macci: (Default)
[personal profile] macci
 Prompt: i tarocchi - il matto
Spiegazione: è matta. 
Parole: 2262 

La notte eterna 

Claudia cercava di aprire gli occhi, di svegliarsi. Ma non ci riusciva.

La stessa scena di ogni notte  si ripeteva, le mani le dolevano ed i piedi iniziavano ad avvertire il calore che sarebbe poi diventato bruciore. No. Non voleva.

Si mosse a disagio, cercò di protestare, di far capire per una volta che lei non voleva in nessun modo morire.

Tentò di parlare, di dire qualcosa, ma il corpo non voleva rispondere ai suoi comandi. Si sforzò più che poté di urlare alla gente, chiedere aiuto e allo stesso tempo di liberarsi, strattonare le corde, ma era come se il corpo non le appartenesse. Fin troppo presto le fiamme la avvolsero e le sue stesse urla le riempirono le orecchie.

Basta. Era ora di svegliarsi, doveva. Dannazione!

Non riusciva a respirare. Faceva male, dannatamente male, non riusciva a descrivere il dolore, quasi nemmeno a concepirlo.

Perché non si svegliava?

Era in quel momento che si svegliava sempre, perché invece ora non accadeva?

Cercò di chiedere aiuto, inutilmente. Tutto il suo corpo era intorpidito, come anestetizzato. Conosceva quella sensazione, proprio come quando la costringevano a prendere medicinali.

Poi capì. Non poteva svegliarsi perché era in ospedale. Era costretta dalla mano umana che doveva curarla a vivere quell’incubo ancora e ancora, fino a che il suo cuore non si fosse finalmente fermato. Pregò piangendo che quel momento arrivasse presto.

Il fuoco avanzava ancora e lei si sentiva sempre pi confusa e storidita, provò a scrutare il cielo in cerca dela sfera di luce e delle sue più piccole sorelle ma non era più lì. Anche lei l’aveva abbandonata, infine.

Era strano come fosse assolutamente cosciente di star dormendo, imbottita di farmaci e come, nonostante tutto, non poteva fare assolutamente niente. Almeno, si disse, della sua pazzia era perfettamente consapevole.

Rilassò i muscoli lasciando che il fuoco la consumasse e continuò a guardare il cielo dove una brillante pioggia di filamenti lucenti riempiva il cielo, proprio come se piangesse con lei. Era uno spettacolo così bello e triste che si ritrovò a sorridere improvvisamente, ma poi il buio s’impadronì di lei.

Ora si sarebbe svegliata o avrebbe ricominciato daccapo a sognare. Come sempre.

Tuttavia qualcosa era cambiato. Prima ancora che se ne rendesse conto il mondo che per anni aveva costellato la sua eterna notte, che l’aveva tormentata e spaventata per tutta la sua vita… scomparve.

Svanì, improvvisamente, come se nulla fosse mai accaduto.

Solo quando Claudia riuscì a respirare nuovamente se ne rese finalmente conto: non era più legata, ma era….

Si guardò attorno. Dov’era?

Massaggiò i polsi dolenti cercando di capire, mentre calmava i battiti del suo cuore. C’era un leggero vento che smuoveva le foglie di alberi che non aveva mai visto e che la circondavano.

Il buio era tetro, eppure Claudia riusciva benissimo a vedere i contorni dei rami quasi rilucessero. Il contrasto tra semiluce e fitto buio la spinse a ricercare un bagliore nel cielo, ma le fronde più alte degli alberi coprivano la vista quasi come una cupola.

Non c’era nulla di speciale in quella nuova ambientazione, nulla che potesse indicarle come c’era finita o perché. Era solo lì, senza bruciature o ustioni e senza meta.

Non c’era alcuna via, solcatura del terreno o sentiero che potesse indicarla la strada, né riusciva a capire come c’era finita in quell’ antro di rami e foglie.

Il panico iniziò ad impadronirsi di lei. Dov’era?

Tornò a mancargli il respiro ed iniziò girare su se stessa cercando spasmodicamente un appiglio o un sentiero per uscirne. Quasi come in uno specchio deforme i rami sembravano avvicinarsi sempre di più, quasi a volerla schiacciare.

Doveva andare via di lì, al più presto. Altrimenti...altrimenti l’avrebbero trovata.

Ma chi? Si chiese poi senza nemmeno rendersene conto.

Si prese la testa tra le mani mentre immagini di tanti volti che la fissavano mentre bruciava le riempirono la vista, quasi accecandola e le loro urla esplosero nella sua testa.

Incominciò a correre, nel buio e senza meta, con il solo scopo di uscire da quella foresta, di scappare da lodo, di svegliarsi.

Le dolevano i muscoli come se stesse correndo per davvero e il suo cuore le stava esplodendo nel petto. Sentiva di essere presente in quel corpo e in quelle azioni ma al contempo era come se nulla di quella sequenza le appartenesse. Cercò più volte di aprire davvero gli occhi, di comandare il suo corpo nella realtà di svegliarsi. Aveva troppa paura, doveva farlo. Ora.

Cadde al suolo, sfinita, e con una certa ironia l’adrenalina in circolo le impedì di avvertire il dolore dell’impatto.

Boccheggiò esausta avvertendo la testa iniziare a dolergli per lo sforzo di prendere possesso del suo stesso corpo ed inghiottì a vuoto per calmare il respiro ed il suo cuore impazzito.

Nella confusione e lo spavento, si sentì completamente smarrita.

Cosa diavolo stava succedendo ora? Perché tutto questo? Per quale assurda ragione proprio a lei? Cosa’aveva fatto di male nella sua vita per meritarsi questa dannatissima situazione?

Strinse i pugni con forza avvertendo gli occhi pungergli fastidiosamente. Ecco ora ci si mettevano anche le lacrime...

Basta, pensò con tutte le sue forze.

 

Aprì gli occhi e si perse nel bianco sorriffitto della sua stanza di ospedale. Si sentiva esausta, ma il battito forte del suo cuore la convinse di non essere ancora morta. Cercò di rimanere sveglia ma i contorni erano troppo offuscati, il corpo intorpidito ed i polsi legati le dolevano proprio come nel sogno. Le girava la testa come se stesse cadendo in un pozzo e vedesse solo la luce allontanarsi incapace di capire quando avrebbe toccato il fondo. Chiuse gli occhi cercando di respirare e assolutamente di non dormire. Ma non ci riuscì.

Aprì gli occhi di scatto e con uno sforzo quasi sovrumano riuscì a guardare ancora una volta attorno a sé sperando di non essersi addormentata. Il paesaggio però non era più l’ospedale, c’erano ancora quei rami a circondarla. Cercò di restare calma e di pensare il più lucidamente possibile. Era distesa. La schiena era adagiata sul terreno, riusciva ad avvertire l’irregolarità del suolo e le pietre sotto la sua pelle.

Gli abiti le erano appiccicati addosso, come zuppi, a farle da seconda pelle dandole diversi brividi. Il petto si abbassava e rialzavano in fretta seguendo il ritmo irregolare del suo respiro. Sembrava tutto così reale,ma cosa stava succedendo ora?

Tutto questo non aveva senso.

- Chi sei tu?- avvertì improvvisamente una voce maschile e un po’ bassa giungergli quasi da un posto lontano. Il suo sangue sembrò fermarsi per un lungo istante e la confusione che le attenuava la ragione non gli permise di scorgere lucidamente quella nuova presenza.

Era uno di quelli che volevano bruciarla? Questa era…la sua cattura? Cosa diavolo stava sognando?!

- Sei umana.- sentì ancora la voce con una nota che gli parve perplessa. – Come sei arrivata qui?-

Bella domanda.

Claudia sentì la propria bocca aprirsi, cercò di chiedere pietà di spiegare che non sapeva cosa stava accadendo né perché la cercassero, ma la mente non suggerì alcuna risposta da dare allo sconosciuto. Tentò quindi di scorgere la figura dell’uomo per capire chi fosse, ma non aveva la forza necessaria per riuscirci.

Doveva fuggire, lo sapeva, tentò di muoversi, ma il suo intero corpo sembrava sfinito ed intorpidito dallo sforzo. Il groppo in gola le soffocò un singhiozzo, e all’improvviso si sentì mancare ancora.

Si svegliò, di nuovo. E stavolta pregò di morire.

Quella non era la sua stanza e quel senso di vago e affaticamento le fece comprendere di non essere ancora sveglia, sveglia per davvero.

Strinse le labbra in una smorfia disperata e gemette forte nella disperazione più totale.

Se mai si fosse sul serio svegliata e fosse rimasta cosciente, decise che non avrebbe più preso le medicine che gli davano o che ne avrebbe prese abbastanza da farle funzionare così bene da farla dormire così profondamente da smettere del tutto di sognare.

Osservò l’ennesima nuova ambientazione. Stavolta era completamente sola.

Respirò piano, profondamente, cercando di smettere di piangere e si calmò gradualmente fino a cessare ogni timore. Si arrese a quel torpore e restò semplicemente lì distesa in terra.

Non seppe quantificare il tempo che rimase lì, le sembrarono ore, ma forse furono solo pochi minuti, solo quando fu calma, forse rassegnata, si accorse del cielo scoperto sopra di lei ed osservò il buio privo di alcuna luce con un espressione assente per un lungo minuto cercando di capire. Non importava nemmeno cosa, l’importante era che una sola cosa le fosse chiara, le bastava anche un piccolo granello di sabbia di certezza. Ma non trovò appigli alla ragione e la linea della sua coscienza smarrì ogni legame con quella dell’assenza della stessa.

Stavolta era impazzita del tutto.  Fantastico.

Con una nuova e totale rassegnazione si mise seduta e restò lì, con le braccia inerte e i palmi abbandonati al terreno ed osservò le sue mani in terra senza nessuna attenzione particolare.

Cosa doveva fare? Iniziò a cercare attorno a lei qualcosa, una qualsiasi cosa che potesse servire allo scopo che si era prefissa, l’unica cosa che riuscì a trovare era un pezzo di legno appuntito e dopo un po’ di prove convenne che poteva esserle utile. Lo puntò sul lato del suo polso...

Un bagliore attirò la sua assente attenzione distraendola. Migliaia di lucciole erano improvvisamente apparse tra le fitte ramificazioni degli alberi creandole attorno una fitta rete luminosa. Si guardò attorno senza particolare attenzione, prima di scorgere il sentiero che le lucciole le stavano indicando.

Era quello che doveva fare quindi? Seguire il sentiero?

Per un attimo sembrò decidere sul da farsi. Arrivare fino in fondo alla follia... oppure arrendersi e restare lì? Un sorriso amaro e sottile apparve sul suo viso. Era in ballo, tanto valeva.

Si alzò in piedi ed iniziò a camminare senza alcuna particolare curiosità, né sentiva il morboso bisogno di capire, ormai ci aveva rinunciato del tutto.

Sapeva solo che doveva seguire quel sentiero.

I piedi quasi le dolevano sotto i passi esausti, sentiva il suo corpo e la sua mente del tutto stremati dai continui tentativi di risveglio e forse dal fatto che per anni lo aveva costretto a ben poche ore di sonno e quelle che gli donavano non erano affatto riposanti, ma non si fermò, né sopperì alla stanchezza.

Il sentiero era semplice, gli alberi sembravano cingerlo di poco, come a marcarlo, ma la vegetazione poco fitta rendeva tutto più chiaro e semplice. Le lucciole le vorticavano attorno come ad incoraggiarla e poté notare solo in un secondo momento che quelle non erano lucciole normali, erano troppo grandi per poterlo essere. Certo non riusciva a vederle bene, il suo scopo era solo  seguire il sentiero.

Fece scemare il passo quando intravide il suo traguardo. Era lì che doveva arrivare?

Raccolse quello che restava della sua curiosità e arranco per gli ultimi metri e quando si affacciò allo spazzo libero dagli alberi, l’incubo senza fine in cui era finita quella maledetta notte senza senso le sembrò improvvisamente diventare un bellissimo sogno.

Claudia scoprì di essere su una roccia che si affacciava in un lago che veniva inghiottito dal bosco. O almeno gli parve un lago, poiché non sembrava avere alcuna fine. In quella notte infinita quell’immenso lago sembrava brillare di luci per via delle lucciole che riempivano la sua superficie. La volta celeste si univa alla superficie acquatica come se la linea dell’orizzonte neanche esistesse, l’acqua pareva inghiottire il cielo in un incanto che le provocò un insolita rassicurazione.

In quel nuovo luogo, una pace mai provata la catturò rendendola assolutamente docile e serena. Quella era la fine del mondo, il confine.

Era arrivata e non importava dove, ma era arrivata.

Fece un passo in avanti e si potrò sull’orlo del precipizio che scoprì essere alto appena qualche metro e guardò in basso scorgendo appena il movimento dell’acqua. Sorrise.

Ovunque fosse era meglio del suo incubo, della sua casa e sicuramente dell’ospedale psichiatrico.

Desiderò con tutte le sue forze restare lì, anche da sola, non le importava. Era lì che voleva stare.

Desiderò non svegliarsi più per ripiombare in incubi, bastavano per quella notte, ed anche per le successive.

Mancava solo una cosa...

Alzò gli occhi al cielo cercando quella strana sfera che per anni era stata la sua unica consolazione, ma nuovamente non la trovò, rammaricandosene.

Poco male, si disse, almeno lì stava bene.

Abbassò gli occhi nuovamente sull’incresparsi delle onde dallo stagno e quello che vide le spezzò il respiro.

Quella cosa era riflessa nello stagno, bella e luminosa come la conosceva. Rialzò gli occhi immediatamente al cielo con un nuovo sorriso sulle labbra e il cuore colmo di speranza, però il tetro buio era l’unica cosa che esisteva. Le si spezzò il cuore.

Eppure la sua ombra era lì, quel riflesso discontinuo per via dei leggeri movimenti dell’acqua era lì, chiara!

Si inginocchiò e si sporse oltre il bordo della roccia quasi nel terrore che quel riflesso potesse scomparire. La fissò studiandola,come a volere imprimersi nella sua testa malata l’immagine di quel surrogato...

Ne restò come catturata.

Ipnotizzata dalla luminosità e dai movimento delle onde si sentì inghiottita dalla magia. Tese una mano come a volerla catturare e perse l’equilibrio...

 

- 10 milligrammi di morfina!- ruggì il medico mentre le premeva i palmi delle mani nella solcatura del seno con forza – Forza Claudia Forza!-

Il battito del cuore sul monitor restava piatto e senza vita. Gli occhi vitrei. I medici erano sudati e affannati, uno di loro era bagnato.

Tentatorno il tutto per tutto.

Ma Claudia non si svegliò mai più.
Ormai era perdura.

 

Expand Cut Tags

No cut tags

Profile

macci: (Default)
macci

March 2022

S M T W T F S
  123 45
6789 101112
13141516171819
20212223242526
2728293031  

Style Credit

Page generated Jul. 13th, 2025 09:25 am
Powered by Dreamwidth Studios