Mar. 27th, 2019

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Autunno di Vivaldi


Eravamo gli unici bambini che non avevano potuto frequentare la scuola sin dai primi giorni. Io perché era stato operato di appendicite all’inizio di settembre, lui perché si era appena trasferito, di conseguenza, ci eravamo incontrati in autunno.
Eravamo io e lui contro il mondo.

Crescere è stato un attimo, essere inseparabili una deliziosa conseguenza, ma non potevamo essere più differenti.
Lui splendeva in ogni cosa che facesse, ottimi voti, serve gentile, sempre apprezzato da tutti e il sogno delle ragazze…
Non ero geloso di loro. Ero geloso dell’unica cosa che amava davvero.
Sapevo che suonava uno strumento, suo madre lo tirava via dai nostri incontri per fare pratica, ma non me ne parlava mai, quasi convinto che iniziarne a parlare avrebbe potuto farmi cambiare idea sul passare il tempo insieme.
Non aveva capito che, pur di passare il tempo con lui, lo avrei sentito ripetere a ripetizione l’alfabeto.
La prima volta che lo vidi suonare, capii che non avrei mai potuto competere con quell’amore; era mistico.
Mentre l’archetto scivolava sulle corde producendo un suono che ti entrava dentro, il suo sguardo concentrato era ipnotico. Lo avrei potuto guardare esercitarsi per ore.
Crescendo, il mondo diventava sempre un po’ più complicato, il nostro rapporto mutava, mese dopo mese, adattandosi alle situazioni e alla vita. Ma nella mia vita, lui e il suo amore per il violino restavano una costante.
Non gli aveva mai detto che avevo implorato mia madre per delle lezioni pur di avere qualcosa in comune con lui, non gli avevo mai detto di essermi ferito le dita nel tentativo di suonare senza sosta, per rincorrerlo, per raggiungerlo.
Ma non era una cosa per me, così riposi il mio violino abbozzato nella cantina e mi limitai a vederlo crescere come artista e come amante della musica. Aveva un debole per la classica.
Arrivò il giorno in cui finalmente mi interrogai per la natura dei miei sentimenti verso di lui, dell’orgoglio che provavo per essere la persona su cui faceva più affidamento, sul fatto che mi sorridesse quando entrando in una stanza e allora la giornata poteva anche essere orribile ma sarebbe andato tutto bene.
Quel giorno non fu una epifania, né una incredibile rivelazione. Fu come realizzare che il cielo fosse blu nonostante lo avesse sempre visto di quel colore, così aveva realizzato di essere completamente e follemente innamorato di lui.
A volte mi lasciava solo in camera con il suo amante di legno e corde e io osservavo il suo violino con odio e un po’ di gelosia.
Geloso di una cassa di risonanza. Era decisamente il colmo.

-Adoro l’autunno.- disse un giorno mentre se ne stava concentrato a camminare mentre si faceva strada tra il rosso delle foglie cadute
-Ci siamo incontrati in autunno.- risposi, soprappensiero.
–Esatto.- mi sorride –In più la gente preferisce l’estate per le vacanza, l’inverno per la neve e la primavera per i fiori, ma vuoi mettere l’autunno?- alzò il viso e osservò il viale arrossato -Adoro l’autunno.- ripeté allora con un sorriso.
Mi afferrò per un braccio e mi portò in un parco dove ci sedemmo sull’erba. Aprì la custodia e carezzò il violino con reverenza.
-Ti spiace se lo suono un poco?-
-Certo che no.-
Avevo sempre pensato che chi suonasse il violino dovesse avere il torcicollo perenne, sempre piegato a tenerlo fermo con il mento, come potevano trovarlo comodo? Pensò questo, mentre adorava la linea tesa del suo collo bianco accarezzando l’idea di sfiorarglielo delicatamente.
Suonò per un’oretta, ma io me ne stavo steso nell’erba con loro un giacchetto a separarmi dal terreno. Lo guardavo, era impossibile non farlo e, mentre suonava, ero giustificato.
Mise il violino nella custodia, ma lo lasciò aperto, poi si stese anche lui sull’erba a fissare il cielo.
Mi misi seduto e lo osservai rilassato al sole, i miei occhi scivolarono sul mio rivale in amore.
-Posso provarlo?- domandai.
Visi i suoi occhi aprirsi qualche secondo, poi annuire. Lo presi e tentai di ricordarmi quei pochi mesi di lezione che avevo preso.
Mi misi in posizione e…
-Rilassa la mano destra.-
-così?- la resi più molleggiante.
-Sì, e alza il gomito di più.-
Eseguii, poi mise l’archetto sulle corde. Tentai di ricordarmi come fare la prima nota, posizionai le dita e poi tirai l’archetto.
Fu strano sentire questo suono uscire dallo strumento grazie a me. Non ricordavo che suonare fosse così.
Con la coda dell’occhio lo visi mettersi seduto – Non sapevo sapessi suonarlo.-
-Non lo so fare infatti.-
-Ma sai come si fa.-
Tentai di non arrossire, mentre lo rimettevo con dovizia nella custodia – Ho preso qualche lezione da bambino, volevo imitarti.- confessai.
-Perché non me lo hai mai detto?-
-E cosa dovevo dirti?- replicai imbarazzato – Che ti ammiravo così tanto da volerti imitare? Lo avresti trovato patetico.- scossi la testa e tentai di sdrammatizzare – Del resto, lo sappiamo che l’alfa nella nostra coppia sono io.-
Lo vidi tirare le labbra in un sorriso un po’ divertito un po’ pensieroso – Sarebbe stato bello suonare insieme.-
- Non ero bravo, né tenace.- scrollai le spalle – Ma se ti può consolare, ho capito quanto fosse difficile quindi – mi battei due pugni sul petto – Rispetto, fratello.-
Stavolta rise, dolcemente, prima di tornare steso a godersi un poco il sole.
- Amo l’autunno.- disse ancora, sottovoce, come fosse un segreto.

**
Mi venne voglia di riprendere in mano il violino. Lo ritrovai in un angolo della cantina, stranamente ancora in ottime condizioni nonostante il tempo e l’umidità. Non avendo continuato sin da bambino, non sarebbe mai arrivato a livelli eccellenti, ma qualcosa dentro di sé lo spingeva a voler ritentare.
Non era il successo, non era raggiungere la persona che amava, era una strana morbosa curiosità la sua. Avendo suonato quelle poche note quel pomeriggio gli aveva fatto capire quanto fosse bello suonare, senza affrontare lo studio della musica per scopi così flebili come il cercare imitare la propria cotta. Era stato bello riuscire a separare l’amore per lui, con la gioia di fare una cosa da sé.
Non gli uscirono che pochi note, ma ricordava ancora come leggere lo spartito, quindi riuscì, stonando continuamente, a mettere insieme un intera canzone.
Suo madre gli urlò di smetterla con una certa esasperazione e lui lo rimise a posto, con un nuovo sorriso sulle labbra.
Non importava se non era bravo o se non sarebbe mai riuscito a imparare davvero.
Voleva provare a dare un’altra possibilità alla musica.

**

Il saggio di fine anno della suo scuola di musica arrivò puntuale come il fisco. Ogni anno me ne stavo seduto lì odiando tutti gli altri musicisti e le loro stupide musiche, in attesa che arrivasse lui sul palco.
Non che fossero incapaci di suonare, ma se dovevo ascoltare musica classica, volevo solo sentirla da lui. La sua era migliore.
L’amore che provavo forse mi faceva essere di parte, ma non mi importava. La mia soglia dell’attenzione non era così spiccata da riuscire a dare importanza ad altro.
Quando fu il suo turno, salì sul palco in smoking e con i capelli ingellati. Era buffo, e maledettamente carino.
Prese il microfono e disse l’ultima cosa che mi sarei aspettato – Dedico questa canzone alla persone che amo.-
Sentii il pavimento crollarmi sotto i piedi. Il battito del mio cuore, accelerato per la gelosia, la rabbia e il dolore, coprì ogni nota, che a stento riuscì a sentire un uomo seduto di fronte che domandò – Cosa sta suonando?-
- L’autunno di vivaldi. – replicò la moglie – Non è la più famosa, chissà perché l’ha scelta.-
L’uomo sorrise – Per la persona che ama, magari.-
Amo l’autunno, aveva detto.
L’autunno…
Alzai gli occhi e li incrociai ai suoi, per un secondo parve che riuscisse a vedersi da sopra il palco nonostante la luce dei riflettori.
Per quel secondo, mi sentii solo in una stanza, a sentirlo suonare.

Ci siamo incontrati in autunno.
Esatto.

Per un secondo, il cuore si fermò, preso da un pensiero più folle di quanto non lo fosse la sua gelosia. Quando smise di suonare, scivolò via dal palco con un agitazione che non gli aveva mai visto, d’istinto scattò in piedi e lo seguì.
Lo trovò in corridoio, in piedi, agitato, tentava di scuotere le mani come se cercasse di scuotere il nervosismo da esse.
Si fermò solo quando si rese conto che ero lì e mi guardò, come se potessi distruggerlo.
- Non fa niente, se non provi quelli che provo io.- disse, quasi senza fiato.
Era vero.
Quel messaggio era per lui.
Attraversò l corridoio solo per afferrargli le spalle, spingerlo con un po’ di forza sul primo muto e poi baciarlo. Era così sorpreso che non rispose nemmeno, ma quel primo tocco, fu elettrizzante e unico.
Era il loro primo bacio.
Si staccò da lui, più colpevole che altro e lo lasciò andare. Lui faticò a mettersi di nuovo in piedi.
- L’autunno piace anche a me.- dissi, più imbarazzato che mai.
La sua mano mi afferrò per un bracciò, mi spinse nuovamente su di sé e cercò ancora la mia bocca. Il secondo bacio, fu incredibile.
Altri suonavano, poteva vederli chiunque in quel corridoio, forse qualcuno li aveva già visti, ma non gli importava.
Erano sempre stati loro due, contro il mondo, due figli dell’autunno.




 
 
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L'incubo

Mar. 27th, 2019 09:59 pm
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L'incubo

Quanto chiudeva gli occhi la notte, il suo cuore temeva la stanchezza e le tenebre. Sognava ancora le fiamme.
Era sempre lo stesso incubo; era nella stanza delle necessità, il suo amico che urlava arso dalle fiamme, il cuor che gli martellava nel petto, la paura, il calore e le fiamme che riempivano ogni angolo della stanza.
L’ossigeno veniva consumato come la sua speranza.
In quell’enorme stanza ricoperta di fiamme e terrore, Draco assisteva impotente alla sua imminente morte.
Eccetto che poi sopravviveva.
Una mano si tendeva, usciva dalle fiamme, lui ci si aggrappava sempre, e si ritrovava a volare poi in alto nel cielo con Harry Potter. Si svegliava sempre quando finalmente era al sicuro, ma questo non annullava affatto il terrore che ancora albergava nel suo cuore.
Quell’incubo non era solo ricorrente, era un’ossessione. Draco non faceva che passare le notti tra la paura di addormentarsi e la paura di essere ormai bloccato in quel sogno ancora e ancora.
Aveva così paura che, anche da sveglio, cercava Harry Potter tra la folla. Anche da sveglio, ambiva stringere quella mano e aggrapparsi a lui, affinché lo traesse in salvo.
Così si sedeva il più possibile vicino a lui nelle lezioni in comune, faceva in modo di ritrovarsi sempre in luogo frequentati dall’altro o di sedersi nella sala grande solo dove poteva vederlo.
Il solo vederlo, gli riusciva a far calmare i nervi tesi dalla mancanza di sonno e la paura.
- Perché non provi una pozione per dormire profondamente?- aveva tentato Blaise una notte – Così non sogni affatto.-
Draco aveva scosso la testa – Ci ho già provato. Non ha funzionato.-
- Allora non ti resta che Potter.- replicò Blaise, divertito.
Non c’era nulla di divertente.

Draco era così stanco da rischiare di addormentarsi in piedi. Complice la voce monotona del professore trapassato di storia si ritrovò accucciato sul banco in attimo prima e nella stanza infuocata l’attimo dopo.
La paura lo agguantò come sempre, si ritrovò a gridare, sperando di essere sentito, che quella mano giungesse presto. La fine del sogno, la sua via di fuga, la sua salvezza…
Harry apparve tra le fiamme e lui ci si aggrappò con tutte le sue forze.
Sentita se stesso tremare contro l’Harry del suo sogno, così intensamente che si rese conto che, a differenza del solito, il calore che sentiva non era dalle fiamme.
Aprì gli occhi e si rese conto di vedere una spalla, oltre la quale una classe li fissava, senza parole.
Si rese conto di chi era la spalla e di cosa era successo. Si impose di lasciarlo andare, dovette dare l’ordine ad ogni sua terminazione nervosa per riuscire a farsi rispettare dal suo corpo. Si allontanò, faticando perfino a respirare. Soffiò – Scusate.- prima di raccogliere la sua borsa e scappare via.

Saltò il resto delle lezioni, decise di prendere un po’ della pozione per dormire profondamente, avrebbe sognato ancora, ma perlomeno avrebbe potuto riposarsi un poco e evitare di addormentarsi a lezione.
Prima di crollare nel sogno profondo, si concentrò sul calore del corpo del grifondoro che aveva avvertito in quell’abbraccio forzato, fu più forte di lui.
Funzionò.
Si risvegliò solo la sera quando fu Blaise a svegliarlo per la cena.
- Per quello che è successo...- mormorò mentre Draco si dava una sistemata. Era così restio a risvegliarsi davvero che faticava a mettersi a fuoco allo specchio.
- Immagino che avrà fatto il giro della scuola.- mormorò mentre si passava la spazzola tra i capelli arruffati.
- Potter…- soffiò – Ha fatto domande.-
Draco si girò verso di lui - … che gli hai detto?-
Blaise nell’attesa stava giocando con la sua bacchetta, roteandola tra le dita – La verità.-
- Cosa?- si girò verso di lui. Era incapace di metterlo a fuoco per la stanchezza, ma metterlo a fuoco non sarebbe stato un problema mentre era ricoperto di sangue. Non in quel dormitorio.
- Non tutta.- precisò – Cioè che hai incubi e fatichi a dormire. Non gli ho certo detto che sogni che lui ti salvi come un bel principe azzurro.-
Draco gli lanciò la spazzola per sfogare almeno un po’ della sua frustrazione. Blaise gli sorrisi con innocenza.
- Cosa ha detto?-
- Niente. Ha annuito ed è andato via.-
- Se sono fortunato magari mi prenderanno in giro qualche settimana e poi si dimenticheranno tutti cosa è successo.- si azzardò a dire.
Blaise alzò un sopracciglio e gli restituì la spazzola – Ti senti fortunato?-

**
Tornato a lezione Draco si aspettava risatine, ma nessuno lo prendeva in giro, e fu strano. Si aggirò tra le classi e i corridoio con un espressione guardinga e timorosa, ma nessuno sembrava prestare attenzione a lui.
Fino a quanto Harry Potter non gli si parò davanti con un espressione indecifrabile.
- Dobbiamo parlare.- sentenziò.
Draco si aggrappò alle cinghie della sua borsa in un gesto difensivo e replicò – Perché?-
- Perché sì. Vieni.-
Harry si girò e iniziò a camminare senza nemmeno curarsi se Malfoy lo seguiva, dal canto suo, seguirlo era diventato il suo istinto primario sin da quando quella stanza aveva preso fuoco.
Camminarono a poca distanza l’un dall’altro per qualche minuto, poi Harry si affrettò ad entrare in un corridoio poco utilizzato e lo tirò dentro una stanza altrettanto poco utilizzata.
Il suo primo istinto fu di volersi coprire la bocca per via dell’enorme strato di polvere che era condensati sulla mobilia, il secondo fu quello di fissare Harry come era sua abitudine fare.
- Potter…- esordì cercando di trovare le parole, ma non trovò nulla da dire per giustificarsi, così si limitò a scusarsi – Mi dispiace se ti ho abbracciato. Non era mia intenzione.-
Harry incatenò il suo sguardo e per un attimo Draco si sentì giudicato.
- Cosa ricordi esattamente?-
- Come?-
- A parte l’avermi abbracciato.-
Draco sentì nel suo animo la paura avanzare. Lo aveva solo abbracciato, giusto? Non aveva fatto altro… GIUSTO?
Draco lo guardò con un’espressione confusa, e Harry aggrottò le sopracciglia.
- Eri terrorizzato, Malfoy. Non ti ho mai visto così.-
- Si chiamano incubi non a caso.-
- Poi hai scelto di abbracciarmi.- continuò.
Era una strana combinazione di parole quella. Aveva scelto. Voleva dire che non era stato il semplice istinto di aggrapparsi a qualcuno, era stata una volontà; Harry sapeva.
Draco abbassò gli occhi, più umiliato che mai, odiando il suo inconscio.
- Sogno la stanza delle necessità in fiamme e tu che mi salvi.- confessò.
Harry sembrava pensieroso mentre si avvicinava – Posso fare qualcosa per aiutarti?- domandò, con premura.
Gli venne quasi da ridere – Non posso certo chiederti di abbracciarmi prima di dormire, non credi?-
- Perché no?- replicò l’altro seriamente perplesso.
Draco strabuzzò gli occhi e ci fu una replica di sguari davvero comica.
“Secondo te?”
“E quindi?”
“Potter!”
“Che male c’è?”
Il fatto che avessero dialogato senza parlare, fu stranamente familiare.
Draco prese un profondo respiro – Perché vorresti farlo?- domandò.
- Capirai, abbracciare qualcuno. Nemmeno mi stessi chiedendo di donarti un organo.-
- Beh, mi doni il tuo corpo.- provò a sdrammatizzare.
Nello sguardo di Harry passò una nuova luce, come se trovasse molto divertente quel paragone.
- Non mi chiedi perché sono disposto a farlo?-
- Sarebbe controproducente al fatto che ho bisogno che tu lo faccia?- replicò Draco, confuso dalla facilità con cui ne stava parlando.
- Dipende.-
- Vuoi farmi del male?-
- No.-
- Prendermi in giro?-
- No.-
- … la tua motivazione ha, in generale, una connotazione negativa?-
Harry ci rifletté – “non credo”…? –
- Vai. Dimmela.- soffiò, pronto a tutto.
Harry assottigliò lo sguardo e sembrò ponderare se farlo davvero, poi scosse la testa – Meglio di no. Non adesso.- si guardò attorno, a disagio – Allora… quando vuoi.-
Draco ci meditò su – Sarebbe strano invitarti a dormire con me. Non che non sia strano che tu accetti di abbracciarmi per farmi addormentare.- si sentì di nuovo arrossire – Oggi pomeriggio?- propose – Tutti saranno via.-
Harry annuì e restarono così.

Quando Harry bussò alla porta, Draco sobbalzò. Gli aprì con un espressione pensosa.
- Ammetto che non credevo che venissi davvero.-
Harry aprì le braccia – Usami impunemente.-
Draco s’umettò le labbra e evitò di ribattere, gli fece cenno di entrare.
- Quindi ora… ci abbracciamo?- soffiò Draco.
Harry lanciò un’occhiata al letto – Stenditi, mi metto sul piumone e resto fino a che non ti addormenti.-
Draco restò un attimo a guardarlo, come se cercasse di capire quale fosse il trabocchetto a tutta la situazione. Dopo un po’, eseguì.
Come se nulla fosse, si ritrovarono distesi e abbracciati e Draco si ritrovò paradossalmente impossibilitato a dormire per via dell’agitazione.
- Chiudi gli occhi.- gli ordinò bonariamente Harry.
- Non è così semplice.- replicò l’altro – Non mi hai ancora detto perché hai accettato di farlo.- quasi obbligato, pensò.
Harry gli carezzò i capelli con un gesto spontaneo e pensieroso – Il fuoco.- disse con voce quasi assente. Con la mano libera cercò quella di Draco e gliela aprì, dolcemente – Se non avessi preso la tua mano, l’idea di perderti…-
Le iridi verdi erano diventate cupe, perse in una situazione che, a quanto pareva, aveva segnato entrambi.
- Harry…- lo chiamò e fu intimò dire il suo nome, più intimo di stare in un letto abbracciati – Perché sei qui?-
- Perché hai bisogno di me.- rispose, tornando alla realtà.
Fu più forte di lui, nemmeno la più ferrea logica lo avrebbe dissuaso dal farlo. Si spinse in avanti e cercò le sue labbra.
Una scarica di adrenalina lo invase alla paura di essere scacciato, ma svanì non appena sentì Harry stringerlo più forte, prima di rispondere al bacio con un impeto nuovo e soffocante.
Quando si staccarono, si guardarono con una confusione nuova e un consapevole imbarazzo.
- Vuoi davvero dormire?- domandò Harry, facendo scivola gli occhi sulle loro labbra.
- Non ci penso nemmeno.- soffiò Draco prima di riprendere dove si erano interrotti.






 
 
 
 
 
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La classifica misteriosa

La prima volta che Draco Malfoy udì la voce, si ritrovò a sputare l’acqua. Pareva fosse uscita una lista molto particolare, che al solo pensiero faceva molto mal pensare sulla scolaresca: era una classifica sulla presunta lunghezza del pene degli studenti maschi.
Come fossero arrivati a quelle conclusioni nessuno lo sapeva, ma sembraca che in prima posizione, a pari merito, figuravano lui e niente po’ po’ di meno che il Salvatore del Mondo in persona; Harry Potter.
-Con chi sei stato?- domandò Pansy incuriosita – Chi ti sei fatto che si è fatto poi anche Potter?-
Draco si guardò attorno e notò le occhiate. Tutti guardavano lui e Potter come se cercassero di immaginare le loro misure.
Seccato, Draco accartocciò la lista e gli dette fuoco, mettendo fine alla cosa. Almeno per ora.

Un mese dopo, non solo la voce era ancora sulla bocca di tutti, ma entrambi i pretendenti al primo posto si erano ritrovati più volte aggrediti da mani che li palpavano nella speranza di capire l’entità della sua attrezzatura.
Fu semplicemente troppo.
Draco afferrò Harry per la collottola e lo trascinò nella prima stanza vuota e urlò adirato – Questa storia deve finire!-
Harry si sistemò la camicia ancora tirata dall’attacco del serpeverde e disse –Confermo.- con un espressione grave –Come pensi di farla finire?-
Draco fece un gesto sbrigativo con la mano – Beh, si chiedono chi è più dotato. Diamogli una risposta.-
Harry alzò un sopracciglio mentre si sistemava gli occhiali –E come pensi di dargli risposta?-
-Oh, andiamo.- scrollò le spalle –Siamo due uomini, abbiamo già una conoscenza anatomica ben consolidata direi.- tirò fuori dalla tasca un piccolo metro –Tira fuori l’uccello e misuriamolo.-
Notò le guancie di Harry prendere fuoco, fu strano e questo mise un attimo da parte la sua risolutezza, ma tentò di non darlo a vedere –Forza, cosa aspetti?-
-Non è così che funziona.- si sforzò di replicare Harry – Da mosci la misura non è attendibile, lo sai. Stai forse suggerendo di farcelo diventare duro per il tuo piano malvagio?-
Draco assottigliò lo sguardo –O possiamo semplicemente dire che ce l’ho più lungo io. – scrollò le spalle, mettendosi in tasca il misuratore.
-Non sei curioso?- replicò Harry ora leggermente più rilassato – Di chi ce l’ha più lungo?- una nuova luce, si fece strada nei suoi occhi. Una curiosità, simile alla malizia.
Certo che Draco Malfoy era curioso, era il motivo principale della sua presenza in quella stanza –Tu sì?-
-Beh, è una gran della domanda.- con nonchalance la mano del grifone si poggiò sulla cintura, come se aspettasse il consenso a sbottonarla –Ti batterò anche in questo?-
Stava tentando di sfidarlo. E, maledizione, stava funzionando.
-Ora sei tu a suggerire di farcelo venire duro?- lo provocò.
Harry storse le labbra, pensieroso –Puoi darmi il metro. Lo misurerà in bagno e ti farò sapere il risultato.-
-Col rischio che bari?-
-Sei tu che timido.-
-Io non sono timido.- replicò l’altro –Ho solo decoro, cosa che a te manca.-
-Allora come suggerisci di procedere?-
Si decise per un asettica masturbazione praticata ai lati opposti della stana. Mentre Draco lasciava scivolare la mano nei proprio boxer sperò con tutto il cuore che Harry stesse facendo lo stesso senza prenderlo in giro, poi si concentrò per non diventare duro troppo in fretta; non poteva lasciar credere all’altro di trovare in qualche modo la situazione eccitante. Era fuori discussione.
Dopo quello che credeva un perfetto tempismo, decise di essere duro abbastanza da poter verificare la veridicità di quella lista.
-Io sono pronto.- disse, cercando di modulare la sua voce e non sembrare eccitato.
-Anche io.- disse Harry a fatica.
Si girarono, avvolti nei mantelli e zoppicarono fino al centro della stanza, zone dichiarata neutra.
-Aprì.- disse Harry con un cenno.
-Prima tu.-
Alzando gli occhi al cielo, il grifone eseguì. Una volto aperto il mantello, la prima cosa che Draco riuscì a vedere fu il suo magnifico uccello che era decisamente di una degna dimensione. Era leggermente più largo del suo.
-Il metro.-
Lo prese, ma non si mosse –E tu?-
-Io cosa?-
-Non sarà l’unico col cazzo al vento. Apri.-
Draco sbuffò, sforzandosi di sembrare indifferente. Vide quella luce maliziosa negli occhi dell’altro intensificarsi.
-E ora…-
Aprì il metro e tentò di misurarsi il cazzo, ma faticava a trovare il modo giusto. Draco gli tolse il metro di mano e ci provò lui, con non poco imbarazzo all’idea di avere le mani così vicine al sesso eretto dell’altro.
-Stai barando.- replicò Harry quando lo vide non affondare la punta del metro nella peluria scura.
-Circa ventidue.- sentenziò – Io sono ventitre, quindi vinco io.-
-No, che non lo sei. – replicò Harry togliendogli il metro di mano – Dimostralo.-
Stavolta fu lui a avvicinarsi col metro all’erezione di Draco per un espressione accigliata e contrita.
-Ventidue. Come me.-
-Il mio è comunque più lungo.-
-No che non lo è.-
-Sì.- replicò Draco con una scrollata di spalle – di qualche millimetro.-
A differenza del punto di vista il metro infatti dava diverse misurazione. Era chiaramente un effetto ottimo, ma Harry sembrava intestardissi che non fossero corrette le conclusioni dell’altro.
-Va bene!- scattò – Se non sei convinto di un fottuto preciso metro, cosa suggerisci per capirlo?-
Harry lo guardò, inghiottendo a vuoto – Misurazione diretta.-
All’altro mancò il respiro – Stai dicendo…-
-Sì.-
-Ma… si toccheranno.-
-E allora?-
Certo. Tutto normale, no? Stava letteralmente per scontrare il cazzo con quello del grifone e per lui era una cosa assolutamente fattibile.
Con una vena sulla tempia che pulsava, Draco acconsentì. Si prese l’erezione tentando di ignorare il brivido di eccitazione al tocco, e si concesse istintivamente un paio di carezze, prima di alzarlo. Harry si fece vicino e lo posizionò in alto a quello di Draco. Ma loro due avevano un paio di centimetri di differenza così Harry bofonchiò – Appoggiati al banco.-
Sedersi, per permettere a Potter di strusciare il suo cazzo contro il suo. Era il colmo. Quasi rise, mentre lo vedeva concentrarsi nel metterli nella stessa precisa altezza prima di unirli.
Fu come una scossa elettrica che gli attraversò ogni terminazione nervosa. Il calore e la durezza di Harry gli dettero al cervello, come se fosse ubriaco. Quasi non si rese conto, che il bacini collidevano, anzi, inebriato da quell’eccitazione nuova, adorò quel contatto.
Boccheggiò un poco, mentre, nel tentativo di centrarli, la loro pelle tesa si strusciò provocando in entrambi un momento di pura estasi.
Si rese conto troppo tardi del fatto che Harry aveva preso entrambi con una mano e stava fingendo di misurarli in tutta la lunghezza carezzandoli.
Perché certo che si faceva così, no? Draco avrebbe creduto anche che quella frizione poteva misurare la circonferenza della terra, se significava lasciarlo fare.
Ad un certo punto, fu chiaro che si stavano semplicemente godendo contatto e carezze, e ad un altro, fu chiaro che non avevano alcune intenzione di fermarsi, né di fermarsi a quello.
Draco cercò le sue spalle, si aggrappò a lui, mentre Harry gli afferrava i fianchi per spingerseli addosso. Iniziarono a sbattere i bacini l’uno contro l’altro, in una spasmodica voglia di darsi piacere, sempre di più e più ancora, fino a venire.
Sull’orlo dell’orgasmo, Draco affondò il viso nel collo di Harry, tremando d’aspettativa e sforzo di tenere le gambe strette attorno a lui. L’orgasmo gli graffiò le vene dall’interno.
Dopo di ché tutto fu silenzioso, umido e sensibilmente più rilassato.
Le labbra di Harry erano morbide sul suo collo mentre sussurrava – Non sappiamo ancora chi ce l’ha più lungo.-
Era vero.
Draco alzò il viso e strusciò il naso gelido sulla sua mascella in un gesto insolitamente familiare per lui – Se ci riproviamo finiamo di nuovo a venire?-
-Posso solo sperarlo.- replicò Harry.
Draco lo lasciò andare e si appoggiò sui palmi, lasciando la schiena rilassata all’indietro. Stavolta, mentre se ne stava nudo e sporco davanti a lui c’era un’aria totalmente diversa.
-Era il tuo piano fin dall’inizio o hai solo tentato la fortuna?-
-Sei tu che mi hai trascinato qui.- gli ricordò mentre si avvicinava appoggiandosi al banco per guardarlo dritto negli occhi – Era il tuo piano fin dall’inizio o hai solo tentato la fortuna?- gli fece eco.
Draco fissò nei suoi profondi occhi verdi e si ritrovò a chiederselo.
-Nel dubbio, possiamo rifarlo.- propose con un sorriso – Nessuno lo verrà a sapere e non succederà altro usciti da questa stanza.-
-Non è esattamente un incentivo.-
-E’ la condizione.-
La malizia negli occhi di Harry tornò a intensificarsi – Mi stai dando via libera?-
Draco s’umettò le labbra, mentre tirava il sorriso in un espressione altrettanto maliziosa – Ti sto dando un ordine.-

Due mesi dopo, la voce girava ancora, e nemmeno loro erano sicuri di chi fosse in cima a quella lista. Non che non avessero provato le misurazioni, ovviamente. Ma per qualche strana ragione i loro tentativi erano diventati sempre più complicati.
Ovviamente nessuno dei due aveva mai avuto intenzione di relegare quella cosa a quell’unico pomeriggio, Harry lo aveva trascinato nelle prima aula vuota qualcosa come una manciata di ore dopo il loro primo contatto.
Avevano scoperto altro però, avevano scoperto quanto potevano venire prima di crollare, quanto Harry resisteva mentre lo scopava, quante volte alla settimana riuscivano a evitare di saltarsi addosso. La risposta era; sempre meno.
Con un espressione esasperata Draco lo spintonò via dopo che Harry lo aveva baciato in mezzo al corridoio come se nulla fosse, come se non fosse importante che non li vedessero.
- E comunque sono più lungo io.-
Gli occhi di Harry brillavano con sempre più intensità – Sarò sempre disposto a provarti il contrario.-
 
 
 
 
 
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- Posso fare pratica di tarocchi con te? – domandò Pansy con un espressione disperata – Se la Cooman mi boccia, sono fregata.-
Draco Malfoy sospirò gravemente mentre metteva giù il libro – Basta che non sia come l’ultima volta.-
- Beh, non sei morto.- replicò lei – E poi non vale, ho letto che morivi solo perché faceva la Cooman tanto contenta.- si lamentò.
Il giovane principe delle serpi scrollò le spalle e concesse la sua totale attenzione all’amica. Poi le fece un gesto con la mano, per indicare la superficie davanti a lui e invitarla a continuare.
Sebbene si apprestasse a fare una cosa totalmente inutile, gli occhi della giovane divennero affilati e attenti mentre mescolavano le carte con un abile maestria sviluppata negli ultimi giorni, poi posò davanti a lui il mazzo di carte e lo invitò a tagliarlo.
Draco aveva quasi un sorriso intenerito mentre separava i mazzi. Quasi.
Lei iniziò a disporre le carte sul tavolo, si prodigò a porre le carte in una precisione millimetrica prima di decretare il suo capolavoro geometrico concluso. Quando tornò da lui, si espresse con la sua migliore espressione di professionale serietà, poi iniziò a girarle.
Il modo in cui le girava stonava con tutta la sua meticolosità precedente, alcune volte la certe restavano attaccare al tavolo e doveva tentare più volte prima di girarle e Draco non poteva fare a meno di tentare disperatamente di non ridere.
Quando finalmente le carte furono girate, Draco attese.
Gli occhi della sua amica erano completamente assortiti nella lettura, sembravano seguire una scia, come le parole che attraversavano le pagine di un libro. Poi le iridi di dilatarono, come se avesse raggiunto una decisione.
Prese la prima carta e disse – Il mago.-
- Beh, sì siamo maghi.- ridacchiò Draco Malfoy con una scrollata di spalle – Sono un mago, sai che novità.-
Lei arricciò il naso – No, il mago è collegato alla carta del sole.- le indicò – C’è una persona che credi essere molto importante per te. – esitò – Sei innamorato di qualcuno?-
Colto in contropiede, Draco inghiottì a vuoto mentre le guance arrossivano un poco – Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.-
Lei si illuminò, non tanto per il clamoroso gossip ma tanto per il fatto di avere indovinato. Poi proseguì – Questa carta…- indicò una immagine con una donna anziana che teneva una clessidra – Dice che sei innamorato da molto tempo, ma questo sentimento sta per cambiare.- osservò le carte – Tutto sta per cambiare.- si corresse.
Draco scrollò le spalle – Sì, ci stiamo per diplomare, probabilmente non vedrà mai più questa persona.- s’umettò le labbra – Dimmi qualcosa che non so.-
- Riceverai buone nuove.- indicò un’altra carta – E i tuoi dubbi riceveranno risposte che attendevi da sempre. – ancora un’altra carta – Realizzerai qualcosa che volevi da tempo.-
Draco prese un profondo respiro – Dai, non mi hai augurato di morire, è un progresso.-
Pansy rilesse ancora le carte, una per una, poi sembrò arrivare a una conclusione – Devi dichiararti.- sentenziò.
- Nemmeno tra un milione di anni.-
- Devi farlo, Draco!- insistette – Le carte sono positive!-
Il cuore del serpeverde si strinse in una mossa, il suo Mago era sempre stato irraggiungibile, su così tanti livelli che faceva male ripeterseli ogni giorno: era un grifondoro, era un eroe, era etero, lo odiava.
- Non dicono altro?- domandò per cambiare discorso – Lavoro? Famiglia? Soldi?- gli fece l’occhiolino.
Pansy alzò un sopracciglio – Nulla che tu già non abbia. Ovvio che la consultazione sia su ciò che ti manca.-
- Ci vuoi anche del sale da gettare sulle mie ferite?- provò a sdrammatizzare alzando gli occhi al cielo.
Pansy si fece più avanti – Cosa hai da perdere?-
L’altro alzò le spalle – Perdere? Nulla. Prendere? Forza un pugno in faccia. Anche no, grazie. Oltre al rifiuto ovviamente.-
Pansy si fece avanti, con un piccolo broncio – Sono sicura che andrà tutto bene. Le carte hanno solo cose positive per te.-
- Pansy.- disse, a mo’ di minaccia.
La ragazza sbuffò e dette un’ultima guardata alle carte prima di raccoglierle. Si alzò e soffiò – Vedo se Zabini vuole una predizione.- mormorò – Ma tu pensaci, va bene? L’hai detto tu, fra poco potremmo non vedere mai più le persone che abbiamo visto tutti i giorni negli ultimi otto anni, potrebbe essere la tua ultima occasione.-
Ma Draco lo avrebbe visto, probabilmente tutti i giorni, tra i corridoi del ministero, alle riunioni, alle feste, a Diagon Alley.
I loro destini si sarebbero sfiorati sempre, senza mai davvero toccarsi.
Si chiese se gli sarebbe stato concetto di poterlo anche solo salutare. Sospettò che un cenno fosse il massimo a cui poteva ambire.
Pansy volò via in cerca della sua prossima vittima da tormentare, lui riprese tra le mani il libro, ma quando provò a leggere si riscoprì distratto dal peso che aveva sullo stomaco.
Poggiò il libro e decise di fare una passeggiata. Del resto, era una bellissima giornata di sole, prendere un po’ d’aria gli avrebbe fatto bene.
Una volta fuori, si tolse il mantello e lo stese sul prato, poi si prodigò a prendere un po’ di sole. Non gli era mai spiaciuto il proprio pallore, era regale e gli dava quell’aria etera di cui tutte le ragazze si innamoravano, ma a volte gli piaceva il sole. Gli sembrava di fare un passo nel suo mondo, anche se era un piccolo e insignificante passo.
- Non rischi di scottarti?- arrivò una voce dal nulla e Draco si girò più d’istinto che per curiosità. Avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille, ma per qualche ragione era così immerso nei suoi pensieri che non ci aveva fatto caso. Tuttavia si ritrovò a rispondere – Può darsi, male che vada c’è l’infermeria.- prima ancora di concepire chi fosse a parlargli.
Quando si accorse di Harry Potter in piedi accanto a lui, il suo cuore perse così tanti battiti che si chiese se fosse ancora vivo.
Harry alzò il viso verso il sole, chiudendo gli occhi qualche attimo, come se si godesse quel tepore sulla pelle – E se svieni per l’insolazione e nessuno ti trova? – replicò tornando ad aprirli – Sei davvero pallido, è un rischio che devi correre.-
Draco cercò qualsiasi altra cosa da dire, qualsiasi, ma tutto ciò che gli venne in mente di rispondere fu – Allora dovresti restare. Per salvarmi la vita.-
Gli occhi versi lo guardarono come se d’un tratto fossero intrigati da quella risposta. Con un mezzo, nuovo, sorriso, Harry si tolse il mantello e lo stese accanto a suo, per poi sedersi.
Draco sperò davvero che l’improvviso rossore della guancie potesse scambiarlo per il calore del sole sulla pelle. Restarono in silenzio per un lungo tempo, Harry non sembrava a disagio o infastidito, prendeva i fili d’erba e ci giocava, con un espressione concentrata.
Draco si sforzò di trovare qualcosa da dire, così soffiò – Sai la Parkinson mi ha predetto il futuro con i tarocchi.-
- Davvero? Cosa ti ha detto?-
S’umettò le labbra – E’ uscito un mago e il sole.- indicò prima lui e il sole – Direi che questo momento era scritto nel nostro futuro.-
Harry sembrò divertito, piegò le ginocchia e ci appoggiò i gomiti – Che altro ha detto?-
- Che avrò solo sole belle. Hai cose belle per me?- tese la mano con sorriso mordace.
Harry ci riflettè, drizzò la schiena e si iniziò a frugare nelle sue tasche. Oltre la bacchetta, c’erano delle monete, un pezzo di carta piegato, una spilla da balia e una bustina di caramelle tutti i gusti più una. Gli offrì quella – Preferisco i soldi.- lo prese in giro di rimando, ma prendendo una piccola mangiata di caramelle e mangiarla.
- Non ne hai già tanti?-
- Rifiuteresti mai dei soldi gratis?-
- Mai nulla è gratis.- replicò Harry scrollando le spalle.
- Ah, sì?- ammiccò verso le caramelle – Quanto ti devo?-
Harry ci rifletté mentre ne mangiava qualche altra manciata – Beh, avevano un valore sentimentale, quindi valevano davvero tanto.-
Draco trovava divertente e euforica l’intera situazione. Se non avesse dovuto dimostrare distacco e superiorità, era sicuro che non sarebbe riuscito a smettere di ridere.
- Posso pagare.- replicò.
- Beh, il valore sentimentale non può essere ricompensato con i soldi.- disse Harry, pensieroso.
Sentimentale, eh?
Draco scrollò le spalle, contò tre secondi, dandosi il tempo di cambiare idea prima di dirlo, ma finiti i tre secondi quella risposta era ancora lì nella sua mente, aleggiava come un aquila che aveva puntato la preda.
- Beh, se è un sentimento quello che ti serve, quale vuoi? Odio? Amore? Fame? Felicità? Tristezza?-
- La fame non è un sentimento.- rispose divertito Harry mentre piegava la testa pensieroso.
- Sottigliezze.- fece un gesto con la mano – Allora? Quale vuoi? Ricorda; “fame” è ancora disponibile.-
- Beh, ho fame anche io, quindi non mi serve.- meditò contando sulle dita della mano – Di odio e tristezza ne posso tranquillamente fare a meno, e mi sento già abbastanza felice.-
Draco inghiottì a vuoto, notando con emozione che fosse rimasta l’ultima opzione: amore.
Fu quasi senza respiro che riuscì a dire – Mi toccherà amarti, allora.-
Fu un esperienza extracorporea. Era lì, ma era anche davanti a loro a guardarli, spettatore nella sua folle disfatta.
Harry osservò il mignolo, l’ultimo dito rimasto alzato del suo contare, poi lo puntò verso di lui, come la punta di una bacchetta carica.
- Ti tocca.- soffiò.
Non aveva capito, pensò cercando di sentirsi sollevato, ma sentendosi quasi sull’orlo della disperazione. Tanto valeva…
- Va bene, se proprio devo.- disse, fintamente esasperato, poi si chinò a poggiare la testa sulla spalla di Harry. Ciò che non si aspettava, fu che Harry alzasse un braccio per aiutarlo a mettersi più comodo e avvolgerlo in quello che poteva solo essere definito un abbraccio.
Impacciato e imbarazzato, Draco si chiese fin quanto poteva insistete in quella piccola recita, in ogni caso di aggrappò a ogni secondo che Harry gli permetteva di restargli vicino.
Dopo un po’, Harry fece una cosa strana, appoggiò la guancia sulla sua testa e disse:
- Hai altri dieci secondi per tirarti indietro. – soffiò - Ma se resti, diventerai davvero il mio ragazzo. –
C’era un tono nuovo nella voce dell’altro, un tono serio e perfino un po’ vulnerabile. Draco non sapeva se stava dicendo sul serio, non sapeva cosa stava succedendo ma quel piccolo ricatto era lì: resta dieci secondo e sarò tuo. Li contò; 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3…
Scaduto il tempo, Harry affondò le mani nei suoi capelli e gli baciò gentilmente il capo. Draco alzò il viso e Harry gli baciò la fronte, lo alzò un altro po’ e finalmente gli baciò le labbra.
Mentre rispondeva a quel tocco, fu strano pensare che Pansy avrebbe ottenuto il massimo dei voti.
Quello che era appena accaduto era davvero OLTRE OGNI IMMAGINAZIONE.






 
 
 
 
 
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Musa biricchina

Quella mattina sembrava assolutamente normale, il grigiore tipico del cielo Inglese era molto luminoso, il castello sembrava sempre caotico e magico, ma quando Harry mugugnò il buon giorno ciò che si ritrovò a dire fu:
- Buongiorno compagni, la vita sorride. Non occupate i bagni, la vescica richiede.-
Si fermarono tutti a guardarlo con un sopracciglio alzato. Ron quasi rise quando tento di rispondere “ehi amico, che ti è preso” ma si ritrovò a dire invece:
- Cosa favelli, amico? Sei strano. – trasalì – Ma cosa dico? Tacere è vano!-
Ancora sguardi, poi la voce di Neville proruppe – che scherzi sono questi? Le rime sono fuorvianti! – si tappò la bocca per un secondo, per poi ribattere – Dobbiam capire, lesti! Per dire cose senza rimpianti!-
L’intera scolaresca si precipitò in concitato silenzio lungo i corridoi. Trovarono la McGrannit in cima alle scale, il viso contrito e la pelle cinerea.
- Un incantesimo ci fu scagliato, della musa Talia porta il nome.- li informò – Ogni dialogo si ritrova rimato… e sarà punito lo stupende sornione! –
Poi la McGrannit si fece più seria ancora – Fate attenzione a ciò che dite, rimare è solo l’aspetto. La volontà con essa stride, verità celate possono rivelarsi in modo gretto. L’incanto non consente menzogna alcuna, quindi tacete per non esternar verità alcuna!-
I ragazzi si ritrovarono a impallidire. Da allora, ci fu un estremo silenzio per tutta la scuola, parlavano lo stretto necessario; il fatto che quel rimare fosse anche una specie di ironico veritatusem aveva messo a disagio tutti.
Le lezioni furono annullare, per tutto il tempo i ragazzi restarono in piccoli gruppetti a tenersi occupati nel frattempo che i professori cercavano il colpevole e ristabilissero l’ordine.
Dopo qualche ora, tuttavia, il grifondoro per eccellenza non ne poteva più. Stanco della centesima sconfitta a scacchi, si armò di pazienza e andò a farsi una passeggiata.
Non temeva in ogni caso l’incantesimo, non aveva particolari verità da celare e, se anche le avesse avuto, era sicuro che difficilmente avrebbe avuto una conversazione adatta a rivelarli. In rima o meno.
Tra le nudi dense si fece strada un tiepido raggio di sole, mentre camminava lo vide illuminare la valle e si ritrovò a sorridere, rincuorato.
Non c’era nulla da fare, nonostante fosse abituato al cielo grigio, il sole metteva sempre di buon umore!
Preso dal quel pensiero vago, non si rese conto di finire addosso a qualcuno.
Si affrettò a scusarsi con impeto – Mi spiace, davvero! Può credermi, son sincero!-
Arrossì, era ridicolo, cavolo!
Quando capì a chi era andato addosso si ritrovò a inghiottire a vuoto. Tra tutti, incontrare lui, era veramente assurdo.
- Potter, sei come la peste.- replicò Malfoy con un sopracciglio alzato e la voce atona – Accetto le tue stupide scuse meste.- fece per andare via, quando Harry si ritrovò a ribattere con animo.
- Aspetta, non andare! Delle rime che te ne pare?-
Odiò l’incantesimo. Aveva chiaramente letto la sua voglia di continuare a dialogare con lui in un modo qualsiasi e lo aveva fatto agire senza pensare.
Malfoy lo guardò, come se cercasse di capire perché gli parlava ancora.
- Trovo che sia interessante l’incanto.- replicò – Di rimar ammetto, non ho rimpianto.- quasi rise.
- Divertire ti fa questo parlare? E’ strano, credevo ti fosse temuto.- soffiò – Non hai paura di strafare? Il timor di rivelar verità non è cresciuto?-
Gli occhi grigi lo studiarono – I miei segreti sono preziosi e tanti.- sorrise – Per questo mi parli? Vuoi saperli tutti quanti?-
Harry non riuscì a frenarsi dal rispondere – Invero la mia intenzione è questa! Conoscerti è la mia richiesta!-
Se non sarebbe stato ovvio si sarebbe dato un pugno in faccia. Strinse le labbra, mentre gli occhi di Draco lo studiavano attentamente.
- La fiducia è un sentimento ancor vano? Credevo di essermi riscattato pian piano…- replicò, un po’ esitante – Potter, non ho alcuna maligna intenzione, perché di me hai solo una malvagia previsione?-
Sembrava sinceramente ferito mentre sviava lo sguardo, pronto ad andare via. Harry si ritrovò ad afferrargli il braccio.
-Sbagli se pensi questo me! Criticarti, non è mia ambizione!- esclamò esasperato – Il vero Malfoy, il vero te! Conoscerti è padrone della mia azione!-
Si guardarono, confusi e imbarazzati da quell’assurda situazione. Harry si sforzò di lasciargli il braccio mentre Draco se lo massaggio, più per avere qualcosa da fare che per vero dolore.
-L’incanto di ha dato alla testa?- domandò – Nessun’altra spiegazione resta.-
Doveva andare via. Si era già esposto troppo. Così aprì la bocca, pronto a dire, seppur in rima, di lasciare perdere e che andava via. Ma la verità esplose in lui, costretta dalla magia.
-Capisco la confusione, l’incanto mi fa essere strano.- strinse le labbra - Se ti causa tensione, il tuo scacciarmi non sarà invano.-
Draco assottigliò gli occhi, come se cercasse di capire dove fosse l’inganno.
-Non stai mentendo, l’incanto è fiscale, quindi mi stai dicendo… che con me vuoi… stare?- le parole gli sembravano avere un sapore strano nella sua bocca.
Harry impancò, cercò altro da dire qualsiasi cosa, per tentare di frenare la sua lingua incantata, ma si ritrovò a ribattere senza volerlo e senza scampo. La rima si formò nella sua testa, come se la magia gli desse scelta, la ripeté rileggendola silenziosamente prima di decidere di dirlo.
Avrebbe dato colpa alla mia, in caso.
Non che il suo desiderio fosse nasconderlo a tutti i costi…
-Sono affascinato dal tuo incarnato, abbagliato dal chiomato, catturato da i tuoi occhi, deliziato dai battibecchi. Tu mi piaci sì d’aspetto, e di più per intelletto, il tuo fascino è sconcertante, anelarti, massacrante. Quel che provo, tu odierai, di sicur mi scaccerai, son ragazzo e poi un grifone, per te son pazzo, ed hai ragione. Ma il cuor mio sussurra forte, che tu mi piaccia è la mia sorte. –
Draco lo guardava, immobile come una statua di sale. Sembrava essere incapace pure di respirare. Le iridi si dilatarono, lentamente, come se la realizzazione si facesse strada dentro di lui in modo graduale.
-Non puoi mentirmi, mi è questo inteso. Quindi di amarmi, hai sì compreso?-
Harry annuì, ormai esposto. Draco esitò, ancora un po’ confuso, ancora un po’ scosso.
-Un appuntamento, non prometto altro.- disse, a mo’ di minaccia – Solo ad incanto spento, non tentare d’essere scaltro!-
Cosa? Harry si ritrovò più confuso che mai mentre si faceva strada in lui la situazione. Annuì, e si separarono in silenzio.
Tornò nella sua casa con la testa leggera. Si chiuse il quadro alle spalle quando avvertì la magia svanire. In tempo per permettergli di trovare il coraggio di chiedere a Draco Malfoy di uscire.
Dall’altro lato della stanza, in una nicchia piccola e poco esposta, un quadro di una piccola musa sorrise.


 
 
 
 
 
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Un natale da ricordare



Harry li vide la vigilia di Natale.
Tutti erano andati a dormire e Harry era sceso per bere qualcosa e li aveva scoperti, i gemelli, in cucina: erano nella penombra della luce fioca della luna che entrava dalla finestra poco più in là ed erano avvolti in un abbraccio che Harry non aveva saputo decifrare immediatamente. Il suo primo istinto era stato di chiedergli cosa stessero facendo, ma trasalì comprendendo che c’era qualcosa che non andava nel loro stare vicini, nel loro toccarsi. Non solo erano così prossimi che i loro corpi sembravano volersi unire, ma c’era qualcosa nei movimenti delle loro teste di ambiguo e sconcertante. Gli bastò sporgere di poco la testa per assistere alla visione più surreale di tutte; uno dei gemelli seduto su un ripiano della cucina che stringeva le gambe a mo’ di abbraccio attorno alla vita dell’altro e questi che gli stringeva tra le mani il viso del fratello restando ostinatamente chinato su di lui per coinvolgere in un tocco di labbra che non poteva essere altro che un bacio. Un bacio appassionante e affatto platonico.
Quando lo realizzò gli sfuggì un gemito secco che fece irrigidire i due ragazzi. Si girarono immediatamente a guardare, con il panico negli occhi.
Harry trattenne il respiro come se fosse sotto il mantello dell’invisibilità e bastasse stare completamente immobile per non essere notato.
Ma era visibile. E loro l’avevano visto.
Il gemello in piedi si scostò dall’altro così bruscamente che finì per sbattere con il tavolo appena dietro di lui.
-H-Harry!- gracchiò quasi in falsetto – ehm – si schiarì la gola – Harry.-
-Ero venuto a prendere un po’ d’acqua.- disse di rimando il moretto ancora scioccato – Acqua.- per poi girarsi e andare via.
Nessuno dei due gli fece notare di non averne presa e Harry non tornò.
**

Il giorno dopo Harry evitò i gemelli con tanta nonchalance che sembrava perfino naturale bere un thé accanto a Ron e Hermione che pomiciavano. Di solito in quel momento si eclissava e andava a gironzolare per la casa, ma gli sguardi timorosi e allarmati dei gemelli, lo aveva dissuaso a dare un'altra chance ai suoi due amici di sempre di tenergli compagnia un altro po’.
Così, in un silenzio tanto imbarazzato che era il loro essere intimi anche senza baciarsi, Harry se ne usciva con frasi a caso come “hai visto la partita dell’altro giorno?” oppure “Hermione ma il libro che hai letto ultimamente di che parlava?” e con questo, era arrivato alla frutta.
Dopo che Hermione, con un luccichio entusiasta negli occhi, era arrivata alla terza sottotrama del libro che stava leggendo, Harry gettò la spugna.
Nulla poteva essere più imbarazzante di Ron che faceva delle smorfia assurde appena dietro la ragazza per preparare le labbra alla pomiciata del secolo.
Arreso, si alzò e uscì a prendere una boccata d’aria. Il gelo gli pizzicò le guance con insistenza, ma la sensazione dell’aria fresca nei polmoni fu una liberazione. La casa dei Weasley era sempre stata piccola per quante persone ci vivevano, ma non aveva mai notato quanto fosse soffocante fin’ora.
Prese un profondo respiro. La neve cadeva leggera dal cielo, posando strati nuovi su quelli vecchi. Quella strana calma lo aiutò a fare ordine nei suoi pensieri.
Fred e George. Insieme?
Ma era reale? Forse l’aveva solo immaginato. Era tardi ed era buio. Sì, poteva benissimo essere che se lo fosse solo immaginato.
Ma lo sguardo di panino nei loro occhi, la paura di essere stati visti, scoperti. Quella era reale…
La porta stridette sul pavimento in legno e gli occhi azzurri di uno dei gemelli cercarono timidamente quelli di Harry.
No, non aveva immaginato niente.
Il gemello restò un intero minuto in piedi accanto al moretto prima di trovare il coraggio di parlare.
-Harry…- sussurrò piano. Poi tacque. La neve silenziosa scendeva senza pietà. Se continuava così non sarebbero riusciti più ad uscire di casa.
-Ascolta.- mormorò Harry ad un certo punto – Rispondimi sinceramente: c’è una spiegazione se non la più ovvia a quello che ho visto?-
Incrociò il suo sguardo e la realtà attraverso le iridi azzurre dell’altro.
L’altro annuì prendendo atto che era così; i gemelli aveva una relazione sentimentale.
Si portò una mano alla testa.
-Non so che pensare.- confessò piano - Non so come comportarmi.-
Il gemello strinse le labbra – Harry, ci dispiace. Non volevamo coinvolgerti, però devi capire che questa cosa deve restare tra noi. Se lo sapessero…-
Il gemello fu zittito dallo sguardo perplesso del moretto – Come? Temevate che lo dicessi a qualcuno?-
La preoccupazione si dipinse sul viso dell’altro – Tu e Ron non avete segreti.- disse, come se fosse il punto della situazione.
Era così? Harry fissò il vuoto cercando di capire in che misura lui e Ron fossero aperti a queste confessioni. Erano amici, certo, ma mettere la loro amicizia prima del segreto dei gemelli? Dirlo e rovinare il natale e e, ancora più importante, rovinare la vita dei suoi amici?
Guardò dritto negli occhi dell’amico e scoprì semplicemente che non era cambiato nulla. Non li odiava, certo. Non avrebbe mai potuto.
Scosse la testa con veemenza – Non vi avrei mai fatto questo. Non dovete nulla da temere.-
Una spalla del ragazzo si rilassò, ma non sembrava troppo sollevato. Una preoccupazione ancora lo aggrovigliava.
-E per quanto riguarda noi?- disse timoroso - … cosa ne pensi?-
-Ti ho detto che non lo so.- rimbeccò più acido di quanto volesse. Il gemello strinse le labbra, ferito.
-Harry…-
Il moretto prese un grosso sospiro guardando la neve cadere. - Ascolta… – esordì più calmo – Che ne penso? Penso che siate un po’ troppo uniti ovvio. Penso che è contro la legge e un sacco di altre cose, ma…-
-…ma?-
Harry lanciò un’occhiata all’amico. Un sorriso malinconico spuntò sul suo viso – …vi amate?- domandò.
Nel silenzio della vallata le neve rallento un attimo. O così parve a loro, mentre la tensione scivolava via.
Il gemello annuì, più serio di quanto Harry si sarebbe mai aspettato.
I gemelli non era mai stati seri, di loro aveva un ricordo con sempre un sorriso sbarazzino in faccia, l’espressione sfrontata, la mente impegnata sempre a combinar guai. Non li aveva mai visti così.
-E allora penso che vada bene.- si ritrovò a dire senza rendersene conto – Sono cose vostre. Se siete felici così, penso che tutto sommato non sia un male…- esitò – Almeno credo. Non è una situazione facile.-
Una folata di vento smosse i capelli rossi del gemello e Harry tirò su col naso. Si accorse solo in quel momento di stare tremando di freddo.
Rientrarono in silenzio.
La sensazione opprimente che aveva caratterizzato il suo risveglio era stranamente svanita. Accettò il calore del caminetto con sollievo.
-Harry, Fred! Che ci facevate fuori?- esclamò Molly aggrottando le sopracciglia mentre sferruzza una sciarpa che sembrava avere una H sul lato. George era accanto all’albero che tirava fuori da una scatola le decorazioni natalizie in silenzio. Incrociò lo sguardo del gemello che annuì con un sorriso affabile. Poi guardò Harry che gli restituì all’incirca lo stesso sguardo.
Harry non era ancora sicuro di come comportarsi, ma sentì che poteva rilassarsi. Raggiunge George e si sedette accanto a lui buttando le mani nella scatola.
-Ti aiuto.- disse. George allargò il sorriso e gli consegnò le stella da mettere in cima.
**

In Natale stava passando troppo in fretta. Harry preferiva passare il tempo con i gemelli, piuttosto che a vedere i migliori amici studiarsi le tonsille. Fred e George erano discreti nel loro amore, che era condito da momento fragili e delicati.
Non potevano baciarsi, bastava uno sguardo. Non potevano toccarsi, ma bastava una carezza nascosta. Lo stupore e la confusione era presto diventata tenerezza a Harry si ritrovava giorno dopo giorno sempre più affascinato dalla loro relazione.
-Vi invidio - soffiò un giorno mentre i gemelli erano distesi sul letto vicini a meditare nuovi scherzi per il loro futuro negozio di scherzi di ogni tipo. All’inizio, dal momento che pensava di essere di troppo, provava sempre un certo imbarazzo a stare con loro quando erano da soli, ma si era reso conto che erano i gemelli stessi a cercarlo. A volte, si sentiva parte di una cosa che non capiva davvero, come il significato tra le righe di un testo che continuava a leggere.
Fu quasi per caso che se ne rese conto. Non era molto sveglio.
Si era ritrovato tra loro, al centro, sul letto, con il viso incollato nel quaderno doveva avevano scritto tutte le idee, per fare una sua opinione.
Loro erano vicini, tra loro, e con lui. Così vicini che ne sentiva la consistenza, il calore, il suono del respiro, una mano di George era sulla sua schiena, la mano di Fred giocava con una sua ciocca ribelle sul collo.
Si girò verso Fred, volendo chiedergli come funzionavano i razzi multi incantesimo, ma si ritrovò braccato dal suo sguardo, poi sentì le labbra di George posarsi brevemente sulla sua spalle.
Chiuse gli occhi prima ancora di ricevere il bacio. Smise di pensare ancora prima di farsi delle domande.
Quando tutto fu finito, i due gemelli lo coccolarono, e un po’ presero in giro, per essere diventato il terzo di una coppia già atipica di suo.
-Perché?- domandò solo quando ormai era condannato a vivere quella relazione finché poteva aggrapparcisi – Perché avete voluto includere anche me?-
I due lo avevano guardato dolcemente e baciato a turno, prima di ribattere con una serietà che non era assolutamente loro.
-Perché tu ci hai accettato…- esordì Fred.
-E ci ha fatto perdutamente innamorate di te.- finì George.
Harry annuì, ancora confuso, ma allo stesso tempo ancora felice.
- E allora penso vada bene così.- soffiò, per la seconda volta ad un amore folle.
 
 
 
 
 
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