Quattordici lettere
Feb. 13th, 2019 10:23 pmTitolo: Quattordici lettere.
Cow-t 9, prima settimana, M2.
Prompt: Malessere
Numero parole: 14121
Rating: Arancione
Fandom: Harry Potter
Draco si riscosse dai suoi pensieri quando la professoressa di babbanologia mise il foglietto davanti a lui. Non si soffermò nemmeno un secondo davanti al suo banco, ma passò direttamente al prossimo, e quello ancora.
Dal fondo della sala una mano fu alzata – Si, signorina Granger?-
Hermione drizzò la schiena – Possiamo scrivere qualsiasi cosa?-
La professoressa le sorrise – Solitamente è un desiderio, ma non tutti sono propensi a confessare ciò che vorrebbero, quindi puoi scrivere anche una frase che ti piace di un autore che adori. Davvero, non è importante. Saranno puramente decorativi.-
Qualcuno nella sala fece una battuta e qualcuno rise, Draco si estraniò dalla conversazione e fissò il bigliettino dorato che gli era stavo messo davanti.
Scrivere qualcosa, qualsiasi cosa. Un pensiero.
Draco prese la penna in mano e la posò sul foglio. Pensò a qualcosa di banale, di stupido, di insignificante e inutile, ma non gli venne in mente nulla.
Così scrisse il sussurro che tormentava i suoi incubi, che gli gelava il sangue nelle vene le giornate.
Posò la penna e prese un profondo respiro, poi scrisse:
Sono ancora vivo?
**
Cosa buffa, la vita. Il giorno prima c’era una guerra, parti da scegliere, nessuna vera scelta e ogni mattino era una scommessa: resterò vivo anche oggi?
E il giorno dopo... il giorno dopo tutto era normale, la scuola, i compiti, svegliarsi la mattina per andare a lezione.
Giorni sempre uguali, tediosi e pieni delle tipici insoddisfazioni adolescenziali.
Una vita, una vita normale, come se la guerra non fosse che un giorno lontano quando era il semplice giorno prima.
Il bullismo si esaurì in fretta, non c’era davvero alcuna voglia di continuare qualsiasi conflitto, non c’era ancora voglia di pensare ad una parte avversaria e denigrarla. Passò com’era venuto e, in poco tempo, le persone che erano state nel “lato sbagliato” della guerra divennero persone da evitare, che non contavano, che avevano il permesso di stare a scuola solo per bontà d’animo con cui non valeva più la pena interagire.
Così sopraggiunse l’indifferenza e con essa… il silenzio.
Nessuno faceva più caso a Draco Malfoy, aveva lasciato la squadra di quidditch, aveva ceduto la spilla di prefetto a Zabini e da allora nessuno aveva avuto più nulla da ridire su di lui. Né da dire.
Malfoy stesso aveva passato il tempo a godere così tanto della nuova indifferenza che aveva fatto proprio quel nuovo silenzio.
Passava tra i corridoi come un fantasma visto solo con la coda dell’occhio.
L’indifferenza era presto diventata da un capriccio ad un abitudine.
Nessuno parlava più a Draco Malfoy, spesso nessuno si accorgeva nemmeno che fosse nella stessa stanza.
Era questo il prezzo che toccava per aver ospitato il mago cattivo nella propria casa, come se lui avesse avuto scelta.
Draco non ricordava l’ultima parola che aveva detto qualcosa, ma ricordava il momento in cui si era accorto che non parlava da un sacco di tempo.
Un professore gli aveva fatto una domanda, ed era così abituato a non sentirsi rivolgere nemmeno uno sguardo che fu come se qualcuno lo avesse colpito in faccia e ne fosse rimasto disorientato.
Aveva guardato il professore, limitandosi a sbattere le ciglia e poi questi se n’era uscito con un’espressione esasperata ed era passato a qualcun altro.
Era stato in quel momento che si era accorto di essersi alienato dal resto del mondo. Quando era stata l’ultima volta che aveva parlato? Per quanto continuasse a cercare di ricordarlo non gli veniva in mente.
Fu così che si rese conto del vuoto che gli aveva attanagliato la mente, dell’oblio in cui era immerso. Si rese veramente conto dell’entità che aveva raggiunto l’indifferenza attorno a lui, di essere invisibile ai loro occhi, come nemmeno un fantasma riusciva.
Il silenzio era diventato parte di lui.
Così la domanda si era fatta strada sempre di più nella sua testa, ad ogni suo passo, ad ogni sussurro, ad ogni sguardo lanciato a gente che parlava tra loro senza accorgersi che lui era lì: era davvero vivo?
Forse era morto in guerra, e non lo ricordava.
Forse era stata una morte traumatica e l’aveva dimenticata.
O forse era diventato davvero invisibile…
Quando aveva preso la penna in meno, aveva pensato, per un attimo, che se quel biglietto fosse stato appeso ai rami di quell’albero sarebbe stata una prova che lui era davvero lì, che esisteva.
Ma poi aveva visto la domanda che minacciava la sua fantasia di esistere, in bella calligrafia, con un inchiostro magico che riluceva con eleganza sotto la luce ed aveva improvvisamente avuto paura.
L’indifferenza era orribile, ma era meglio delle derisioni e dei pugni.
Così chiuse il bigliettino e lo mise in tasca e decise che non lo avrebbe mai più guardato.
Il tempo aveva uno strano modo di passare, le giornate sembravano lente, eppure sembrava anche che i giorni saltassero sul calendario e il primo dicembre diventare in fretta il sei, e il sei diventava il dieci, e il dieci diventava il venti.
E prima di rendersene conto Natale era arrivato e Draco contemplò la scuola svuotarsi studente dopo studente.
Quasi gli spuntò un sorriso quando si rese conto che forse per la prima volta da mesi sarebbe stato veramente solo, che perfino il mormorii che accompagnavano i suoi dormiveglia di gente che viveva una vita in cui non era compreso, sarebbero cessati.
Chissà, forse sarebbe impazzito del tutto. Non era da escludere.
Aveva preso l’abitudine di camminare nella notte silenziosa di Hogwatrs da un po’ di tempo. Gazza era ancora convinto fosse un prefetto così lo lasciava andare. Forse nemmeno lui lo vedeva più.
La notte la scuola era diversa, sembrava meno una scuola, e più un castello spettrale.
Tra fantasmi, quadri che sussurravano e ti fissavano Draco camminava con passo lento.
Gli piaceva la vista del lago dall’alto, con la luna che si rifletteva nell’acqua.
Prima non ci aveva mai fatto davvero caso, non aveva mai fatto caso davvero a nulla che non a rivaleggiare con Harry Potter prima, e poi a tentar di favorire la sua morte aiutando il signore oscuro.
Ma da quanto era tornato a scuola, da quando il bullismo e l’odio erano cessati in favore di quell’indifferenza, Draco passava molto più tempo ad osservare il mondo attorno a lui, ad assaporarlo in una concezione che non aveva mai sfiorato.
Ma si sentiva solo. Se quando era più giovane credeva di aver provato solitudine, nonostante i suoi soliti scagnozzi che pendevano dalle sua labbra, non era nulla paragonata a quella sensazione.
La solitudine aveva il sapore amaro che persisteva nella bocca, non importava quanto bevesse o cosa mangiasse, restava bloccata in gola e a volte gli impediva di respirare.
Aveva pensato di voler piangere alle volte, ma il pensiero che a nessuno sarebbe interessato lo aveva fermato.
Se a nessuno interessava di lui, se nessuno si rendeva conto che lui era lì…
Era davvero vivo?
Certo, respirava, mangiava, studiava, ma poi? Se veniva a mancare tutto il resto?
Si fermò in cima alle scale del secondo piano, si affacciò ad una finestra e osservò il cielo illuminato dalla luna più grande che avesse mai visto.
Le stelle svanivano per quella luce imponente e l’immagine del suo riflesso traballava per via delle onde del vento.
Prese un profondo respiro e tentò di sostituire il sapore amaro della solitudine con la bellezza di quella visione.
Aveva imparato a vedere cose a cui molti non davano più importanza, ed era la sua unica, piccola, conquista.
Era così incantato a fissare il cielo che non si accorse dei rumori alle sua spalle.
Sentì distintamente la frase – Harry, cosa fai?- e si girò verso la voce.
Assistesse alla visione di Harry Potter che usciva dal suo manto incantato e si sistemava il mantello, poi una testa rossa spuntò dal nulla.
- Harry?-
Harry Potter alzò gli occhi e lo guardò. Draco ebbe l’impulso di girarsi per capire cosa stesse guardando.
Non poteva essere lui.
- Ron, vai avanti.- lo sentì dire – Ti raggiungo dopo.-
- Come? Ma Harry, ci stanno aspettando!-
- Va avanti.- insistette il moretto e Ron lanciò una strana occhiata al serpeverde prima di tornare invisibile. Draco osservò il punto dove era scomparso Ron e poi contò quanti passi ci volevano per girare l’angolo del corridoio.
Solo quando ipotizzò che Ron fosse andato via, si girò nuovamente verso la luna.
Si era dimenticato che Harry Potter era ancora lì.
- … Malfoy?- pigolò all’improvviso piano.
Malfoy aggrottò le sopracciglia: era il suo cognome? Certo, sì, lo era.
Stava davvero rivolgendosi a lui.
- Malfoy, stai bene?-
Eh?
Draco sbatté due volte le palpebre e poi si girò verso Harry. Una fitta gli attraversò il petto quando incrociò nuovamente i suoi occhi ed ebbe la certezza che si stava rivolgendo a lui direttamente.
Per un attimo gli parve di essere tornato a due anni prima, quando tutto era normale, quando Harry era il suo peggior nemico e doveva bistrattarlo.
Gli parve così ovvio che fosse così, che quasi sorrise con sdegno e fu pronto a ribattere qualcosa di acido.
Poi si ricordò che non riusciva più a parlare.
Il sorriso si spense all’improvviso e la solitudine lo agguantò così violentemente che il sapore amaro si accentuò diventando molto più simile ad un sapore rivoltante.
- … Malfoy? Ti senti bene?-
Non c’era più abituato. Da quanto tempo erano lì? Da quando Harry aspettava una risposta?
Draco tentò di concentrarsi. Doveva rispondergli in qualche modo, così annuì.
Si girò per tornare a guardare la luna, pensando che bastasse, ma due attimi dopo sentì la presenza di Harry più vicina che mai.
D’istinto fece un passo indietro così repentino che Harry mise le mani avanti come a simboleggiare che non gli avrebbe fatto del male.
- Malfoy.- ripeté.
Lo sapeva il suo nome, Potter doveva davvero smetterlo di ripeterlo.
Draco prese un profondo respiro e alzò un sopracciglio in un gesto che doveva significare universalmente: cosa vuoi?
Ma gli occhi di Harry erano attenti come non lo erano mai stati. Sembrava guardarlo come se tentasse di risolvere un rompicapo.
- Che ci fai qui?- cambiò domanda.
Ci vengo a scuola, pensò d’istinto Draco con acidità, ma si limitò a scrollare le spalle.
Ci fu una pausa di stallo in cui Harry sembrava voler continuare a parlare con Malfoy e questi non capiva esattamente cosa stava succedendo.
Draco sentiva dentro il petto una sensazione nuova. Era abituato a non essere visto, aveva agognato un contatto, si era sentito solo…
Ma ora che Harry lo guardava e gli parlava, provava paura. Non voleva.
Ingoiò il rospo e fece un passo indietro, pronto ad andare via, ma Harry gli afferrò il braccio, lo fece così repentinamente che Draco non si rese nemmeno conto che quella nuova costrizione era la mano di Harry.
Fissò lei, poi il padrone, incapace di afferrare gli eventi.
Alla luce della luna, gli occhi di Harry sembravano tenebrosi e scuri.
- Malfoy perché non mi rispondi?-
Draco evitò il suo sguardo, desiderò tornare invisibile. Quando lo sentì trattenere il respiro temette che Harry avesse capito fino a che punto la disperazione fosse diventata parte di lui.
Ma Harry mormorò – Ti hanno fatto un incantesimo, non è vero?- con una nota esasperata – Ma certo.- continuò, poi prese la bacchetta e gliela puntò – Ci vorrà solo un attimo.-
Draco fissò, perplesso, la punta della bacchetta e per un attimo sperò che la scintilla lo colpisse e gli ultimi mesi della sua vita fossero stati solo frutto di un incantesimo, frutto di un’ennesima angheria.
Ma la bacchetta di Harry restò inerte tra le mani, nessuna magia partì e Draco si ritrovò a fare i conto con un Harry Potter sempre più confuso.
I suoi occhi tornarnono a sondarlo – Allora è una pozione?- domandò – Avresti dovuto andare in infermeria. Vieni, ti ci accompagno.-
Draco fu così stranito dagli eventi che quando Harry lo tirò via per il braccio fece perfino due interi passi con lui prima di fermarsi.
Si inchiodò, rifiutandosi di seguirlo.
L’ultima cosa che voleva era altra attenzione, guardò Harry, arrivò perfino ad implorarlo con gli occhi di lasciarlo in pace.
Ma Harry non era mai stato così sveglio, o se lo era non era particolatamente propenso ad accettare questa supplica.
Riuscì a riconoscere il biasimo e la pazienza che veniva a mancare dietro le lenti spesse e Draco si sentì infantile e capriccioso.
Ripresero a camminare. Harry non sciolse nemmeno per un attimo la presa sul braccio di Draco quasi temesse che alla prima avvisagli sgusciasse via.
Forse non era poi così stupido.
Draco si arrese ad ogni passo e quando arrivò in infermeria si ritrovò a pensare che forse avrebbe davvero potuto aggiustare la sua voce.
Ma un altro pensiero insidioso si affacciò nella sua testa.
Un pensiero che gli strinse il cuore: e dopo?
Se dopo avesse continuato a non parlare con nessuno che senso aveva? Se anche avesse avuto modo di esprimersi, altri mesi sarebbero passati senza nessuna occasione per farlo.
Davanti a quell’infermeria, con un braccio fermo nella presa di colui che tutti amavano Draco si sentì sopraffatto dal dolore.
Tentò un’ultima volta di allontanare Harry, con più forza e rabbia di quanto avesse voluto manifestare e questa volta Harry lo lasciò.
Si fronteggiarono, in silenzio.
- Vuoi che me ne vada?-
Draco annuì, con tutta la decisione che aveva in corpo.
Negli occhi di Harry vibrò una rabbia celata – Dimmi che vuoi che me ne vada e me ne andrò.- disse.
Era una sfida, una sfida che Draco non poteva vincere. D’istinto strinse le labbra e sviò lo sguardo, poi entrò in infermeria.
Si premunì comunque di calcolare bene le distanze così che la porta della stanza finisse addosso ad Harry che se la ritrovò quasi in faccia prima di fermarla.
Gli lanciò un’occhiataccia acida poi aspettò con lui che l’infermiera arrivasse.
Era notte, ma lei sembrava sveglia e attenta. Quando li vide entrambi alzò un sopracciglio.
- Che succede?- domandò preoccupata – Avete litigato?-
Draco si strinse nelle spalle, mentre Harry diceva – Penso abbia qualcosa che non va, potrebbe visitarlo?-
Sto bene, avrebbe voluto ribattere Draco, anche se non era la verità.
- Credo che gli abbiano fatto una fattura alla gola. Ho provato a scioglierla ma l’incantesimo non ha funzionato.-
Draco decise di ignorare il resto della conversazione e sedersi sul lettino che l’infermiera usava per visitare gli studenti.
Era stato lì già cinque volte negli anni, tre volte per incidenti riguardanti il Quidditch, e altre due per contusioni dovute alle sue scelte di vita.
L’infermiera ascoltò Harry poi si dedicò a Draco.
Chiuse la tenda per dare a quella visita una sorta di privacy, poi lo visitò.
Fu tutto pratico ed asettico, l’infermiera fece qualche domanda a cui il paziente dovette rispondere sì o no.
Ma c’era ben poco da rispondere quando sapeva già di non essere sotto un qualche incantesimo.
L’infermeria sembrò intuirlo all’improvviso e lo guardò come se fosse stata una stupida a non capirlo prima.
La pena le attraversò lo sguardo e per un attimo sembrò a disagio, ma non meno materna.
Tirò le labbra in sorriso gentile e gli fece una piccola carezza sulla spalla, poi tornò da Harry.
- Terrò il signor Malfoy in osservazione per questa notte. Puoi andare.-
Harry sembrò sorpreso – E’ riuscita a capire cos’ha?-
L’infermiera tacque per un attimo – Sai bene che non posso dirtelo.- disse – Ma ha fatto bene a portarlo qui, ora la prego di andare a dormire o dovrò farti rapporto.-
Harry tacque e Draco avvertì il fastidio trapelare dalla tenda. Poi lo sentì sussurrare – Va bene. Buona notte.-
Prima di andarsene però si affacciò e lanciò un’occhiata ammonitrice a Draco che questi non riuscì a decifrare. Ma soprattutto non voleva.
Perché a dispetto di tutto, i suoi guai non erano del Grifondoro.
Era solo suoi.
**
Draco si svegliò con il sole che gli scottava le palpebre e le voci di sottofondo. Ci mise qualche attimo a ricordare dove fosse e cose stava succedendo, quando accade si rese conto anche di chi erano quelle voci e qual era l’argomento di conversazione.
- Non posso dirtelo, Harry. Non insistere.- stava dicendo l’infermiera leggermente esasperata.
Sentì un profondo sospiro da parte dell’altro – Poppy - la chiamava per nome ormai – E’ chiaro che abbia qualcosa che non va altrimenti me lo avrebbe detto, ho solo bisogno di sapere se sta bene, okay?-
La donna esitò – Sta bene.- disse, ma lasciò intendere che non fosse la verità.
- Oh, per favore!- esclamò Harry.
All’improvviso ci fu silenzio. Draco aprì gli occhi, ma non riuscì a vederli, ma quando tornarono a parlare con tono di voce più basso riuscì comunque a capire ciò che dicevano.
- Posso aiutare Malfoy a recuperare la voce, ma non risolve il problema alla radice.- mormorò lei.
- E qual è il problema?- rimbeccò Harry.
Ci fu silenzio, poi due passi – Harry, nelle condizioni di Malfoy non centra affatto la magia.- confidò sottovoce, ma c’era troppo silenzio e Draco la sentì lo stesso – Fisicamente non ha nulla che non va.- disse ancora – Posso fare una pozione per aiutare le corde vocali, ma… Harry, è evidente che ci sia qualcosa di più grave, qualcosa che né io né te possiamo sistemare.- ancora silenzio – Parlerò con lui sulla possibilità di fare sedute con un medico specializzato, ma ho paura che se non sarà lui a voler guarire sarà tutto inutile.-
E grazie tante al segreto professionale, pensò Draco con astio.
Si scostò le coperte dalle gambe e si alzò, prese il mantello e se lo mise addosso con movimenti secchi.
I due interlocutori si accorsero dei movimenti e quando Draco scostò la tenda con rabbia e lanciò un’occhiata gelida all’infermiera questa abbassò gli occhi, colpevole.
- Malfoy…- esordì Harry con un espressione piena di pietà che Draco odiò profondamente. Non lo lasciò finire di parlare, non serviva.
Non avrebbe accettato la loro pietà.
Uscì prima ancora che Harry finisse di dire – Aspetta!-.
**
C’erano momenti in cui la mancanza della parola aveva fatto sentire Draco inadeguato, in cui aveva desiderato riuscire a urlare alla gente, e potersi esprimere.
Erano momenti che passavano così come venivano, e il suo cuore rimbombava nella quiete.
Draco non aveva scelto di smettere di parlare, si era semplicemente arreso all’idea che non interessasse a nessuno sentire la sua voce.
Che lui, in quanto ex mangiamorte reietto, non aveva più alcuna voce.
- Ehi.-
Si girò d’istinto verso la nuova presenza, la odiò all’istante. Fece la faccia che significava “ah sei tu!”, era una faccia piena di esasperazione.
- Già.- rispose Harry alzando le spalle – Ti va di parl…- si fermò – di ascoltarmi?- si corresse, infine.
Draco scosse la testa con forza. No, non gli andava. Non voleva nulla del genere.
Iniziò a camminare per allontanarsi da lui ma Harry lo seguì prontamente – Stavo pensando…- esordì come se fosse la cosa più normale del mondo parlare con lui – a delle lezioni extra.-
Draco si fermò per guardarlo con un espressione perplessa. Harry gli sorrise innocentemente.
- Quando prenderai la pozione che l’infermiera ti sta preparando dovrai fare pratica per riprenderci la mano. Stavo pensando che potremmo vederci ogni giorno almeno per un’ora e fare un po’ di pratica.-
Draco chiuse un attimo gli occhi, si aspettò di aver immaginato tutto.
Doveva essere diventato definitivamente pazzo per avere l’allucinazione in cui Harry Potter si offriva di aiutarlo a parlare di nuovo.
Li riaprì ma Harry era davvero lì.
- Te l’ho detto, quando riuscirai a dirmi di andarmene lo farò.- gli sorrise con arroganza – Ci vediamo alle tre nel corridoio del terzo piano, troveremo una aula adatta.-
Stavolta fu Harry ad andare via prima che Draco riuscisse a trovare modo di rispondere.
E stavolta il momento di voler rispondere non passò com’era venuto.
In quel momento odiò davvero non poter gridare ad Harry Potter che era un cretino rompicoglioni.
**
Draco era ancora arrabbiato quando arrivò in camera sua prese carta e penna e decise di risolvere questa situazione una volta per tutte.
Qualsiasi problema avesse Potter con il suo mutismo, doveva essere risolto in fretta.
Intinse la punta della piuma e poggiò la punta sul foglio. Mille rispose gli passarono per la testa, colme di una rabbia e un nervosissimo che non provava da tanto. Il cuore gli batteva così forte nel petto che Draco non riusciva a ragionare lucidamente.
Potter gli mandava il sangue al cervello.
Ciò era pericoloso. Era riuscito a sopravvivere finora senza problemi perché nessuno si interessava o si era accorto della sua condizione, se altri fossero venuti a saperlo…
Sarebbero ripresi gli insulti.
Le sue dita tremarono prima di scrivere il messaggio: Potter non è un problema tuo. Lasciami in pace.
Non esprimeva a pieno quello che voleva dirgli, la voglia di esprimere ciò che sentiva dentro era un insidia allettante, non perché si fidasse di Potter, ma perché avrebbe mentito nel dire che non voleva affrontare la sua situazione.
Che non voleva urlare a tutti ciò che provava.
Ma era vero ciò che aveva scritto: non era un problema di Harry Potter.
Lui aveva una vita felice da vivere e non doveva impegnarsi a risolvere problemi di un ragazzo con cui, talaltro, non era mai scorso buon sangue.
Il biglietto prese il volo con la civetta, ma Draco non si sentiva tranquillo.
Nel suo petto ribolliva ancora il nervosismo della situazione, la rabbia nel non potersi esprimere, la rabbia di vedere la pietà negli occhi di Harry Potter.
Quest’ultima cosa era più difficile da digerire del resto.
**
Quella notte dormì poco, non era più abituato a sentire quella scarica d’adrenalina che gli dava la rabbia, il suo corpo doveva ancora smaltirla.
Scese a fare colazione, mangiò come non mangiava da tempo, con un gusto nuovo.
Quando Harry Potter entrò in sala una nuova scarica di adrenalina lo attraversò e il cuore iniziò a palpitargli, ma si impose di calmarsi, di non incrociare il suo sguardo. Lo ignorò, trovando fastidioso il fatto che fosse difficile ignorarlo.
Per fortuna Harry Potter non si avvicinò, non gli parlò, non tentò di attirare la sua attenzione.
Quindi era così? Era bastato così poco per farlo arrendere?
Draco Malfoy odiò sentire una punta di delusione a quel pensiero.
Strinse le dita alla cinghie della borsa mentre entrava in biblioteca l’unico posto che era silenzioso quanto lui e dove non parlare non era così sbagliato.
Si sedette a quello che era diventato il suo solito posto, vicino la finestra dove un rassicurante raggio di sole spuntata come se fosse mirato. Aprì il libro che aveva dietro e iniziò a leggere.
Leggeva spesso, ultimamente. Aveva scoperto un amore per la lettura superata solo da Hermione Granger. Forse in qualche anno sarebbe riuscita ad eguagliarla, chissà.
Aveva tutto il tempo del mondo, del resto.
Si immerse così tanto nella lettura che la sua mente tornò in quel rassicurante abisso, in cui esisteva solo la storia, e l’unica voce che gli era rimasta.
Si accorse che c’era lui, solo quanto sentì le sue dita sfiorare una ciocca che gli cadeva sul viso.
Sobbalzò così platealmente che Harry fece un sorriso divertito.
- Non volevo disturbarti.-
Draco sbatté le palpebre tre volte, ancora confuso dal brusco ritorno alla realtà, e schiuse le labbra pronto a chiedere: da quando sei qui?
Harry intuì la domanda – Dieci minuti.-
Draco aggrottò le sopracciglia, costernato e l’altro si difese con un alzata di spalle – Eri così concentrato che non ti sei nemmeno accorto che ero arrivato. Deve essere un bel libro.-
Draco abbassò gli occhi sul libro, poi su Harry. Annuì, non sapendo cos’altro poter fare per ribatte.
- Ti andrebbe di leggermelo?- fece allora Harry con una smorfia sul viso che sembrava un sorriso. Era uno strano sorriso, però, un po’ divertito, un po’ triste.
Allora non aveva smesso di insistere? Draco sostenne lo sguardo di Harry con attenzione tentando di testare la realtà.
Ma lì, soli, in quella biblioteca, cullati dal tepore di un raggio di sole sembrava quasi che loro due fossero vicini.
Draco odiò sentirsi sollevato dal pensiero che Harry Potter voleva aiutarlo ancora, ma non riusciva a fidarsi.
C’era un pensiero che aveva fatto radici nella profondità del suo animo, un pensiero che tormentava i suoi sogni, che distruggeva ogni speranza di poter tornare ad essere una persona normale: a che scopo?
In tutti quei mesi, Harry Potter, la persona che meno si sarebbe dovuta interessare a lui, era stato l’unico ad essersi accorto di come stava. L’unico.
Draco poteva veramente tornare ad esprimersi in un mondo dove non interessava a nessuno che lui esistesse?
Dopo un attimo di tentennamento prese la borsa e vide immediatamente la mano di Harry scattare per fermarlo, ma la ritrasse dopo che vide che non stava andando via; stava prendendo penna, calamaio e pergamena.
Esitò un’ultima volta prima di intingere la punta della piuma e scrivere su un foglio:
Perché vuoi aiutarmi?
Harry si affacciò a leggere, poi alzò gli occhi su di lui. Draco riuscì a sentire il rumore degli ingranaggi che macchinavano una risposta che non fosse né offensiva né ovvia, così Harry si strinse nelle spalle e rispose – Perché sì.-
Draco alzò un sopracciglio che fu piuttosto eloquente. Il sorriso di Harry Potter si accentuò.
- Sì, perfino senza dire una parola potresti prendermi per culo a vita se ti dicessi perché.-
Draco alzò entrambe le sopracciglia. Harry fece un profondo respiro.
- Va bene, ma tieni a bada quelle sopracciglia.-
Ne alzò solo una.
Harry sogghignò, ma non era davvero allegro. Prese dalla tasca qualcosa e la posò sul tavolo.
A Draco mancò il respiro.
D’istinto si toccò la tasca ma, ovviamente non trovò nulla. Ciò che Harry aveva era il biglietto che avrebbe dovuto appendere all’albero di natale. Come faceva ad averlo lui?
Guardò Harry, in silenzio.
- Ti è caduto a lezione.- si difese – Volevo ridartelo, ma...-
Draco si sporse in avanti e lo afferrò con forza, stritolandolo. Harry poggiò una mano sulla sua.
- Da lì mi sono accorto che la sensazione che avevo era vera.- disse – che qualcosa non andava lo sapevo da tempo, ma non potevo certo venire da te e chiederti “ehi Malfoy, non ci siamo mai parlati se non per insultarci, non è che c’è qualcosa che non va?”-
Draco non riuscì ad alzare gli occhi, li teneva fissi sulla mano che stringeva quel maledetto bigliettino.
Una debolezza, una, e proprio Potter doveva trovarla?
L’ironia della situazione gli gravò sulle spalle come un macigno e quando alzò gli occhi sul ragazzo che non sapeva farsi i fatti suoi.
Si sentì di cristallo e l’altro lo percepì.
Ritirò la mano per non far sentire l’altro braccato e aspettò qualche attimo prima di continuare – Malfoy tu non stai bene e se non vuoi che sia io ad aiutarti, lo accetto, ma devi chiedere aiuto a qualcuno. Non c’è nessuno di cui ti fidi?-
No, non c’era. Se ci fosse stato, non sarebbe arrivato a quel punto.
Draco ritrasse il braccio e si chiuse a riccio non volendo più continuare la conversazione e l’altro rispettò la sua decisione.
Dopo qualche secondo, Harry esordì con –Ti aspetto nell’aula abbandonata dei corridoio del terzo piano, se vuoi. Mi trovi lì.-
Non attese una risposta, non serviva.
Andò via così com’era venuto, senza fare rumore.
***
Draco odiò sentire nel profondo di voler andare all’appuntamento. Odiò sentirsi così debole da desiderare di poter parlare.
Ed odiò soprattutto che fosse perché era stato Harry Potter a chiederglielo.
Quello era veramente dura da digerire.
Camminò a zonzo per il secondo piano, arrivò alle scale diverse volte, sempre tornando indietro, la quinta volta salì perfino uno scalino, ma tornò in fretta su i suoi passi.
La settima volta arrivò a metà rampa di scale, e da lì gli sembrava il caso di arrivare perlomeno in cima.
Non appena salì l’ultimo scalino, la scalinata gli scivolò via da sotto i piedi, lascandolo solo al terzo piano senza possibilità di tornare di sotto.
Mentre tentava di pensare a come gettarsi senza rompersi qualcosa, Harry sbucò apparentemente dal nulla.
- Sei in ritardo!-
Draco meditò se era peggiore stare in una stanza da solo con Harry Potter che gli ripeteva l’alfabeto o buttarsi un piano sotto e rompersi sicuramente la gamba.
In fondo la gambe si poteva sistemare in fretta.
- Stai sul serio meditando se è meglio romperti qualcosa che fare pratica con me?-
Draco annuì solennemente.
Harry quasi scoppiò a ridere e partì verso il corridoio per cercare un aula. Si ritrovò a seguirlo automaticamente ma tentò di palesare il suo fastidio con lunghi e profondo sospiri.
Quelli poteva ancora farli.
Harry fece abilmente finta di non notarli e si fermò davanti ad un aula che aveva una porta in mogano scuro e intagli floreali, entrò lì senza indugio e tenne la porta aperta per Draco.
Harry doveva aver sondato il terreno poiché nell’aula c’erano già due banchi spolverati e messi in posizione l’una di fronte all’altro.
Draco alzò un sopracciglio verso di lui che gli sorride con un alzata di spalle.
Lo invitò a sedersi e Draco prese un profondo respiro prima di farlo.
Seduti di fronte all’altro si studiarono come a decidere come proseguire.
Draco notò che Harry aveva i capelli più lunghi di quanto ricordasse, che indossava abiti più casual e che era cresciuto molto dall’ultima volta che si erano confrontati.
Per un attimo, gli parve di essere davanti ad una persona sconosciuta, e Draco si rese conto che in parte era così: non sapeva nulla di ciò che era successo ad Harry dalla fine della guerra. Certo, sapeva se andava a lezione, sapeva che andava sempre d’accordo con Weasley e la Granger, ma tutto il resto, tutto ciò che era stato avido di sapere negli anni in cui era cresciuto nella sua ombra… tutto ormai era un oblio.
Un tempo Harry Potter, e tutto ciò che riusciva a scoprire di lui, riempivano le sue giornate. Invece ora, aveva una persona completamente nuova davanti, di cui non sapeva nulla.
Tornò la tristezza, il senso di isolamento, la paura di non poter recuperare più una parte di lui che per un attimo credeva di aver ritrovato.
Harry sembrò intuire il suo cambio d’umore perché aggrottò le sopracciglia e attenuò la voce per renderla più melodiosa – Stai bene?-
Draco socchiuse gli occhi e guadò in basso.
Avvertì Harry avvicinarsi, trascinare una sedia e sedersi davanti al suo banco.
Lo sentì vicino, più vicino che mai, ma non riuscì ad alzare gli occhi, semplicemente non poteva.
- Ascolta, Malfoy…- iniziò Harry con voce bassa e seria – Non sono qui per prenderti in giro. Io non ho idea del perché tu sia arrivato a questo punto in queste condizioni e mi piacerebbe che riuscissi a spiegarmelo un giorno. Con la tua voce.-
Draco piegò metà labbro, poi tamburellò con le dita sul banco. In attesa.
- Vuoi sapere un segreto?- domandò Harry all’improvviso interrompendo il silenzio che si era creato tra loro.
Draco inghiottì a vuoto ed annuì.
– A me è sempre piaciuta la tua voce.- confessò Harry.
Draco arrossì,non poté farne a meno, ma quella confessione gli offrì l’occasione per riacquistare il controllo di sé e della situazione. Alzò un sopracciglio e fece un timido sorriso sfrontato. Roteò la mano invitandolo a continuare le evidente lusinghe che sarebbero seguite.
Harry non riuscì a nascondere del tutto il sollievo, ma lo stesso alzò gli occhi al cielo – Cioè, ogni volta che la sentiva mi veniva il nervoso perché chissà cosa avresti detto, ma come l’avresti detto, quello è un altro discorso. – arrossì appena – Diciamo che restava impressa.-
Draco s’inumidì le labbra e desiderò davvero poter parlare. Per prenderlo per culo, ma con una bella voce almeno.
- Quindi…- tagliò corto Harry – Direi di iniziare, che ne dici?-
Fu strano annuire come se fosse la cosa più ovvia da fare: acconsentire di fare lezioni giornaliere con Harry Potter, però era così.
Draco all’improvviso si sentì non solo in grado di provare, ma perfino volenteroso. Harry drizzò la schiena.
- Bene, innanzitutto…- prese qualcosa dalla tasca e questa volta fu un ampolle – La medicina per sciogliere le corde volali e ridargli vigore.-
Draco la occhieggiò sospettoso, ma ormai non aveva altra scelta.
Non si prese nemmeno il tempo di odorarla, ma la staccò e la inghiottì.
Il bruciore fu immediato e un grido gli gorgogliò in gola e per la prima volta dopo mesi riuscì a sentire un suono uscire dalla gola.
Harry fece un piccolo saltello di esaltazione – Ha funzionato!-
Draco strinse le labbra e provò a dire qualcosa, per un momento sembrò che il suono si modulasse ma poi si spense n fretta.
Provò ancora, e nuovamente qualcosa non funzionò, e un moto di rabbia lo colse.
- Non puoi aspettarti di riprendere a parlare in un attimo.- mormorò Harry – Nemmeno la magia può arrivare a tanto.-
Draco mise il broncio e l’altro tentò di sorridergli dolcemente – La pozione aiuterà a sveltire il processo, ma devi dare tempo di guarire e devi allenarlo. Iniziamo con le vocali?- propose – Ci vorrà tempo, ma si parte sempre con le cose semplici. Prova a dire la A.-
Draco fece un piccolo grugnito di disapprovazione. Gli riuscì bene.
Quindi s’inumidì le labbra, prese un profondo respiro e ci provò.
Ci provò per tutto il pomeriggio.
**
Draco affondò il viso tra le mani e sospirò gravemente. Era appena tornato dalla terza “lezione” di linguaggio con Harry Potter e la sua gola non faceva alcun progresso.
Ogni volta che si preparava a parlare, che sentiva l'aria attraversare la faringe la gola gli si chiudeva e chiudeva la labbra senza che avessero esternato alcun suono.
Non ci riusciva.
Il suo umore peggiorava di giorno in giorno, ogni lezione infruttuosa lo rendeva sempre più nervoso. Nella sua mente si faceva strada sempre di più la possibilità che non fosse semplicemente più capace di parlare.
Cosa c'era che non andava in lui?
Alzò gli occhi e si guardò allo specchio, ripensò all'ultima volta che aveva parlato, ci provò almeno, ma non riusciva proprio a ricordarla.
Ricordava quasi perfettamente com'era sentire la propria voce graffiargli la gola, modularsi, diventare bassa, sprezzante. Ma era solo un ricordo.
La verità è che Draco Malfoy sapeva che la sua gola stava benissimo, non era quella ad essere difettosa, non più almeno.
Era lui.
Era solo lui il problema.
Il quarto giorno si trascinò a lezione, riperse la sua mente nei libri, nelle passeggiate solitarie, nell’inquietudine dell'indifferenza. Tornò nella sua casa, si sedette nel letto con le tende chiuse e restò lì, con il mondo chiuso fuori.
Con le tende tirate, con una raffigurazione in un mondo dove esisteva solo lui, Draco si sentiva un po' più tranquillo.
Perché l'unico abitante di quel suo piccolo mondo non aveva bisogno di parole. Le parole erano sopravvalutate.
Quando si riscosse dalla sua solitudine era ormai sera, Draco si trascinò a cena con le gambe molli e la stanchezza che gli ottenebrava la mente.
Si accorse di Harry solo quando se lo trovò davanti con gli occhi pieni di rabbia.
- Non sei venuto a lezione oggi.-
Draco sbatté le palpebre tre volte prima di rendersi conto di cosa Harry avesse detto. Si rese conto di essersene dimenticato in quell'istante.
Spalancò gli occhi e schiuse le labbra, pronto a scusarsi, e nuovamente si sentì agguantato dall'inevitabilità del suo silenzio.
Abbassò gli occhi.
Vide le braccia di Harry incrociarsi – Io ce la sto mettendo tutta, Malfoy, ma è evidente che a te non interessa risolvere questa cosa.-
Non era vero... e allo stesso tempo era vero.
Draco si passò nervosamente una mano tra i capelli, poi scollò le spalle. Harry percepì la sua indifferenza che voleva palesare.
- Scusa il gioco di parole, Malfoy, ma davvero non hai nulla da dire?-
Quella frase colpì il serpeverde dritto nel petto.
Alzò gli occhi su di Harry in una muta risposta e Harry fu stranamente in grado di percepirla.
Nonostante l’intenzione di restare fermo nella sua rabbia, Draco percepì il suo cambio d'umore, forse fu il leggero rilassarsi delle spalle o il fatto che doveva sforzarsi di tenere le sopracciglia aggrottate.
In ogni caso quando tornò a parlare la voce di Harry era più docile – Non mancare domani.- disse, prima di girare i tacchi e andare via.
Draco soppesò la possibilità di non andarci per il puro gusto di non accettare ordini.
**
Si precipitò nella stanza per evitare di rifletterci più del necessario. Harry era già dentro e alzò gli occhi su di lui con un sorriso simil divertito sul volto.
- Bravo bimbo.- disse.
Draco alzò gli occhi al cielo, attraversò la stanza e si sedette alla sedia di fronte a quella di Harry.
I due si studiarono per un po' prima di Draco alzasse un sopracciglio in una domanda abbastanza palese: allora?
Harry tirò le labbra in un sorriso divertito – Ci ho riflettuto. Forse il motivo del perché non riesci a dire nulla è perché non hai nulla da dire.-
Draco abbassò il sopracciglio solo per rialzarlo più in altro possibile: prego?!
Harry scrollò le spalle – Avrei dovuto aspettarmelo che ti sarebbe stato difficile andare per gradi, non sei esattamente un tipo paziente.-
Daco si fece avanti e si indicò: chi? Io?
- Proprio tu.-
Draco fece scoccare la lingua e scrollò le spalle, così Harry drizzò la schiena- Come prima cosa, dobbiamo creare un bisogno.-
Occhiata. - Un bisogno fisico.- spiegò Harry – Tipo se hai sete, dovrai chiedere acqua.-
Draco scrollò le spalle e affondò la mano nella borsa cacciando una borraccia e sogghignò, Harry rispose alla sua smorfia.
- Dammi la tua borsa.-
Draco spalancò gli occhi.
- Malfoy, dammi la borsa.-
Draco fu sul punto di ringhiare.
Harry piegò la testa di lato – Prometto che te la ridò, voglio solo provare se funziona. Non sbircerò cosa c'è dentro, né mi interessa.-
Per un lungo attimo Draco esitò, ma afferrò la cinta e se la tirò via dal collo poco convinto. La consegnò ad Harry come se gli stesse consegnando una bomba.
Harry annuì e la mise di lato, poi afferrò la sua borsa ci infilò dentro il muso. Quando ne uscì stringeva tra le mani un qualcosa che fece scorrere un brivido lungo la schiena di Draco.
- Sì, è una corda.- ammise Harry, tentando invano di sembrare rassicurante – Diciamo che la mia idea è veramente una terapia d'urto. Non potrai alzarti a prendere da bere, dovrai per forza chiedermelo.-
Draco collegò i due neuroni del cervello è capì le intenzioni di Harry, si alzò pronto a raccogliere baracca e burattini e precipitarsi fuori.
Harry si alzò subito, ad impedirgli di farlo – Fai una prova.- insistette – Non posso costringerti la devi darmi modo di provarci. Prometto che non ti farò male!-
Draco lo fulminò, Harry sospirò gravemente – vuoi almeno provarci? Se non funziona, ci rinuncio, promesso.-
Draco alzò una mano, minacciosamente, le labbra contrite e gli occhi furenti.
Ma non osò dire nulla, non poteva.
Prese un profondo respiro e gli lanciò un'occhiata minacciosa e ammonitrice prima di tendere i polsi verso di lui.
Mentre si faceva legare alla sedia Draco pensò che, se avesse potuto parlare, gliene avrebbe dette di tutti i colori.
Ad onor del vero ci provò, sarebbe bastato questo a spronarlo?
La sedia era proprio davanti l’enorme caminetto che riscaldava la stanza in disuso. Immaginava Harry l’aveva messo lì appositamente per fargli patire il caldo e spingerlo a chiedere l’acqua.
Una volta legato bene Draco provò d’istinto a muoversi, ma scoprì che Harry era insolitamente bravo a fare nodi.
In un'altra situazione la cosa sarebbe perfino risultata… interessante.
Un’ombra gli scavò nel petto all’improvviso. Insidiosa e infida. Non riuscì a decifrarla perché non se ne dette pena.
Il suo mondo era troppo complicato per provare altro oltre quell’immensa solitudine.
La rabbia era un’ottima alternativa.
Prese un profondo respiro respingendo quella sensazione nelle profondità della sua anima e alzò gli occhi su Harry che se ne stava seduto su una sedia girata al contrario così da tenere le braccia sullo schienale.
- Quando vuoi.- disse e lo fissò, in attesa.
Draco alzò un sopracciglio come ad ammonirlo di avere troppe aspettative. Harry si rabbuiò.
- Così non aiuti.-
Le alzò entrambe, in domanda. Harry assottigliò gli occhi, meditabondo.
Si mosse così all’improvviso che Draco ebbe appena il tempo di rendersi conto.
Si era ritrovato le dita di Harry che gli premevano qualcosa sulla fronte con aria intensa.
Schiuse le labbra per domandarlo, ma riuscì solo a mimare il movimento.
Harry sogghignò divertito drizzando la schiena e ammirando il risultato.
Draco provò ad aggrottare le sopracciglia ma un enorme pezzo di carta adesiva glielo impediva.
Gli aveva incollato le sopracciglia.
Spalancò gli occhi e fece qualcosa simile ad un gemito, troppo flebile per essere un suono, ma gli occhi di Harry brillarono d’orgoglio.
- Bene, funziona.-
Draco lo fulminò con quello che restava delle sue palpebre, provò a tirare calci all’aria in un chiaro senso di maledirlo.
Harry rise e si risedette sulla sedia – E ora, continua.-
Continua a fare cosa, esattamente? Pensò Draco irritato. Ad essere il tuo caso umano? Il tuo zimbello? Il tuo bambolotto da legare?
Serrò le labbra, per mero capriccio decidendo che non era così che voleva parlare che non voleva assolutamente dargliela vinta.
Restarono in silenzio, a guardarsi. Un po’ per mantenere il punto, anche se continuare a dimostrare un pizzico di dignità era quasi impossibile con un cerotto che gli costeggiava la fronte.
Il tempo passò lento e inesorabile e Harry iniziò a spazientirsi. Era un Grifondoro del resto, non era nella loro natura stare fermi, di sicuro Draco possedeva la pazienza innata di chi pianificava e sapeva aspettare le occasioni giuste.
Stare fermo ad aspettare, non era affatto da Harry Potter.
Due ore dopo, Draco alzò entrambe le sopracciglia così che il suo monociglio artificiale esprimesse almeno un grammo delle sue solite espressioni.
Con la mascella stretta, Harry si alzò, arrendendosi. Prese la bacchetta e con un gesto veloce e un incantesimo sussurrato, corde e cerotto scomparvero.
Draco corse a controllarsi il viso; se quell’orrendo ornamento gli aveva rovinato le sue ciglia perfetto gliel’avrebbe fatta pagare cara.
Oh.
Fu strano, pensare a sé stesso come un tempo.
Si alzò, improvvisamente a disagio, come fosse improvvisamente vulnerabile, si massaggiò i polsi, pensieroso.
- … beh è stato un tentativo.- disse Harry sconfitto – Magari domani potrei provare a parlare senza sosta fino a che non ti verrà voglia di mandarmi al diavolo.-
Gli aveva messo del nastro adesivo sulla faccia. Se non l’aveva fatto imprecare quello, Draco sospettava che un po’ di chiacchiere senza senso non avrebbero potuto aiutare molto.
Ma Harry era meditabondo. Le sue spalle erano chine, gli occhi distanti, Draco odiò vederlo così, e soprattutto odiò vederlo così… per colpa sua.
Non fare così… - …P-Potter.-
La gola gli si chiude immediatamente, non più abituata a sentire l’aria che si modulava dentro di sé, quasi spaventata da quel movimento involontario.
Gli occhi del Grifondoro si puntarono su di lui, densi come miele, lo incatenarono in uno sguardo che gli impedì di ricordarsi come respirare.
- Hai appena…-
Draco riuscì ad avvertire le due guance andare a fuoco. Distolse lo sguardo e prese la sua borsa. Scrollò le spalle.
- Puoi… farlo ancora?-
Stringendo le cinghie della borsa, Draco strinse le labbra. Il peso nel petto triplicò all’improvviso.
Ma ci provò, apri le bocca per poter dire qualcosa, qualcosa di semplice.
Ma non ci riuscì.
Frustrato, scosse la testa e si avviò verso la porta.
Harry lo chiamò, quasi lo rincorse, ma Draco voleva solo andare via.
**
Gli occhi di Harry lo studiarono tutta la giornata, il ché fu terribilmente imbarazzante.
Allo stesso tempo però dovette ammettere silenziosamente che era… importante.
Non parlare non era stato un problema fino a quel momento perché non c’era stato nessuno che voleva sentire la sua voce, che si interessasse a lui.
E ora, incredibilmente, a farlo era colui che era stato la sua spina nel fianco per anni, a cui aveva reso la vita difficile in più di un occasione, che gli aveva perfino squarciato il petto a dirla tutta…
Draco s’inumidì le labbra, tentando di non ridere.
- Cosa trovi di così divertente?- sentì Nott chiedergli accanto a lui. Draco si sentì gelare.
La gola si serrò all’istante, affaticandogli il respiro. Il cuore iniziò a battere così forte che Draco sentiva solo il sue sangue scivolare nelle vene.
Poteva farcela.
Doveva.
Prese un profondo respiro e disse, piano – Niente.-
… pessimo. Era appena un sussurro rauco, il petto sembrava di pietra tanto faticava a respirare, ma fu efficace.
Nott scrollò le spalle e tornò a mangiare e Draco cercò lo sguardo del suo assurdo professore improvvisato che scoprì a fissarlo con una luce strana negli occhi.
Poi Harry tirò le labbra in un sorriso di trionfo e Draco sentì il proprio cuore perdere un battito.
Era davvero patetico ad essere così felice per una sola parola.
E … perché Harry Potter fosse orgoglioso di lui.
**
Quando entrò nell’aula Harry saltellò da lui come un cagnolino scodinzolante.
- Ciao!-
E aspettò.
Draco odiò la sua aspettativa, ma tentò di non renderla nulla. Fu stranamente facile ribattere – Ciao.- anche se fu poco più che un sussurro,quasi un grugnito.
Vide le braccia di Harry restare a stento lungo i fianchi, quasi come se morisse dalla voglia di abbracciarlo - Ho visto che oggi sei riuscito a parlare con Nott. Sei riuscito anche con altri? Hai detto altro? Cosa hai detto? –
Draco poggiò le mani sui suoi avambracci e lo inchiodò con un solo sguardo.
Harry iniziò a calmarsi gradualmente – Scusa, è che sono felice.-
Draco tirò le labbra un po’ esasperato – Calma.- disse. E lo fece con voce più alta, un po’ arrochita, ma decisamente chiara.
Vide la luce negli occhi di Harry intensificarsi – Come ti senti?- gli chiese – Ora che puoi parlare vorrei chiederti tante cose.-
Sentì il petto iniziare a pesargli di nuovo. Serrò le labbra, tentando di respirare piano.
Lo odiò, odiò sentirsi… così.
-Sto…- iniziò ma gli mancò l’aria, chiuse le labbra. Prese un respiro, poi finì – Bene.-
La luce negli occhi di Harry si acquietò gradualmente. Era ancora felice, era ancora scodinzolante, ma iniziava ad essere una felicità cauta.
Perché era così felice? Arrivò a domandarsi Draco mentre Harry annuiva e apriva la sua borsa per chissà quale altro piano malvagio si era inventato per continuare quelle lezioni.
- No corde.- si ritrovò a ribattere Draco immediatamente. Due parole… era un progresso.
Harry fece un mezzo sorriso prima di annuire – No corde.- ripeté. Poi tirò fuori dalla borsa un libro.
- So che ti piace, non sarà difficile leggerlo. Vorrei che me lo leggessi.-
Draco fissò prima il libro, poi lui. La prima domanda che gli balenò nel cervello fu come facesse a sapere che quello era il suo libro preferito.
Lo prese con una sorta di timore reverenziale. Quante volte, nel suo silenzio, aveva sfogliato quelle pagine? Quante volte quelle ambientazioni gli erano state di conforto? Quante volte i suoi personaggi erano diventati suoi amici, prima che l’ultima pagina arrivasse e lo lasciassero solo nel suo mutismo?
- Okay.- disse Draco.
Harry si sedette su un banco e Draco si sedette a quello davanti con un espressione pensosa. Alzò gli occhi sull’altro.
Vuoi davvero stare lì a fissarmi tutto il tempo?
Draco inghiottì a vuoto - … vuoi… da-davvero…-
No. Non sarebbe riuscito a dirlo. Avvertì la frustrazione dilatarsi dentro di lui.
Preferì aprire il libro e iniziare a leggerlo, piano, parola per parola, respirando profondamente quando diventava impossibile anche solo pensare di parlare.
Spesso restava in silenzio per lunghi minuti, temendo che Harry dicesse qualcosa per esortarlo, temendo che non aspettasse che si sentisse pronto a continuare.
Qualche volta, leggere fu talmente frustrante che rischio che lacrime di rabbia gli rigassero il viso. Ma quel turbinio di emozioni restavano dentro di lui, silenziose quanto lo erano il padrone.
Agli occhi di Harry c’era solo un ragazzo che faticava a leggere.
- Va bene così.- disse, dopo quelle che parvero ore.
Draco, rosso in viso per l’imbarazzo e lo sforzo, chiuse il libro e la sua mente odiò esser rinchiusa nella sua stessa pelle. Glielo allungò, senza guardarlo in faccia.
Harry lo prese e sussurrò – Domani continuiamo da dove ti sei interrotto oggi. Sei stato bravissimo.-
Era stato un disastro, nemmeno un bambino delle elementari aveva così difficoltà a leggere, ma gli fece un sorriso veloce e si mise la borsa in spalla.
- Ciao.- mormorò, prima di prendere la porta e andare via.
**
Per una settimana Harry gli mise quel libro davanti e glielo fece leggere. In una settimana riuscirono a leggere solo 4 pagine.
Ogni volta che ne vedeva la copertina ormai Draco provava un forte senso di repulsione. Quelle atmosfere che lo avevano accompagnato per mesi mentre cercava un sollievo alla sua disperazione, ora lo rendevano solo nervoso e frustrato.
Così, un giorno, Harry si presentò senza il libro e una nuova, folle idea.
- Beviamoci su!- esclamò, sornione.
Draco alzò un sopracciglio.
Di tutta risposta, Harry accentuò il sorriso mentre tirava fuori dalla borsa quella che sembrava una bottiglia di qualcosa che non avrebbe dovuto essere tra le mura di una scuola in cui la quasi totalità delle persone che la frequentavano non erano che minorenni.
Draco spalancò gli occhi e schiuse le labbra, poi la indicò.
- Ho pensato che meriti un premio per esserti sforzato tanto. – Aprì il tappo e un forte odore di liquore invase l’aria – Meriti di rilassarti un po’.-
Il serpeverde non era troppo convinto della cosa, scosse la testa ma lo invitò a proseguire se ci teneva tanto. Cosa che fece sbuffare Harry.
- Mi lascerai bere da solo?-
Draco annuì.
- Cos’è sei astemio?-
- Intelligente.- rispose Draco con un filo di voce.
Harry sbuffò e si sedette su una sedia e poggiò la bottiglia accanto a lui – Ormai l’ho aperta, e dovrò berlo. Se mi lascerai berlo da solo… potrei stare molto male. Tu non vuoi che io stia male, no?-
Bastò un sopracciglio alzato.
Harry mise il broncio – Un giorno te le raso.- minacciò.
Draco ridacchiò e fu strano sentire i muscoli fare quella semplice azione; sentire il petto sobbalzare, la gola quasi vibrare. Fu strano, ma per la prima volta non gli fu estraneo.
Gli parve naturale, ridere… con lui.
Draco era stato infelice per così tanto tempo che non sapeva più che sapore avesse la felicità, ed ecco lì un piccolo, debole assaggio.
Harry si sistemò gli occhiali e lo invitò nuovamente a bere e questa volta Draco alzò gli occhi al cielo prima di afferrare la bottiglia e berne un sorso. Il primo.
Poi gliela passò.
Quando la bottiglia finì, provò ad appoggiarla sul tavolo ma calcolò male la forza…. O la distanza… o l’esistenza stessa del tavolo.
Non lo sapeva.
Era tutto un po’ confuso in quel momento.
Sapeva solo che era un po’ euforico, che il mondo non voleva stare fermo e che Harry non la smetteva di fargli domande. Domande molto stupide.
Cosa gli sarebbe servito a fare di sapere il suo colore preferito? O l’autore di libri? O la materia? O qual’era la prima cosa che ricordava della sua infanzia? O che aveva mangiato a pranzo?
Draco provò a chinarsi per prendere i vetri rotti della bottiglia, ma Harry si precipitò a farlo per lui.
A differenza delle dita del serpeverde, quelle di Harry riuscivano ad afferrare gli oggetti e così li raccolse in un attimo.
Poi li fece svanire, biascicando un incantesimo.
Draco restò affascinato dal muoversi delle sue labbra, dal suono che ne era uscito, dal movimento che avevano fatto. Tese le dita e le premette sul lato della sua bocca.
Provò a mimarle, anche se non ricordava nemmeno l’incantesimo tanto era ubriaco provò a mimare il movimento come se volesse memorizzarlo, ricordare com’era pronunciarlo.
Harry disse – Malfoy?- e quel suono gli sembrò improvvisamente sbagliato.
Tutto gli sembrò… sbagliato.
Lui… era sbagliato.
La sua gola non aveva nulla che non andava, il mondo non aveva nulla che non andava.
Era colpa sua, era sempre stata colpa sua.
L’aveva sempre saputo ma fu come se avesse sotterrato dentro di sé questa elementare verità per proteggersi dal semplice fatto che Draco non stava bene.
Draco non stava bene.
Non.stava.bene.
All’improvviso l’atmosfera divenne irrespirabile. Come se tutto l’ossigeno della stanza fosse svanito. Era così irrespirabile che non riusciva nemmeno a prendere una semplice boccata d’aria.
Draco era bloccato nella sensazione di quando ci si butta nell’aria gelida. Congelato in quel momento.
Il mondo, era improvvisamene più spaventoso di prima, terrificante.
Ma la cosa che lo paralizzò dalla paura fu rendersi conto che lui non ne faceva più parte.
Sono ancora vivo? Si era chiesto con le dita tremanti mentre scriveva quel biglietto.
All’improvviso la risposta era no.
All’improvviso tutto era desolante, inutile e perduto.
Scoppiò a piangere. Iniziò a piangere così forte da urlare, così forte che i polmoni gli facevano male.
Odiò essere vivo, quando era ormai morto dentro. Odiò che Harry tentasse di aiutare un caso tanto disperato.
Era tutto inutile.
Non aveva alcuna speranza.
Tanto valeva…
Sentì le dita di Harry scivolare nel suo pugno e stringerlo, poi un fazzoletto di stoffa tamponargli le guancie.
Quei semplici gesti fecero concentrare il serpeverde su qualcosa che non fosse il suo dolore e pian piano iniziò a respirare meglio, a calmarsi.
Aprì gli occhi e si specchiò sulle lenti dell’altro prima che nei suoi occhi.
Odiava quegli occhiali.
Draco non riusciva a smettere di piangere, ma almeno le urla erano cessate.
Respirava a fatica per i singhiozzi.
Harry tamponò pazientemente tutto il suo viso. Gli pulì perfino il naso, cosa che portò quasi l’altro a ridere istericamente. Quasi.
Il mondo era ancora sottosopra in quel momento, e il piangere non lo aveva aiutato. Si sentiva ovattato, confuso, perduto.
Ma il calore della mano di Harry e la gentilezza di quel fazzoletto erano lì.
E i suoi occhi erano lì.
E la sua bocca… era lì.
Pensò di baciarlo. Fu un pensiero così forte da sembrare inevitabile, come se ora che l’aveva pensato aveva sottoscritto un contratto con sé stesso e dovesse rispettarlo. Ma ebbe paura e si fermò a metà strada.
Ci pensò Harry a raggiungerlo.
Non fu che un tocco, Draco si ritrasse un poco più confuso che mai ma quando Harry premette ancora le labbra sulle sue stavolta lo lasciò fare.
Aveva dimenticato anche come baciare, così si prese del tempo per far pratica.
Rispose ai movimenti dell’altro meccanicamente finché non si rese conto di sapere benissimo come si faceva… e che lo stava già facendo.
Si aggrappò a lui, l’unica cosa che in quella stanza non sembrasse nel bel mezzo di un tornado, e continuò a baciarlo finché non sentì la bocca fare male.
E anche dopo. Davvero, non era importante.
Tutto ciò che voleva ora, era continuare a baciarlo.
**
Risvegliarsi, fu come uscire da una centrifuga. La nausea fu la sua prima nemica, lo colse di petto così tanto che dovesse mettersi a sedere per non vomitare.
La luce fu la seconda. Si poggiò le mani sugli occhi e mugugnò dolorosamente.
- Maledette tende!-
Dopo un attimo sentì dei passi avvicinarsi alla finestra e poi le tende scivolare fino a chiudersi. Quando furono ermeticamente sigillate cacciò il viso dal comodo nascondiglio. Ci mise qualche attimo per fare mente locale.
- … mai più.- farfugliò.
I passi tornarono verso di lui e Harry apparve nel suo campo visivo con un sorriso paziente e una mano tesa.
- Promesso.- soffiò a bassa voce. Evidentemente sapeva che anche quel sussurro avrebbe tormentato la testa del suo povero caso umano.
Draco afferrò la sua mano e si mise in piedi, poi aspettò qualche attimo che lo stomaco si acquietasse prima di aprire di nuovo gli occhi.
- Ti odio.- disse.
- Esagerato.- disse Harry – Come ti senti?-
- Schifo.- confermò ancora Draco, gli lanciò un’occhiata solo per fulminarlo per bene poi continuo – Non ti darò più ret…- come se la sua gola avesse perso resistenza all’improvviso, la voce si abbassò fino a scomparire.
I due si guardarono, il primo di nuovo consapevole dei suoi problemi, il secondo con gli occhi lucenti di un certo orgoglio.
- Vedi che se non ci pensi ti riesce meglio?-
Ma non ci stava pensando e la sua voce era svanita lo stesso.
- Vedrai andrà sempre meglio.- insistette Harry poggiando una mano sulla sua spalla, il pollice gli accarezzò per un secondo la clavicola e Draco si rese conto che quel gesto era intimo, ma con ancor più inquietudine si rese conto di quanto fosse… normale.
D’un tratto, ebbe la percezione di ricordare un sogno. Non gli avvenimenti, quelli erano fumosi e lontani, ma la sensazione di quello che aveva provato.
Quel gesto, quel tocco, gli fecero venire nostalgia di un contatto che non era mai esistito.
- Stai bene?- sussurrò Harry e Draco annuì, con la mente confusa.
Poi si prepararono per tornare alla civiltà.
Harry aveva uno strano sguardo mentre Draco finiva di mettersi il mantello e la borsa, uno sguardo che lo faceva sentire stordito.
Lo aveva sempre fissato così?
Beh… forse. Era l’unico che si fosse accorto delle sue condizioni.
Ma ora che ne era consapevole la cosa lo confondeva.
- Ci vediamo allo stesso posto, stessa ora?- fece ancora Harry prima di aprire la porta.
- No alcool.- disse Draco, lapidario.
- No alcool.- promise l’altro, con un sorriso.
Pure quel sorriso oggi pareva nuovo.
Mentre Draco usciva dall’aula e prima che le loro strade si dividessero, si sentiva come se ci fosse un’aria nuova tra loro, qualcosa di invisibile ma che aveva una consistenza, un odore ed un sapore.
Riuscì quasi a scorgerla mentre lo salutava prima di andare via: era calore.
***
Il mondo sembrava meno ostile.
Non era cambiato nulla in verità, c’erano le stesse persone, gli stessi atteggiamenti, le stesse conversazioni e lo stesso silenzio.
Ma qualcosa era cambiato.
Draco camminava per i corridoi e sentiva il suono dei suoi stessi passi, sentiva la massa del suo corpo strusciare sui vestiti, sentiva il suono del suo respiro…
Non era più invisibile… esisteva.
Ma era solo una sensazione, la sua voce non era ancora del tutto tornata, parlare con la paura che la gente si rendesse conto dei suoi trascorsi lo terrorizzava, il mondo era ancora freddo, ostile e nessuno lo considerava, tuttavia era più vicino. Sentiva come se avesse potuto toccare quel mondo che gli vorticava attorno solo tendendo la mano.
Vide Harry Potter dall’altra parte della Sala grande, seduto tra i suoi due amici, mangiare, ridere e scherzare, si riscoprì a non riuscire ad allontanare gli occhi dalla sua figura, come se quel nuovo, più vicino mondo, fosse attratto interamente dalla sua figura.
Se avesse teso la mano per toccare il mondo attorno a lui, Harry Potter sarebbe stato la cosa che avrebbe voluto raggiungere.
- Stai fissando Potter. Credevo che la vostra rivalità fosse passata.-
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che parlava con lui, lasciò che uno sguardo pensoso accarezzasse la figura di Theodore Nott, con sufficienza, in attesa di racimolare la forza di parlare.
- Abitudine.- disse e, seppure a bassa voce, almeno non fu un pigolio inconsistente.
- Un po’ mi manca la vostra rivalità.- insistette Theodore affondando il cucchiaio nel budino – Rendeva la giornata meno pallosa.-
- Se vuoi lo…- la voce gli si abbassò, prese un sorso d’acqua per dissimulare la cosa – vado a picchiare.-
- Sarebbe fantastico!- intervenne Blaise Zabini un po’ più in là – Io scommetto su Potter, però.-
- Ehi!- esclamò Draco, e fu sorpreso di sentire la propria voce un po’ più alta.
- Scusa!- fece un sorriso angelico Zabini – E’ che almeno lui fa ancora un po’ di sport. Da quanto non sali sulla scopa?-
Draco arrossì, non solo per l’insinuazione, ma perché c’era una sorta di allegria nell’aria e ne era allo stesso tempo timoroso e felice.
- Un po’- disse, poi bevve un altro sorso – Ma lo batterei.-
- A scacchi, di sicuro!- esclamò Blaise e tutti e tre si ritrovarono a ridacchiare.
Fu strano sentire il suono della sua risata.
Alzò gli occhi e, d’istinto, cercò i suoi e quando lo vide fissarlo dall’altra parte della stanza gli saltò il cuore in gola e si sentì di nuovo arrossire.
Un angolo della sua bocca ebbe un piccolo scatto come se cercasse di non sorridergli, e forse era così.
Fu strano, mentre distoglieva lo sguardo, pensare che loro due custodivano il segreto che era diventato l’essere amici. Fu quasi emozionante pensare che tutti erano in un mondo in cui ci sarebbe potuto essere, semplicemente tendendo la mano, Ma che Harry era dall’altra parte con lui e, tutto sommato, il suo mondo con lui non gli dispiaceva affatto.
**
- Oggi ti ho visto ridere con Zabini e Nott.- soffiò Harry, quasi fosse un segreto mentre passava il libro a Draco. Il serpeverde annuì sedendosi sul divanetto creato per l’occasione.
- E’ stato…- esitò per il solo motivo di cercare la parola giusta – naturale.-
Harry stavolta gli sorrise davvero, un sorriso così ampio che sembrò che la stanza fosse leggermente più illuminata.
Arrossì e tentò di mettere a tacere gli strani battiti che gli venivano ormai periodicamente quando Harry sorrideva.
Che diavolo gli stava succedendo?
- Leggi su.-
- Agli ordini!-
Aprì il libro e lesse a mente il paragrafo a cui erano arrivati, poi provò a leggere. A volte la lingua e le labbra non collaboravano nella coordinazione, a volte gli sembrava ancora di fare una corsa nonostante leggesse le singole parole invece che periodi interi, a volte, semplicemente taceva, e andava bene anche così.
Harry non insisteva mai, se ne stava seduto comodamente sul divanetto. Ogni tanto Draco non poteva fare a meno di guardarlo, un po’ perché aveva letto a mente quel libro così tante volte da sapere interi passaggi a memoria, un po’ perché si era ritrovato a non riuscire a smettere di farlo. Non sapeva nemmeno perché.
Poi Harry s’umettò le labbra, un poco sovrappensiero e Draco seppe perché.
E tacque, nella confusione più totale.
- Che c’è?- fece Harry aggrottando le sopracciglia.
Il respiro di Draco si fece più corto, colpa del fatto che il cuore aveva deciso di correre una maratona. Nel girare la pagina si rese conto che la sua mano stava tremando.
- Draco?- soffiò Harry, stavolta più vicino e considerevolmente più preoccupato.
- Sto bene.- mentì, e lo fece con una voce tremante. Si odiò.
- Sicuro? Sei rosso. Ti senti la febbre?- e, come se nulla fosse, gli premette una mano sulla fronte.
L’emozione esplose in lui dolorosamente, come se la sua gabbia toracica non riuscisse più a contenerla.
Si erano baciati. Lui era gentile, era l’unico che l’aveva visto nel suo mondo invisibile, l’unico pronto ad aiutarlo e… si erano baciati.
Si alzò come se il divanetto improvvisamente scottasse e quando Harry scattò sorpreso verso di lui, pronto ad aiutarlo, Draco frappose tra loro il libro.
- Cosa c’è?- domandò, preoccupato.
Draco schiuse le labbra, le immagini del loro bacio, seppur fumose e vaghe, non volevano lasciare i suoi pensieri.
- stai bene? – Harry si avvicinò e Draco si ritrasse ancora – Cos’hai adesso?-
Fu il tono un po’ esasperato che fece sentire il serpeverde colpito in pieno petto. Lanciò un’occhiata a Harry prima di passarsi una mano tra i capelli.
- Niente.- soffiò, cercando di minimizzare.
Non voleva esasperarlo o irritarlo. Essere scossi perché aveva appena ricordato che le loro lingue avevano fatto conoscenza era assolutamente lecito.
Ma negli occhi di Harry c’era una strana e nuova luce.
- Parlami.- insistette e il tono era di nuovo mutato.
- Sto… - mormorò – Bene.-
- Sei scattato come una molla e eviti di guardarmi negli occhi.- insistette Harry – Cosa è successo?-
Draco schiuse le labbra, cercando le parole giuste da dire, pur non aprendosi; Harry non aveva dato alcun segno di ricordarsi dell’accaduto.
- Niente.- insistette poi alzò il libro come a indicarlo – Leggiamo.-
Gli occhi di Harry si chiusero solo un secondo – Puoi, anche solo per una volta, parlarmi? Non importa quanto ci vorrà, potresti anche solo tentare?-
Il gelo si insinuò, come un veleno, nelle vene del biondino che restò inerte a fissare l’altro. Stavolta, la mancanza di parole, non era perché faticava a parlare, semplicemente non capiva cosa prendesse all’altro.
Ma quel silenzio, irritò Harry ancora di più. I suoi occhi, solitamente caldi e pazienti, all’improvviso erano duri e distanti.
Harry fece un profondo respiro – C’è chiaramente qualcosa che non va. Non so cosa sia successo all’improvviso.- tentò, più calmo – Potresti spiegarmelo?-
Draco si strinse nelle spalle, Harry insistette – … a parole.-
Fu un’altra pugnalata in pieno petto.
Aggrottò le sopracciglia, più confuso che mai e questo sembrò irritare di nuovo Harry che strinse i pugni.
- Fai un passo in avanti e due indietro!- lo freddò – Inizio a credere che tu non voglia affatto stare meglio, che anzi ti piaccia stare così!- la sua voce si era indurita parola dopo parola – Decidi che vuoi parlare e per magia accadrà, tutto questo…- indicò il divano doveva avevano passato ore nella faticosa lettura di un libro – Non serve a nulla! La tua voce non ha niente che non vada, sei tu che vuoi credere che sia così!-
La rabbia esplose nel petto di Draco come un uragano. Draco trovò a stento la concentrazione necessaria per afferrare la sua borsa e mettersela addosso seppure con mani malferme.
Sentì Harry ribattere – Dove pensi di andare?- ma non gli dette retta.
All’improvviso, tutto era ingiusto: lui stava bene, nessuno sapeva che aveva problemi, tutti lo ignoravano, avrebbe dovuto farlo anche lui! Perché lo aveva tormentato per aiutarlo? Era tutta colpa sua!
Avrebbe voluto urlargli contro, mandarlo al diavolo, sarebbe stato liberatorio sentire l’aria graffiargli la gola fino a formare un insulto ben assestato, ma quando provò, nulla aveva voluto collaborare con quel suo istinto.
Tutti i suoi sensi erano così sovraccarichi dalla rabbia che non riusciva a concentrarsi per fare assolutamente nulla se non sentirsi inerte e incapace di potersi difendere. E questo lo colpì come un pugno nello stomaco.
Così, la rabbia per ciò che Harry gli aveva vomitato addosso, si era addensata in quella per non avuto la capacità di difendersi.
Draco si avviò verso la porta e Harry gli afferrò il braccio.
- Merlino santo, Draco, perché devi sempre fare così?-
Con rabbia, il serpeverde scansò il braccio e gli lanciò il libro addosso. Poi si fermò e lo guardò, e sperò che la moltitudine di pensieri che gli vorticavano dentro fossero chiari, ma uno travalicava su tutti: non sarebbe mai più venuto lì.
Se era questo che Harry davvero pensava di lui… allora non lo voleva vedere.
Era venuto a patti con la sua pietà, ma non con l’essere giudicato.
Se doveva starsene lì con una persona che credeva il suo malessere solo un mero capriccio, allora non aveva alcun senso essere amici.
Andò via sbattendo la porta e pronto a non guardarsi più indietro.
**
Passarono i giorni. Piovve, nevicò, poi piovve ancora e nevicò ancora.
Un paio di volte Harry aveva provato a parlargli, ma Draco si era ben visto da anche solo affrontare il suo sguardo.
Era sicuro che l’altro aspettasse che questo suo nuovo capriccio passasse prima di essere sicuro di provare nuovamente.
Che senso aveva però? Che gliene fregava? Perché non lo lasciava semplicemente in pace?
Tutto era nato perché non riusciva a farsi i fatti suoi. Tutto.
Perfino un bacio che ogni giorno che passava, sembrava più il ricordo di un sogno…
Le sue difficoltà a dialogare erano ancora evidenti tanto che Draco non aveva alcuno stimolo a tentare di progredire da solo i suoi esercizi.
Si sforzava di dire qualche parola, quando era da solo. Una volta o due era andato in un posto isolato e aveva provato a dire frasi intere.
Una volta aveva perfino urlato. Ma solo una volta. Gli era uscito un urletto così patetico che si era ripromesso che non lo avrebbe fatto mai più.
C’era il sole ma faceva ancora freddo quando la professoressa di Erbologia decise che dovevano fare un po’ di movimento e andare a cercare delle particolare radici magiche nella foresta proibita.
Nessuno degli studenti della sua classe aveva preso il compito alla lettera, tutti passeggiavano tranquillamente per la boscaglia, a chiacchierare in gruppetti, contenti solo di non essere tra le aule tetre di un antico castello.
Draco li seguiva in disparte, le mani tra le tasche per via del freddo.
Odiando vedere tutti felici e chiacchieroni, si avventurò da solo verso una radura che conosceva bene, ci aveva passato i primi anni a cercare materiale per delle pozioni sperimentali.
Stando attento a non perdere di vista il gruppo, si recò verso le radici di un abete centenario ricco di magia residua e raccolse alcune piccole radici che non avrebbero influito sulla sua normale crescita.
Poi lanciò un’occhiata ai gruppetti e scosse la testa.
Tutto sommato, gli andava bene anche così. Era abbastanza ricco da vivere di rendita, sarebbe solo impazzito da solo nel suo maniero. Magari avrebbe comprato degli animali da compagnia, qualche Drago da giardino, una fenice da scrivania. Niente Ippogrifi, meditò, lasciandosi sfuggire un sorriso.
Chi aveva bisogno di quell’idiota di Harry Potter? Lui da solo ci era sempre stato bene, non serviva quell’idiota a fargli credere il contrario!
Ancora una volta, si ritrovava a pensare a lui.
Odiava il suo cuore. Odiava che gli facesse male ogni volta che ci pensava e odiava che si stringesse pensando a Harry Potter.
Chiunque avrebbe potuto giudicarlo, chiunque. Ma il suo giudizio aveva fatto male. Finora lo aveva solo visto come una persona da compatire perché voleva chissà che attenzioni? Aveva mai capito davvero almeno un poco come si sentiva?
Quel non sentirsi più solo, distante e una entità nel mondo, derivavano davvero solo dal fatto che Harry lo credesse un tale sciocco?
Che senso aveva avuto allora aiutarlo? Che senso aveva avuto impegnarsi così tanto?
Strinse la radice con così tante forza da sbiancarsi le mani mentre aspettava che la rabbia e il dolore lo attraversassero prima di affievolirsi.
Nella sua vita, non si era mai sentito così umiliato e triste.
Si alzò e si rese conto che il gruppo si stava allontanando, quindi si affrettò a tornare sui suoi passi.
Accadde all’improvviso. Mentre camminava, doveva aver messo troppo peso sulle sue falciate, su un terreno che era martoriato dai continui cambiamenti climatici.
Sentì la pianta slittare, pensando di star cadendo, tese le braccia in avanti ma le mani non finirono sul terreno.
Si rese conto di essere scivolato lungo una parete solo quando arrivò al suolo e si ritrovò steso a guardare le dense nuvole del cielo.
Fu così immediato e repentino come cambiamento che per un minuto intero restò steso lì a guardare il cielo.
Poi si alzò e cercò qualcosa di rotto, per fortuna a parte qualche piccola contusione stava bene. Ma non la sua bacchetta. La tirò via dalla tasca e vide la parte superiore spezzata in due.
Boccheggiò, senza fiato.
Cazzo.
Si guardò attorno, cercò appigli per risalire, ma la parete franata non era che un ammasso di fanghiglia scivolosa.
Si girò per cercare un'altra parete a cui aggrapparsi per tornare in cima, ma il fosso era un pezzo di terreno franato su se stesso.
Non gli restava altro che…
Prese tutte le sue forze e si aggrappò a qualsiasi emozione. Provò a chiamare aiuto.
Erano andati tutti via.
Non sentiva più alcun chiacchiericcio e nessuno aveva sentito quello che era riuscito a urlare.
Il sole era ormai un ricordo tra le nubi e il freddo si stava facendo sempre più pungente.
Provò disperatamente a elencare le cose che gli restavano da fare, ma non trovava nessuna soluzione.
Così iniziò ad elencare le cose che poteva fare per sopravvivere una notte all’addiaccio. Prima o poi qualcuno si sarebbe accorto che…
Oh.
Un pensiero curo lo avvolse come un fiore carnivoro che aveva catturato la sua preda.
La risposta era no. Probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto. Non in tempo.
Draco Malfoy sarebbe morto com’era vissuto: nel silenzio e dimenticato.
Eccolo lì, l’unico erede di un impero di purosangue.
Si sedette per terra e si strinse nei suoi panni, iniziò a tremare sempre di più, mentre il sole calava oltre le montagne.
Nel buio, iniziò a battere i denti. Non aveva i mezzi e le forza per sopravvivere. Con tutta probabilità quella notte sarebbe morto lì, solo, nel fango.
Probabilmente nessuno avrebbe pianto la sua scomparsa.
Nella solitudine e nella paura, immagini di Harry Potter e di quel bacio rubato riaffiorarono come uno schiaffo. D’un tratto non erano più fumose e vaghe, ma gli parve di essere lì, di ricordare ogni più singolo dettaglio.
Aveva pianto, Harry lo aveva consolato...
Era stato lui a desiderare di baciarlo per primo, questo lo ricordava molto bene.
Aveva fatto così male.
Con lui si era sentito accettato, visto. E invece ciò che vedeva Harry era solo… solo…
Le lacrime iniziarono a scorrere lungo le sue guance. Non ebbe nemmeno la voglia di asciugarsele.
**
Aprì gli occhi prima ancora di risvegliarsi davvero.
Nel suo cervello, il fuoco era un bellissimo, caldo, dolce sogno. Ma aveva ancora tanto, tanto freddo. Anche se le coperte erano pesanti e riscaldate sentiva le gambe ancora gelate, sembrava che il ghiaccio si fosse insinuato così tanto dentro di lui da avergli gelato le ossa. Si mosse un poco e si rese conto che gran parte della sua pelle scivolava sotto della stoffa pesante e calda, così si guardò finalmente attorno notando che parte dei suoi vestiti erano appesi davanti un caminetto. Accanto ad esso, vide il profilo di qualcuno che era lì, seduto, con gli occhi fissi e crucciati verso le fiamme.
- …Harry?-
La sua voce era uscita con una naturalezza disarmante, la voglia di attirare l’attenzione dell’altro, di essere guardato, avrebbe potuto farlo urlare.
Per fortuna, bastò quel piccolo richiamo a far sì che gli occhi smeraldo dell’altro si spostassero su di lui.
Stava sognando?
Harry scattò in piedi e si precipitò al suo capezzale, posò le mani calde sul suo collo per saggiare la sua temperatura.
- Come stai? Hai ancora freddo?-
Sì, ma le mani calde di Harry erano gentili e non sembravano più odiarlo e…
E gli era mancato.
- Sì.- soffiò desiderando che quel contatto durasse più possibile.
Gli occhi di Harry erano velati di preoccupazione nonostante il sollievo – Aggiungo un’altra coperta.-
- No.-
- Aggiungo dell’altra legna?-
Draco si mosse a fatica, ma riuscì a poggiare le mani su quelle di Harry. Il calore della sua pelle era l’unica che davvero gli dava sollievo.
- Resta qui.- disse, e la sua voce fu flebile unicamente per l’emozione.
Harry socchiuse gli occhi e le sue sopracciglia si arcuarono in un modo che non gli aveva mai visto fare. Per la prima volta, erano le sue sopracciglia a essere più loquaci delle sue parole; Harry sembrava sul punto di mettersi a piangere.
Draco si guardò attorno, cercando di capire dove fossero. L’altro sembrò intuire i suoi pensieri – Nella capanna di Hagrid. – rispose – La mia priorità era riscaldarti e non potevo smaterializzarmi dentro il castello. – esitò – Ma ora che sei sveglio, posso andare a chiamare Miss. Poppy e…-
Provò ad alzarsi, ma Draco lo trattenne stringendogli le mani. Quel calore doveva restare lì.
- Ho freddo.- soffiò ancora Draco.
- Come posso aiutarti?-
Nel buio, nella solitudine e nella paura, tutto ciò che voleva era crogiolarsi nel ricordo della loro amicizia. Non importava che Harry non provasse per lui amore, nemmeno se provava giudizio o pietà. I sentimenti di Draco Malfoy erano sinceri.
Lui era profondamente innamorato.
- Le tue mani…- soffiò – Sono calde.-
Harry restò per un lungo attimo immobile, poi gli sorrise e disse solo – un secondo.- prima di allontanare le mani.
Draco lo osservò togliersi le scarpe per poi arrampicarsi sull’enorme letto del semi-gigante che abitava quella catapecchia.
Con suo enorme stupore, il grifone si infilò sotto lo spesso strato di coperte che gli aveva messo addosso.
Il cuore di Draco iniziò a martellare nel petto, regalandogli il sollievo di un calore nuovo che faceva a botte con il gelo che ancora permaneva.
Era quasi sicuro di non sentire più le dita dei suoi piedi.
Harry non batté ciglio, mentre si avvicinava a lui a fatica, vista la difficoltà nello scivolare in un letto di cui il novanta per cento erano coperte di lana. Ma quando gli fu finalmente vicino, si appoggiò con naturalezza all’altro.
Non era un vero abbraccio, non lo stava coccolando, ma le sue mani cercarono nuovamente il suo viso e i piedi caldi ricordarono a Draco che aveva delle dita tutto sommato.
- Meglio?-
- Ho ancora freddo.- replicò Draco, con un sorriso un po’ divertito un po’ esasperato.
Harry aveva la testa appoggiata al suo stesso cuscino e sembrava cercare di calcolare esattamente quanta distanza era ancora considerata socialmente accettabile tra loro.
Erano stati molto più vicini di così. Si erano perfino baciati.
Avrebbe dato ogni suo avere per baciarlo ancora.
Con sua sorpresa, Harry si fece ancora più vicino, annullando totalmente le distanze tra loro. Era così vicino che riusciva a sentire il calore del suo corpo anche se lui aveva i vestiti addosso.
Gli venne quasi da ridere al pensiero che era quasi totalmente nudo con un ragazzo di cui era innamorato e che aveva baciato, e lo era solo perché era quasi morto assiderato.
- Meglio.- disse, e fu sincero. Chiuse gli occhi e si concentrò su tutto il calore che poteva ottenere, come se tendesse la mani in una pioggia torrenziale per raccogliere preziose gocce per dissetarsi.
Dopo un po’, Harry cercò di mettersi più comodo, e per uno strano, complicato movimento, Draco finì senza rendersene conto avvolto in quello che sembrava un delicato abbraccio.
- … mi hai fatto morire di paura.- sussurrò Harry.
Draco aprì gli occhi e si rese conto che il suo viso era pericolosamente vicino, la voglia di baciarlo divenne insopportabile.
- Scusa.-
- Mi dispiace.- continuò ancora il grifondoro – Per… tutto. Non volevo aggredirti così. Avevi paura di me e non sapere perché mi ha reso nervoso.- strinse le labbra – perdonami.-
Harry appoggiò la testa sul cuscino e i suoi occhiali presero una strana piega. D’istinto, Draco alzò le mani per tentare di drizzarglieli.
Ora che le sue dita erano sul suo viso, toccarlo divenne una necessità.
Solo, al freddo, Draco aveva temuto che nessuno si sarebbe accorto della sua assenza. Invece, Harry era andato a cercarlo, lo aveva portato al caldo, lo aveva curato, se ne era preso cura…
Harry Potter lo aveva aiutato a ritrovare la sua voce, e anche se era flebile e tremava, era la sua e c’era una cosa che doveva dire ad ogni costo, lo doveva a se stesso.
- Grazie Harry.- soffiò per poi aggiungere – Ti amo.- e sembrò la cosa più naturale del mondo.
Harry schiuse le labbra sorpreso, mentre le pupille fecero uno strano gioco come se non riuscisse a metterlo a fuoco nonostante l’impegno dell’altro nell’aiutarlo a sistemarsi gli occhiali.
Due attimi dopo, le loro labbra erano di nuovo una cosa sola.
I ricordi del loro primo bacio erano lontani, confusi, come il ricordo di un sogno molto vivido, ma il calore e il sapore delle sue labbra spazzarono via ogni altra cosa.
Il corpo di Draco era ancora provato dal freddo, ma un nuovo prepotente calore si affacciò dentro di lui, pronto a fare a botte i brividi.
Si ricordò presto cosa significava sentirsi elettrizzato da un emozione così intensa, e ben presto si ritrovò a fare conti con una diversa eccitazione, qualcosa che lo costrinse ad interrompere quel lungo bacio per respirare.
Harry sembrò sentirsi colpevole - … scusa, ti sto facendo male?-
Male? Sorrise, scuotendo la testa.
Poi Harry aspettò, forse il permesso. Draco rispose con un sopracciglio alzato, come se lo sfidasse.
Si baciarono ancora e, dopo un altro, lungo bacio, Harry sussurrò – Hai vinto, puoi tenerti le sopracciglia- sulle sue labbra e Draco rise, di cuore, prima di affondare le mani nei suoi capelli e zittirlo.
Ora, parlare non era importante.
Harry, tuttavia, si allontanò d’un tratto come lo strappo di un cerotto.
- Meglio che… vada a chiamare l’infermiera.- disse, con un po’ il fiato corto.
Draco disse solo – No.-
Harry lo guardò, colpevole - … non posso restare, se mi baci così.-
Di tutta risposta, Draco si strinse più vicino, affondo il viso nel suo collo, sfiorò con le labbra la sua clavicola. Lo sentì irrigidirsi, ma non allontanarlo.
- Draco…- soffiò, più disperato che minaccioso.
Così, il serpeverde schiuse le labbra e premette la punta della lingue sulla pelle. Brevemente, all’inizio, poi lo fece ancora, ma con più lingue e su più superficie.
- … così non aiuti.- soffiò.
Draco sorrise, sulle sua pelle arrossata, poi si issò sulla spalla per scivolare vicino al suo orecchio. La sua voce era più sicura, più normale, ma non ancora abbastanza alta da fidarsi che quello che voleva dire fosse udito.
Due frasi. Quattordici lettere.
- Ti amo... e Ti voglio.-
Per una volta, non ci fu altro da aggiungere.
Si amarono per tutta la notte. Draco smise in fretta di sentire freddo, tutto il suo corpo era tormentato dal calore ora, e da Harry che sentiva ovunque, in ogni angolo del suo piccolo mondo. Harry era tutto il suo mondo, almeno mentre si spingeva in lui disperatamente.
Il piacere fu totalizzante.
Tornarono al castello in silenzio. Harry stringeva la sua mano, come se temesse che potesse scivolare in un altro burrone. Nella sua mente dovevano essersi affollati mille pensieri perché i suoi occhi erano cupi e lontani.
Draco si fermò sulla soglia, lasciò la sua mano e Harry si voltò sorpreso.
Bastò uno sguardo per porre la domanda, se c’era qualcosa che nel tempo il grifone aveva imparato era a capirlo, senza bisogno di parlare.
- Certo che ti amo anche io.- soffiò arrossendo leggermente.
- Quando?-
Harry alzò gli occhi su di lui, poi li abbassò – Non lo so.- ammise – Cioè… lo so, ma non ti so dire il momento esatto. Dichiararmi mi sembrava molto stupido visto quello che stavi passando, volevo dirtelo non appena fossi stato meglio, ma ogni volta che miglioravi un poco succedeva qualcosa.- strinse i denti – Ma quando non sei tornato oggi, ho capito quanto sono stato stupido. Rimproveravo te perché non riuscivi a parlare, quando ero il primo che non aveva il fegato di farlo.- lo guardò – Puoi perdonarmi?-
Draco restò in silenzio, amalgamando le sue parole – Forse…- soffiò piano – Non… starò mai… bene.- ammise – Non come…-
- Lo so.-
- E ti… sta bene?-
Harry strinse le labbra – No, non mi sta bene che tu stia male. Mai mi starà bene. Non ti amerei se mi starebbe bene.- lo rimproverò – Ma posso accettarlo.-
Draco annuì, rincuorato, poi alzò una mano e con l’indice si indicò la fronte – Sopracciglia, allora.-
Harry scoppiò a ridere e si avvicinò a lui per rubargli un ultimo bacio infuocato – Sì, sopracciglia.-
Risero, di cuore e senza alcune remora. La sua voce risuonò nella landa desolata che era l’ingresso del castello.
Si presero di nuovo per mano e Draco decise che se Harry voleva di nuovo sentire la sua voce prenderlo in giro tutto sommato glielo doveva.
I suoi problemi non si sarebbero risolti, non con improvvisate corde, non con un libro, non certo con l’amore.
Ma decidere di stare bene sarebbe stato un passo verso quella direzione: avrebbe chiesto aiuto. Gli serviva aiuto.
Harry non aveva i mezzi per aiutarlo davvero ed era stato stupido incaricarlo di quella responsabilità, però lo avrebbe incaricato di prendersi cura di lui mentre faceva di tutto per guarire. Quello sì.
E sospettava, mentre Harry gli faceva la linguaccia all’ennesimo sopracciglio alzato, che lo avrebbe fatto ben volentieri.