lingua si posò sulla base del suo sesso eretto, assieme alla pressione che ancora uno dei pollici aveva sul centro dei testicoli, Harry si ritrovò avvolto nella frustrazione più totale.
Marlino, voleva che quella bocca lo succhiasse, che quelle dita lo toccassero.
Lo voleva … e lo voleva ora!
Ottenne ciò che voleva.
Fu come essere stati sulla lunga salita delle montagne russe, era arrivato in cima, e ora si precipitava.
La bocca del suo cliente, iniziò a divorare la sua erezione con una nuova avidità, come se avesse preparato un piatto con pazienza e ora fosse arrivato il momento di mangiarla.
D’un tratto, Harry si ritrovò invaso da ogni sorta di stimolo, si ritrovò precipitare nelle montagne russe, tra giri della morte e curve e rovesci e si ritrovò completamtne assoggettato al piacere che il cliente riusciva a dargli.
Venne con un impeto che non provava da tempo, con gli occhi serrati, un gemito che gli esplodeva dal diaframma e il piacere che annullava ogni altro senso.
Si ritrovò così, arreso alla gravità, rilassato sul lettino, con le gambe appese solo grazie ai ganci. Il mondo era un bellissimo posto in cui godere.
Lentamente ma inesorabilmente la realizzazione di essere venuto con così poco preavviso e resistenza si fece strada in lui. Osservò il muro, tentando di figurarsi la faccia dell’uomo che strava distruggendo la sua professionalità nel vano tentativo di capire se era deluso o contento della sua prestazione.
Dal modo in cui iniziò a accarezzarlo, permettendogli di sentire fino all’ultimo spasmo di piacere, sembrava contento.
Con il cuore che ancora batteva e il recente orgasmo, le sue gambe iniziavano a formicolare per la posizione.
Lo sentì allontanarsi da lui, ebbe un momento di smarrimento. Quando tornò sentì un insolito freddo lungo le gambe e ci mise un secondo a realizzare che era un liquido, qualcosa che veniva spalmato suoi polpacci.
Avvertì la magia dare sollievo alle sue gambe e capì senza ombra di dubbio che chiunque fosse dall’altra parte del muro era un mago.
Impanicò per un momento, mentre le mani del cliente aiutavano il formicolio e la stanchezza della posizione con un breve massaggio lungo le gambe, ma poi ricordò che sarebbe potuto essere chiunque lì ora, che forse quel nuovo cliente poteva essere solo un nuovo cliente in quel particolare negozio, ma abitué in altri e consapevole di cosa significava una prenotazione così a lungo termine per quelli come lui.
Mise da parte il panico, per concentrarsi sulla premura e si rese conto che quel mago oltre il muro, era lì per scoparsi Harry James Potter, una cosa che per molti sarebbe stato un vero e proprio onore, per altri una vera e propria vendetta. In ogni caso, pensò mentre si ritrovava a sorridere, chiunque fosse oltre quel muro, se avesse saputo di chi era il cazzo che aveva appena succhiato, lo immaginava avere un attacco di panico.
Fu divertente e, con le gambe rinfrescate dall’incantesimo, aspettò il resto con una nuova trepidazione.
Con le mani, ancora coperte dei quel gel rinfrescante magico, il cliente tornò a accarezzare il sesso ancora un po’ indurito nonostante l’orgasmo. L’incantesimo si insinuò nella pelle ancora tesa, come una pozione lenitica su una scottatura. Fu come se la stanchezza dell’orgasmo scivolasse via, e si sentì pronto a tornare duro in un attimo, se solo il cliente lo avesse desiderato.
Lo sentì muoversi, sentì della stoffa, poi sentì una spugna scivolare sulla pancia, pulendolo dal proprio seme.
Era decisamente un abitué, pensò mentre cercava di mettersi comodo sul lettino, cambiando un poco posizione, e di quelli puliti. C’erano anche clienti a cui piaceva venire addosso e dentro, senza alcuna remora.
Harry non aveva una particolare preferenza, c’erano clienti e clienti, dipendeva da quanto si divertiva anche lui.
Dopo che il cliente l’ebbe pulito, Harry attese con una certa curiosità l’evolversi degli eventi. Questa volta la sua bocca la sentì sull’ano.
Sobbalzò, con un piccolo urletto silenzioso che gli graffiava la gola, mentre lingue, labbra e mani iniziavano a stuzzicare l’anello di carne. La lingue lo tormentò con la punta, minacciando di penetrarlo, ma senza farlo davvero, mentre le dita iniziarono a stuzzicare nuovamente il sesso.
Si ritrovò dapprima coinvolto in brevi tocchi, di lingua da un lato, da polpastrelli dall’altro, finché, in un crescendo di azioni e reazioni, si ritrovò scopato da quella lingue calca e umica e masturbato da dita forti e decise.
L’eccitazione tornò, più potente che mai, mentre i resprii diventavano sempre più spezzati. Dipenticò la professionalità, si aggrappò al lettino, solo per spingersi verso quella bocca e poi verso quelle dita.
Sempre più graffiante, il piacere diventava uno stato d’essere.
Era stato altre volte portato al piacere da cieli, era il motivi per cui lavorava lì in primo luogo, ma godersi il giro era così diverso da quello che stava facendo in quel momento…
Non riceveva solo il piacere, ma lo cercava, come un assetato nei deserto.
Anziché rincorrere l’orgasmo, Harry si ritrovò a odiare la sensazione di essere sul punto di esplodere. Rallentò i fianchi, si concentrò nel resistere. Era bello, era bello godere. Voleva che durasse il più possibile.
Ma il cliente era di tutt’altro avviso: comprendendo l’orgasmo in arrivo, aumentò il ritmo così da spingercelo incontro, come in faccia ad un treno.
Questa volta, Harry gemette così forte che era sicuro di essere stato udito oltre il muro, ma era così confuso e intontito dall’orgasmo che non se ne dette pena.
Crollò, più spossato che mai, il suo respiro rimbomba nelle orecchie rendendolo l’unica cosa che era in grado di sentire. Un astronauta, immerso nella profondità dello spazio del piacere.
Cielo, pensò mentre la lucidità si faceva strada nella sua testa, aveva fatto bene ad accettare. Voleva quel cliente, lo voleva per ore e, soprattutto, lo voleva dentro di sé. Non aveva mai voluto qualcuno dentro di sé con così tanta intensità.
**
Il cliente lo scopò con le dita fino a farlo impazzire, poi con un dildo fino a fargli dimenticare il suo nome. Dopo ogni orgasmo, usava la pozione per farlo restare riposato, per renderlo pronto al prossimo orgasmo, sembrava collezionarli.
Harry ormai era allo stremo delle forze, non sapeva che ore erano, quanto tempo era passato, né quante volte era venuto, sapeva solo che da quando quel primo tocco era giunto non aveva fatto che venire e che quel cliente, chiunque esso fosse, era il centro assoluto del suo mondo.
Se sarebbe stato in grado di avere un fidanzato, era così che lo voleva. Era così che voleva sentirsi: desiderato fino a fargli perdere la ragione.
Si chiese, con quel po’ di lucidità che riusciva ad avere, cosa ne ricavasse lui da quel pomeriggio: stava venendo? Stava godendo, solo nel toccarlo? Perché non lo aveva ancora scopato?
Infilò la mano nel buco che li separava, aprì le gambe il più possibile e si spostò come ptoeva i testicoli per dargli modo di vedere il proprio ano. Lo invitò, apparentemente, dnetro di sé lo pretese.
Sentì le dita dell’altro posarsi sulel sue nocche, sfiorarle come se fosse lì per venerarle. Harry ritrasse la mano, con riluttanza, e la guardò, come se fosse stata spettatrice di un evento mistico.
Si baciò la nocca toccata, come se quel cliente fosse un dio. Con tutti gli orgasmo che gli aveva dato, per lui poteva benissimo esserlo.
Fra qualche ora, nuovamente in piedi e nuovamente sé stesso, ogni attimo di quel pomeriggio sarebbe stato glissato dalla logica. Ma non era.
In quel momento, Harry non era mai stato tanto coinvolto da un cliente, non gli avevano mai sconvolto così tanto la testa.
Tutti glielo orgasmi, lo avevano quasi convinto di essere follemente innamorato pazzo di quella persone, chiunque fosse.
Certo che erano una cosa folle, gli ormoni.
Sentì la punta del sesso del cliente premere sulla sua entrata, poi lo sentì entrare con non poca resistenza. Fu come ricevere uno stupeficium in pieno petto, ogni terminazione nervosa venne attraversata da una scarica elettrica.
Era decisamente dotato. Magari non particolarmente largo, ma decisamente lungo. Harry si sentì toccato in punti in cui decine di clienti non erano mai stati in grado, si sentì sopraffatto da lui in così tanti modi da sentirsi ancora più stordito, ancora più innamorato.
E poi si iniziò a muovere, iniziò a uscire entrare in lui, scopandolo con una mericolosità nuova. Nulla era lasciato al caso, tutto era stato fatto con l’unico scopo di portare lui alla follia.
E Harry c’era, alla follia, e quanto desiderò con tutte le sue forze che quel sesso lo scopasse con forza, fu come se lo avvertisse rispondere a quel desiderio. Così, si ritrovò scopato più forte che mai.
Perse il contatto con la realtà. Non esisteva più la realtà. Harry Potter era solo una vittima di un piacere deleterio e letale, i suoi occhiali erano ormai un ricordo per terra, ma anche ad averli avuti addosso non sarebbe stato più in grado di vedere oltre a quella patina di assoluta realtà.
Voleva essere suo. Voleva essere comprato come un opera d’arte, usato e fottuto ogni volta che quel cliente ne avesse avuto voglia.
Voleva appartenenergli.
Era un mago, pensò tra una spinta e l’altra, voleva trovarlo, voleva conquistarlo, voleva fotterlo, voleva averlo.
Mentre l’orgasmo avanzava come una condanna a morte, Harry decise che dall’altra parte del muro c’era la persona per cui valeva provarci, insistere.
Si strinse i capelli con le dita, in assenza di altro a cui aggrapparsi mentre il piacere raggiungeva il suo culmine. Queta volta si sciolse, come se ogni sua molecola perdesse la presa nel tenerlo insieme e lo lasciasse libero di diventare una poltiglia.
Quanto riaprì gli occhi, si rese conto di aver perso un pezzo di tempo. Guardò l’orologio sulla parte e si rese conto che tra un battito di ciglia e l’altro aveva perso una mezzoretta.
Era svenuto per via dell’orgasmo.
Era solo? Osservò il muro bianco e lo odiò, odiò non poter vederci attraverso. Dall’altra parte però sentiva ancora la presenza dell’altro. Non lo stava toccando, era come se fosse rimasto ad aspettare che si svegliasse.
Nonostante Harry si rendsse conto di non avere più la più pallida idea di quanto gli restasse o quanto il fisico fosse in grado di resistere ancora, mosse le gambe per fargli cenno di essere sveglio.
Probabilmente quel tempo che gli era rimasto era anche l’ultimo tempo che avevano isnieme.
Nessuno gli dava garanzia che sarebbe tornato, né garanzia che sarebbe riuscito a capire chi fosse finito quel pomeriggio.
Non poteva lasciarlo andare, non senza consumare ogni attimo che avevano insieme. Odiò perfino quella mezzora che avevano sprecato perché lui era svenuto.
La persona dall’altra parte del muro, fece l’ultima cosa che Harry si aspettava, lo aiutò a slacciare la presa sulle sue gambe, poi lo aiutò a riacquistare lentamente la mobilità. Harry decise di cambiare posizione e si rovesciò sul lettino così da poggiare con i piedi sul lettino, ma resta esposto per lui.
Basta giochetti, basta lingua o mani. Ora che aveva assaggiato cosa voleva dire averlo dentro di sé, voleva che ogni minuti che restava ci restasse.
Il cliente, sembrò testare quella sicurezza, come se gli chiedesse il permesso. Harry si spinse contro di lui, per darglielo.
Questa volta, quando gli entrò dentro, non c’era più alcun calcolo o premeditazione, c’era perfino un po’ di tenera impazienza.
L’aver riposato non aveva tolto nulla alle ore passate, il suo ano era ancora umido e morbido, ancora smanioso, lo sentì penetrarlo con avidità.
Fu inebriante rendersi conto che aveva aspettato con desiderio che si svegliasse, che era arrivato al limite.
Harry non sapeva se fosse già venuto mentre lo portava a gli orgasmi, dubitava che fosse durato per ore senza venire, e non ricordava di averlo sentito venire prima di perdere i sensi. Tuttavia ora lo sentiva smanioso di raggiungere anche lui l’orgasmo, sbatteva i fianchi si i suoi con un impacciata frenesia. Quanto sentì il guizzo caldo e il suo gemito rimbombò nella piccola camera attraverso la parete, Harry sentì un modo di orgoglio e desiderio agguantarlo.
Se finora si era goduto il giro con un euforia dissoluta, sentirlo venire, essere riuscito afarlo impazzire anche solo per un attimo lo fece sentire non solo parte passiva della situazione, ma anche arteficie.
Ora, che un po’ di riposo gli aveva ridato lucidità, il suo orgoglio di professionista era la scusa perfetta per desiderare di essere riempito dal suo seme, di portarlo all’orgasmo con altrettanta aviditità, ricambiare il favore.
Nonostante, l’orgasmo, si spinse all’indietro e si spinse sulla pelle ancora tesa e sensibile, scopandosi da solo. Mise da parte, il desiderio che si stava riaffianciando nel suo basso ventre, dedicandosi interamente a quell’erezione.
Lui provò a frenarlo, afferra dogli i fianchi con poca convinzione, ma harry contrasse i muscoli, intensificando la presa del suo ano su quel sesso.
Fu inebriante, sentirlo di nuovo perdere il controllo.
Ormai la persona posata e calcolatrice che gli aveva fatto sfiorare la follia non era che un ricordo. Stava ricambiando il favore, sentiva la bramosia scoparlo come se non potesse semplicemente più respirare senza spingersi in lui.
Harry non poté fare a meno di venire, mentre gli orgasmi si univano ai suoi, era umano del resto, e quel cazzo era troppo bello per non farlo impazzire, ma era un dare e ricevere più reciproco che mai.
Si rese conto, mentre energie e lucidità stavano venendo meno ad entrambi, che quella situazione ormai non aveva più nulla che fare con gli affari.
Quello non era lavoro e non solo perché stava godendo coem non mai, ma perché era diventato intimo, personale e unico.
Stavano scopando, come due amanti che non risucivanoa smettere di desiderarsi.
Harry si guardò nell’acciaio del bordo del lettino e vide se stesso più distrutto che mai, fisicamente e mentalmente.
Si era innamorato di quella sensazione, si era innamorato di quel cliente.
Sapeva che anche con la luciditià, e gli ormoni passati, non era più possiible tornare indietro.
Nessuno lo aveva mai fatto sentire così.
Voleva vederlo, voleva sapere chi era, voleva restare con lui, in quella stanza, per sempre.
Sentì una famigliare sensazione sulle punta delle dita; quando era piccolo l’aveva sempre avvetutra senza farci caso, la dava quasi per scontata, solo in un secondo momento aveva realizato che era magia.
Ricordo una volta delle tante, in cui aveva realizzato magie senza l’ausilio di una bacchetta. Era in uno zoo, con un sepente costretto in una teca.
Aveva fatto scomparire la teca.
Fu strano avvertire la magia condensarsi nelle sue mani e pensare a quell’avvenimento, mentre tutto ciò che voelva era sapere di chi si stava follemente innamorando.
Capì che era troppo pardi solo quando sentì le labbra del ragazzo premersi con forza sulla sa nuca, baciargliegla, mordergli una spalla. Quando sentì il calore della sue pelle sulla schiena, i capezzoli duri premere sulle scapole. Si rese conto che non c’era più un muro a separarli quando lo sentì non solo dentro di sé, ma ovunque.
Lui era ovunque…
Le sue spinse, ora non più frenate da un maledetto muro, divennero più forti, più mirate, sembrava non aver fatto troppo caso all’improvvisa sparizione in un intera parete. Entrambi non erano nelle condizioni di rendersi conto delle conseguenze.
Continuarono a scopare, spinta dopo spinta, senza più alcune costrizione pure i loro gemiti divennero un tutt’uno con l’ambiente. Sbatterono tra loro, senza remora, consumando il tempo e il piacere che ancora gli restava.
Fino all’orgasmo.
Crollarono, il cliente su di lui, Harry sul lettino, e riuscì a vedere una ciocca dei capelli del suo prossimo sogno proibito, prima che le dita del cliente si spingessero sui suoi occhi per chiuderglieli.
Sembrò un gesto disperato, non come un cliente che non voleva vedere il volto di quell’anonimo culo sospeso che si era scopato per ore.
Gli stava coprendo gli occhi perché temeva di essere riconosciuto…
Un mago che usava una pozione consapevole che ci fosse un altro mago, un mago che gli copriva gli occhi per non essere riconosciuto da una persona che era sicuro era in grado di riconoscerlo ora che il divisore era scomparso.
Non c’era stato nessuna sorpresa, nessuna esclamazione.
Quel ragazzo sapeva benissimo chi si era scopato, e ora, stava cercando di impedire a lui di saperlo a sua volta.
Come aveva fatto? Come lo aveva scoperto? Aspettò il panico, ma era così stanco che non riuscì a avvertirlo.
Avvertiva invece le mani del suo cliente tremare.
- Se non vuoi che sappia chi sei, va bene.- disse, piano. La sua voce era così rauca da non riuscire a riconoscerla. Abbassò la testa – Non voglio metterti nei guai o altro. Nessuno saprà che sei stato qui.-
Le dita del cliente esitarono sui suoi occhi, mentre scivolavano via, mentre tutto scivolava via. Harry si ritrovò distes sul lettino, abbandonato, con el gambe che ancora tremavano per l’orgasmo e il vuoto dntro di sé.
Un mago si era appena scopato Harry Potter e ora era in grado di dire a chiuqneu che razza di puttana fosse, am tutto ciò che stava avvertendo era il vuoto che gli aveva lascaiato. Si sentì sul punto di mettersi a piangere.
Non andare, pensò disperatamente, ma disse – Addio.-
Sentì, la mano calda del cliente posarsi sulla sua schiena. C’era una nuova dolcezza, ora.
- Ti prego non odiarmi.- disse e il suo cuore perse un battito.
Avrebbe potuto riconoscere quella voce tra un milione di persone.
Si girò nonostante tutti i suoi muscoli gli implorassero di stare fermo e incrociò finalmente gli occhi del suo cliente.
Quando incrociò gli occhi di Draco Malfoy, Harry si sentì più confuso che mai.
Per poi, sentirsi sollevato.
Non era un vecchio mago bavoso e pervertito che lo aveva fatto ammattire di piacere, ma era un ragazzo stupendo e, da quello che poteva finalmene vedere, che aveva un corpo fantastico.
L’entusiasmo sfumò in fretta, redendosi conto che nonostante ciò, non poteva ottenere null’altro che quello da lui: Draco Malfoy si era appena scoparto una puttana che si faceva scopare per soldi, era impensabile di poter ottenere più di questo.
Beh, come se Harry avesse voluto più di questo da lui.
Eccetto che lo voleva.
Si rese conto che voleva molto di più da lui, e che non avrebbe mai potuto averlo.
- N-non ti odio.- disse piano volendo render almeno uno dei due mano deluso, provò a sorridere – Ed è stato un bel pomeriggio. – gli fece l’occhiolino – Sta tranquillo, non lo dirò a nessuno, sempre se rincambi il favore.-
Gli occhi dell’altro lo guardavano quasi come se non riuscissero a riconoscerlo. Harry aspettò che si rivestisse, che andasse via, aspettettò con tutte le sue forze, prima di lasciare che la delusione lo avvolgesse.
Ma Malfoy fece un passo verso di lui e gli poggiò le mani sul collo e disse l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettato – Diventa mio.-
- cosa?- domandò confuso.
- Diventa mio.- ripeté con una sicurezza che Harry non gli aveva mai visto.
- Mi faccio scopare per soldi.- soffiò l’altro, ancora più confuso.
Draco strinse le labbra – Posso pagarti.-
- Li ho i soldi, non è certo per quelli che lo faccio.- replicò ancora. Era strano per lui star tentando ri rifiutare quello che in realtà voleva disperatamente. Ma che futuro potevano mai avere?
Erano Harry Potter e Draco Malfoy, se anche avessero superato lo scoglio del suo dopo lavoro, restava lo scoglio di chi erano.
Poggiò le mani sulle sue e per un secondo si concesse di adorarle – puoi tornare.- propose con un groppo in gola – Mi sono divertito.- esitò – Possiamo divertirci ancora.-
Draco lo guardò, come se cercasse di leggere la situazione, provò a baciarlo ma Harry si ritrasse.
Draco serrò gli occhi, cercando di dissimulare la delusione – Non dirò a nessuno che tu lavori qui.- lo rassicurò – E non tornerò mai più.-
- Malfoy…-
- Non so nemmeno io perché sono qui.- quasi gli rinfacciò – Ho scoperto cosa facevi, non riusivoa togliermi dalla testa questa idea che avendoti avuto una volta avrei potuto lasciarti andare. Ma questo pomeriggio, io…- lo guardò negli occhi, senza esitazione, senza remora – Potrei perdere ogni zellino che ho, solo per scoparti, harry. Ne diverrei dipendente.- scosse la testa, poi lo guardò un ultima volta prima di dire – Addio.-
Harry si ritrovò ad afferrargli il braccio, con forza, per fermarlo. Non se ne era nemmeno reso conto.
Draco guardò quella mano stringerlo, poi guardò lui, come a chiedergli spiegazioni. Harry si sentì crollare come un castello di carte.
- Se diventassi tuo…- si ritrovò a dire – Risuciresti ad accettare che io faccia questo alvoro?-
- Vorrei bastarti.- replicò Draco di rimando – Ma se è quello che vuoi fare… posso provare ad accettarlo.-
Bastargli? Draco era perfino troppo, ogni fibra del suo essere era stata distrutta e ricreata in favore del piacere che gli aveva fato, come un virus che lo aveva riprogrammato.
Nessuno sarebbe stato alla sua altezza e lui poteva dirlo, in molto erano passati per la sua stanza.
Gli tirò il braccio per metterselo su un fianco, poi si aggrappò sul suo collo. Lo guardò, come se cercasse di venerdì fidanzato. Fino a qualche ora prima avere un ragazzo gli sembrava la cosa più assurda del mondo, ed ora si trovava tra le sue braccia a l’idea di non esserlo gli sembrava la più folle del mondo.
- Non dovrai mai rinfacciarmi di aver fatto questo lavoro.- disse, a condizione.
Vide gli occhi grigi dell’altro studiarlo con attenzione, gli sembrò di vederlo realizzare le cose a tappe: parlava al passato del lavoro, e rendeva loro una coppia.
Questa volta, quando si spinse su di lui per baciarlo, lo lasciò fare e quel nuovo bacio sembrò perfetto e unico.
E, straordinariamente, più intimo di quanto non lo fosse stato sentire le proprie viscere essere divorate dalla passione.
Harry si ritrovò steso senza rendersene conto, il corpo di Draco su di lui, la passione nuova ritrovata. Draco si staccò da lui, colpevole. Harry lanciò un’occhiata veloce all’orologio.
- Hai ancora due ore.- soffiò divertito, poi gli passò una mano tra i capelli scompigliandoli di proposito – Il mio ultimo cliente voglio che sia il migliore.-
Draco la prese come una sfida personale.
*
Harry uscì dal locale con ancora le gambe molli. Si era appena licenziato, e il suo capo gli aveva detto con calore che ci sarebbe stata sempre una porta aperta per lui quando voleva. Uscito all’aria fresca della notte, si beò di quella sua nuova realtà.
- … ehi.- soffiò Draco, sbucando dal nulla avvolto nel cappotto - Hai fame?-
Harry gli sorrise e annuì – Sto morendo.-
Impacciati si avviarono lungo la strada, ponderando dove andare a mangiare. Il buio della notte inghiottì il locale e con esso quel lato della sua vita.
Harry Potter non ebbe più bisogno di frequentarlo, perché non ci fu mai nulla di più bello e appagante dell’essere amato da Draco Lucius Malfoy.