E venne l giorno...
Mar. 1st, 2019 05:32 pmTitolo: E venne il giorno...
Cow-t 9, Terza settimana, M2.
Prompt: Morte
Numero parole: 4353
Rating: Verde
Fandom: Originale
È così raro ormai per me tornare in paradiso e devo ripetermi più volte la strada in mente: sorpassa le barriere della vita, scavalca la ragione, sorvola la foresta del dubbio ed eccolo lì, bello come il sole. Letteralmente.
È luce pura, il paradiso, tanto da bruciare come un fuoco sacro. Molti sono caduti per via di quel bagliore.
L’ultima volta che sono stato convocato, era per far quello che so fare meglio: uccidere. Del resto sono Azrael l’angelo della morte, a me sono stati assegnati i più grandi genocidi della storia: Babele, Mosè, perfino durante il diluvio ho raccolto ciò che restava della anime sperdute.
È il mio compito, ciò per cui sono nato.
Mi mancano un po’ i tempi in cui la parola di Dio aveva valore e i popoli si inchinavano a cespugli parlanti e, se dichiaravano di aver parlato con Lui, non venivano sbattuti in manicomio.
Erano tempi dove si capiva chi comandava. Se mi ha convocato, significa che c’è qualcosa di grosso in ballo e sento una sorta di agitazione al pensiero.
Nessuno essere umano mi crederebbe se sapesse di non essere affatto a sua immagine e somiglianza, di essere la cosa più distante da lui, così chiusi in involucri di carne.
Devo socchiudere i miei numerosi occhi per poter anche solo scorgere un’unghia della sua magnificenza. Non c’è comunque permesso di guardarlo per davvero e non per troppo tempo, verremmo bruciati dalla sua luce, come le retine troppo esposte al sole.
E non possiamo udire la sua voce, possiamo solo percepirla con ogni nostra molecola nella nostra anima vibrare soave come una corda di violino. È un riflesso della nostra anima, qualcosa che sappiamo senza sapere come. Lui è quella voce, sottile e suadente, che sussurra agli umani parole che troppo spesso ignorano. La scambiano con la volgare coscienza che non ascoltano quasi mai per illudersi un minuto in più di possedere sul serio il libero arbitrio: la strada più veloce per giungere, infine, tra le braccia della stella del mattino.
- Mi hai chiamato, Padre?- la mia voce è roca come quella di chi non parla da millenni, di un angelo dimenticato, il cui unico scopo è traghettare le anime, prendersene cura e poi portarle dove è giusto che vadano.
È emblematico che ricordi appena la strada per il Paradiso.
La sua di voce, invece, rimbomba nella mia testa come un’eco, sussurra il mio nome e devo concentrarmi prima di sentirla con precisione.
- Figlio mio.- aggiunge ancora.
- Cosa posso fare per voi, Padre?-
- Figlio mio…- ripete e posso persino udire un segno di preoccupazione – Che notizie mi porti dalla Terra? Come stanno i miei figli?-
Come se non lo sapesse. Reprimo un senso di disgusto e chino la testa – Peccatori e fieri. Pure nella tua chiesa.-
- Non mi porti buone notizie, allora.- ribatte con tono pensoso. Annuisco.
- Dimmi, Azrael, vedi un futuro per i miei figli? Vedi speranza? Vedi una salvezza per l’umanità?-
È con fin troppo zelo, devo riconoscere, che rispondo – Affatto.- mi pento immediatamente di ciò che ho detto e alzò gli occhi su di lui, timoroso per la dichiarazione. La bellezza della sua luce mi disarma, lasciandomi senza fiato per un lungo secondo, sbatto le palpebre più volte per riacquistare lucidità.
-Eppure…- sento ancora la sua voce vibrarmi dentro, sinuosa – Cosa ti turba?-
Taccio, senza volerlo. Nulla mi aiuta a rispondere.
- Tu, Azrael, - un suono soave il mio nome pronunciato da lui – Sei colui che tra tutti puoi capirli meglio. Li osservi, li tocchi, li percepisci. Tu vivi a loro stretto contatto, li vegli fino a che non serve il tuo intervento. Tu, più di tutti, puoi rispondere alla mia sola ed unica domanda.- prende una pausa e io la sento dilatarsi in me, quasi fino a valicare i limiti del mio corpo - Salvezza o morte? -
Un silenzio inusuale riempie ora l’enorme stanza senza pareti che è il suo mondo. Sono costretto ad abbassare lo sguardo, ormai troppo abbagliato dal suo splendore. Stringo i pugni e la mia anima, tutto ciò che io credo di loro, si frantuma davanti ad una sconcertante certezza…
- Mio signore…- esordisco con insicurezza fin troppo udibile nella voce – Non credo di essere la persona adatta.-
- Rispondi, Azrael.- ordina, in risposta.
Debbo farlo, quindi. Predo un profondo respiro e le mie ali hanno un fremito. Le piego su loro stesse mettendole in posizione di riposo, rilassando il mio intero corpo, contro ogni più sensato galateo angelico.
- Il novantotto percento della popolazione non merita alcuna parola di Salvezza. Molti non seguono la tua legge, la ignorano, credono che non sia giusta, ne mettono in dubbio il valore. Altri invece agiscono in sua vece, la manipolano, la rendono indegna e insensata.- esito appena - I restanti vivono la loro vita eccedendo, ed eccedendo ancora, si consumano nel vizio, si lasciano sopraffare dei loro istinti. Sono creature deboli al fascino del peccato sempre di più e la cosa non può che peggiorare. Ogni attimo che passa, la fede viene vista sempre di più come una debolezza, anziché una virtù.-
- Eppure…- riprendo. Mi fermo, tuttavia per un istante, cercando di mettere bene le parole in ordine nella mia testa - Eppure c’è quella piccola percentuale, quel due percento di infanti, di innocenti, di gente che non hanno avuto il tempo di scegliere la strada. Che possono ancora essere salvati. Sono in pochi, una miseria rispetto alla maggioranza.- Medito su ciò e cerco io stesso il punto del mio ragionamento, quando la voce del Signore tuona dentro di me provocandomi un capogiro.
- Quindi, Azrael? -
Davanti a Lui si è disarmati, ogni cosa viene messa in discussione, viene distrutta. Ogni tua idea è insignificante rispetto alla sua, per questo mi sorprendo di mi stesso quando dalla mie labbra proviene un suono – Si sentono abbandonati, persi, senza strada. L’hanno smarrita. E lo sanno. Sanno di aver smarrito i precetti, di non rispettare la legge ma pensano di non avere altra scelta. Perché si sentono soli, perché sono spaventati. Se solo Lei potesse mostrare anche solo un granello della sua potenza, se li rimettesse in riga, forse potrebbero…-
- Salvezza o morte?- domanda all’improvviso Lui, riesco quasi a percepire il suo desiderio, una lieve speranza nelle mie ultime parole. È con mia stessa sorpresa che mi ritrovo a rispondere.
- Salvezza.-
Il suo sollievo mi aggredisce come un anestetico per elefanti, sento tutto il mio cuore traboccare d’amore e ne rimango basito.
Li ama così tanto…
- Ti farò un dono, Azrael.- esordisce dopo la mia sentenza - Ti renderò custode dell’ultima speranza umana. L’ultima occasione che concedo loro. Diciassette anni fa feci nascere una sposa senza peccato e la lasciai crescere tra gli umani. Il suo nome è Amelia Adams, è predestinata alla grandezza ed è ciò che le porterai: la mia Parola. Ella procreerà un figlio, lo alleverà con amore e rispetto, gli insegnerà la fede e lui sarà il nuovo Messia. Ora va! Diffondi il mio emanato.-
- Perché io?!- non posso fare a meno di chiedere – Io non porto vita, mio Signore, non è il mio compito, non è...-
- Tu mi obbedirai.- ruggisce la sua voce nella mia testa. Abbasso il capo alla sua onnipotenza e faccio un inchino.- Sempre al tuo servizio, Padre.- dico, prima di congedarmi.
L’angelo della morte che va ad annunciare l’imminente vita è un paradosso che non può essere sfuggito al Signore. Mentre mi accingo ad eseguire i suoi ordini, resto basito dal posto che circonda la giovane predestinata. Visti i precedenti, mi sarei aspettato una persona umile e modesta, ma la villetta a schiera con un prato ben tagliato ed un bassotto nero a macchie bianche sul pianerottolo mi lascia alquanto perplesso.
Tuttavia, non è mio compito avere dubbi.
Amelia è una ragazza assai normale. I capelli, raccolti in una coda di cavallo, lunghi e lisci, le lasciano gli zigomi pronunciati scoperti ed il suo sorriso è l’unica cosa degna di nota in lei. Tutto il resto è esattamente come qualsiasi altro essere umano ai miei occhi: insignificante.
La osservo, aspetto che resti sola e mi aggiro per la casa grande e dall’arredo troppo costoso per una Vergine portatrice di vita onnipotente. Con disgusto, critico ciò che la circonda, ciò che la rende lei, ciò con cui è cresciuta.
Deve, tuttavia, arrivare sera, perché torni nella sua stanza, una stanza che sembra differire molto dal resto dell’appartamento, una stanza di una qualsiasi teenager di questi tempi, poster alle pareti, peluche, libri sugli scaffali. Un libro è ripiegato sul letto, aperto per tenerne il segno. Con noncuranza, lascio che i miei occhi ne accarezzino il titolo “La Sacra Bibbia”. Alzo un sopracciglio. Religiosa. Almeno è qualcosa.
- Sai…- esordisco palesandomi a lei, senza troppo badare alle cerimonie – che la Bibbia non è esattamente la sua parola? Quasi per nulla, devo dire.-
Lei si gira verso di me, spalancando gli occhi, realizzando la mia presenza. E l’urlo le si strozza in gola ad un gesto della mia mano.
- Sono un angelo del Signore. Non sono qui per farti alcun male.-
Le iridi si dilatano dal terrore, mentre si agita alla ricerca di una via di fuga. Il fatto che l’abbia privata della parola, la innervosisce ancora di più. Sì, decisamente non ho fatto una buona prima impressione, ma non ci sono abituato. Io uccido, non porto la vita. Io osservo, non interagisco.
- Calmati.- le intimo – Ti assicuro che non sono un ladro, né che sono attratto dal tuo corpo. Sono qui per farti un grande dono. Se libero la tua voce, mi ascolterai?-
Fa “sì” con la testa, con la disperazione di chi non ha nemmeno capito cosa abbia detto. Se le avessi detto “gira su te stessa e fai la riverenza”, avrebbe fatto esattamente la stessa cosa. Tuttavia, sigillo misticamente la stanza, affinché non ne esca alcun suono o corpo, e le libero la voce. Nonostante mi aspettassi un suo urlo, sembra che le mie parole abbiano sul serio sortito un qualche effetto. Resta immobile, ancora terrorizzata, ma immobile.
- Non sono qui per farti alcun male.- le ripeto, più accondiscendente che posso.
Una lacrima scivola sulla sua guance, mentre inghiotte a vuoto – C-cosa vuoi da m-e?-
Mi aspettavo peggio, ma ancora non si è creata l’intimità giusta affinché io possa regalarle l’eternità e la gloria divina. Sorrido e la invito a sedersi e, con le mani alzate in segno di resa, mi allontano da lei per palesarle la mia assoluta volontà di non farle alcun male.
- Sono un angelo del signore.-
I suoi occhi sono così chiari che quasi ho l’impressione di sentirla sussurrare “sì, certo e io sono la regina Elisabetta”. È con un inchino ed un sorriso nuovo ed affabile che lascio uscire dalla schiena le ali lucenti e dispiegandole, mostrandole l’ unico vero segno riconoscibile per loro. La sua lacrima si cristallizza in un attimo e le sue pupille si contraggono dallo splendore delle mie ali. Le ripiego su loro stesse, per renderle meno ingombranti, e le sorrido ancora.
- Mi credi ora?-
I suoi occhi cercano con terrore la Bibbia, poi tornano su di me. Annuisce, trattenendo il respiro.
- Sono qui per farti un dono, Amelia, il dono più importante dell’universo.-
- Un dono?- ribatte – Che tipo di dono?-
Mi avvicino a lei, piano, quasi fosse di cristallo, di un cristallo così puro e lucente da non poter essere toccato da sudice mani umane. Le tendo la mia per indicarle di alzarsi e lei esegue, come in trance.
- Sei stata predestinata Amelia. Sarai la nuova Vergine portatrice di vita. Lui ha scelto te.-
Sbatte le palpebre e schiude le labbra – Scelto? Me? No. Ci deve essere un errore io…io non sono…non sono adatta.-
- Perché dici questo?-
- Non…non sono degna.- bofonchia animata – Una cosa del genere non può accadere a me, proprio no.-
- Ma sta accadendo.- ribatto risoluto – E non puoi tirarti indietro di fronte alla sua parola. –
- Ma io..!-
- Lo farai. Devi farlo.- ribatto subito – La vita dell’intera umanità dipende da te, lo capisci Amelia?-
- Perché io?!-
- Sei nata per questo.-
Si ammutolisce e mi fissa, nella speranza che le dica che è tutto uno scherzo, sta pregando che lo sia, e comprendo che per i tempi che corrono è già tanto che mi abbia creduto. Le poso le mani sulle spalle e cerco di essere più calmo possibile.
- Tu partorirai il Messia. Gli darai un nome e lo allatterai, lo crescerai nella fede e lo consacrerai a Dio. Questo è ciò per cui sei nata. Preparati, Amelia.-
Le lacrime hanno ricominciato a scorrere, questa volta copiose, il terrore ancora nei suoi occhi.
- Ti prego…- pigola – Non io. Non fatemi questo. Ho la scuola, mio padre mi ammazzerà …-
- Nulla di questo ha importanza di fronte alla salvezza dell’umanità. Come puoi anche solo pensarlo?-
- Tu non capisci! Non posso! Non sono pronta, ho solo 17 anni!-
Qualcosa esplode in me e la calma e la risolutezza fin’ora dimostrate vengono a mancare. La spingo con forza, facendola ricadere sul letto che sobbalza sotto un cigolio sinistro.
- Tu obbedirai.- sibilo rabbioso, le ali dispiegate in avvertimento e la mia rabbia diventa palpabile perfino nell’aria che respiriamo. Questa umana sta calpestando ogni cosa che Lui ha fatto per salvarli, per liberarli dal peccato.
Sta calpestando quell’amore così intenso che io ho percepito solo di sfuggita. Quest’umana non merita alcun conforto, alcuna salvezza. Non può dubitare e rifiutare quando è così chiara la sua esistenza, in questo momento - Tu tacerai e obbedirai al tuo Dio. Chiaro, Amelia?-
Trema sotto il mio sguardo, terrorizzata, annuisce senza nemmeno dar veramente segno di aver capito. Lo fa due, tre volte, poi si prende il grembo con le mani.
- A-spetto un bambino allora? Per davvero?-
La mia espressione si allarga in un sorriso di pura soddisfazione e piacere. Il senso di vittoria e potere mi avvolge.
- Congratulazioni Amelia Adams.-
Qualcosa è cambiato. Lo sento nell’aria, nella terra, nel battito del cuore della gente. Loro lo sanno, non per davvero, ma lo percepiscono.
Sorrido, soddisfatto.
Non è da me provare sentimenti di alcun genere. Sono sempre stato piuttosto pragmatico: è la tua ora? Prendo la tua anima.
In tutti questi millenni, mai un tentennamento od un dubbio. Sono sempre stato molto fiero di me stesso, so di meritarmi l’amore di mio Padre.
Tuttavia, non posso che sentirmi sopraffatto dalla soddisfazione, al pensiero di essere stato scelto per un compito tanto importante. Di essere riuscito a consegnare il messaggio, perfino superando le barriere dello scetticismo che ormai è ovunque e appesta il mondo, vanificando secoli di comandamenti e leggi.
Ho dato prova a quella ragazza dell’esistenza dell’Altissimo e lei ora è destinata a grandi cose. È qualcosa di cui andar fieri, oggigiorno.
I miei passi echeggiano per le strade dell’ospedale psichiatrico Sant’Elena con teatralità, quando il sorriso, che non mi ero accorto di avere, si spegne incontrando la figura slanciata di qualcuno di familiare.
Sembra lei, ma resto per un attimo a guardarla, cercando di rievocare i dettagli del suo volto nella mente. È difficile, visto che per me loro sono tutti uguali.
La osservo in un letto, raggomitolata in candide lenzuola. Sembra stanca e debole e il grembo è appena gonfio. Piego la testa, studiando il suo volto contratto in una smorfia di dolore, la scia salata delle lacrime è evidente sulle sue guance.
Le appaio, incuriosito di capire cosa la turba e perché è lì. Quando apre gli occhi e li fissa su di me, non c’è il terrore del nostro primo incontro, ma è un espressione di rabbia e sofferenza a illuminarle il viso.
- Che ci fai qui?- pigola piano, come se faticasse a parlare. Mi guardo attorno cercando di capire cosa stona, notando il suo pallore, la flebo nel braccio e solo in un secondo momento concretizzo la cosa più ovvia: è in ospedale psichiatrico.
- Cosa ci fai tu qui?- le domando, sorpreso.
Un sorriso di scherno mi spiazza - Dimmelo tu.- replica. La mano che si appresta al suo grembo, ma resta lontana come se anche il solo toccarlo potesse farle male – Sei stato tu a mettermelo in pancia. E ora la mia vita è distrutta, è questo che vuole Dio?-
Sbatto le palpebre senza capire. Un angolo della sua bocca si alza maggiormente, accentuando la smorfia di poco – I miei mi hanno cacciata di casa. Alberto mi ha lasciata accusandomi di averlo tradito, non ho un soldo. Sono sola. Era questo il mio grande destino?-
- Lo so che è difficile, ma..-
- Lo sai?!- sbotta, adirata mettendosi seduta – Lo sai?! Tu non sai niente! Cosa vuoi saperne tu, che ti sei limitato a mettermi questa cosa dentro, ignorando ogni mio pensiero?! - ride all’improvviso, con un tono tanto stridulo da graffiarmi le orecchie – Sai la cosa bella? Ho provato a spiegarlo alla fine. È per questo che sono qui, cosa credi?! Credono che io sia pazza. E forse non hanno torto. Grazie tante, di aver distrutto tutta la mia vita!-
- Non mi piace il tuo tono.- ribatto innervosito – Ti è stato fatto un dono. Salverai l’umanità.-
Ridacchia ancora, ma le lacrime iniziano ad uscire da i suoi occhi – E chi salverà me? Chi mi aiuterà a vivere? A dargli da mangiare? A farlo crescere? Non ho un lavoro, non ho nulla. Sono sola. -
- Ma non sarà sempre così.- protesto e la raggiungo in pochi passi, sedendomi accanto a lei e le prendo la mano dolcemente – Tu sarai amata da tutti, sarai un eroina, regnerai nel cieli come una regina. Conosci la storia, no? Quando sembrava tutto perduto, quando tutti scacciavano la sacra famiglia loro hanno trovato una modesta mangiatoia ed è lì che è nato il Messia.-
- Maria aveva un marito che l’amava. E che le credeva.- protesta con gli occhi rossi e pieni di lacrime – Che l’ha protetta. Io chi ho, invece?-
Resto interdetto a quelle parole e sento per la prima volta nella mia vita un senso di smarrimento. Come può una cosa così insignificante mettere in dubbio il mio operato? Ho fatto davvero qualcosa di sbagliato?
No. È stato un ordine del Signore. Non può essere stato un errore.
- Non temere.- la rassicuro amabile, sorridendo ed illuminando la stanza con la mia energia - Lui ti darà una mano. Tutto si sistemerà. Devi solo avere fede e pregare.-
Lei mi guarda con un espressione smarrita, ma ombreggiata di speranza. Annuisce piano prima asciugarsi le lacrime.
È passato del tempo da quell’incontro. Ho avuto da fare: il mondo è andato avanti, persone sono nate o svanite. Alcune non sono nate affatto. Altre invece sì.
Il bimbo è nato a maggio. Tutti l’hanno percepito, gran parte senza nemmeno saperlo. Tutti hanno sorriso, per un unico istante in tutta la terra.
Eppure c’è odore di morte.
Appesta tutto il mondo, lo percepisco nei mie sensi di angelo. È come respirare lo zolfo, brucia il palato e scivola giù fino ai polmoni, corrodendo i tessuti. Non è mai stato così forte.
Il pensiero che presto l’umanità sarà salvata di nuovo accarezza il mio ego. Sarà grazie a me. Presto il nuovo Messia crescerà, camminerà sulla terra e non conoscerà la morte.
Questa, è la volta buona che l’umanità si piegherà alla volontà di Dio e la rispetteranno come è dovere che sia. Finalmente gli umani diverranno più simili a noi, suoi servitori.
L’umanità sarà salvata dal caos e per questo dovrebbero solo ringraziarmi.
Forse, penso mentre immergo il mio braccio in un corpo morente e ne estraggo l’anima, forse giungerà il giorno in cui conosceranno l’immortalità.
Tuttavia, non ho bisogno di concentrarmi su questo, gongolare non è nelle mie usanze. Non è avere un opinione il mio compito. Mentre sorvolo la città, accarezzo il vento e vengo trascinato da esso, mi lascio trascinare e lo plasmo appena un poco per arrivare alla mia meta.
Non appena tocco il terreno, un brivido mi percuote dalla punta dei piedi fino alla cima delle piume. Qualcosa è andato storto, lo sento.
Prendo un profondo respiro per calmare l’improvvisa agitazione che mi ha colto, mi guardo attorno e mi rendo conto di non essere stato l’unico ad avvertirlo. Tutti si sono fermati per la strada e si guardano attorno a disagio, i bambini hanno iniziato a piangere.
Cosa è stato?
La voce del Padre è solo un sussurro quando pronuncia il suo nome.
Amelia.
Corro da lei. L’odore di morte ora aggredisce direttamente lo stomaco, provocandomi la nausea.
Cosa è stato? Cosa è successo? Amelia. Amelia cos’hai fatto?
Mi fermo davanti ad una porta arrugginita, di un palazzo abbandonato. Non devo nemmeno forzare la serratura quando entro nella stanza della Vergine. Provo ad accendere la luce, ma non trovo l’interruttore. Forse non c’è. Con dita tremanti, concentro l’energia per irradiare ciò che mi è attorno e devo soffocare un conato di vomito a quell’odore. Sangue. Sangue ovunque. Sangue che scorre.
Amelia è in piedi, un coltello stretto nel pugno che cade non appena si accorge della mia presenza. Gli occhi marroni della Vergine si puntano su di me, spenti e vuoti, un sorriso malato le ombreggia appena il viso.
- Cos’hai fatto?- sussurro quando vorrei urlare – Cosa hai fatto?! -
- Piangeva.- è la sua risposta sussurrata piano – Continuava a piangere e sono così stanca…-
Con orrore la consapevolezza mi aggredisce. Non devo avanzare molto prima che scopra la provenienza del sangue. Nella culla arrangiata con panni di fortuna non proviene alcun gorgoglio, né schiamazzo. Il bambino ora non piange più.
- …Tu!- tuono avvicinandomi a lei, con la rabbia che mi scorre nelle vene – Hai idea di cosa hai fatto, stupida umana?! -
I suoi occhi non guardano nulla di preciso, vagano per la stanza come se improvvisamente non ricordasse più nemmeno la mia presenza.
Quella rabbia che mi aveva soggiogato, la sento ribollire dentro di me e avverto il bisogno di calpestarla, insignificante com’è. La colpisco con tanta potenza da farla volare per la stanza. Atterra con un tonfo e non ha nemmeno la decenza di piangere. Mi ergo su di lei, con l’intendo di punirla per ciò che ha fatto. Per aver vanificato il suo operato… ed il mio.
- Stupida puttana! Hai condannato l’umanità! Tu non meriti nemmeno più di esistere!-
- Piangeva...- pigola lei e le sferro un calcio che le fa sputare sangue, tossisce, ma ancora non piange, ancora non si pente, ancora non capisce.
Io la ammazzo.
- Pia-angeva.- balbetta ancora, tossendo – Non voleva..smettere…e io lo cullavo…e lo imploravo. Ma non voleva smettere. Aveva fame, ma…- trattiene il respiro – Non avevo nulla da mangiare… aveva fame e piangeva… e soffriva e io…- singhiozza, le lacrime le ricoprono di nuovo il viso – Piangeva.- geme disperata – Piangeva così forte! -
Levo la mano su di lei, concentrando la mia energia nelle dita che lanciano piccole saette. Si è macchiata di un peccato così grave, che a Dio non sprecherà che io la polverizzi. Ha dimostrato che l’umanità non merita più alcuna salvezza. Ha dimostrato che avevo torto.
- Ti condanno per l’uccisione del figlio di Dio. - sibilo crudele, sentendo la rabbia scorrere come sangue nelle vene – Hai qualcosa da dire, prima che esegua la sentenza?-
Gli occhi marroni si alzano su di me, gonfi e arrossati. Si porta una mano al ventre, come se dentro ci fosse ancora la creatura che ora giace sgozzata tra vecchi stracci.
- Puoi chiedergli solo una cosa?- sussurra piano, un pigolio così sottile che devo tendere le orecchie per udirlo – Puoi chiedergli perché mi ha fatto questo?-
Mentre concentro la mia energia su di lei e la canalizzo, sono io a rispondere alla sua domanda.
- Perché Lui può.-
Le sue urla rimbombano nella stanza non appena il raggio la colpisce. Sento la sua vita scivolare via, spegnersi in pochi istanti e la sua anima cadere nella fauci dell’inferno. Abbasso la mano e prendo un profondo respiro. È finita.
Il corpo della Vergine giace inerte ai miei piedi e quello del bambino tra gli stracci.
Non sarebbe dovuta andare così. Tutto è sbagliato.
Ma Lui non sbaglia mai, Lui sa cosa fa, Lui può cambiare le cose se solo volesse, ma allora perché mi ritrovo in una stanza con le due persone più importanti dell’universo… morte?
La morte non può portare la vita, vero?
Io, Azrael, non ho potuto far davvero nulla che giovasse a questo mondo.
Chiedigli perché mi ha fatto questo.
Già, perché?
Un gemito soffocato improvvisamente attira la mia attenzione. Poi un pianto acuto. Il bambino.
Mi avvicino alla culla e lo scorgo vivo più che mai sgolarsi con il viso arrossato e, sorpreso, lo prendo tra le braccia.
È vivo. È vivo.
Improvvisamente, avverto un dolore acuto al petto, sbatto le palpebre, abbasso gli occhi per capire e noto qualcosa che mi trapassa. Una spada di luce. È un angelo colui che mi ha colpito.
Tutto il mio corpo viene scosso da un brivido e un fiotto di luce sgorga dalle mie labbra. Non ho nemmeno il tempo di rendermi conto effettivamente di cosa sta accadendo, che il bambino mi viene strappato dalle mani.
Il viso ormai dimenticato della stella del mattino, mi appare con in braccio il Messia, un sorriso gli ombreggia il viso.
- Devo dire che mi hai risparmiato molto lavoro, sai?- cinguetta tutto contento – Grazie Azrael.-
Tendo la mano verso il neonato nell’ultimo disperato tentativo di salvarlo, ma scompare in mille frammenti di oscurità. Cado in ginocchio, poi al suolo. La luce celeste delle mie ali si spegne.
Le fiamme che divampano dal mio corpo consumano tutta la mia energia.
È questa la mia fine.
Salvezza o morte?
Morte.
Cow-t 9, Terza settimana, M2.
Prompt: Morte
Numero parole: 4353
Rating: Verde
Fandom: Originale
E venne il giorno...
Sono stato convocato da Dio. Non accadeva da così tante epoche, che l’umanità che prima non era che una specie fra tante.
È così raro ormai per me tornare in paradiso e devo ripetermi più volte la strada in mente: sorpassa le barriere della vita, scavalca la ragione, sorvola la foresta del dubbio ed eccolo lì, bello come il sole. Letteralmente.
È luce pura, il paradiso, tanto da bruciare come un fuoco sacro. Molti sono caduti per via di quel bagliore.
L’ultima volta che sono stato convocato, era per far quello che so fare meglio: uccidere. Del resto sono Azrael l’angelo della morte, a me sono stati assegnati i più grandi genocidi della storia: Babele, Mosè, perfino durante il diluvio ho raccolto ciò che restava della anime sperdute.
È il mio compito, ciò per cui sono nato.
Mi mancano un po’ i tempi in cui la parola di Dio aveva valore e i popoli si inchinavano a cespugli parlanti e, se dichiaravano di aver parlato con Lui, non venivano sbattuti in manicomio.
Erano tempi dove si capiva chi comandava. Se mi ha convocato, significa che c’è qualcosa di grosso in ballo e sento una sorta di agitazione al pensiero.
Nessuno essere umano mi crederebbe se sapesse di non essere affatto a sua immagine e somiglianza, di essere la cosa più distante da lui, così chiusi in involucri di carne.
Devo socchiudere i miei numerosi occhi per poter anche solo scorgere un’unghia della sua magnificenza. Non c’è comunque permesso di guardarlo per davvero e non per troppo tempo, verremmo bruciati dalla sua luce, come le retine troppo esposte al sole.
E non possiamo udire la sua voce, possiamo solo percepirla con ogni nostra molecola nella nostra anima vibrare soave come una corda di violino. È un riflesso della nostra anima, qualcosa che sappiamo senza sapere come. Lui è quella voce, sottile e suadente, che sussurra agli umani parole che troppo spesso ignorano. La scambiano con la volgare coscienza che non ascoltano quasi mai per illudersi un minuto in più di possedere sul serio il libero arbitrio: la strada più veloce per giungere, infine, tra le braccia della stella del mattino.
- Mi hai chiamato, Padre?- la mia voce è roca come quella di chi non parla da millenni, di un angelo dimenticato, il cui unico scopo è traghettare le anime, prendersene cura e poi portarle dove è giusto che vadano.
È emblematico che ricordi appena la strada per il Paradiso.
La sua di voce, invece, rimbomba nella mia testa come un’eco, sussurra il mio nome e devo concentrarmi prima di sentirla con precisione.
- Figlio mio.- aggiunge ancora.
- Cosa posso fare per voi, Padre?-
- Figlio mio…- ripete e posso persino udire un segno di preoccupazione – Che notizie mi porti dalla Terra? Come stanno i miei figli?-
Come se non lo sapesse. Reprimo un senso di disgusto e chino la testa – Peccatori e fieri. Pure nella tua chiesa.-
- Non mi porti buone notizie, allora.- ribatte con tono pensoso. Annuisco.
- Dimmi, Azrael, vedi un futuro per i miei figli? Vedi speranza? Vedi una salvezza per l’umanità?-
È con fin troppo zelo, devo riconoscere, che rispondo – Affatto.- mi pento immediatamente di ciò che ho detto e alzò gli occhi su di lui, timoroso per la dichiarazione. La bellezza della sua luce mi disarma, lasciandomi senza fiato per un lungo secondo, sbatto le palpebre più volte per riacquistare lucidità.
-Eppure…- sento ancora la sua voce vibrarmi dentro, sinuosa – Cosa ti turba?-
Taccio, senza volerlo. Nulla mi aiuta a rispondere.
- Tu, Azrael, - un suono soave il mio nome pronunciato da lui – Sei colui che tra tutti puoi capirli meglio. Li osservi, li tocchi, li percepisci. Tu vivi a loro stretto contatto, li vegli fino a che non serve il tuo intervento. Tu, più di tutti, puoi rispondere alla mia sola ed unica domanda.- prende una pausa e io la sento dilatarsi in me, quasi fino a valicare i limiti del mio corpo - Salvezza o morte? -
Un silenzio inusuale riempie ora l’enorme stanza senza pareti che è il suo mondo. Sono costretto ad abbassare lo sguardo, ormai troppo abbagliato dal suo splendore. Stringo i pugni e la mia anima, tutto ciò che io credo di loro, si frantuma davanti ad una sconcertante certezza…
- Mio signore…- esordisco con insicurezza fin troppo udibile nella voce – Non credo di essere la persona adatta.-
- Rispondi, Azrael.- ordina, in risposta.
Debbo farlo, quindi. Predo un profondo respiro e le mie ali hanno un fremito. Le piego su loro stesse mettendole in posizione di riposo, rilassando il mio intero corpo, contro ogni più sensato galateo angelico.
- Il novantotto percento della popolazione non merita alcuna parola di Salvezza. Molti non seguono la tua legge, la ignorano, credono che non sia giusta, ne mettono in dubbio il valore. Altri invece agiscono in sua vece, la manipolano, la rendono indegna e insensata.- esito appena - I restanti vivono la loro vita eccedendo, ed eccedendo ancora, si consumano nel vizio, si lasciano sopraffare dei loro istinti. Sono creature deboli al fascino del peccato sempre di più e la cosa non può che peggiorare. Ogni attimo che passa, la fede viene vista sempre di più come una debolezza, anziché una virtù.-
- Eppure…- riprendo. Mi fermo, tuttavia per un istante, cercando di mettere bene le parole in ordine nella mia testa - Eppure c’è quella piccola percentuale, quel due percento di infanti, di innocenti, di gente che non hanno avuto il tempo di scegliere la strada. Che possono ancora essere salvati. Sono in pochi, una miseria rispetto alla maggioranza.- Medito su ciò e cerco io stesso il punto del mio ragionamento, quando la voce del Signore tuona dentro di me provocandomi un capogiro.
- Quindi, Azrael? -
Davanti a Lui si è disarmati, ogni cosa viene messa in discussione, viene distrutta. Ogni tua idea è insignificante rispetto alla sua, per questo mi sorprendo di mi stesso quando dalla mie labbra proviene un suono – Si sentono abbandonati, persi, senza strada. L’hanno smarrita. E lo sanno. Sanno di aver smarrito i precetti, di non rispettare la legge ma pensano di non avere altra scelta. Perché si sentono soli, perché sono spaventati. Se solo Lei potesse mostrare anche solo un granello della sua potenza, se li rimettesse in riga, forse potrebbero…-
- Salvezza o morte?- domanda all’improvviso Lui, riesco quasi a percepire il suo desiderio, una lieve speranza nelle mie ultime parole. È con mia stessa sorpresa che mi ritrovo a rispondere.
- Salvezza.-
Il suo sollievo mi aggredisce come un anestetico per elefanti, sento tutto il mio cuore traboccare d’amore e ne rimango basito.
Li ama così tanto…
- Ti farò un dono, Azrael.- esordisce dopo la mia sentenza - Ti renderò custode dell’ultima speranza umana. L’ultima occasione che concedo loro. Diciassette anni fa feci nascere una sposa senza peccato e la lasciai crescere tra gli umani. Il suo nome è Amelia Adams, è predestinata alla grandezza ed è ciò che le porterai: la mia Parola. Ella procreerà un figlio, lo alleverà con amore e rispetto, gli insegnerà la fede e lui sarà il nuovo Messia. Ora va! Diffondi il mio emanato.-
- Perché io?!- non posso fare a meno di chiedere – Io non porto vita, mio Signore, non è il mio compito, non è...-
- Tu mi obbedirai.- ruggisce la sua voce nella mia testa. Abbasso il capo alla sua onnipotenza e faccio un inchino.- Sempre al tuo servizio, Padre.- dico, prima di congedarmi.
L’angelo della morte che va ad annunciare l’imminente vita è un paradosso che non può essere sfuggito al Signore. Mentre mi accingo ad eseguire i suoi ordini, resto basito dal posto che circonda la giovane predestinata. Visti i precedenti, mi sarei aspettato una persona umile e modesta, ma la villetta a schiera con un prato ben tagliato ed un bassotto nero a macchie bianche sul pianerottolo mi lascia alquanto perplesso.
Tuttavia, non è mio compito avere dubbi.
Amelia è una ragazza assai normale. I capelli, raccolti in una coda di cavallo, lunghi e lisci, le lasciano gli zigomi pronunciati scoperti ed il suo sorriso è l’unica cosa degna di nota in lei. Tutto il resto è esattamente come qualsiasi altro essere umano ai miei occhi: insignificante.
La osservo, aspetto che resti sola e mi aggiro per la casa grande e dall’arredo troppo costoso per una Vergine portatrice di vita onnipotente. Con disgusto, critico ciò che la circonda, ciò che la rende lei, ciò con cui è cresciuta.
Deve, tuttavia, arrivare sera, perché torni nella sua stanza, una stanza che sembra differire molto dal resto dell’appartamento, una stanza di una qualsiasi teenager di questi tempi, poster alle pareti, peluche, libri sugli scaffali. Un libro è ripiegato sul letto, aperto per tenerne il segno. Con noncuranza, lascio che i miei occhi ne accarezzino il titolo “La Sacra Bibbia”. Alzo un sopracciglio. Religiosa. Almeno è qualcosa.
- Sai…- esordisco palesandomi a lei, senza troppo badare alle cerimonie – che la Bibbia non è esattamente la sua parola? Quasi per nulla, devo dire.-
Lei si gira verso di me, spalancando gli occhi, realizzando la mia presenza. E l’urlo le si strozza in gola ad un gesto della mia mano.
- Sono un angelo del Signore. Non sono qui per farti alcun male.-
Le iridi si dilatano dal terrore, mentre si agita alla ricerca di una via di fuga. Il fatto che l’abbia privata della parola, la innervosisce ancora di più. Sì, decisamente non ho fatto una buona prima impressione, ma non ci sono abituato. Io uccido, non porto la vita. Io osservo, non interagisco.
- Calmati.- le intimo – Ti assicuro che non sono un ladro, né che sono attratto dal tuo corpo. Sono qui per farti un grande dono. Se libero la tua voce, mi ascolterai?-
Fa “sì” con la testa, con la disperazione di chi non ha nemmeno capito cosa abbia detto. Se le avessi detto “gira su te stessa e fai la riverenza”, avrebbe fatto esattamente la stessa cosa. Tuttavia, sigillo misticamente la stanza, affinché non ne esca alcun suono o corpo, e le libero la voce. Nonostante mi aspettassi un suo urlo, sembra che le mie parole abbiano sul serio sortito un qualche effetto. Resta immobile, ancora terrorizzata, ma immobile.
- Non sono qui per farti alcun male.- le ripeto, più accondiscendente che posso.
Una lacrima scivola sulla sua guance, mentre inghiotte a vuoto – C-cosa vuoi da m-e?-
Mi aspettavo peggio, ma ancora non si è creata l’intimità giusta affinché io possa regalarle l’eternità e la gloria divina. Sorrido e la invito a sedersi e, con le mani alzate in segno di resa, mi allontano da lei per palesarle la mia assoluta volontà di non farle alcun male.
- Sono un angelo del signore.-
I suoi occhi sono così chiari che quasi ho l’impressione di sentirla sussurrare “sì, certo e io sono la regina Elisabetta”. È con un inchino ed un sorriso nuovo ed affabile che lascio uscire dalla schiena le ali lucenti e dispiegandole, mostrandole l’ unico vero segno riconoscibile per loro. La sua lacrima si cristallizza in un attimo e le sue pupille si contraggono dallo splendore delle mie ali. Le ripiego su loro stesse, per renderle meno ingombranti, e le sorrido ancora.
- Mi credi ora?-
I suoi occhi cercano con terrore la Bibbia, poi tornano su di me. Annuisce, trattenendo il respiro.
- Sono qui per farti un dono, Amelia, il dono più importante dell’universo.-
- Un dono?- ribatte – Che tipo di dono?-
Mi avvicino a lei, piano, quasi fosse di cristallo, di un cristallo così puro e lucente da non poter essere toccato da sudice mani umane. Le tendo la mia per indicarle di alzarsi e lei esegue, come in trance.
- Sei stata predestinata Amelia. Sarai la nuova Vergine portatrice di vita. Lui ha scelto te.-
Sbatte le palpebre e schiude le labbra – Scelto? Me? No. Ci deve essere un errore io…io non sono…non sono adatta.-
- Perché dici questo?-
- Non…non sono degna.- bofonchia animata – Una cosa del genere non può accadere a me, proprio no.-
- Ma sta accadendo.- ribatto risoluto – E non puoi tirarti indietro di fronte alla sua parola. –
- Ma io..!-
- Lo farai. Devi farlo.- ribatto subito – La vita dell’intera umanità dipende da te, lo capisci Amelia?-
- Perché io?!-
- Sei nata per questo.-
Si ammutolisce e mi fissa, nella speranza che le dica che è tutto uno scherzo, sta pregando che lo sia, e comprendo che per i tempi che corrono è già tanto che mi abbia creduto. Le poso le mani sulle spalle e cerco di essere più calmo possibile.
- Tu partorirai il Messia. Gli darai un nome e lo allatterai, lo crescerai nella fede e lo consacrerai a Dio. Questo è ciò per cui sei nata. Preparati, Amelia.-
Le lacrime hanno ricominciato a scorrere, questa volta copiose, il terrore ancora nei suoi occhi.
- Ti prego…- pigola – Non io. Non fatemi questo. Ho la scuola, mio padre mi ammazzerà …-
- Nulla di questo ha importanza di fronte alla salvezza dell’umanità. Come puoi anche solo pensarlo?-
- Tu non capisci! Non posso! Non sono pronta, ho solo 17 anni!-
Qualcosa esplode in me e la calma e la risolutezza fin’ora dimostrate vengono a mancare. La spingo con forza, facendola ricadere sul letto che sobbalza sotto un cigolio sinistro.
- Tu obbedirai.- sibilo rabbioso, le ali dispiegate in avvertimento e la mia rabbia diventa palpabile perfino nell’aria che respiriamo. Questa umana sta calpestando ogni cosa che Lui ha fatto per salvarli, per liberarli dal peccato.
Sta calpestando quell’amore così intenso che io ho percepito solo di sfuggita. Quest’umana non merita alcun conforto, alcuna salvezza. Non può dubitare e rifiutare quando è così chiara la sua esistenza, in questo momento - Tu tacerai e obbedirai al tuo Dio. Chiaro, Amelia?-
Trema sotto il mio sguardo, terrorizzata, annuisce senza nemmeno dar veramente segno di aver capito. Lo fa due, tre volte, poi si prende il grembo con le mani.
- A-spetto un bambino allora? Per davvero?-
La mia espressione si allarga in un sorriso di pura soddisfazione e piacere. Il senso di vittoria e potere mi avvolge.
- Congratulazioni Amelia Adams.-
Qualcosa è cambiato. Lo sento nell’aria, nella terra, nel battito del cuore della gente. Loro lo sanno, non per davvero, ma lo percepiscono.
Sorrido, soddisfatto.
Non è da me provare sentimenti di alcun genere. Sono sempre stato piuttosto pragmatico: è la tua ora? Prendo la tua anima.
In tutti questi millenni, mai un tentennamento od un dubbio. Sono sempre stato molto fiero di me stesso, so di meritarmi l’amore di mio Padre.
Tuttavia, non posso che sentirmi sopraffatto dalla soddisfazione, al pensiero di essere stato scelto per un compito tanto importante. Di essere riuscito a consegnare il messaggio, perfino superando le barriere dello scetticismo che ormai è ovunque e appesta il mondo, vanificando secoli di comandamenti e leggi.
Ho dato prova a quella ragazza dell’esistenza dell’Altissimo e lei ora è destinata a grandi cose. È qualcosa di cui andar fieri, oggigiorno.
I miei passi echeggiano per le strade dell’ospedale psichiatrico Sant’Elena con teatralità, quando il sorriso, che non mi ero accorto di avere, si spegne incontrando la figura slanciata di qualcuno di familiare.
Sembra lei, ma resto per un attimo a guardarla, cercando di rievocare i dettagli del suo volto nella mente. È difficile, visto che per me loro sono tutti uguali.
La osservo in un letto, raggomitolata in candide lenzuola. Sembra stanca e debole e il grembo è appena gonfio. Piego la testa, studiando il suo volto contratto in una smorfia di dolore, la scia salata delle lacrime è evidente sulle sue guance.
Le appaio, incuriosito di capire cosa la turba e perché è lì. Quando apre gli occhi e li fissa su di me, non c’è il terrore del nostro primo incontro, ma è un espressione di rabbia e sofferenza a illuminarle il viso.
- Che ci fai qui?- pigola piano, come se faticasse a parlare. Mi guardo attorno cercando di capire cosa stona, notando il suo pallore, la flebo nel braccio e solo in un secondo momento concretizzo la cosa più ovvia: è in ospedale psichiatrico.
- Cosa ci fai tu qui?- le domando, sorpreso.
Un sorriso di scherno mi spiazza - Dimmelo tu.- replica. La mano che si appresta al suo grembo, ma resta lontana come se anche il solo toccarlo potesse farle male – Sei stato tu a mettermelo in pancia. E ora la mia vita è distrutta, è questo che vuole Dio?-
Sbatto le palpebre senza capire. Un angolo della sua bocca si alza maggiormente, accentuando la smorfia di poco – I miei mi hanno cacciata di casa. Alberto mi ha lasciata accusandomi di averlo tradito, non ho un soldo. Sono sola. Era questo il mio grande destino?-
- Lo so che è difficile, ma..-
- Lo sai?!- sbotta, adirata mettendosi seduta – Lo sai?! Tu non sai niente! Cosa vuoi saperne tu, che ti sei limitato a mettermi questa cosa dentro, ignorando ogni mio pensiero?! - ride all’improvviso, con un tono tanto stridulo da graffiarmi le orecchie – Sai la cosa bella? Ho provato a spiegarlo alla fine. È per questo che sono qui, cosa credi?! Credono che io sia pazza. E forse non hanno torto. Grazie tante, di aver distrutto tutta la mia vita!-
- Non mi piace il tuo tono.- ribatto innervosito – Ti è stato fatto un dono. Salverai l’umanità.-
Ridacchia ancora, ma le lacrime iniziano ad uscire da i suoi occhi – E chi salverà me? Chi mi aiuterà a vivere? A dargli da mangiare? A farlo crescere? Non ho un lavoro, non ho nulla. Sono sola. -
- Ma non sarà sempre così.- protesto e la raggiungo in pochi passi, sedendomi accanto a lei e le prendo la mano dolcemente – Tu sarai amata da tutti, sarai un eroina, regnerai nel cieli come una regina. Conosci la storia, no? Quando sembrava tutto perduto, quando tutti scacciavano la sacra famiglia loro hanno trovato una modesta mangiatoia ed è lì che è nato il Messia.-
- Maria aveva un marito che l’amava. E che le credeva.- protesta con gli occhi rossi e pieni di lacrime – Che l’ha protetta. Io chi ho, invece?-
Resto interdetto a quelle parole e sento per la prima volta nella mia vita un senso di smarrimento. Come può una cosa così insignificante mettere in dubbio il mio operato? Ho fatto davvero qualcosa di sbagliato?
No. È stato un ordine del Signore. Non può essere stato un errore.
- Non temere.- la rassicuro amabile, sorridendo ed illuminando la stanza con la mia energia - Lui ti darà una mano. Tutto si sistemerà. Devi solo avere fede e pregare.-
Lei mi guarda con un espressione smarrita, ma ombreggiata di speranza. Annuisce piano prima asciugarsi le lacrime.
È passato del tempo da quell’incontro. Ho avuto da fare: il mondo è andato avanti, persone sono nate o svanite. Alcune non sono nate affatto. Altre invece sì.
Il bimbo è nato a maggio. Tutti l’hanno percepito, gran parte senza nemmeno saperlo. Tutti hanno sorriso, per un unico istante in tutta la terra.
Eppure c’è odore di morte.
Appesta tutto il mondo, lo percepisco nei mie sensi di angelo. È come respirare lo zolfo, brucia il palato e scivola giù fino ai polmoni, corrodendo i tessuti. Non è mai stato così forte.
Il pensiero che presto l’umanità sarà salvata di nuovo accarezza il mio ego. Sarà grazie a me. Presto il nuovo Messia crescerà, camminerà sulla terra e non conoscerà la morte.
Questa, è la volta buona che l’umanità si piegherà alla volontà di Dio e la rispetteranno come è dovere che sia. Finalmente gli umani diverranno più simili a noi, suoi servitori.
L’umanità sarà salvata dal caos e per questo dovrebbero solo ringraziarmi.
Forse, penso mentre immergo il mio braccio in un corpo morente e ne estraggo l’anima, forse giungerà il giorno in cui conosceranno l’immortalità.
Tuttavia, non ho bisogno di concentrarmi su questo, gongolare non è nelle mie usanze. Non è avere un opinione il mio compito. Mentre sorvolo la città, accarezzo il vento e vengo trascinato da esso, mi lascio trascinare e lo plasmo appena un poco per arrivare alla mia meta.
Non appena tocco il terreno, un brivido mi percuote dalla punta dei piedi fino alla cima delle piume. Qualcosa è andato storto, lo sento.
Prendo un profondo respiro per calmare l’improvvisa agitazione che mi ha colto, mi guardo attorno e mi rendo conto di non essere stato l’unico ad avvertirlo. Tutti si sono fermati per la strada e si guardano attorno a disagio, i bambini hanno iniziato a piangere.
Cosa è stato?
La voce del Padre è solo un sussurro quando pronuncia il suo nome.
Amelia.
Corro da lei. L’odore di morte ora aggredisce direttamente lo stomaco, provocandomi la nausea.
Cosa è stato? Cosa è successo? Amelia. Amelia cos’hai fatto?
Mi fermo davanti ad una porta arrugginita, di un palazzo abbandonato. Non devo nemmeno forzare la serratura quando entro nella stanza della Vergine. Provo ad accendere la luce, ma non trovo l’interruttore. Forse non c’è. Con dita tremanti, concentro l’energia per irradiare ciò che mi è attorno e devo soffocare un conato di vomito a quell’odore. Sangue. Sangue ovunque. Sangue che scorre.
Amelia è in piedi, un coltello stretto nel pugno che cade non appena si accorge della mia presenza. Gli occhi marroni della Vergine si puntano su di me, spenti e vuoti, un sorriso malato le ombreggia appena il viso.
- Cos’hai fatto?- sussurro quando vorrei urlare – Cosa hai fatto?! -
- Piangeva.- è la sua risposta sussurrata piano – Continuava a piangere e sono così stanca…-
Con orrore la consapevolezza mi aggredisce. Non devo avanzare molto prima che scopra la provenienza del sangue. Nella culla arrangiata con panni di fortuna non proviene alcun gorgoglio, né schiamazzo. Il bambino ora non piange più.
- …Tu!- tuono avvicinandomi a lei, con la rabbia che mi scorre nelle vene – Hai idea di cosa hai fatto, stupida umana?! -
I suoi occhi non guardano nulla di preciso, vagano per la stanza come se improvvisamente non ricordasse più nemmeno la mia presenza.
Quella rabbia che mi aveva soggiogato, la sento ribollire dentro di me e avverto il bisogno di calpestarla, insignificante com’è. La colpisco con tanta potenza da farla volare per la stanza. Atterra con un tonfo e non ha nemmeno la decenza di piangere. Mi ergo su di lei, con l’intendo di punirla per ciò che ha fatto. Per aver vanificato il suo operato… ed il mio.
- Stupida puttana! Hai condannato l’umanità! Tu non meriti nemmeno più di esistere!-
- Piangeva...- pigola lei e le sferro un calcio che le fa sputare sangue, tossisce, ma ancora non piange, ancora non si pente, ancora non capisce.
Io la ammazzo.
- Pia-angeva.- balbetta ancora, tossendo – Non voleva..smettere…e io lo cullavo…e lo imploravo. Ma non voleva smettere. Aveva fame, ma…- trattiene il respiro – Non avevo nulla da mangiare… aveva fame e piangeva… e soffriva e io…- singhiozza, le lacrime le ricoprono di nuovo il viso – Piangeva.- geme disperata – Piangeva così forte! -
Levo la mano su di lei, concentrando la mia energia nelle dita che lanciano piccole saette. Si è macchiata di un peccato così grave, che a Dio non sprecherà che io la polverizzi. Ha dimostrato che l’umanità non merita più alcuna salvezza. Ha dimostrato che avevo torto.
- Ti condanno per l’uccisione del figlio di Dio. - sibilo crudele, sentendo la rabbia scorrere come sangue nelle vene – Hai qualcosa da dire, prima che esegua la sentenza?-
Gli occhi marroni si alzano su di me, gonfi e arrossati. Si porta una mano al ventre, come se dentro ci fosse ancora la creatura che ora giace sgozzata tra vecchi stracci.
- Puoi chiedergli solo una cosa?- sussurra piano, un pigolio così sottile che devo tendere le orecchie per udirlo – Puoi chiedergli perché mi ha fatto questo?-
Mentre concentro la mia energia su di lei e la canalizzo, sono io a rispondere alla sua domanda.
- Perché Lui può.-
Le sue urla rimbombano nella stanza non appena il raggio la colpisce. Sento la sua vita scivolare via, spegnersi in pochi istanti e la sua anima cadere nella fauci dell’inferno. Abbasso la mano e prendo un profondo respiro. È finita.
Il corpo della Vergine giace inerte ai miei piedi e quello del bambino tra gli stracci.
Non sarebbe dovuta andare così. Tutto è sbagliato.
Ma Lui non sbaglia mai, Lui sa cosa fa, Lui può cambiare le cose se solo volesse, ma allora perché mi ritrovo in una stanza con le due persone più importanti dell’universo… morte?
La morte non può portare la vita, vero?
Io, Azrael, non ho potuto far davvero nulla che giovasse a questo mondo.
Chiedigli perché mi ha fatto questo.
Già, perché?
Un gemito soffocato improvvisamente attira la mia attenzione. Poi un pianto acuto. Il bambino.
Mi avvicino alla culla e lo scorgo vivo più che mai sgolarsi con il viso arrossato e, sorpreso, lo prendo tra le braccia.
È vivo. È vivo.
Improvvisamente, avverto un dolore acuto al petto, sbatto le palpebre, abbasso gli occhi per capire e noto qualcosa che mi trapassa. Una spada di luce. È un angelo colui che mi ha colpito.
Tutto il mio corpo viene scosso da un brivido e un fiotto di luce sgorga dalle mie labbra. Non ho nemmeno il tempo di rendermi conto effettivamente di cosa sta accadendo, che il bambino mi viene strappato dalle mani.
Il viso ormai dimenticato della stella del mattino, mi appare con in braccio il Messia, un sorriso gli ombreggia il viso.
- Devo dire che mi hai risparmiato molto lavoro, sai?- cinguetta tutto contento – Grazie Azrael.-
Tendo la mano verso il neonato nell’ultimo disperato tentativo di salvarlo, ma scompare in mille frammenti di oscurità. Cado in ginocchio, poi al suolo. La luce celeste delle mie ali si spegne.
Le fiamme che divampano dal mio corpo consumano tutta la mia energia.
È questa la mia fine.
Salvezza o morte?
Morte.